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Monte Hellman e l'influenza dell'omicidio del presidente
A detta dello stesso regista, Monte Hellman, i suoi film sono stati influenzati dall'omicidio del presidente. Dice testualmente che "sono due modi diversi di vedere non il problema del suo assassinio, ma i nostri sentimenti di fronte a questo problema". Nel nostro caso, il problema rappresentato è la giustizia o meglio la mancanza di giustizia, argomento che accomuna i due western, ma che viene affrontato in maniera profondamente diversa nei due film.
I due film sono stati girati in contemporanea per contenerne i costi e si propongono alla povertà del budget e all'etica come complementari. Grazie, infatti, alla professionalità del suo mentore e produttore Roger Corman (the King of Bs), Hellman riesce nell'intento di trovare e mostrare le radici più pure del western, quelle senza citazioni, sedimenti, eccedenze e farle rinascere in maniera anarchica, lasciando perdere le convenzioni strutturali e ritmiche del genere. I suoi intenti mostrano la
volontà di ricostruzione del genere su un'altra armatura. Sono western umanisti i suoi, abitati da figure teatrali, uomini che vivono emozioni vere in un mondo assolutamente anti-spettacolare, molto materiale, raccontato nella sua quotidianità, mettendo da parte gli stereotipi e la retorica iconografica del genere. "Le colline blu" esce negli Stati Uniti nel 1965. Se abbiamo parlato di Strada a doppia corsia come di un anti-road movie, possiamo dire che le colline blu è un anti-western da un punto di vista sociologico e linguistico, arricchito di echi metafisici. In questo film il mito della frontiera viene rivisitato in chiave realistica. La situazione in cui si trovano i tre cowboy protagonisti potrebbe essere definita kafkiana però: diretti verso un terreno che hanno acquistato per farne un ranch, vengono scambiati per dei banditi e solo per il fatto di essere considerati come tali alla fine sono costretti a comportarsi come banditi: quando si dice.Trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Tornando al tema della giustizia, in questo film essa assume la forma di una scommessa senza senso e fatale. I cowboy mettono da parte qualsiasi possibilità di fare appello alla propria reale innocenza, in quanto impossibilitati a dimostrarla e così il loro destino si biforca in due direzioni possibili: morte o fuga.
La morte fa la sua comparsa già all'inizio del film, nel cadavere impiccato che i tre protagonisti trovano durante il loro viaggio, quasi a voler simboleggiare una giustizia crudele, disumana, sbrigativa e soprattutto indecifrabile. I cowboy non perdono tempo nel cercare di dimostrare la propria innocenza perché non hanno alcun modo di farlo e nemmeno il tempo di farlo.
Uno degli stereotipi del classico cinema western (e non solo) ora viene letteralmente spazzato via e cioè quello dell'uomo naturalmente buono che è sempre in grado di dimostrare la propria bontà ed
innocenza in modo da soddisfare la comunità nel film. Quando Vern spara per autodifesa uccidendo un innocente, la trasformazione è terminata. Sullo sfondo di tutto ciò il paesaggio dello Utah: prateria, deserto, rocce, montagne, tutto ripreso in formato panoramico. Il formato 1:85:1 permette infatti l'emersione dell'ambiente in cui questi due western sono stati girati, ambiente che diventa un altro "personaggio" del film. Infatti col procedere della narrazione il paesaggio si fa sempre più onirico ed astratto e le colline blu rappresentano un altro veraggiungibile, seppur con molta fatica, ma non un alternativa. Alla fine del film, Vern, sanguinante ed in agonia dice a Wes (Jack Nicholson) di andare via e lasciarlo morire mentre cercherà di rallentare l'inseguimento dello sceriffo e dei suoi compari. Wes cavalca verso le colline blu, fuggendo verso un futuro angosciante, ma soprattutto misterioso ed oscuro.Il regista americano Quentin Tarantino considera Le colline blu uno dei western più autentici e geniali mai realizzati. Per lui la semplicità, il tono naturalistico, il gergo western, la sensazione di tristezza di ogni dialogo, l'irruzione di momenti comici, e l'interpretazione sotto le righe di Nicholson e Mitchell lo rendono migliore de "La sparatoria", invece diffusamente considerato dalla critica il capolavoro tra i due. Anche Monte Hellman preferisce quest'ultimo alle colline blu.
La seconda guerra mondiale ha sicuramente lasciato il segno su tantissimi aspetti sociali, politici, economici del pianeta ed anche il cinema, arte del popolo, è chiamato a fare i conti con questi cambiamenti epocali. La sparatoria, a detta di Bazin, è un western moderno in quanto l'evoluzione del genere ha considerato un sur-western modificato la figura dell'eroe, inserendovi elementi etici, psicologici e antropologici.
Il poche
Parole è l'evoluzione "romanzesca" del western dopo la seconda guerra mondiale... non imprigionato negli stilemi classici del genere, ma avere un interesse supplementare, dice sempre Bazin, di tipo estetico, sociologico, morale, etico, politico, etc... elementi che devono quindi arricchire il genere, rendendolo così più interessante allo spettatore.
"La sparatoria" è girato in concomitanza con le colline blu con gli stessi tecnici e quasi anche attori del primo (alla luce del progetto di risparmio economico del produttore e nella stessa "location" del primo: il deserto dello Utah. È un film astratto e metafisico, in quanto gli elementi sociali e storici del mito del western vengono messi da parte dal regista. Gli individui diventano quindi soggetti alla quotidianità con tutti i suoi risvolti: il loro obiettivo.
È scoprire la propria identità e quella degli altri. La fiducia e la giustizia (come in le colline blu) non sono più valori dati per scontati ma devono essere conquistati con fatica e sudore durante il film, durante quindi il tempo cinematografico. L'identità è un'identità ambigua, doppia, perduta che va ritrovata, ma purtroppo lo scontento causato dalla ripetizione dell'errore o dalla ripetizione della stessa (erronea) esperienza è sempre dietro l'angolo. La sparatoria è un film completamente diverso dal tipico film western inteso in senso di Hellman non c'è niente di storico, non c'è il "Sogno generale". Infatti nell'Ovest americano, ma il dramma dell'esistenza stessa, della scoperta della propria identità quindi che inesorabilmente porta alla tappa ultima: la morte (di nuovo). All'apparenza può sembrare il classico western, un inseguimento in un però.
C'è un deserto il cui scopo è la vendetta, i personaggi sono: un esperto, un principiante, una donna che nega la propria sessualità per raggiungere un fine, un killer isterico. La struttura "tragica" raggiungerà il culmine nel finale. In realtà Hellman vuole stravolgere questi elementi considerandoli secondari: sono le pause, i silenzi, gli sguardi, i dialoghi a costituire il film e non gli avvenimenti (non a caso il copione è l'antefatto stato scritto da Jack Nicholson, attore molto attento alla recitazione). Infatti che scatena la tragedia è appena accennato, l'inseguimento è anti-spettacolare, la successione degli eventi non è chiara e anzi viene fatto di tutto per rendere gli eventi stessi misteriosi. Le ragioni che spingono i protagonisti del film a inseguirsi assolutamente non sono chiare e sono soggette a incerte allusioni da parte dei personaggi, allusioni che diminuiscono.Durante il percorso di questi ultimi e che quasi scompaiono del tutto nel deserto, quasi a voler paragonare l'aridità del paesaggio con la mancanza di motivazioni degli stessi. Ecco che mentre nelle colline blu il deserto è assolutamente puro paesaggio, assecondato all'intreccio e ai suoi personaggi, nella sparatoria è il deserto che assume una funzione simbolica appunto dei cambiamenti psicologici dei personaggi. È un film paradossale di non facile fruizione, in quanto appunto vuole unire un genere grezzo, materiale, concreto con elementi narrativi metafisici e astratti. Se nelle colline blu Hellman ha voluto parlare del mito della frontiera in termini realistici, in questo film vuole privarlo di ogni senso. In poche parole è la lettura della contemporaneità attraverso la lente del western. Infatti, tra l'altro, la critica dell'epoca vide nel film i primi tentativi del cinema americano di aspirazione ad una.dimensione autoriale tipicamente europea. Tempi lunghi e privi di spettacolarità, narrazione confusa, montaggio antinaturalistico, sequenze che esaltano il paesaggio arido. Ecco che la mitologia e l'iconografia del West sono elementi che permettono una critica distaccata alla politica americana degli anni Sessanta.
Hellman sembra essere in questo caso, artisticamente parlando, una sorta di precursore della Land Art, esperienza creativa di artisti che agiscono direttamente sul paesaggio modificandone l'aspetto mediante interventi temporanei o di materiali naturali... in questo caso gli interventi sono gli stessi personaggi del film che con il loro protrarsi lungo il percorso (quasi prestabilito, ma non scontato) e soprattutto la fisicità delle loro azioni incontrollate sul paesaggio, lo modificano, ma pur sempre Hellman è attento a plasmare il "landscape" del film all'interno rimanendo secondari di un processo di astrazione intellettuale degli
Elementi tipici del western come qualcosa di fatale, ora ne "La Mentre ne le colline blu abbiam parlato di giustizia sparatoria", la giustizia si presenta come vendetta personale, violenta. Ed è la violenza il tema principale, ma mai gratuita o spettacolarizzata, bensì portata verso terreni astratti. I significati di colpa e responsabilità sono bloccati. La legge e il colpevole, inoltre, quest'ultimo ha caratteristiche elusive, in quanto se da un lato scompaiono ed è pochissima chiarezza sulla veridicità dei fatti accaduti, dall'altro c'è la difficoltà nel riconoscere le proprie colpe, i propri errori e quelli degli altri. La sparatoria nasce da una situazione di smarrimento (lo smarrimento dopo l'indignazione per l'omicidio Kennedy, storicamente parlando) e di confusione, come smarriti sono i personaggi nel deserto dello Utah. È come se Jack Nicholson fosse scappato indignato dal
fallimento del riconoscimento della propria innocenza nel film precedente