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La storia dell'icona di Camuliana
Nel VI secolo, l'icona di Camuliana, ritenuta acheropita, viene trasferita da Camuliana, in Cappadocia, a Costantinopoli. Sulla sua origine ci sono due cronache:
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Nel VI secolo, una donna pagana di nome Ipazia non vuole credere in Cristo se non può vederlo con i suoi occhi. Un giorno, trova nell'acqua di una piscina nel suo parco un'immagine dipinta su un tessuto di lino. Immediatamente riconosce che si tratta di un'immagine di Cristo. L'immagine dimostra il suo carattere miracoloso: quando viene tirata fuori dall'acqua, è asciutta e, avvolta nella veste della donna, lascia la propria impronta. La cronaca menziona anche una terza copia di origine prodigiosa: una donna cristiana di Diobulione, un paese della diocesi di Amasea sul Ponto, l'ha ottenuta grazie al suo devoto fervore e ha costruito in suo onore una chiesa.
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Nel 554, Diobulione viene assalita da barbari di confine e ridotta in cenere insieme alla chiesa che ospitava l'icona di Cristo.
Nessuno riesce ad aprirla. Nella stessa chiesa si troverebbe una veste di lino in cui Gesù Bambino si è asciugato il volto, che conserva l'impronta dei lineamenti ed è venerato dai fedeli. Il cronista Antonino di Piacenza, pellegrino della Palestina nel 570, narra di questo panno miracoloso e annota di non riuscire a vederlo perché abbagliato dallo straordinario splendore emanato dal panno stesso, che più viene osservato e più si trasforma. Custodita in un prezioso scrigno nel questa icona, coperta di solito da Laterano, l'Acheropita romana di Cristo seta pesante, viene esposta alla venerazione dei fedeli 3 volte all'anno. È descritta come un dipinto su panno di lino o su tavola di legno quasi a grandezza naturale. A partire da Innocenzo III però è racchiusa in un prezioso pannello d'argento, in cui una porticina si apre all'altezza dei piedi di Gesù che vengono baciati secondo il vecchio.
rituale al passaggio del papa e del suo seguito, mentre in quella superiore un'apertura con una lastra di vetro a ferro di cavallo ricca di pietre preziose lascia libero lo sguardo. L'icona è nominata per la 1° volta nel 752, patrimonium Sancti Petri duramente assediato dal longobardo Astulfo. Papa Stefano II invoca la protezione di Dio attraverso penitenze e rogazioni e si dirige in festosa processione, a piedi scalzi e con della cenere sul capo verso la chiesa della Madonna Molte preziose reliquie sono portate in processione, ma soprattutto "la santissima icona del Signore nostro Dio e Salvatore, Gesù", che il papa stesso porta sulle spalle. Cristo, detta Acheropita① una leggenda racconta che dopo l'ascesa al cielo del Signore gli apostoli e Maria sono riuniti sul monte Sion. Nasce tra loro il desiderio di vedere il volto di Gesù almeno in immagine e si rivolgono a Luca, maestro di pittura, che peròRifiuta l'incarico, al di là delle sue forze. Solo quando gli viene assicurato l'aiuto divino, Luca si decide a compiere quel lavoro. Prende una tavola di legno e disegna i contorni, ma prima di applicarvi anche un solo colore, l'intera icona si erge improvvisamente già completata.
Un'altra leggenda narra che l'icona sia nata grazie ad un contatto col volto di Gesù.
Roma. Laterano. Icona del Sancta sanctorum. 600 ca. [rivestimento in argento del 1200 ca.] Ai tempi dei pellegrinaggi in Terra Santa, quando diviene un'abitudine diffusa la colonna della flagellazione di Cristo inizia ad essere mostrata e venerata. Nel VI sec si crede fermamente di scorgervi le impronte del corpo di Cristo. Lo si pensa col volto e il petto poggiati alla colonna, così che la schiena si offra liberamente alle frustate (e non poggiato di schiena come lo rappresentano in
seguito i pittori per motivi estetici). Così tutto il corpo, compreso il volto, è raffigurato sulla colonna come dipinto nella cera.
La venerazione di un simile panno risale al VII sec. Beda ed altri narrano di come I santi sudari (sindones) sia stato custodito da un giudeo credente, poi trasmesso in eredità ai suoi discendenti. Nel 678 la disputa tra cristiani e giudei per il possesso di questa preziosa reliquia si conclude con il califfo Moâwija I: lanciato nel fuoco, il panno vola via per ricadere poco dopo illeso nel grembo di un cristiano. Del fatto che sul panno ci fosse una traccia di una qualche impronta della figura di Cristo qui non si parla.
Nel XIV sec troviamo il culto dei santi sudari diffuso in Burgundia e Savoia. Besançon si vanta del possesso di una tale reliquia che però non scampa all'incendio che nel 1349 brucia la cattedrale e ciò che è custodito nei suoi archivi.
Nella stessa epoca compare anche il secondo santo
sudario con l'immagine di Cristo doppiamente impressa, ovvero con l'intera figura davanti e dietro. Già l'arcivescovo di Troyes e il papa avignonese Clemente VII ne mettono in discussione l'autenticità e considerano la figura impressa opera della pittura dell'uomo. Nel 1452 viene portato a Chambery in Savoia, dove i duchi del luogo lo conservano per poi trasportarlo a Torino nel 1578. Il panno con la doppia icona orribilmente insanguinata è quello che avvolgeva la salma santa quando fu portata dalla croce al sepolcro; quello su cui è impressa una sola immagine e ben definita e senza il panno sui fianchi è il panno che coprì la Besançon salma solo dopo il lavaggio del sangue nel sepolcro. Anche per queste particolari icone l'importante non è la fedeltà della raffigurazione, quanto il sacro potere che si rende visibile attraverso diversi miracoli di guarigione. Anche annoveranel suo ricco reliquiario un santo sudario. Ce ne parla solo Roberto di Clari, che racconta che nel convento della Madonna delle Blacherne a Costantinopoli si trova un panno in cui è stato avvolto il Signore; ogni venerdì il telo si solleva, completamente diritto, così che si può vedere molto bene la figura del Signore. Assicura anche che né i greci né i franchi sanno nulla di ciò che è stato di questo panno sacro durante la conquista di Costantinopoli. All'inizio del III secolo, Abgar bar Manu, re di Edessa, si converte al cristianesimo. L'icona di Cristo di Edessa in breve conquista tutto il piccolo regno. Presto si forma la leggenda che fa risalire la fede addirittura ai tempi di Cristo. La leggenda narra come re Abgar soffra un male incurabile e decida di ricorrere all'aiuto di Gesù. Attraverso un messaggero lo prega di venire da lui per guarirlo, offrendogli allo stesso tempo la possibilità.di restare per semprepresso di lui così da sottrarsi alle persecuzioni dei giudei. Gesù gli risponde per iscritto, rifiutando l'invito e promettendoperò che avrebbe inviato, dopo la sua morte e ascesa al cielo, uno dei suoi discepoli. E così accade. Taddeo è mandatodall'apostolo Tommaso a Edessa, dove il re lo onora come si deve, esprime la propria fede in Gesù e si dichiara pronto avendicarne la morte contro i Giudei, cosa che però Taddeo rifiuta. Subito il re è guarito tramite l'imposizione delle maniin nome di Gesù, e seguono altre guarigioni. Taddeo inoltre predica pubblicamente e tutti si convertono. Ad un certo punto, a Edessa la credenza che la benedizione di Cristo dai tempi di Abgar protegga la città prende la formaconcreta della nella quale è assicurata l'inviolabilità della città. Immediatamente alcunilettera di Cristo ad Abgar, esemplari della lettera iniziano a circolare,
Compreso il presunto originale. In seguito, il fatto che fino al 609 Edessa non abbia subito alcun assedio può aver contribuito a rafforzare e consolidare la credenza nell'inviolabilità della città. Nel frattempo, penetra nella leggenda un elemento del tutto nuovo, destinato a oscurare la considerazione per la lettera di Cristo: la credenza nell'esistenza di un'icona di Cristo di origine miracolosa. (Dopo il 593) è il primo a nominare questa icona miracolosa rifacendosi apertamente a Procopio (che però non Evagrio nomina mai tale icona). Racconta brevemente la storia di Abgar e accenna anche al dubbio sull'autenticità della frase finale della lettera di Cristo (). Parla poi dell'assedio della città da parte dei persiani, e afferma la promessa di protezione che il fuoco acceso in una galleria sotterranea dai cittadini di Edessa per far crollare le macchine da guerra persiane si avvicinano alle mura della città.
città non ha abbastanza aria per bruciare il legno. Allora è presa l’” icona fatta da Dio, non”, prodotta da mano umana, quella che Cristo aveva inviato ad Abgar quando questi aveva espresso.