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Estratto del documento

Ogni nostra città è oramai il luogo di quasi tutti i problemi della vita

americana: povertà e odio razziale, fallimento scolastico ed

esistenze stentate, oltre agli altri mali della nuova nazione urbana -

traffico congestionato, immondizia, pericoli, mancanza di propositi -

che affliggono tutti tranne i più ricchi fortunati.

Un primo grave problema è la crescita demografica verticale, una

crescita che affolla la gente nei bassifondi, fa straripare i confini dei

sobborghi nella campagna, mette alla prova fino al punto di rottura i

nostri vecchi modi di pensare e di agire, i nostri sistemi di trasporti,

di rifornimento idrico e di istruzione, e i nostri mezzi per ottenere il

denaro necessario per finanziare tutti questi servizi vitali.

Un secondo problema è la distruzione dell'ambiente fisico, che prima

la gente del contatto con il sole e l'aria fresca, con fiumi puliti, erba

e alberi, condannandola a vivere tra mura di cemento, luci al neon e

infiniti flussi di automobili. Questo succede non solo nel centro città,

ma anche in piena periferia, dove una volta le persone si

trasferivano proprio per ritrovare la natura. Terza è la crescente

difficoltà del trasporto che aggiunge ore non riconosciute e non

pagate alla settimana lavorativa; allontana le persone dalle

attrattive sociali e culturali che dovrebbero essere il cuore della

città; far circolare sciami distruttivi che lasciano dietro di sé una

distesa di asfalto e un'atmosfera avvelenata.

Una quarta forza devastante la concentrazione di povertà e la

tensione razziale negli urbano un problema così vasto che anche i

più semplici resoconto dei suoi sistemi colpisce profondamente.

Quinta e contemporaneamente la causa è la conseguenza di tutto il

resto. È la distruzione del senso, e spesso della realtà, della

comunità, il dialogo umano. È ciò che si esprime con termini come

comunità, vicinanza, orgoglio civico, amicizia.

Le unità abitative crescono, ma non vi è spazio per l'agente dove

passeggiare, per le donne e i loro figli dove incontrarsi e dove

svolgere attività. A separare dal luogo di lavoro vi sono anneriti o

anonime superstrade. Il medico, l'avvocato e il funzionario

governativo locale spesso vivono altrove e li si conosce appena.

Viviamo in molti luoghi dunque in nessun luogo.

Kennedy venne invitato a tenere un discorso per l'inaugurazione di un college

in Minnesota, dove colse l'occasione di illustrare chiaramente la sua visione di

una nuova politica, molto diversa dalle parole della destra (meno Stato e più

mercato) ma anche dalla tradizione progressista e liberal del partito

democratico, incentrato sull'espansione dei poteri federali quale principale

rimedio ai problemi del paese.

L'America ha un grave prezzo da pagare: il sovraffollamento,

l'inquinamento dell'atmosfera, di personalità, la crescita di

organizzazioni, in particolare del governo, così grandi e potenti da

far sì che l'impegno ed importanza dell'individuo sembrino perduti.

...La diffusione della violenza, la noncuranza nei confronti degli altri,

alla ricerca da parte di troppe persone di un rifugio nel disimpegno

nelle droghe, i toni sempre più alti e virosi del discutere, e

soprattutto la sensazione che nessuno stia ad ascoltare.

Tentò di porre rimedio ai problemi della povertà attraverso la legislazione,

incoraggiando l'industria privata ad investire nelle aree poverissime, per poter

creare così dei posti di lavoro per i disoccupati, e accentuò l'importanza del

lavoro sulla prosperità.Robert Kennedy fu anche impegnato nello sviluppo dei

diritti umani all'estero. Per condividere il suo pensiero secondo cui tutti hanno il

diritto fondamentale di partecipare alle decisioni politiche che influiscono sulle

proprie vite, viaggiò nell'Europa dell'Est, in America Latina e in Sud Africa. Egli

era convinto che coloro che si battono contro le ingiustizie mostrano la forma

più nobile di coraggio.

Durante i suoi anni da senatore Kennedy fu impegnato nella questione della

fine della guerra in Vietnam. Kennedy appoggiò inizialmente le politiche

dell'amministrazione Johnson in Vietnam; quando, però, il conflitto si estese ed

il coinvolgimento dell'America aumentò, il senatore Kennedy iniziò ad avere dei

seri dubbi sulla condotta della guerra del presidente Johnson. Kennedy ruppe

pubblicamente per la prima volta con l'amministrazione Johnson nel febbraio

del 1966, proponendo nella vita politica del Vietnam del Sud la partecipazione

da tutti i fronti. L'anno seguente sollecitò il Presidente Johnson a cessare il

fuoco nel Vietnam del Nord, e a ridurre lo sforzo bellico piuttosto che

aumentarlo. Nel suo ultimo discorso da senatore, Kennedy disse:

Siamo come il Dio del vecchio testamento che possiamo decidere, a

Washington, D.C., quali città, quali paesi, quali piccoli villaggi del

Vietnam dovranno essere distrutti? ... Dobbiamo accettare questo?

… Penso che non dobbiamo. Ritengo che possiamo fare qualcosa a

riguardo.

Kennedy possedeva una forte sensibilità per il problema dei rapporti del suo

paese con il resto del mondo. Ogni volta che gli era possibile, evitava mete

turistiche e diplomatiche, tentando invece di conoscere il vero volto anche

quello più sgradevole dei luoghi in cui si recava. In occasione del Columbus Day

del 1966, delineò con chiarezza quali dovessero essere le linee generali

dell'impegno degli Stati Uniti in politica estera.

Non si può più tollerare che sia buona parte dell'umanità vive di

povertà, afflitta dalle malattie, minacciata dalla fame e condannata

a una morte prematura dopo una vita di stenti.

Se intendiamo solo mettersi alla guida del programma farlo

magnificamente, dobbiamo agire coerentemente con la nostra fede

nella libertà umana e dell'uguaglianza dei suoi valori seminali storia.

Nell'autunno del 66 con l'avvicinarsi delle elezioni, i sondaggi mostravano

come Robert Kennedy avesse superato in popolarità e il presidente Johnson.

All'università di Berkeley dove è iniziato il movimento studentesco, Robert si

presentò con parole coraggiose: commentò con severità il comportamento

americano nel sud-est asiatico.

Questa rivoluzione è ora entrata in una nuova fase, una frase che è

allo stesso tempo è più difficile, più importante e più dolorosa. Si

tratta di dare a ogni nero le stesse opportunità che ha ogni bianco di

educare i propri figli, di provvedere alla propria famiglia, di vivere in

una casa dignitosa e di ottenere tanto l'accoglienza umana quanto la

realizzazione economica della comunità dei suoi concittadini. Il che

lo si raggiunge confrontandosi con la nefasta crescita di una

rinnovata ostilità tra le razze.

Non lo si potrà conseguire semplicemente attraverso una legge o un

procedimento legale, attraverso un singolo programma o in un

singolo anno. Si tratta di sconfiggere un'oltraggiosa eredità di secoli

di oppressione, di scarsa istruzione e di molti ostacoli a un impiego

fruttuoso. Si tratta di mettere fine ai ghetti, sia quelli fisici delle

nostre grandi città e a quelli di della mente che separano il bianco

dal nero con odio e ignoranza, paura e diffidenza.

Deve essere oltremodo difficile condividere dell'opulenza americana

solo quanto basta per possedere un apparecchio televisivo e per

vedere la tv, la paura e lo squallore di bambini neri negli abissi siti

colpiti e bastonati da teppisti i criminali.

La Campagna Presidenziale:Il 16 marzo 1968 Robert Kennedy annunciò la

propria candidatura alla presidenza come candidato del Partito Democratico. La

campagna del 1968 portò speranza e sfida ad un popolo americano afflitto dal

malcontento, dalla violenza interna e dalla guerra in Vietnam. Vinse le primarie

in Indiana e nel Nebraska e parlò a folle entusiaste in tutta la nazione.

Egli intendeva convincere i giornalisti e il pubblico di non essere motivato

dall'ambizione personale, ma di aver compreso, grazie ai risultati ottenuti nelle

primarie da McCarthy, che il difficile momento vissuto dal paese e le delicate

scelte di fronte a cui l'amministrazione americana si sarebbe trovata

successivamente non gli consentivano di restare fuori dalla competizione

elettorale.

Annunciò oggi la mia candidatura alla presidenza degli Stati uniti

sono non ho deciso di correre per la presidenza con il vero obiettivo

di oppormi a qualcuno, bensì con quello di proporre nuove politiche.

Mi candido perché sono convinto che questo paese sia una via

pericolosa, perché ho sentimenti molto forti e propositi di quello che

si dovrebbe fare e perché sento di dover fare tutto ciò che è nelle

mie possibilità.

L'ammirevole campagna elettorale del senatore McCarthy in New

Hampshire ha mostrato come vi siano in questo momento profonde

divisioni all'interno del nostro partito e nel nostro paese. Se ciò non

fosse stato risucchiarlo pubblicamente, la mia presenza nella

competizione elettorale sarebbe stata vista come uno scontro tra

personalità invece che tra argomenti.

Nel primo giorno di campagna elettorale, Robert Kennedy visitò le due più

importanti università del Kansas, accolto in entrambi i casi la platee di studenti

entusiasti. Nella Kansas State University incentrò i suoi discorsi sul Vietnam,

spiegando che l'uso delle armi non avrebbe dissolto nel nulla, mentre

all’University of Kansas riprende il discorso sul Vietnam e inoltre critica il mito

americano dell'abbondanza materiale, mettendo efficacemente in luce

l'inadeguatezza del prodotto interno lordo come parametro per misurare la

felicità della nazione.

Che i primi americani, qui negli Stati Uniti, mettano fine alla propria

vita uccidendosi, non penso sia accettabile da parte nostra. Vi siano

ragazzi e ragazze i quali, mentre frequentano le scuole superiori e

sentono che le loro vite sono senza speranza, e nessuno si occuperà

di loro, e nessuno si impegnerà per loro e che nessuno si scomoderà

per loro, sono pieni di disperazione. Da impiccarsi, spararsi e

uccidersi, non penso sia accettabile e ritengo che gli Stati Uniti

d'America e il popolo americano, noi tutti, possiamo fare molto,

molto di più. E mi candido per questa ragione.

Non intendo fare parte di un governo, non intendo fare parte degli

Stati Uniti, non intendo fare parte del popolo degli Stati Uniti e

vedere che un giorno possano scrivere di noi ciò che fu scritto a

proposito di Roma: “ hanno fatto un des

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Publisher
A.A. 2013-2014
13 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dalpa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Istituto Universitario Salesiano Venezia - IUSVE o del prof Bresadola Giovanni.