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INTRODUZIONE

Nei film girati da Monte Hellman ad una prima visione è possibile avere una

percezione di vuoto ed apatia:i finali propendono ad essere sospesi,a frantumarsi

come, per esempio,nella scena finale di Two-Lane Blacktop,dove la pellicola brucia,

dissolvendo l’intera immagine.

La parola Esistenzialismo è stata più volte adoperata nel delineare il lavoro

cinematografico di questo regista in seguito,anche,ad un’intervista in cui egli

afferma di essere legato a scrittori collegati direttamente a tale corrente

filosofica,come Sartre e Camus,

I think maybe in some interview years before, I said that Albert Camus and Jean-Paul Sartre were at

least philosophical influences. I think the first existential movie I'm going to make is the next one,

because it's really existential in the classic sense of the meaning of the philosophical term. I think the

others are maybe existential in the way that any movie is existential. Any story of a group of

characters who have to make decisions can be classified as existential, but I don't think the decisions

in those particular movies are necessarily conforming to Sartre's philosophy.1

Camus, anche se non è un filosofo,è considerato un autore legato all’esistenzialismo,

mentre Sartre incarna i propri pensieri filosofici incastrandoli nei suoi romanzi. Soprattutto

scrittori ,più che pensatori puri,fanno parte degli interessi di Hellman: la quotidianità dei

gesti e il villaggio,la ricerca della materia “uomo” , elementi che fanno parte di

quell’esistenzialismo che egli sceglie di percorrere con consapevolezza nelle sue scelte

registiche.

Prima di divenire regista cinematografico ,Monte Hellman ,per un periodo della sua vita si

è dedicato al teatro. Legato particolarmente ad una delle opere trattate,Aspettando Godot

di Beckett:

[...] Una grande opera teatrale, forse la più grande del Ventesimo secolo. Tratta problemi profondi

senza risolverli, quelli della vita e della morte, della condizione umana. È un'opera che mi commuove

e mi appassiona, e l'unica, tra quelle a cui ho lavorato,che ispiri sempre nuove idee.2

Queste parole potrebbero essere associate tranquillamente ai suoi stessi film;

Hellman infatti ci mostra,nel suo cinema,una realtà priva di risoluzione, sospesa

assieme alla resa dei finali:l’unica certezza che ci fa pervenire è che il tempo

continua a scorrere ,come continua a scorrere nella nostra mente, dopo essere

bruciato davanti ai nostri occhi tutto ciò che abbiamo visto.

Two-Lane Blacktop

Apettando Godot di Beckett,ha una trama ridotta all’essenziale, vi è un’assenza di

una struttura narrativa tradizionale, è solo un’evoluzione di micro-eventi. I pochi

dialoghi risultano apparentemente senza senso. Sembra tutto fermo,ma a guardare

bene “tutto è in movimento”. Non c’è l’ambiente circostante,se non una strada

desolata con un salice piangente spoglio. Il tempo sembra immobile. Eppure scorre.

I gesti che fanno i protagonisti sono essenziali e ripetitivi. Vi sono molte pause e

silenzi,a volte si ride a volte si riflette. Il senso dell’esistenza si perde poiché Godot

diviene l’incarnazione di un Dio che esiste ma che,allo stesso tempo,si attende:

come accade in Two-Lane Blacktop dove la meta svanisce nelle scorrere delle

lancette.

In questo caso però vi è la perdita di un senso di ricerca che diviene protagonista,

piuttosto che l’attesa di questa divinità assente.

I personaggi prestabiliscono una meta,una sorta di competizione (chi raggiungerà

con la propria auto , per primo, Washington vincerà il mezzo di trasporto

dell’altro)ma questa si disperde nel continuum della trama,sfumando e lasciandosi

dimenticare dagli stessi. Non c’è un conflitto ma solo accettazione.

E’ un film consacrato alla vita interiore piuttosto che quella esteriore, velata sotto la

prolissità del personaggio interpretato da Warren Oates. I discorsi che si dipanano

lungo l’opera non differiscono per niente dal nostro quotidiano, conversazioni che

chiunque potrebbe fare per passare il tempo viaggiando in auto.

Il pilota ( James Taylor ) e il Meccanico ( Dennis Wilson ) vagabondano per le strade

del Sudovest americano a bordo di una Chevrolet del 55 truccata. Sono di poche

parole,personaggi semplici e silenziosi,gli unici discorsi su chi vertono sono i motori.

Durante il viaggio si unisce a loro una ragazza (Laurie Bird ) con la quale il pilota ha

un veloce scambio di opinioni,durante una sosta, che richiama un’idea sul senso

della vita ed allo stesso tempo un confronto/non ammissione sulla condizione

umana rapportata a quella degli insetti.

Guidatore: “Hai visto quanti insetti?”

Ragazza: “Sì”

Guidatore: “Ci hai mai pensato, tu, a quanto sono curiosi? Escono dalla terra solo ogni sette anni; e

sai cosa vengono a fare ogni sette anni fuori dalla terra? A cambiar pelle, a metter su delle ali per

volare in giro solo mezza giornata e per crepare; ma prima però riescono a deporre un bel po' di

uova, è così?” La ragazza non aspetta che continui il discorso ed esordisce:

Ragazza: “Noi uomini ce la caviamo meglio, no?” passano alcuni secondi e poi aggiunge: “Anche

senza le ali”

Guidatore: “Si, anche senza le ali” dice senza troppa convinzione ed infine, egli, aggiunge che è ora di

andare.

Gran parte del film è incentrata sulla sfida che i due ragazzi propongono a GTO. La

sfida prosegue tra soste ed inconvenienti. Con vari autostoppisti che si presentano

per la strada e ognuno di loro racconta una versione diversa della propria esistenza

fino a quel momento.

La ragazza però sfugge a questo tipo di visione insetto/uomo nel momento in cui

deciderà di cambiare tassista.

La giovane entrata nell’auto dei ragazzi,entra nella loro vita in punta di piedi senza

sapere nemmeno la meta prefissata,a lei va bene così dato che ad est non c’è mai

stata. Ad un certo punto va via insieme a gto, il pilota prende la decisione di seguirli

per convincerla ad andare con lui. Ormai è troppo tardi e l’ha persa per sempre a

causa della decisione della giovane di cambiare strada ed andarsene,non la ferma,

in armonia con la visione di Monte Hellman per la quale:

Quando l'amore finisce non c'è rabbia, c'è indifferenza. È quando non ci sono emozioni che non c'è

più speranza. Altrimenti non è ancora finita...4

Il film d’altro canto non potrebbe avere un finale nel caso in cui Il pilota( James

Taylor) decidesse di inseguire la ragazza, infatti lo stesso Hellman determina tra le

tematiche principali del proprio film l’amore.

Quando lei decide che è ora di andare via,il pilota non fa nulla per trattenerla.

E’ il destino l’artefice principale,il trascinatore delle situazioni che i personaggi di

Monte Hellman non sono in grado di controllare e contemporaneamente

totalmente disinteressati al cambiamento delle stesse. Vengono trasportati da ciò

che li circonda seguendo il flusso degli eventi,inabili al ribellarsi. E’ esattamente

questa l’abisso/connessione che si ritrova tra le opere di Monte Hellman e gli autori

esistenzialisti citati inizialmente.

L’Esistenzialismo sebbene si concentri sull’impossibilità dell’uomo ad affrontare e

cambiare gli eventi ,va anche in cerca di una soluzione che discolpi l’apatia di

questo tipo di esistenza.

“il filosofo Gabriel Marcel pose l’accento sul fatto che l’esistenza non è un problema,bensì un

mistero. Un problema è infatti un qualcosa che si pone davanti a noi come un ostacolo e di cui noi

possiamo perlomeno delimitarne la portata e quindi comprenderlo in via di massima”

Hellman condivide in parte l’idea fondamentale di questa corrente filosofica in

quanto sembra non interessato alla fuga da questo tipo di apatia.

Sartre dice che cio’ che rende gli uomini umani è il combattere contro gli eventi

anche se si è in balia degli stessi.

Tragici, erano; no, nemmeno: storici; nemmeno, siamo istrioni, non valiamo una lacrima;

predestinati: no, il mondo è un caso. Ridevano, si appoggiavano ai muri dell'Assurdo e del Destino,

che li ributtavano indietro. Ridevano per punirsi, per purificarsi, per vendicarsi: inumani e troppo

umani, di là e di qua della disperazione: uomini.5

Leggendo le pagine de “il Muro” si inala della malinconica tristezza. La conclusione

del primo racconto si prende gioco beffardamente del protagonista,che proprio

grazie al destino,sicuro d’esser condannato a morte,invece viene risparmiato:

interrogato sulla fine del suo amico ,ricercato,risponde che egli si trova al cimitero

aggiungendo:

Era per far loro uno scherzo. Volevo vederli alzarsi, affibbiarsi i cinturoni e mettersi a dare ordini con

aria affaccendata […] Di tanto in tanto sorridevo perché pensavo alla faccia che avrebbero fatta. […]

Tutto ciò era di una comicità irresistibile.6

Una menzogna veritiera in quanto l’uomo che la polizia vuole incastrare si trova

realmente nascosto al cimitero e il protagonista viene, cosi graziato.

Monte Hellman, si discosta però da questa “assurdità” della vita reale a cui siamo

predestinati da Sartre e dal suo voler dimostrare la nostra umanità,egli predilige

osservare il quotidiano.

Sono i piccoli gesti quotidiani ad attrarre il regista, piccoli ma essenzialmente

immensi nella loro essenza. Parlando del proprio lavoro durante un’intervista,come

opera altamente realista/astratta,mette a confronto la propria esperienza teatrale

con quella cinematografica,sottolineando:

[...]Quando diressi La voce della tortora avevamo un salone, una camera ed una cucina. Era

divertente far scorrere l'acqua dei rubinetti, alimentare la stufa a legna e friggere le uova sul

palcoscenico. A teatro è più insolito che al cinema, soprattutto oggi, dato che si gira molto in luoghi

reali. Ma è vero che mi piacciono i dettagli insignificanti della vita quotidiana. Mi piacciono le scene

in cui la gente mangia o si lava [...]7.

Questo concetto di elevazione e focalizzazione del quotidiano e dei suoi gesti fa

ritornare alla mente un regista italiano legato al Neorealismo,che a sua volta prima

del cinema si era dedicato al teatro. Luchino Visconti interessato allo scrittore russo

Anton Checov cosi come Hellman. La morbosità di Visconti per la resa realista delle

scene viene ben sottolineata,nella raccolta di scritti di un suo ex collaboratore

Gerardo Guerrieri:

Realismo come allucinazione […] Ogni cosa talmente verosimile che sembri vera, ma che nello stesso

tempo si possa credere in essa come ad un'apparizione, come

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
11 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher doej di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema nordamericano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Fadda Michele.