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L’AUSTRIA
Nell’Impero asburgico sono le armi degli eserciti a risolvere una situazione che sembra del tutto compromessa. I luoghi critici sono
Vienna, Ungheria e Praga. Nella capitale boema dal 2 giugno1848 si sta riunendo un Congresso dei popoli slavi che si è attribuito il
compito di formulare proposte che portino alla trasformazione dell’Impero in una federazione di Stati nazionali. L’esperienza dura
piuttosto poco. Sin dai primi di giugno le truppe imperiali si dispongono intorno alla città. Il 12 giugno una gran folla di praghesi si
riversa nelle strade e, secondo un modello ormai ben noto, costruisce barricate per difendersi dagli assalti delle truppe. L’esercito
bombarda la città e poi manda all’attacco le truppe che la riconquistano completamente. Poco più tardi si riunisce il nuovo
Parlamento nazionale ungherese, animato da forti correnti indipendentiste e , al tempo stesso, impegnato nel reprimere duramente le
minoranze nazionali presenti nel territorio. Per porre fine all’autonomismo ungherese, le truppe austriache tentano di ripetere
l’esperienza di Praga: cercano di riconquistare militarmente Budapest, ma questa volta non hanno successo. Il governo imperiale
decreta comunque lo scioglimento del Parlamento nazionale ungherese che, per tutta risposta, nomina un Comitato ungherese di
difesa nazionale che decide di inviare l’esercito di cui dispone contro Vienna. L’offensiva militare ungherese ha successo, anche
perché, nel frattempo, a Vienna si è aperta un’altra grave crisi. Verso la fine di ottobre la situazione cambia completamente. L’esercito
imperiale coadiuvato in modo determinante dalle forze armate croate, riesce a rientrare in possesso di Vienna e a fermare l’esercito
ungherese; una volta assicuratosi il controllo della città, inizia una controffensiva militare che costringe gli ungheresi alla ritirata. Il 2
dicembre 1848 l’imperatore Ferdinando abdica a favore del nipote Francesco Giuseppe il quale chiarisce subito le sue intenzioni
definendosi “imperatore per grazia di Dio” gesto che mostra l’intenzione di fare piazza pulita delle garanzie costituzionali. Nel marzo
del 1849 l’Assemblea costituente imperiale viene sciolta dalle truppe e viene emanata una costituzione redatta dai collaboratori
dell’imperatore, di conseguenza molto moderata (che sarà abolita nel 1851). L’esercito imperiale è entrato in Ungheria, ma nell’aprile
del 1849 gli ungheresi riescono a reagire e perfino a far arretrare l’esercito. Animata dal successo militare, l’Assemblea nazionale
ungherese proclama l’indipendenza dell’Ungheria. L’imperatore chiede formalmente allo zar di Russia di inviargli aiuti militari;
l’esercito russo a giugno 1849 entra in Ungheria.
PENISOLA ITALIANA
Il 23 marzo 1848 le truppe austriache sono state attaccate dall’esercito di Sardegna. Il re Carlo Alberto conta di sfruttare la situazione
di grave crisi dell’Impero per impadronirsi delle terre che vanno dal Ticino all’Adriatico. Nel farlo ha fatto propri gli ideali e i
simboli nazional-patriottici, al punto di assumere come bandiera per le proprie truppe il tricolore tosso, bianco e verde, con lo
stemma dei Savoia (croce rossa su campo bianco con bordo azzurro) al centro. L’incertezza del comando sardo dà il tempo agli
austriaci di riorganizzare le proprie forze e di lanciare una controffensiva, che culmina il 25 luglio 1848 quando riescono a
sconfiggere l’esercito sabaudo a Custoza. Le truppe austriache riprendono possesso della Lombardia e di Milano. Nel marzo del 1849
il governo piemontese, d’accordo col re, decide di tentare un secondo attacco alle postazioni austriache in Lombardia. Un tentativo
assolutamente fallimentare: l’esercito sardo è intercettato e sconfitto dall’esercito austriaco a Novara.
Carlo Alberto abdica in favore del figlio, Vittorio Emanuele II, il quale, nel momento in cui firma l’armistizio, annuncia di voler
preservare le garanzie costituzionali concesse dal padre. Nell’agosto del 1849anche Venezia, dopa una vigorosa resistenza, sarà
costretta a cedere e a tornare sotto la sovranità dell’imperatore austriaco.
Il 29 aprile 1848 Pio IX comunica la sua ferma intenzione di dissociarsi da una guerra nella quale cattolici combattono contro altri
cattolici. Lo seguono il granduca di Toscana e Ferdinando II di Borbone, che il 15 maggio impone lo scioglimento del Parlamento
appena eletto a Napoli sulla base della Costituzione che lui stesso aveva concesso. La decisione dei tre sovrani suscita una profonda
delusione nell’opinione pubblica. A Roma la situazione precipita il 15 novembre, quando un gruppo di patrioti aggredisce e uccide il
Primo ministro dello Stato pontificio, Pellegrino Rossi, mentre si sta recando in Parlamento: lo accusano di tradimento, perché
avrebbe manifestato l’intenzione di non autorizzare una ripresa della guerra nazionale contro l’Austria. Pio IX convintosi di non
essere più in grado di dominare la situazione, decide di fuggire e di recarsi a Gaeta sotto la protezione del sovrano delle Due Sicilie.
In sua assenza, su pressione dei circoli popolari e delle associazioni democratiche, viene convocata l’elezione di un’Assemblea
costituente: l’organismo, eletto col suffragio universale maschile, il 9 febbraio 1849 proclama l’istituzione della Repubblica
romana. L’Assemblea attribuisce il potere esecutivo a un triumvirato, capeggiato da GIUSEPPE MAZZINI. Alla fine di aprile una
guarnigione militare francese sbarca a Civitavecchia. L’Assemblea legislativa francese conta un cospicuo numero di membri di
orientamento moderato o clericale e il presidente Bonaparte ha deciso di attirarsene le simpatie con un intervento che ha il fine di
abbattere le neonata Repubblica romana e di restaurare il potere papale. Di fronte alla minaccia Mazzini invita alla resistenza a
oltranza, proposta che l’Assemblea accoglie all’unanimità. A Roma si concentrano alcune centinaia di volontari venuti da altre parti
d’Italia, fra cui Giuseppe Garibaldi, con i suoi uomini della Legione italiana, e Luciano Manara che, con i suoi Bersaglieri
lombardi, arriva a Roma il 29 aprile. Il 3 luglio 1849 i soldati francesi riescono a entrare in città. Proprio quando la città è costretta a
cedere, l’Assemblea costituente approva, come gesto simbolico, la Costituzione della Repubblica.
Quindi nel Regno delle Due Sicilie, nello Stato pontificio e nel Granducato di Toscana le Costituzioni concesse nella primavera del
1848 sono revocate. Solo il Regno di Sardegna conserva Statuto costituzionale e Parlamento con una Camera elettiva.
PRUSSIA E GERMANIA
L’Assemblea prussiana ha una vita assai breve: il 5 dicembre 1848 il re, Federico Guglielmo IV, la scioglie d’autorità e procede
all’emanazione di una Costituzione redatta direttamente dai suoi collaboratori. Questa Costituzione attribuisce al re il potere
esecutivo, riservando il legislativo a un Parlamento bicamerale: la Camera alta è composta dai principi reali e dai nobili prussiani; la
Camera bassa è eletta a suffragio indiretto sulla base del sistema elettorale delle tre classi (Dreiklassenwahlsystem). Il 30 gennaio
1850 il re impone una revisione della Costituzione che rende ancore più forte il potere del sovrano, restaurando il diritto di veto del re
sulla legislazione approvata dalle due Camere, assicurando al re un’ampia possibilità di governare per decreto ed eliminando il diritto
del Parlamento di discutere il bilancio statale. A Francoforte, alla fine di marzo-inizio di aprile 1849 l’Assemblea nazionale tedesca
decide a favore della costituzione di un Regno “piccolo-tedesco” (regno che escluda le aree tedesche dell’impero austriaco) che
dovrebbe assumere la forma di una federazione e dovrebbe riconoscere larghe autonomie agli Stati membri. L’Assemblea decide
anche di offrirne la corona al sovrano dello Stato più forte, ovvero la Prussia: ma Federico Guglielmo IV la rifiuta sprezzantemente.
È un modo traumatico di mettere fine al sogno di uno Stato tedesco unitario e costituzionale; i deputati austriaci e quelli prussiani
vengono richiamati dai rispettivi governi e, il 30 maggio1849, l’Assemblea è formalmente sciolta. Ciò che resta di essa si è trasferito
a Stoccarda, nel tentativo di proseguire comunque l’esperienza, ma anche questa iniziativa viene definitivamente sciolta dalle truppe.
14. La Francia del Secondo Impero e l’Unità d’Italia
• I cambiamenti nell’Europa continentale
Il sistema politico britannico mantiene una sua eccezionale stabilità e continuità strutturale. Ben diversa è la situazione nel
continente: il quadro politico è stato instabile per i primi cinquant’anni dell’Ottocento e continua a esserlo nel periodo che va dal
1850 al 1870. In questo ventennio i fattori di mutamento sono essenzialmente due: l’attivismo francese in materia di politica
internazionale; la forza degli ideali nazionalisti, che contagia anche attori politici che in precedenza li avevano combattuti. Questi
due fattori producono le seguenti trasformazioni:
1. La formazione di due grandi Stati unitari (Italia e Germania);
2. La diffusione del sistema rappresentativo costituzionale nella maggior parte degli Stati dell’Europa continentale.
• La Francia del Secondo Impero
La Francia continua lo Stato europeo più instabile sia sul piano interno sia sul piano internazionale. Tra il 1850 e il 1851 la Seconda
Repubblica è attraversata da una forte tensione politica: il Parlamento è diviso fra diversi raggruppamenti (destre monarchiche,
gruppi liberali, repubblicani, radicali) che stentano a imporsi gli uni sugli altri. La situazione di stallo si risolve nel 1851, quando il
Parlamento respinge una proposta formulata dal governo che vorrebbe autorizzare la rieleggibilità di Luigi Napoleone Bonaparte alla
carica di presidente. Bonaparte è un uomo ambizioso e tenace; questa sconfitta politica non gli fa paura; nel 1849 è riuscito a
rafforzare la popolarità che gli deriva dall’essere il nipote del grande Napoleone ordinando la repressione militare della Repubblica
romana e la restaurazione di papa Pio IX. Egli reagisce ricorrendo proprio alla soluzione inventata dallo zio: il colpo di Stato. Il 2
dicembre 1851 reparti dell’esercito occupano la sede del Parlamento, mentre egli diffonde un proclama col quale annuncia la
convocazione di un plebiscito che si tiene il 21 e il 22 dicembre. Gli elettori sono chiamati a pronunciarsi sulla seguente questione:
“il popolo francese vuole il mantenimento dell’autorità di Luigi Napoleone Bonaparte e gli delega i poteri necessari per stabilire una
Costituzione”. I risultati sono largamente favorevoli. Lo scioglimento della Camera democratica viene seguito dall’elaborazione di
una Costituzione autoritaria e dall’attribuzione a Luigi Bonaparte del titolo di imperatore. Il 2 dic