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L
A SFIDA DEI TOTALITARISMI
Nei governi che ambivano a diventare autoritari lo sport non poteva che essere un
grande strumento propagandistico: un mezzo di controllo sociale, di consenso, per
veicolare i propri valori e le proprie ideologie. Questo si vide chiaramente in Italia, con
l’organizzazione sportiva costruita su base trinitaria, e altrettanto avvenne in
Germania, poiché quando Hans von Tschammer und Osten divenne Reichssportfuhrer,
lo sport divenne strumento politico-ideologico (in Italia si aveva l’ONB seguita dai GUF,
l’Opera Nazionale Dopolavoro, e il CONI, mentre in Germania c’era la Hitlerjugend, la
Kraft-durch-Freude, e il Comitato Olimpico Tedesco, il GOC). In URSS la politicizzazione
dello sport non fu da meno. Tra il 1935 e il 1938, in Gran Bretagna, lo sport si rivelò
uno strumento funzionale alla visione politica di Chamberlain, votata
all’appeasement verso la Germania, tanto che nel 1938, quando scese in campo a
Berlino, la nazionale di calcio inglese fece il saluto nazista. Intanto però, cominciò una
sorta di competizione con la Francia, una “gara allo scaricabarile” su chi dovesse
accollarsi il peso del contenimento della Germania, anche in ambito sportivo. Con la
progressiva discesa della Società delle Nazioni poi, il CIO abbandonò le sue ambizioni
internazionaliste, limitandosi al ruolo di gestore delle Olimpiadi, ma nonostante ciò
l’organizzazione fu segnata da un fervente anticomunismo, e una forte tolleranza nei
confronti dei regimi nazi-fascisti. L’uso politico dello sport sviluppatosi negli anni Venti
nelle democrazie liberali divenne quindi un’arma potente dei regimi autoritari, che
sfruttarono proprio la presunzione del CIO di scindere lo sport dalla politica.
Los Angeles 1932
Lo “spirito di Locarno” sviluppatosi negli anni Venti dovette cedere il passo alla
Grande Depressione e i Giochi Olimpici di Los Angeles dovettero farvi fronte, pur
cercando di riscattare il fiasco del 1904. I pochi biglietti venduti scatenarono le
proteste a suon di “Groceries not Games”. Tuttavia, alla fine, la voglia di Olimpiadi
ebbe la meglio, con il bilancio che chiuse in attivo di un milione di dollari. Durante
l’evento il costante saluto romano degli atleti italiani entusiasmò il pubblico, e per la
prima volta il portabandiera americano abbassò il vessillo in segno di rispetto. A Los
Angeles poi, ci fu un vero e proprio salto di qualità rispetto ad Amsterdam in merito
allo sfruttamento commerciale dei Giochi, che vennero usati a scopi turistici e il
cui logo venne applicato a logiche di marketing. Per la prima volta si adottò la
tradizione degli inni e delle bandiere nazionali in occasione delle premiazioni.
All’evento esordì la Cina, il che fu molto politicizzato, perché avvenne a seguito della
minaccia giapponese di schierare nella squadra dello stato fantoccio del Manchukuo
un atleta pupillo cinese. Fatto molto rilevante fu invece l’esclusione dell’eroe nazionale
finlandese Paavo Nurmi, accusato di professionismo. A Chicago intanto, per mano
della LSU, affiliatasi alla RSI, vennero organizzate delle contro-Olimpiadi, il cui
valore competitivo fu secondario, ma sensibilizzò l’opinione pubblica sull’ingiustizia
subita da Mooney, sindacalista incarcerato ingiustamente ed ideatore di questi
contro-Giochi. Ai Giochi di Los Angeles il presidente Hoover rinunciò al palcoscenico,
dichiarando l’evento una “follia”, mentre Roosevelt sfruttò l’evento nella
campagna elettorale, comprendendo l’importanza dei Giochi e del crescente mezzo di
comunicazione che era la radio.
Berlino 1936
Le Olimpiadi di Berlino 1936 rappresentano il massimo esempio di
strumentalizzazione politica di un evento sportivo. La supervisione dei Giochi fu
affidata a Goebbels, e Lewald firmò un patto segreto in cui accettava di sottomettersi
completamente ai voleri del Partito. Fin dal 1933 un movimento d’opinione favorevole
al boicottaggio di questi Giochi prese piede, soprattutto per la discriminazione
antisemita in atto in Germania. L’USOC premette molto, annunciando che gli atleti
americani non avrebbero partecipato nel caso in cui non fosse mutato l’atteggiamento
del GOC nei confronti degli ebrei. Prima di accettare l’invito, quindi, l’USOC mandò il
futuro presidente Brundage a svolgere un sopralluogo in Germania, ma la sua
relazione fu così convincente e tranquillizzante che gli Stati Uniti decisero di
partecipare. Con la promulgazione delle leggi di Norimberga la campagna pro
boicottaggio continuò, ma questa volta Sherrill si spese a favore della Germania,
convincendo Hitler dell’utilità di inserire almeno un ebreo nella squadra tedesca, che
sarà poi la fiorettista Helene Mayer. Alla fine tutti i paesi europei parteciparono, con la
Germania che annunciò che atleti di tutte le razze sarebbero stati accolti cordialmente,
ma il governo francese scelse di finanziare sia la squadra diretta a Berlino, sia quella
diretta a Barcellona per l’Olimpiada Popular, prevista per il luglio 1936 su
organizzazione del Fronte Popolare guidato da Azana. Con il colpo di stato
franchista, però, questi Giochi dovettero essere cancellati.
Per evitare ogni disordine, in Germania furono tolti i cartelli antisemiti, e si misero a
proprio agio i giornalisti stranieri, tanto che alla fine i Giochi trasmisero un’immagine
della Germania come una nazione pacifica, funzionale sia alle esigenze tedesche, sia
ai desideri europei di una Germania meno aggressiva. La fiaccola olimpica passò per
tutti quei paesi dell’Europa sudorientale e centrale, il Lebensraum tedesco, come spot
pubblicitario a favore della Germania. La grande figura dei Giochi fu però l’americano
Jesse Owens, che vinse quattro medaglie d’oro, e che a differenza di quanto
raccontato non fu discriminato da Hitler, quanto più fu il presidente Roosevelt a
mancargli di rispetto. Il Giappone si confermò una potenza olimpica emergente, ma
schierava nella propria squadra atleti coreani costretti a correre sotto la bandiera dei
colonizzatori e con nomi giapponesi. In conclusione, i Giochi furono una passerella per
la Germania nazista – ma anche per l’Italia, che conquistò la medaglia d’oro nel calcio
e il terzo posto nel medagliere -, ma non furono che una pausa nelle persecuzioni
razziste. Le Olimpiadi del 1940 e del 1944
Dopo i Giochi del 1936 le Olimpiadi andarono incontro un’ulteriore politicizzazione, con
il regime nazista che assunse sempre più potere nel CIO, tanto che Lewald fu costretto
alle dimissioni, per far spazio al membro di partito von Reichenau. Nel 1937, poi,
moriva de Coubertin, così come le speranza di pace universale portata dai Giochi da
lui iniziati. In vista dei Giochi del 1940, quando il Giappone contattò il governo inglese,
questo fece pressioni sul BOA perché ritirasse la candidatura di Londra. Questo perché
la Gran Bretagna necessitava di relazioni amichevoli col Giappone. Anche Roma ritirò
la propria candidatura, per volere dello stesso Mussolini, in virtù dell’asse
Roma-Berlino-Tokyo. Proprio Tokyo, pur essendo il Giappone un paese dimostratosi
aggressivo, sarà scelta come città ospitante i Giochi del 1940, ma con il protrarsi della
guerra, nel 1938, il CIO spostò l’evento ad Helsinki. Intanto, nel 1939, Londra ottenne
l’assegnazione dei Giochi del 1944. I Giochi del 1940 non s’ebbero da disputare, in
virtù dell’invasione sovietica in Finlandia nel 1939, mentre la Germania rinunciò ai
Giochi invernali. Il presidente del CIO Baillet-Latour, una volta che il Belgio venne
invaso dalla Germania, divenne di fatto ostaggio dei tedeschi, e l’istituzione da lui
guidata rimase, fino alla sua morte nel 1942, un’organizzazione non attiva. Lo spirito
olimpico sopravvisse però nei campi di concentramento di Langwasser e di
Dobiegniew, dove i prigionieri organizzarono degli pseudo-Giochi in gran segreto. Più
che sopravvivere alle due guerre, va detto i Giochi Olimpici sono sopravvissuti grazie
alla Seconda Guerra Mondiale. Grazie alla questo conflitto infatti, i Giochi sono
sopravvissuti ad un’eventuale tripletta del Patto d’acciaio, con Germania, Italia e
Giappone, che in fila avrebbero ospitato l’evento sportivo più importante del globo.
T RA RICOSTRUZIONE E GUERRA FREDDA
Dopo la Seconda Guerra mondiale, dal 1952 al 1972, la presidenza Brundage aprì
un’era vera e propria. La nascita dell’ONU non fu accolta con lo stesso entusiasmo
della Società delle Nazioni, e molto ci vorrà prima che le due istituzioni collaborino. In
seguito alla fine del conflitto, solo Germania e Giappone furono messe “in
quarantena”, e nella società di quest’ultimo, gli sport americani furono utilizzati per
promuovere i valori liberal-democratici, tanto che sarà poi lo stesso MacArthur a
spingere perché il Giappone prenda parte a Helsinki 1952. Alle due Germanie fu
imposta la costruzione di una squadra unificata, che seppur spacciata dal CIO come
una vittoria politica, non era che un frutto della dottrina Hallstein, che prevedeva
come rappresentanza unica del popolo tedesco la RFT. Per l’URSS l’accesso al
movimento olimpico era di vitale importanza politica, e i sovietici fecero di tutto,
cedendo addirittura alla liberazione di von Halt. Dal 1952 però, con l’ingresso della
guerra fredda, anche le Olimpiadi assunsero una dimensione politica bipolare, mentre
per i paesi di recente indipendenza i successi olimpici potevano valere come
importanti carte di legittimazione internazionale. Lentamente, i Giochi Olimpici,
ossessivamente politicizzati da Brundage, insieme alla guerra fredda, caddero vittime
dell’hard politics, diventando sempre più un foro ideale per l’espressione di istanze
politiche.
Londra 1948
Il CIO, dopo Berlino 1936 e la guerra, riuscì a trovare la forza di rilanciare il movimento
olimpico e i Giochi, anche perché non passò molto prima che lo sport divenisse un
attore importante del processo di normalizzazione postbellica. Con la firma
dell’armistizio in Europa, nell’agosto 1945 si svolsero i Giochi Militari, simili ai
Giochi interalleati di Anversa nel 1920. Il Regno Unito stava sempre più diventando il
junior partner americano del nuovo sistema internazionale, e mentre alcuni
sostenevano il contribuito dei Giochi nel veicolare pace e concordia, altri ritenevano
inopportuna una manifestazione che metteva in scena rivalità nazionalistiche. Per
ospitare i Giochi Olimpici, Londra ebbe bisogno del supporto e della cooperazione
del governo Attlee. Pur con la cancellazione dei Giochi ad un passo, in virtù della
crisi economica