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STORIA DEL COSTUME
FONTI.
Per fonte si intende ciò che consente allo storico di provare e di affermare una tesi, quindi, alla base di qualsiasi affermazione ci deve essere una fonte. Essa è il documento che attesta ciò che si dice.
Le fonti si dividono in:
- Scritte o testuali
- Orali (principalmente contemporanee, poiché si tratta principalmente di filmati)
- Materiali (per comprendere la foggia dell’abito e la sua struttura)
- Iconografica
La suddivisione non è valida per tutti i tempi, infatti certi tipi di fonti sono presenti solo in alcuni periodi storici.
Fonti Scritte:
anche esse sono diverse a seconda del periodo che si vuole analizzare. Un momento importantissimo per questo tipo di fonte è sicuramente la nascita della stampa nel 1456, con diffusione nel XVI secolo. I primi documenti di questa invenzione sono chiamati incunaboli (culla della stampa). Prima di questi abbiamo i manoscritti, scritti a mano dagli amanuensi. Queste opere possono essere di tipo diverso e sono importanti anche come fonte iconografica per la presenza di miniature, in cui troviamo raffigurata la moda dell’epoca, e capollettere. Dal ‘600 in poi abbiamo quasi esclusivamente carta stampata, ad eccezione dei diari privati, ma con il passare del tempo la diffusione della stampa è sempre più forte.
Le fonti scritte si dividono in:
- Letterarie: qui troviamo novelle, romanzi, diari, racconti e poesie. I principali autori sono Dante, Boccaccio e D'Annunzio. Qui troviamo la descrizione di certi tipi di abbigliamento che a volte vengono addirittura criticati o presi in giro.
- Documentarie: Qui troviamo principalmente tutti i vari atti notarili come i testamenti (atto in cui si destina un bene o un altro), gli inventari (elenco dei beni contenuti in casa) e infine abbiamo le corrispondenze (nelle lettere si parla di numerosi oggetti e di come ci si deve vestire). Il notaio ha conoscenze legislative e le esercita come funzione pubblica, cioè trasforma un accordo tra persone in atto pubblico. Tutti questi documenti vengono poi raccolti nell’archivio di stato, luogo pubblico che ha la responsabilità di mantenere la memoria e quindi di conservare i documenti pubblici. Per esempio, tra gli atti notarili del ‘200 si trovano numerosi testamenti e atti riguardanti doti, essi si riescono a decifrare grazie allo studio della paleografia. Le fonti documentarie possono essere di numerosissimi tipi. Nel passato le si può definire come tutto ciò che ci è stato lasciato di scritto, mentre oggi possono essere giornali di moda, tratti ecc... sicuramente più numerosi.
- Legislative: riguardano le leggi e gli atti legislativi. Oggi non troviamo leggi che regolano il modo di vestirsi, abbiamo solo il senso del pudore e delle norme che interessano certe istituzioni (tema della divisa). C’è stato, però, un periodo, in cui delle leggi (non delle tasse) imponevano un modo di vestirsi per certe regioni (stato, regione, comune). Erano leggi presenti negli statuti cittadini, cioè norme che si impegnano nel funzionamento dell’istituzione (per esempio, statuto di ateneo, di condominio, del comune…). Poi c’è la costituzione, lo statuto degli statuti, che riguarda la vita associata degli italiani. Nel medioevo gli statuti regolavano la vita civile e imponevano anche leggi sull’abbigliarsi. Nella prima metà del ‘200 abbiamo gli statuti, mentre nella seconda metà abbiamo le leggi suntuarie, che regolano il vestiario e il lusso. Per esempio, regolavano i corpetti delle donne; il capo scoperto vuol dire non comunicazione. Queste norme che imponevano dei limiti sul lusso e sull’abbigliamento, sono per noi una gradissima risorsa, che troviamo dalla seconda metà del ‘200 fino al 1789. Un'operazione fondamentale, è quella di intrecciare tali leggi con le fonti iconografiche.
Fonti materiali: abiti o accessori esposti nelle collezioni o nei musei. Possiamo inserire in questa categoria anche la fotografia.
Fonti iconografiche: hanno avuto una forte evoluzione e sono tutto ciò che ha lasciato un segno o che possiede una forma, come dipinti, miniature, sculture, arazzi, fotografie ecc...
FONTI PER LA SOCIETA’ MEDIEVALE (XI – XIV SEC)
Troviamo regole e statuti che individuano diverse fasi e diverse partecipazioni cittadine, che sono fondamentali nel mondo della moda. Tutto ciò che è arrivato fino a noi come testimonianza figurata della moda del tempo, è diviso in:
- raffigurazioni perese
- miniature
- affreschi
- dipinti su tavola
- sculture
Grazie a queste fonti, si è potuto capire un fenomeno importantissimo, per cui il pittore veste una santa con gli abiti contemporanei del suo tempo; dando al pubblico il senso che tale santa vive in mezzo a loro. L’unico personaggio religioso che non viene contaminato da questo fenomeno, è Gesù Cristo, che è sempre rappresentato con abiti senza tempo e non con la moda del momento.
Oltre alle immagini religiose, abbiamo quelle profane, che riportano persone comuni, che indossano la moda del tempo e colori sgargianti e con diversi materiali, tra cui la pelliccia. Troviamo accostamenti e colori che oggi noi non indosseremmo.
Le raffigurazioni perese: i motivi per cui certe fonti non sono giunte fino a noi sono numerosi.
- Cambia il gusto e cambiano i rappresentanti al potere e le immagini del palazzo vengono eliminate, coperte, rimosse o ridipinte.
- Opere destinate ad avere una vita breve: le “pitture infamanti” o immagini su supporti deteriorabili.
- Raffigurazioni con soggetti profani che perdono significati al contrario di quelle sacre che vengono disperse.
Le miniature: taccuini sanitatis fondamentali per la moda. Sono fonti scritte che raccolgono consigli per una buona vita e una buona salute. Una specie di enciclopedia di vita, con numerose decorazioni e immagini. È proprio in essi che viene testimoniata la prima immagine che designa la nascita della moda: il grembiule come simbolo del lavoratore.
Affreschi: rappresentazione della città ben governata dove si può vedere come le persone sono vestite; Si possono osservare tutti i dettagli, dal tessuto alla fantasia. Ci riportano delle informazioni indispensabili, che senza di essi non sapremmo. Questi disegni non sono stati realizzati per il fine moda, ma per simboleggiare la serenità e la ricchezza di tale città. E’ un modo per comunicare. Un esempio molto importante è la “Cura degli Infermi”, in cui vediamo un dottore con un certo abbigliamento, che gli attribuisce un certo status sociale, ma dietro di lui c’è qualcuno più importante, grazie al mantello rosso foderato di pelliccia. Possiamo riconoscere abiti di lavoratori, donne e bambini.
Ritratti: essi rappresentano cosa indossano e come vogliono farsi ricordare i nobili del ‘400. C’è la volontà di lasciare una memoria attraverso i ritratti dove questi uomini sono nei loro migliori panni. Anche le monete danno il loro contributo. Dei particolari comuni a tutti i ritratti sono le maniche intercambiabili (da cui il detto “questo è un altro paio di maniche”) e la fronte scoperta considerata simbolo di bellezza.
FONTI TRA LA FINE DEL RINASCIMENTO E L’INIZIO DELL’ETA’ MODERNA
Per parlare di questo periodo dobbiamo individuare delle date fondamentali, che segnano delle grandi rivoluzioni fondamentali per l’allargamento della conoscenza.
girare, anche perché dietro all’abito c’è molto lavoro. Inoltre, consideravano il taglio dei tessuti soltanto un modo per dare una forma bizzarra agli abiti e uno spreco. Legato a questo tema, troviamo anche quello del lusso, il predicatore attacca la mancata solidarietà. Bernardino da Siena in una sua predica afferma che torcendo una ciocca, uscirà il sangue delle creature. Leggi suntuarie e prediche lavorano insieme per educare la popolazione, da una parte attraverso le pene, dall’altra attraverso i precetti.
La predica di Bernardino da Siena è una vera e propria fonte e si intitola ‘Come ogni cosa del mondo è vanità’ Egli faceva parte dell’osservanza francescana, un movimento nato due secoli dopo la morte di San Francesco e il suo nome è dovuto alla loro forte osservazione verso le regole francescane originarie. Troviamo un pensiero critico verso certe tecniche della moda che si espone prepotentemente in Chiesa, considerato il luogo di maggiore influenza. Oggi invece le critiche vengono espresse in diversi ambiti, quindi sono molto diverse rispetto a quelle del basso medioevo. Abbiamo i legislatori, i quali sono gli autori delle leggi suntuarie e i moralisti, i quali esprimono i loro pensieri morali in prediche o in trattati (Giovanni da Capestano). L’iconografia ci mostra gli usi e le tecniche della moda; intrecciandola con i pensieri morali e con le leggi, abbiamo una idea della cultura e dell’ordinamento. Capiamo, quindi, cosa accade sia nei corpi, sia nelle menti. La predica è anche un’occasione collettiva e sociale e importante dal punto di vista del linguaggio. Bernardino dice che gli abiti recano 10 offese a Dio e decide di affrontarle 5 a 5:
- La prima è la vanità; essa è per lui indossare qualcosa che non ti appartiene (la gonna non è per esempio adatta a un mercante) – l’oggetto è un elemento inutile, dipende tutto da chi lo indossa. E’ necessario indossare ciò che è adatto al proprio status. Questa posizione è una regola del legislatore. Parla anche del “segno”, spiegando che noi riconosciamo una autorità attraverso un’insegna, la bontà di un animo attraverso il suo portamento e i vari ordini religiosi attraverso le vesti, quindi dai segni. Quello che capiamo è che c’era un’unosostanc consapevolezza che l’esterno ci dice qualcosa dell’interno e che le vesti sono quindi un elemento distintivo. Come predicatore dice che indossando una veste che non corrisponde al suo status si fa peccato, questa idea accompagnata dalla legge suntuarie crea una mentalità e una cultura comune.
- La seconda è la varietà; essa corrisponde per lui a quelle vesti a strisce o con delle fantasie divise (cioè a due colori). Tutto ciò dimostra che dentro, nell’anima, si è predisposti a questa varietà.
- La terza è la sua-vità: essa è ciò che è piacevole al tatto. Bernardino specifica che sta parlando della seta — l’abito diventa il risultato di una ricerca del piacere, invece di avere un fine utile e funzionale (temi e questioni che oggi sono all’ordine del giorno). Oltre al piacere, c’è anche una critica alla differenza che i vestiti sottolineano tra chi può e chi non può.
- La quarta è la preziosità: quando si ostenta o si hanno oggetti che non appartengono al proprio status, si fa “peccato mortale”. Chi è ricco ha diritto a vestirsi più ornato rispetto al povero, ma senza esagerare. Quello che Bernardino non accetta è il non stare al proprio posto.
- La quinta è la inequità: critica sociale molto moderna. Ci si chiede come fa una persona ad avere così tanti soldi per mettersi una certa veste. Bernardino accusa i ricchi di essere ricchi grazie allo sfruttamento. Infatti dice che dietro a quelle vesti c’è il sangue di quelle creature che non sono riuscite a partecipare a questa festa.
Questa predica poneva dei dubbi nella mente delle persone e aiutava l’oper dei legislatori; la multa diventa giustificata e accettata, la quale in realtà è solo una tassa sul lusso, ai fini di distribuire meglio la ricchezza.