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Liberty inglese, l’opera di Mackintosh, l’Art Nouveau internazionale, lo Jugendstil e la
Secessione viennese, rielaborando un nuovo classicismo e dando un grosso contributi al
Protorazionalismo. Hoffmann fu grande ammiratore di Morris, pur dichiarando che i problemi
della società dovessero essere risolti dai politici e non dagli artisti. Il suo scopo era di produrre
oggetti dall’uso domestico semplici e di qualità. Bisognava tornare a riconoscere ed
apprezzare il valore artistico e delle idee, estendendo l’atteggiamento all’artigianato. A tenere
unite tante energie creative e differenti settori fu l’idea dell’opera d’arte totale. Due
caratteristiche emergono dal “progetto” della cooperativa austriaca: la prima riguarda il suo
accento programmatico più realistico, la seconda è l’unità di stile. Altro punto nodale è la
capacita di unire questa unità stilistica e l’istanza dell’oggetto “esclusivo”. La variatio
permanente, illimitata, che non cancella, però, il senso della ripetizione e della continuità che
costituiscono l’essenza economica del marchio, è il segreto dell’opera di Hoffmann, sempre
identica e sempre diversa da sé. Benché fin dai primi momenti è palese il carattere
“industriale” dell’azienda , qui, la macchina non è dominatrice, bensì aiutante; non è lei a
determinare la fisionomia dei prodotti, ma lo spirito dei loro creatori e la precisione artistica e
artigianale. Ne consegue che ogni oggetto esprime il massimo livello di capacità artistica e il
suo valore sta anche nel contenuto ideativo.
Rispetto ai precedenti inglesei si annullò quello spirito da corporazione medievale. Gli artisti
on questi laboratori potevano liberamente sperimentare fruendo delle possibilità dell’azienda.
Il maggior talento di Moser era la grafica, dal marchio di fabbrica agli stampati, dai cartelloni
agli allestimenti, non c’era prodotto che meglio presentasse la ditta viennese, dall’architettura
all’arredamento. la Wiener Werkstätte ebbe filiali e punti vendita a Zurigo, Lucerna, Trieste,
Berlino, New York e altre città. Tuttavia un buon lavoro artigiano non poteva essere alla
portata economica del pubblico; la produzione veniva indirizzata ad un pubblico abbiente, il
cui successo fu dovuto alla borghesia, generalmente conformista. Il valore aggiunto sta
proprio nell’aver puntato alle condizioni favorevoli della borghesia del tempo e do averne
anche elevato il gusto. La sua struttura semplificata sarà alla base del design moderno,
avvicinandosi a quello che sarà il Bauhaus.
La Germania, seppure protagonista dei presupposti del design, per molti aspetti guarda agli
USA. La questione della produzione industriale connessa al design diventa un problema
nazionale in Germania, supportato dal febbrile clima innovativo. Sin dai primi approcci fra le
due nazioni in questione spunta un dualismo fra mondo della macchina e mondo dello spirito,
fra industria e artigianato. Sono significative tre intenzioni:
a) l’impresa industriale deve impegnare gli sforzi dell’intera nazione;
b) il vasto riconoscimento del ruolo della macchina;
c) l’importanza della qualità sugli altri valori della produzione.
Il Werkbund è preceduto da una serie di altri progetti, programmi e istituzioni necessarie. Il
principio seguito fu quello che sia gli operai manifatturieri, sia il pubblico dovessero istruirsi e
aggiornarsi mediante visione diretta e confronti. Furono aperte numerose scuole d’arte
applicata, cui era collegata una vasta rete di musei di oggetti industriali. Il criterio di imparare
confrontando dava vita a quella istituzione ottocentesca del “museo artistico-artigianale”. Il
creatore del Werkbund fu l’architetto Hermann Muthesius (1861-1926), già attivo in
Giappone, venne invitato a Londra nel 1890 come addetto alla cultura per l’ambasciata
tedesca, come il compito di studiare l’architettura e il movimento delle arti applicate inglesi. Al
suo rientro pubblica (1904-1908), nel quale egli afferma l’importanza
Das englische Haus
della lavorazione industriale. Egli attacca il gusto della borghesia per gli oggetti di lusso,
l’ornamento che considera spreco e il formalismo vecchio e nuovo dello Jugendstil. Al tempo
stesso si rivolge ai fabbricanti esigendo un impiego etico-estetico nella produzione. Ben
presto le spaccature ideologiche fra gli addetti ai lavori portarono a delle scissioni e alla
creazione del Deutscher Werkbund, il cui fine era culturale, ovvero la nobilitazione della
produzione attraverso la cooperazione fra industria e artigianato, mediante l’istruzione e la
propaganda, rivolgendosi dapprima al settore dell’arte applicata. Quanto al progetto è utile
citare la disputa fra chi, come Muthesius, sosteneva la standardizzazione e chi, come van de
Velde, difendeva la libertà creativa dell’artista anche nel settore delle arti industriali. Il
Werkbund fu, dunque, l’insieme di tanti problemi, conquiste e contraddizioni congenite alla
natura del design, tant’è che molti di essi si ripropongono oggi quasi negli stessi termini. Tre
aspetti ci sembrano positivi per lo sviluppo del design. Anzitutto quello di aver posto per la
prima volta il problema del design in tutta la sua complessa e contraddittoria fenomenologia.
In secondo luogo, quello di aver riconosciuto nel modo più esplicito che senza la presenza
determinante dell’industria e dei suoi interessi non si ha industrial design. Il terzo aspetto è
quello per cui il vero e proprio design nasce nell’ambito di una corrente del gusto orientata
secondo i canoni della “pura visibilità”, di un rinnovato classicismo.
Per l’aspetto formale Muthesius decanta le forme delle Arts and Crafts, semplici e ridotte.
Anche secondo Behrens una ricca decorazione è inaccettabile; bisogna cercare l’armonia nel
rapporto fra le singole componenti. Questo discorso risulta più comprensibile quando la
rivoluzione industriale si è affermata da oltre un secolo e l’Art Nouveau è spogliata dalla sua
connotazione storico-eclettica. Egli instaura un nuovo stile anche se non ancora in grado di di
definirlo: il Protorazionalismo, da cui discendono l’Art Déco, lo stile “Novecento”, il
Razionalismo e persino lo Styling americano.
La maggiore incarnazione dell’attività produttiva industriale dell’epoca è l’AEG. Per la
Germania la Deutsch Werkstätte fu la prima industria europea nel settore del mobile che
meccanizzò e standardizzò le produzioni economiche, mentre in America ciò si limitò a pochi
destinazioni particolari o a mobili singoli. La grande altra differenza fra Europa e USA fu che
mentre nella si procedeva alla meccanizzazione di mestieri semplici, nella seconda si guardò
ai più complessi, basti pensare alla catena di montaggio, il tutto supportato anche da azioni
politiche mirate allo sviluppo. Altre caratteristiche importanti dell’America furono quelle di aver
puntato ai grandi numeri, una meno forte tradizione formale e soprattutto una meno
prestigiosa presenza dell’artigianato, oltre che la mancanza quasi totale di ideologie. Mentre
in Europa si dibatteva la del rapporto art-industria, negli USA si produceva
vexata quaestio
già. Esempio di sintesi fra questi diversi atteggiamenti fu l’AEG, per il resto la componente
produttiva del design tedesco imita quella americana. La vendita fu possibile grazie anche alla
nascita dei primi grandi magazzini e alle organizzazioni socio-politiche. Tuttavia dopo la
guerra del 1918 si capì la fragilità del nascente design e si ritornò alle Arts and Crafts, da cui il
disorientamento del pubblico in materia di consumo. In Germania lo Jugendstil ha prodotto
orientamenti tutt’altro che omogenei. La rivista “Jugend” inizia le sue pubblicazioni a monaco
nel 1896. A Berlino viene invece pubblicata “Pan”, di grande formato a cui partecipano grandi
autori. Dallo Jugendstil nasceranno due filoni ideologici di grande importanza: la Nuova
Oggettività, che porta al Deutscher Werkbund, e la stagione del primo Espressionismo. Il
rinnovamento grafico tedesco prende vita anche intorno alla rivista satirica “Simplicissimus”,
diretta da Thomas Theodor Heine. Il manifesto del bulldog che lo rese celebre, una sorta di
classico, contiene tutti gli elementi dell’arte del manifesto: concentrazione del contenuto,
forza di richiamo visiva, essenzialità nel disegno e accordo delle singole parti.
Sia Bernhard sia Klinger esprimono un messaggio di tipo informativo, realizzato con l’oggetto
pubblicitario e il logotipo. L’obiettivo è di trasformare in un unico simbolo mnemonico
l’oggetto rappresentato e il nome che lo distingue. Anche Peter Behrens giunge
all’architettura dopo la pittura e la grafica. Disegna mobili e decorazioni grafiche. La sua
attività si può dividere in diversi periodi, di cui il primo ancora Art Nouveau. Nel 1907 inizia la
collaborazione con l’AEG, presieduta da Emil Rathenau, un industriale illuminato. Behrens
viene incaricato di progettare ogni cosa, dall’immagine al logotipo, dalla pubblicità ai punti
vendita, dai caratteri da stampa ai prodotti, fino ai corpi di fabbrica, in una colossale
operazione di corporate identity.
La semplificazione tecnica viene a coincidere con una vera e propria strategia pubblicitaria,
basata su messaggi rigorosi, geometrici, di respiro spaziale. La griglia grafica di Behrens è
una struttura architettonica che impone ordine, ritmo e proporzione. Il suo è uno stile
oggettivo, che si articola in un programma di diversi punti: l’immagine AEG; esposizione dei
prodotti; presentazione ai clienti. Progetta un lettering proprio per AEG che contribuì
all’unificazione della veste grafica; il Behrens Antiqua, del 1908, è il terzo dei quattro font da
lui disegnati. Quella di Behrens è il primo caso di immagine coordinata nel design del
prodotto.
Nella storia del design l’AEG rappresenta uno dei momenti più concreti, coerenti e produttivi;
ciò che il Werkbund teorizza l’azienda berlinese lo realizza. Questa azienda produceva articoli
nuovi, nati con la moderna tecnologia industriale, legati allo sfruttamento dell’energia elettrica
per illuminare, comunicare, per alimentare gli stessi motori. L’ingegnere tedesco Emil
Rathenau nel 1881 ottiene i diritti per lo sfruttamento in Germania dei brevetti Edison, tra i
quali la lampadina. Nel 1881 fonda la prima società che nel 1883 dà vita alla DEG, che
produce lampadine, successivamente riorganizzata fino a diventare, nel 1887 l’AEG. Un anno
dopo la sua fondazione l’AEG comincia a produ