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Questo documento si apre con il nodo della divisione tra le donne stesse, una divisione tra quelle
che hanno accettato la costruzione maschile della cultura e quelle che non accettandola sono
rimaste nel mistero. Il secondo punto riguarda la consapevolezza della differenza femminile, la
presa di distanza da ogni forma possibile di omologazione o mimetismo con l’altro e quindi una
critica radicale all’uguaglianza. Terzo punto è la critica del grande impianto della costruzione
culturale maschile. La presa di parola si accompagnò poi alla pratica della scoperta e della
conoscenza del proprio corpo con la costituzione dei gruppi self-help e dei primi centri di salute per
la donna. la prima metà degli anni 70 vede la grande circolazione di idee, di pratiche di ricerca di
un rapporto con l’esterno che mantenevano un legame con le culture politiche dei gruppi di
provenienza e gruppi, invece, che privilegiavano la pratica dell’autocoscienza prendendo le
distanze dalle forme della politica maschile. Il mondo costituito dal movimento degli studenti o dal
gruppo politico di appartenenza viene ricordato come terra straniera. la donna è una migrante e il
gruppo di donne è l’approdo. In quegli anni il femminismo ebbe un grande effetto diffusivo
coinvolgendo diverse donne provenienti da storie e background differenti. Il movimento era
molecolare quindi, costituito da diversi gruppi. Le donne, in quanto soggetto politico, entrano
prepotentemente sulla scena pubblica, costituiscono spazi di incontro, danno vita a case editrici,
radio libere etc e cambiano i ritmi della vita quotidiana, inventando nuove forme di socialità. Il
movimento ebbe anche dei rapporti con vari filoni del 68 tra cui quelli legati al pensiero
antiautoritario, all’antipsichiatria. Ma qual è il contesto in cui nascono i primi gruppi di sole donne?
Nei primi anni 70 si esaurisce il movimento nelle università e si riduce in piccoli gruppi della nuova
sinistra; poi le lotte dell’autunno caldo del 69 più i movimenti antiautoritari mettono in circolazione
nuove idee e nuovi dibattiti, come quello sulle legge 180 che portò alla chiusura dei manicomi.
Durante la manifestazione del 75 sull’aborto, le donne decisero di non far partecipare gli uomini al
corteo (lotta continua). Questo provocò uno scontro molto duro e momenti di grande tensione
durante la manifestazione. Ques’episodio metteva in evidenza il fatto che il movimento delle donne
era un altro movimento, con una forma propria e una propria pratica politica. Il periodo tra il 75 e
77 fu complesso per il femminismo. Furono gli anni di massima visibilità sulla scena pubblica e
contemporaneamente quelli di prime crisi. In questo contesto emerse la questione dell’abolizione
dell’aborto e delle norme del codice rocco che ne facevano reato contro la stirpe. In tutti i paesi in
cui vivgeva una legislazione punitiva contro l’aborto si avviò tra la fine degli anni 60 e l’inizio dei 70
una campagna esemplare di fronte ai processi di donne ree di aver abortito. Es: in italia il processo
di gigliola perbon, a padova nel 73, rappresentò un momento di grande mobilitazione. In gioco vi
era la libertà di scelta delle donne rispetto al proprio corpo e all’essere madri, ma come sempre
non mancarono le contraddizioni. Per diverse donne l’aborto non poteva essere considerato un
nuovo diritto civile, come appariva nella campagna dei radicali. Il fatto che l’aborto fosse legge di
stato, imponeva che una vicenda così dolorosa e privata fosse messa sul piano pubblico. Le
manifestazioni che rivendicavano questa possibilità raccontavano del tunnel in cui entravano
migliaia di donne di fronte ad una gravidanza non scelta e di umiliazioni vissute. Quindi, come
affrontare la contraddizione tra pubblico e privato? Promuovere o no le manifestazioni? Come non
cadere nelle contraddizioni di una nuova legge che ancora una volta avrebbe regolamentato il
corpo femminile? Proprio sulle manifestazioni sull’aborto furono presenti divisioni: una parte del
femminismo scelse di non scendere nelle piazze, altre ci andarono con riluttanza, per altre ancora
segnò l’occasione per entrare nel movimento. Una delle prime contraddizioni presenti nel
movimento in quegli anni fu la difficoltà da parte di coloro che pure si allontanarono coi gruppi
politici di provenienza, di privilegiare il momento interno del piccolo gruppo di donne. Le forme di
militanza conosciute e sperimentate portavano infatti ad allargare il movimento, ad uscire
all’esterno, per coinvolgere ed agire con e per tutte le donne che erano oppresse. in questo
periodo il nodo non riguardava solo rapporto dentro/fuori rispetto ad un movimento che voleva
cambiare insieme destini individuali e collettivi, esso stava anche all’interno, nel piccolo gruppo. Il
problema era nelle differenze che man mano emergevano nel gruppo di donne, incrinando così
l’immagine della sorellanza. Uno dei tratti specifici del femminismo italiano è la differenza
sessuale. Fin dagli inizi, carla lonzi e rivolta, sottolineano la differenza dell’essere donna, criticando
qualsiasi forma di emancipazione omologante. In questo caso fu lo scambio con il femminismo
francese e il gruppo Psycanalise et politique di Antoinette fouque a dare un’altra prospettiva al
femminismo italiano: al centro stava la scoperta, a partire da sé, di un femminile nascosto e
censurato dalle teorie dominanti. Queste donne proponevano un percorso faticoso che intrecciava
politica e psicoanalisi per svelare l’esistenza di una femmina in sé. Nel femminismo italiano questo
rapporto si intrecciò con l’elaborazione dei gruppi radicali di auto scienza. Milano, roma e gli incotri
nazionali di cervia e pinarella costituirono luoghi fondamentali del dibattito. Se all’origine del
movimento, come quello italiano, vi furono i conflitti e le tensioni interne al gruppo di donne, negli
stati uniti questo tema assunse effetti dirompersi rispetto alle diverse appartenenze di razza e di
lasse e alle diverse preferenze sessuali. Dura fu la critica alle femministe bianche da parte di
quelle nere che portarono un altro sguardo in quanto segnate dall’esperienza di essere nere e
state schiave, una critica che si intrecciò a quella delle stesse donne bianche che avevano
sperimentato un’altra differenza, l’essere lesbiche. Nelle ricostruzioni disponibili del femminismo
italiano il 1976 rappresenta il momento di massima espansione, ma anche di crisi dovuta alle
contraddizioni precedenti e dovuta anche all0avvento sulla scena di una seconda generazione di
femministe, proveniente da gruppi di sinistra extraparlamentare. L’intera fase storica apertasi alla
fine degli anni settanta sembra chiudersi nel 76 (anno delle elezioni politiche, della vittoria di DC e
della crisi della sinistra extraparlamentare) e nel 77. Comparì sulla scena uno spezzone di società
e culture giovanili che non solo criticavano il sistema, come i loro fratelli maggiori, ma esprimevano
la consapevolezza di esistere fuori dal sistema. Contemporaneamente la crisi di gruppi di sinistra,
la percezione della chiusura di qualsiasi spazio di modifica dell’organizzazione sociale, le scelte
soggettive di gruppi e singoli accelerarono il formarsi di un filone ancora diverso, con l’ingresso
nella clandestinità e nella lotta armata. Alcuni temi delle donne si mescolavano coi passamontagna
sul viso. Iniziavano così gli anni di piombo. L’8 marzo 77 con un volantino firmato Movimento
Femminista bolognese, venne convocata un’assemblea al Gogliardo, un ex bar della zona
universitaria divenuto luogo di incontro. Di ì partì un corteo per occupare una casa per farne un
centro delle donne. Il tentativo venne bloccato dalla polizia che assalì il corteo e la manifestazione
fu dispersa. Fu in violento preludio a quello che sarebbe successo nei giorni successivi (scontri
con le forze dell’ordine e morte di Lorusso). rispetto alla violenza fu importante anche l’aborto che
fu oggetto di discussione di posizioni diverse relative alla necessità o meno di una legge che
considerasse violenza reato contro la persona, facendo scattare immediatamente la querela
d’ufficio, a prescindere dalla scelta della donna. La fine degli anni 70 furono una lacerazione,
anche interna del movimento. Gli anni tra la fine dei 70 e l’inizio degli 80 vedono proseguire
l’attività femminista in modi diversi. Unica e originale è l’esperienza del femminismo sindacale con
la lotta per i corsi di 150 ore per sole donne. Si moltiplicano i luoghi delle donne, spazi con
vocazioni differenti di elaborazione politica, di iniziative culturali, di supporto e accoglienza. Si
avviarono anche confronti con le istituzioni in italia e negli altri paesi i women’s studies. Se una
stagione di cultura politica di conclude con gli anni 80, questo non capitò con la storia politica delle
donne nell’ultimo secolo.
3: manuela fraire: donne nuove, le reagazze degli anni 70
L’introduzione della psicoanalisi delle pratiche politiche non è nata con il femminismo, ma con il
movimento del 68. La psicoanalisi è stata utilizzata sin da allora, in quanto strumento adatto ad
approfondire il rapporto tra soggettività individuale e ragione politica del gruppo. un esempio fu il
movimento antipsichiatrico che utilizzava un sapere si sé impossibile prima della psicoanalisi e che
non ne condivideva la pratica professionale. Qual è il significato di autocoscienza? Significa dare
voce, forma e autorevolezza a quegli aspetti del fare politica che erano stati problematici (per
L’autrice sia nel movimento del 68, sia nel PCI dove militava e dove avrebbe voluto fare molte
obiezioni su come stavano fra compagni). Il suo primo approccio con un gruppo di donne fu
accidentale, ad una mostra. La fraire attraversò un percorso laborioso e problematico che però le
ha permesso di pensare liberamente, nel rispetto della sua soggettività. Nei gruppi di
autocoscienza la parola veniva data a tutti, anche a chi non aveva le qualità o le capacità di leader.
Agli inizi deli anni 70 l’autocoscienza sembrava avere fatto il suo corso e per alcune venne
sostituita dalla pratica dell’inconsio. Questa pratica nasceva all’interno di alcuni gruppi di donne
che si interrogavano sulle dinamiche relazionali che spesso ostacolavano il lavoro dei gruppi di
autocoscienza. Questa pratica ha finito per segnare il confine tra due inclinazioni del femminismo
italiano. Il distacco dall’autocoscienza ha generato un esercizio del pensiero teorico. Ne è nata una
teoria sulla soggettività femminile, ripresa dal gruppo della Libreria delle donne di milano, affiliate
con il gruppo Diotima, composto da filosofe e studiose di filosofia. Questa teoria ha il merito di aver
dato forma ad un nuovo punto di vista sui due sessi, a partire dalla soggetti