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I vantaggi della schizofrenia, ovvero: arriva la tv.
Gli anni 50 sono un momento di ricambio generazionale nelle fasce di pubblico. Questa volta centra la televisione. Fra il
1945 e il 1950 il pubblico cinematografico americano calò del 25%. Il cinema, è fondato sulla registrazione dell’oggetto
della ripresa, mentre la televisione sulla visione in diretta. Con gli anni 50 il tempio del teatro agisce imponendo volti, voci
e un’impostazione di metodo. Si tratta di un programma di rinnovamento.
Sydney Pollack disse che “la foga del fantasy nel cinema americano si spiega col fatto che il cinema tenta di proporre, al
pubblico, esperienze che esso non può trovare in televisione.”
Il cinema si vide costretto a elaborare un tipo di spettacolo polivalente in relazione ai vari tipi di pubblico. La tv stava
cominciando a condizionare i gusti di un pubblico che da quel momento non sarebbe più stato lo stesso.
Prendiamo il concetto di comicità. I Three Stooges, Abbott & Costello, Bob Hope, Red Skelton, Danny Kaye. Artisti di
estrazione teatrale ancorati all’uso comico della parola. Comici di una grande rivoluzione dello spettacolo leggero che
continuerà con Jerry Lewis e Woody Allen.
Dean, Brando & Monroe.
Chi a vent’anni aveva applaudito a Clark Gable in Accadde una notte, lo applaudiva a 40 in Moganbo (1953) di John Ford.
Ma, allora Gable aveva 52 anni e che cosa poteva dire ai ventenni del periodo?
Gli anni 50 videro la nascita di alcuni astri di talento, di grande fascino. Brando e Dean impersonavano un turbamento
dell’ordine. Il primo, insofferente di ogni autorità, disciplina, da Il selvaggio (1954) di Laslo Benedek a Fronte del porto
(1954) di Elia Kazan; il secondo, sradicato dalla famiglia in
Gioventù bruciata (1955) di Nicholas Ray.
Brando e Dean trasudano Actor’s Studio. I gesti sono plateali, i tempi di comunione dilatati. La cosa più paradossale è
che i borghesi di questi film sono i personaggi più credibili. L’immagine del giovane ribelle, in questi anni, è stilizzata.
Nell’insieme degli adulti, egli è l’unico a comportarsi in modo innaturale. Brando e Dean sono i nostri eroi, quello che
vorremmo essere e dopotutto non siamo: i baristi e le loro figliole siamo invece noi. In Il gigante, il suo interesse è di
essere accolto a far parte di una famiglia. Dean non vuole rivoluzionare il mondo, al contrario, lo vuole nell’ordine in cui
l’ha sempre conosciuto, solo ne vorrebbe farne anch’egli parte. I 50, furono anni di un
moralismo rigoroso.
Il codice Hays capitolò definitivamente davanti a
Baby Doll (1956) di Elia Kazan e Blue Denim (1959) di Philip Dunne.
Il mito della Monroe è probabilmente la costruzione più falsa che sia mai uscita da Hollywood. Incapace di recitare, ancor
peggiore come cantante, Marilyn si allineava a decenni precedenti: una figura di donna cui non sono richiesti intelligenza,
spirito, dinamismo, ma una vera e propria identificazione di pubblico e privato all’insegna della stupidaggine e
dell’ingenuità. Marilyn, il pagliaccio era l’unica cosa che sapeva fare. Il suo mito nacque anche grazie al fatto che fare il
pagliaccio era tutto quello che il pubblico le chiedeva.
La grande commedia e la sua crisi.
Con i 50 incomincia a Hollywood un’operazione che sarebbe continuata fino ai 70: la dissoluzione dei generi. Il ferreo
rigore cominciò a indebolirsi. La grande commedia anni 40 era stata quella del primo Billy Wilder e dell’ultimo Lubitsch.
L’unico vero bracconiere fu Wilder, da Sabrina (1953) a A qualcuno piace caldo (1959). Wilder è il regista più
profondamente moralista che Hollywood abbia mai avuto. Wilder attacca tutto: il concetto di classe, l’arroganza del
denaro, le frustrazioni sessuali dell’americano medio. Wilder sa che tutto è falso e di conseguenza il falso deve
trionfare. La società dei 50 è ancora più maschile e non sarebbe stata Hollywood a contraddirla.
Dalla commedia ai comici.
La commedia degli anni 50 non vale molto, più importante è quel che avvenne nel cinema comico. Finito il dramma con i
40 entrano in scena i pagliacci. Hope era una versione inoffensiva di Groucho. La comicità dei 50 è più facile, non
elaborata come quella che l’aveva preceduta. Piccoli tic, piccoli versi, piccole (stupide) battute: i comici anni 50 sono tutti
qua, giocano sul complesso parentale del pubblico. La realtà si stava avvicinando sempre di più.
Troviamo una nazione che ride non perché ha imparato a prendersi beffe della realtà, ma perché quella realtà la vuole
dimenticare.
Fine del musical, fine del cinema.
Mai come nei 50, di conseguenza, il musical assunse una funzione di intrattenimento e di fuga dalla realtà. Negli anni 30
la dominante del musical