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LA DISSOLUZIONE DEI GENERI: CONTINUAZIONE
Riteniamo che la dissoluzione dei generi abbia più ragioni.
- Intanto il nuovo gusto, il nuovo modo di fruizione imposto dalla tv. La dissoluzione dei generi cinematografici in termini di mescolanza è sicuramente connessa alla ricchezza dei nuovi modi di informazione intrattenitiva forniti dalla tv.
- Di certo il ricambio generazionale c'entra qualcosa, ma non è un caso che ormai non siano più il sofisticato, la sontuosità, la messa in scena ad attirare il pubblico, bensì la capacità di tenuta della storia, la perfetta concatenazione delle gag, lo scandalo sollevato da certi soggetti. La mescolanza di generi divenne quindi pressoché imperativa per due ragioni:
- lo spazio che l'operazione lasciava al gusto del pubblico
- per la meraviglia e la curiosità che, almeno all'inizio, questa pratica sollecitò. In fondo si trattava di un'operazione di rinnovamento.
ma compiuta su un materiale che la rendeva prodotto per tutti. Naturalmente si può sempre affermare che le formule col tempo diventano stantie, ma il punto è che con gli anni '60 (e ancor più coi '70) alcuni generi non si limitarono a mutare formula ma giunsero ad un tramonto apparentemente definitivo. Il crepuscolarismo che marca il western del decennio, cominciato almeno da "Solo sotto le stelle" (1962) di Davis Miller e "Sfida nell'Alta Sierra" (1962) di Sam Peckinpah, tornerà in modo tutt'altro che sommesso in un classico di quest'autore, "Il mucchio selvaggio" (1968), opera che idealmente inizia una vera e propria poetica della violenza che per parecchi anni avrebbe contrassegnato l'intero cinema statunitense. Peckinpah esalta alcune componenti del genere, mescola le carte e osserva le combinazioni fornite dal suo gioco, che però mantiene sempre viva simpatia verso gli eroi travolti.
Dal destino ma fedeli a se stessi. In genere i rappresentanti dellasocietà sono i più abietti e rapaci personaggi del suo cinema western, mentre i banditi salvano pursempre un'idea d'onore che si identifica nell'amicizia e nella parola data. Peckinpah è da questopunto di vista un ottimo rappresentante dell'anarchismo idealista che era alla radice della protestagiovanile di quegli anni. La sua stessa violenza dopotutto non era poi così gratuita come potevasembrare. A parte "Il mucchio selvaggio", il western come genere subirà i colpi delladissoluzione anche se su versanti meno duri. "Butch Cassidy" (1969) di George Roy Hill, adesempio idealizza il fuorilegge non alla maniera di Fritz Lang e Sam Fuller con Jesse James, macome se i banditi fossero i simpatici eroi di una ballata che ha il sapore della commedia. Un po'quello che nel gangster film era avvenuto un paio d'anni prima con
“Gangster Story”. La dissoluzione dei generi tocca, fra le altre cose, l’ambito della morale. Il bandito è colui nel quale ci identifichiamo.
3) All’origine fu in certo modo l’ondata dei registi tv: autori abituati ad un’idea di cinema funzionale. Vale a dire una spettacolarità che sta addosso ai personaggi più che essere sviluppata nell’ariosità delle immagini. Se da un lato Corman e la sua “ricostruzione”, aveva riportato il cinema alle sue origini, dall’altro proprio la sua attenzione ai giovani, alla loro vita, ai loro gusti nei campus, nei bike, negli hot rod e nei rock movies, aveva attratto l’attenzione verso un cinema all’aria aperta, ma non troppo esteso. I registi tv compresero bene la fondamentale importanza del personaggio; l’obiettivo lo seguiva da vicino, ne intuiva una vicenda che aveva luogo, sì, in uno spazio ampio, ma uno spazio che non era rappresentazione.
della coscienza, dellasolitudine ecc. Esso era l'America. Esemplari in questo senso "Easy Rider" e "Punto zero"(1971) di Richard Sarafian. Finalmente il cinema americano rende un'impressione di realtà. Nelmomento in cui la realtà si stava spettacolarizzando il pubblico credette di assistere per la primavolta a una perfetta riproduzione del mondo; mentre era il mondo che assumeva semmai le vestidello spettacolo. La visione sta diventando una, i mille aspetti del mondo si stavano omologandonello spettacolo. Alcuni vecchi concetti stavano ormai crollando: fra di essi quello di spettacolo e direaltà.
CAPITOLO 5 - GLI ANNI SETTANTA E OLTRE: NEW HOLLYWOOD ED ERATELEVISIVA
- RINNOVAMENTO?
Nella seconda metà degli anni '60, dunque, alcuni film cominciano a segnare la strada di unrinnovamento sia tecnico che tematico. Titoli diversissimi come "Il laureato", "Costretto auccidere", "Gangster Story",
“Easy Rider” hanno per altrettante diverse ragioni diritto a tale posto innovativo. In gran parte di queste opere il capovolgimento dei termini di trattazione della figura del protagonista rispetto al passato è alquanto evidente. Ma è questa la novità? Prendiamo “Il laureato” di Nichols. Senza dubbio il rapporto figli/genitori vi è descritto in modi alquanto diversi da “Gioventù bruciata”. Il protagonista non è più un introverso estraneo ai costumi sociali del gruppo, ma un introverso i cui problemi sorgono proprio perché i costumi del gruppo premono sempre di più su di lui condizionandolo. Cinema più “realistico”. “Il laureato” esemplifica bene la sostanza ideologica di fondo dell’intero cinema hollywoodiano a venire. La differenza col cinema del passato, anzi, sta qui: nell’abbandono del registro sovracuto nella descrizione del
“quotidiano”, con la conseguenza, a livello di generi, di staccarsi dall’universo del melodramma per divenire ibrido fra questo e la commedia. Il “nuovo” cinema è la difficoltà di attribuzione dei suoi prodotti ad un genere preciso. Ma, si diceva, l’operazione implica una confusione ideologica. Questi eroi burloni, schiacciati dalla vita non fanno che perpetuare il buon senso di un’etica che raccomanda “sympathy for the (poor) devil”. Tutto il melting pot americano concorre a forgiare tale composito personaggio, che di certo è un magnifico referente delle esperienze dei singoli, anonimi, massificati individui programmati e prodotti da un’ideologia che ha da tempo scoperto le sue carte. La qualità mitologica di “Easy Rider” di Hopper è molto più esplicita di quella di Nichols: la sua struttura infatti rimanda al viaggio eroico, alla discesa agli inferi. Ideologia e miticità.
Siamo insomma di fronte a una politica che gli studios abbracciarono a suo tempo in modo incondizionato: tematiche giovanili, registi giovani, basso budget. Fu appunto "Easy Rider" a dare il via alla sequela. L'intelligenza di Hopper fu proprio quella di miticizzare la tematica giovanile. 2) SI, RINNOVAMENTO Dunque il rinnovamento hollywoodiano avviene all'insegna dell'anonimato del film generico nel quale l'autore è sommerso dall'apparente attualità della tematica trattata. La diversità delle istanze di tali autori è forse la miglior prova della vitalità di questo cinema, il quale, dopo una fiammata incontrollata e sostanzialmente anonima, trova finalmente le voci adatte a esprimerlo in termini originali e comunque degni di attenzione. Ma quel che conta è la comune volontà di riconsiderare il cinema come concetto, non quella di "ringiovanire" le tematiche hollywoodiane. Da questo punto di vista.Bogdanovich è con Altman il maggior regista del periodo. Con lui il cinema diventa coscienza della fine, coscienza cioè che l'immagine non può essere altro che ripetizione di un precedente. L'operazione di Bogdanovich è evidentemente di tipo irrealistico in quanto in essa occupa un posto centrale il concetto e la pratica della riproduzione. Non si tratta di imitare, ma di riprodurre. Bogdanovich non riproduce i temi e le linee tipici dell'iperrealismo pittorico, ma riprende la polemica iperrealista operando con il cinema, riproducendo, cioè, il cinema stesso nei suoi generi (melodramma, commedia, musical...). Coppola e Scorsese sono invece registi "urbani", cioè di un'estrazione sociologica che è per molti versi quella dell'iperrealismo pittorico. L'immagine diventa creazione iperrealistica. Intanto, iperrealismo non significa realismo: la qualità onirica della pittura iperrealista.
Balza agli occhi indipendentemente dal fatto che essa si costruisce su dirette basi fotografiche. A nostro parere, anzi, i momenti più onirici e irreali di "Taxi Driver" (1976) non sono tanto nelle inquadrature di carattere neoespressionista che pure il film presenta, ma nei momenti più quotidiani e statici del film. La realtà al secondo grado dell'iperrealismo è più vera del vero ed è la risposta al grado inferiore di realtà che è il prodotto di ogni arte divenuta industria. Riassumendo: a un primo momento di rinnovamento tecnico-tematico (che però sia strutturalmente sia ideologicamente lasciava le cose com'erano) si sussegue un certo numero di autori che tentano di investigare sul cinema, sulla sua natura, sulle sue possibilità, sul suo stesso ruolo in un mondo sommerso dalle immagini. In questo senso si spiegano bene le dirette influenze tecnico-figurative dei commercials televisivi su questo cinema.
La spiegazione volgare le farebbe risalire alla formazione televisiva degli autori che non tutti hanno avuto. Esiste però un'altra strada, ed esiste perché c'è stato un regista che ha avuto l'intelligenza e il coraggio di pensarla e di praticarla: Robert Altman. Certo, dal cinema di Altman si può estrapolare una poetica, ma la sua operazione si pone prima di tutto come "azione" autoriale. Altman tuttavia non ha mancato di accedere anch'egli alle istanze iperrealistiche. "Nashville" è un film che riassume tutto il precedente cinema di Altman: vi è leggibile la poetica del rischio a lui così cara, la concezione del film come entità in progress, l'uso centrale della musica, l'impiego costante dell'ironia ecc. In certo senso un film a esso contiguo è "California Poker". Non è un caso, si deve aggiungere, che però tutti questi autori si siano.lanciati in diversa misura nel terreno della produzione. Un aspetto di estremo interesse è la componente nostalgica. Chi la vuole rifugio nel passato delle brutture del presente, chi la pensa come referente di una restaurazione, chi come furbesco ammicco al futuro.