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CUSTODIA E CURA DEGLI ALIENATI
La legge stabilisce quale criterio di internamento la pericolosità sociale e il "pubblicoscandalo".
La legge prevede la partecipazione di tre attori:
- gli psichiatri, a cui è attribuita la piena autorità sul servizio sanitario;
- le autorità giudiziarie, che dovevano approvare l'ammissione e il rilascio dei degenti, nonché la sistemazione in case private;
- il ministero dell'Interno e i prefetti, che dovevano vigilare sui manicomi pubblici e privati e sugli alienati curati in case private.
Prevale dunque una dimensione di controllo rispetto ad una finalità terapeutica.
Le amministrazioni provinciali erano infine obbligate a provvedere al mantenimento dei pazienti poveri.
La riforma del 1904
"L'ammissione degli alienati nei manicomi deve essere chiesta dai parenti, tutori o protutori, e può esserlo da chiunque altro nell'interesse degli infermi e della
società".● Previsto il ricovero coatto: "l'autorità locale di pubblica sicurezza può, in caso di urgenza, ordinare il ricovero, in via provvisoria, in base a certificato medico, ma è obbligata a riferirne entro tre giorni al procuratore del re".
● Il sistema si prestava dunque a frequenti abusi sia da parte dell'autorità sia da parte delle famiglie.
La psichiatria italiana nel primo 900
● Una minoranza di giovani psichiatri è influenzata dallo psichiatra e psicologo tedesco Emil Kraepelin, che stava rivoluzionando metodi e teorie nello studio della malattia mentale.
● Fondamentale era l'approccio clinico, ovvero il dialogo e l'osservazione del paziente, che mancava alla scuola italiana.
● Iniziano a circolare anche i testi freudiani.
● Tuttavia nel suo complesso la psichiatria italiana respinge queste innovazioni, rimanendo anche sotto il fascismo ancorata ad una impostazione anatomico-fisiologicaesomatica del disagio mentale. Un precursore. Edoardo Weiss (Trieste 1889 – Chicago 1970) ● Fra i primi allievi italiani di Freud
L'ammazzabambini
La vicenda è la storia di un crimine, di un processo e di un uomo, Carlino Grandi, colpevole dell'assassinio di quattro bambini, scoperto mentre cerca di ucciderne un quinto.
Il fatto si svolge ad Incisa Valdarno, tra il 1873 e il 1875. Il protagonista, Carlino, detto anche Nano, Pelato, Ventundita (per una sua malformazione), è un povero carradore.
I bambini li ha uccisi per vendicarsi degli sberleffi, degli scherni cui era sottoposto, dai bambini in particolare ma anche dalla gente del paese. Li ha uccisi e li ha sepolti nella sua bottega, sotto un palmo di terra. Scoperto non si discolpa, riferisce a malapena le ragioni e si affida alle autorità.
Lo sfondo
Tradizione giuridica toscana, che ispirerà il codice penale del 1889 con il rifiuto della pena di morte.
Incisa, nella valle dell'Arno, abbastanza
vicino e lontano da Firenze, dove la mortalità infantile era alta e il lavoro minorile itinerante. All'inizio si pensa a "zingari" o forestieri. Un caso esemplare Il caso è per un verso chiuso, dato che Carlino è reo confesso, ma tutto il processo verterà sulla sua imputabilità: Carlino è pazzo o è capace di intendere e di volere? I protagonisti sono concetti come norma, scienza, ragione e follia, diritto e morale. In realtà tutta la vicenda ruota attorno a un concetto: la malattia mentale. È questa la figura centrale, mentre attorno ad essa si muovono le discipline (diritto e psichiatria), si confrontano i loro statuti. Lo scontro avviene nelle aule universitarie e in quelle dei tribunali oltre che nelle diverse letterature. La nuova scienza psichiatrica La psichiatria era in quei decenni una scienza ancora in formazione, che intraprese una battaglia per affermare il suo status e per stabilire, su magistrati e semplici medici,l'autorità degli alienisti di valutare la responsabilità penale. Le deformità dell'imputato facevano di lui, al processo e nei libri di testo successivi, un modello di ciò che Lombroso e altri esperti sostenevano essere segni fisionomici visibilmente misurabili del "criminale nato" o dell'"imbecille", meritevole del manicomio e non del penitenziario. A meno di un anno dal processo di Grandi sarà pubblicato L'Uomo delinquente di Lombroso.
Le contraddizioni della nuova scienza. Un elemento di debolezza, che rese gli psichiatri poco autorevoli agli occhi della corte, fu che i diversi periti della difesa e dell'accusa proposero una lettura discordante della personalità di Grandi. Inoltre l'impostazione anatomico-organicistica suscitava grosse perplessità nel pubblico colto: perché infatti alcune persone che presentavano le stesse deformità di Grandi non compivano reati?
Enrico Morselli,
uno dei padri della psichiatria italiana e già critico verso Lombroso, scelse durante il processo di giocare la carta delle teorie lombrosiane perché riteneva che fossero più adatte a convincere i giudici e l'opinione pubblica. Morselli e coloro che avevano sostenuto la difesa di Grandi, "sconfitti, derisi e anche calunniati" annunciano un "appello ad un altro Tribunale, non meno sacro e venerando, al Tribunale della scienza" (p. 164). Un processo mediatico Il processo coinvolse stampa e opinione pubblica. Fu molto seguito sia sui giornali sia in aula. Nonostante fino a quel momento per legge i giornalisti non potessero riportare il contenuto dei dibattimenti, trovavano numerosi espedienti per scrivere dei reportage coloriti. Crescente attrazione da parte del pubblico per i grandi casi di cronaca nera. La grande partecipazione, soprattutto femminile, nelle aule dei tribunali e i dibattiti attorno a questi casi erano uno strumento a disposizione della popolazione.In gran parte esclusa dal voto, per partecipare alla vita pubblica e confrontarsi su grandi e spinose questioni morali e giuridiche. L'esito della vicenda Carlino Grandi fu condannato a venti anni di prigione; quando uscì tuttavia si pose il problema di quale struttura potesse farsene carico. Il direttore di Montedomini non lo volle, perché l'istituto ospitava molti giovani e perché la solavoce dell'arrivo di Carlino aveva suscitato "disordini". Sarà dunque accolto nel manicomio di Firenze dove morirà a 59 anni.
Aspetti metodologici Intreccio tra fonti di diversa natura (fonti processuali, penitenziarie, stampa, scritti scientifici...). Manca la "voce" di Carlo Grandi. Conosciamo la vicenda attraverso varie voci e angolature: quella delle autorità giudiziarie, dei periti di parte, della stampa, delle voci dei compaesani... Dunque un quadro complesso e contraddittorio, che rende difficile stabilire la
“verità”. Un secolo di internamento femminile: il caso di Aversa
La ricerca
Dagli anni ‘70 del ‘900 si è evidenziato un interesse per la storia sociale della medicina e della psichiatria. Prima venivano affrontati solo gli aspetti più interni alla medicina, all’evoluzione dei saperi, delle tecniche e delle scoperte scientifiche.
I manicomi in Campania
- “Santa Maria Maddalena” di Aversa
- “Filippo Saporito” di Aversa
- “Leonardo Bianchi” di Napoli
- “Vittorio Emanuele II” di Nocera Inferiore
La documentazione
La fonte maggiormente utilizzata nella ricerca sono state le cartelle cliniche. Altre fonti:
- i registri di matricola
- i registri e i verbali di ammissione e di dimissione
- le dimissioni con atti di responsabilità
- le richieste di informazioni
- il movimento delle degenti
I manicomi erano istituzioni che dovevano assicurare sia l’igiene e la sanità pubblica sia la cura e il trattamento dei pazienti.
Sicurezza sociale, per cui la documentazione presenta sempre una commistione tra istanze e procedure amministrative e saperi medico-legali.
La ricerca
Ricerca su base quantitativa ma anche approfondimenti su alcuni casi biografici. Le cartelle riguardano la fase 1850-1950, ma sono poche quelle precedenti il 1900.
L'indagine si ferma al 1950, perché l'introduzione del primo antipsicotico efficace, la clorpromazina, diventa uno spartiacque: perdono importanza il nesso follia-aggressività e i mezzi di contenzione.
Le cartelle cliniche
Sono 2411 le cartelle cliniche analizzate dal 1859 al 1950. Esse costituiscono una fonte privilegiata in quanto luogo d'incontro tra le teorie e le pratiche che le rendono operanti.
Le cartelle riflettono soprattutto la lettura degli psichiatri e dell'istituzione. Tuttavia vi si trovano anche memorie autografe delle pazienti internate, carteggi tra pazienti e familiari, suppliche, denunce di vessazioni subite.
Questa documentazione
dà la possibilità di ricostruire la polifonia di voci che si articola attorno all'internata. Le cartelle cliniche Chi decideva sulla legittimità del ricovero? ● La tutela della sanità pubblica era affidata al Ministero dell'Interno, quindi ai prefetti, ai sottoprefetti, sindaci, medici generici, alienisti e medici condotti. ● Importanza dei medici condotti come "braccio operativo" degli psichiatri sul territorio. ● L'interdizione di una donna comportava la nomina di un tutore, sempre una figura maschile: il marito, il padre o un fratello. Classe della retta Le appartenenti alla 3° classe erano a totale carico delle province. ● Le donne di famiglie più benestanti erano invece ricoverate in strutture private. Stato civile ● Un terzo erano donne sposate, per le quali l'intervento dei mariti era importante sia nell'ammissione sia nelle eventuali dimissioni. ● Le altre erano donne sole, con un'altissimavulnerabilità sociale, sia per le precarie condizioni economiche, sia perché sottoposte per i loro comportamenti al vaglio delle comunità.Istruzione
● Non specificato = prevalentemente analfabete.
● Fra i motivi per cui la loro voce difficilmente ci è pervenuta.
Altre professioni minori:
● Lavandaia, prostituta, ambulante, levatrice, cucitrice, altri tipi di artigianato, ragioniera, cuoca, suora…
● Molteplicità di mestieri, ma prevalgono nettamente le contadine e casalinghe: nella società rurale non vi era una separazione netta fra queste due condizioni.
Provenienza geografica
● Provengono in minima parte da Napoli.
● La massima parte provengono da contesti rurali e dalle provincie di Caserta, Benevento, Potenza, Latina, Frosinone, Chi