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TEOLOGIA FEMMINISTA

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BASI TEORICHE: reinterpretazione del Corano, rilettura critica della sunna (tradizione) e

degli hadith (detti e fatti attribuiti al Profeta), operazioni rese possibili dall’IJTIHAD, lavoro

esegetico di ampia portata che prende in considerazione non solo i testi sacri dell’islam ma anche

la storia, la sociologia e la cultura del mondo islamico.

OBIETTIVO: sovvertire letture predominanti dei testi sacri per rivendicare diritti negati e

ottenere uguaglianza di genere e giustizia sociale.

CORANO: fonte suprema della religione e del diritto, è per i musulmani la diretta e letterale parola

di Dio, rivelata al Profeta Muhammad per mezzo dell’arcangelo Gabriele (a differenza dell’Antico e

Nuovo Testamento, testi ispirati da Dio). Scritto in lingua araba, composto da 114 sure.

Rivelazione avvenuta dal 609-610 al 632.

SUNNA: insieme di regole fondate su parole, azioni e taciti assensi del Profeta Muhammad,

considerato rasul (inviato di Dio) ma allo stesso tempo uomo: capo politico, militare, guida sociale

→ modello per tutti i fedeli, tenuti a seguirne i passi.

HADITH: parte della Sunna, sono i racconti e i detti attribuiti a Maometto, talvolta contrastanti.

Distinti in SAHIH (autentici/sani), HASAN (buoni/accettabili), DA’IF (deboli). Se il Corano è

considerato parola di Dio, gli hadith sono la parola del profeta: compimento della parola divina

poiché spiegano e completano indicazioni e precetti del Corano.

IJTIHAD: sforzo di interpretazione personale delle fonti. Dal X-XI secolo nell’islam sunnita il ricorso

a questo strumento non è formalmente consentito.

Riffat Hassan e la nascita della teologia femminista islamica

Nel 1300-1400 c’erano donne esperte di hadith che ricoprivano anche ruoli preminenti

nell’insegnamento di questo settore dell’educazione religiosa, le MUHADDITHAT, che lavoravano a

stretto contatto con studiosi e allievi maschi.

Negli ultimi secoli però sono state poche: una di esse è RIFFAT HASSAN (teologa e attivista

pakistana), una delle prime studiose a proporre, a metà degli anni 80, un’ermeneutica femminista

→ nel racconto della genesi dell’umanità nel Corano non si evince alcuna superiorità degli uomini

sulle donne: la differenza tra esseri umani deriva dalla rettitudine agli occhi di Dio, non dal

sesso. Sia Eva che Adamo vennero tentati e cedettero al demonio: la credenza che Eva sia

all’origine del peccato originale è frutto dell’influenza della tradizione giudaico-cristiana.

Uomini e donne sono stati creati con caratteristiche biologiche differenti unicamente per

permettere la riproduzione della specie, perché solo in situazioni particolari assumono diversi ruoli

e funzioni, ad esempio la procreazione → visto che la donna è l’unica a dare la vita e allattare,

il Corano prescrive all’uomo di sostenerla materialmente in tale circostanza: non è

subordinazione, ma divisione dei ruoli e mutua collaborazione il cui scopo comune è il

benessere sociale.

Hassan sostiene che l’Islam permette pianificazione familiare e non vieta uso di

contraccettivi, diritto delle donne che devono avere controllo sul proprio corpo. Anche l’aborto

non va vietato nei primi 120 giorni di gravidanza, quando l’anima ancora non ha raggiunto il feto

(Corano distingue due fasi nello sviluppo fetale).

Produttrici di una nuova ermeneutica coranica

Fine anni 80: sempre più donne musulmane chiedono rilettura dei testi sacri da una prospettiva di

genere.

AMINA WADUD (teologa afroamericana)

Cresciuta in ambiente cristiano, si converte nel 1972 seguendo altri membri della comunità nera

statunitense che trovarono nell’Islam la giustizia che non riuscivano ad ottenere nell’America

bianca e razzista. Discorso teologico e attivismo in favore dell’uguaglianza di genere sono

inscindibili → nel 2005 assume il ruolo di imam a New York guidando pubblicamente in

preghiera i fedeli presenti, rompendo una consolidata tradizione che proibisce alle donne di

svolgere tale funzione (sconveniente che una donna si inginocchi e prostri davanti agli uomini

perché li distrarrebbe).

Esegue un lavoro di decostruzione dell’esegesi prodotta dagli uomini → il Corano si compone

di due voci, una maschile e una femminile, quest’ultima ridotta al silenzio e nascosta nel corso dei

secoli. Nel suo primo libro Qu’ran and Woman: re-reading the sacred text from a woman’s

perspective (1992), considerato uno dei testi centrali della teologia femminista islamica, Wadud

spiega che le differenze di genere derivano dalle funzioni sociali e culturali. Nel Corano Dio

si rivolge agli individui come nafs (anima) senza riferimenti al genere.

Il CONCETTO DI GIUSTIZIA NEL CORANO appare solo se letto nella sua interezza, perché

cambia nel corso della storia → una parte del messaggio è eterna, l’altra va contestualizzata

storicamente nel periodo della rivelazione tenendo conto delle condizioni sociali del tempo.

Le interpretazioni del Corano sono fortemente influenzate anche dall’uso della lingua: l’arabo non è

da considerare lingua sacra in quanto mero strumento per rendere comprensibile la rivelazione.

Nel secondo libro Inside the gender Jihad (2006) sottolinea sforzo interiore per avvicinarsi al

senso di giustizia prescritto dal Corano e sforzo esteriore di lotta al patriarcato per stabilire

uguaglianza di genere nel pensiero e nella pratica musulmana. Uguaglianza di genere pilastro

della giustizia sociale che rappresenta lo spirito ultimo dell’Islam.

Rigetta interpretazioni della seconda parte del versetto 34 della sura IV che autorizzerebbero gli

uomini a picchiare le donne in quanto ciò va contro lo spirito di giustizia del Corano. Quanto a

quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi

battetele. Principi etici e morali al tempo del profeta sono diversi da quelli dell’epoca odierna.

LALEH BAKHTIAR (studiosa irano-statunitense) Nella sua traduzione in inglese del Corano

traduce “battere” con “andare via” → fatto avvalorato dagli atti pratici del Profeta, che quando

litigava con le mogli, si allontanava invece di picchiarle.

ASMA BARLAS (studiosa pakistana, rifiuta aggettivo femminista)

Nei testi sacri non è contemplata alcuna forma di supremazia o sopraffazione maschile sulle

donne, né tantomeno la POLIGAMIA, che era limitata ai tempi del profeta per garantire giustizia

alle orfane, di cui gli uomini erano esortati a sposarne le madri vedove di guerra per

garantire i loro diritti e i loro beni. In quest’ottica è una garanzia di giustizia, non un lusso per

gli uomini.

In Believing women in Islam: unreading patriarchal interpretations of the Qur’an (2002), uno dei

riferimenti principali del femminismo islamico → TEORIA DEL TAWHID (unità e unicità di Dio):

parallelismi tra Dio e uomo in quanto padre/marito con sovranità su moglie e figli sono da

considerare teologicamente infondati e quindi eresie.

L’esegesi al femminile del mondo arabo

Marocco importante centro di esegesi femminista grazie al lavoro di Fatima Mernissi e Asma

Lamrabet, le quali credono che sia possibile conciliare Islam e diritti femminili → entrambe fanno

leva sulle personalità femminili del primo periodo islamico, fase storica caratterizzata da un

grande attivismo femminile e dal riconoscimento sociale di diritti e capacità delle donne. I

loro lavori si concentrano su DECOSTRUZIONE INTERPRETAZIONI MISOGINE e ricostruzione

delle biografie di donne importanti nel primo periodo islamico.

FATIMA MERNISSI (sociologa marocchina)

Una delle pioniere del femminismo islamico, ma non si definisce tale. Fin dagli anni 70 affronta

questione femminile in Marocco e nel mondo musulmano in generale, ma il suo approccio cambia

radicalmente nel corso degli anni → all’inizio vede la religione come ostacolo

all’emancipazione femminile, poi dalla fine degli anni 80 studia i testi sacri e afferma che

l’Islam è portatore di un messaggio di uguaglianza però sconosciuto a causa delle

interpretazioni androcentriche e misogine imposte da elite di potere maschili.

All’inizio dell’era islamica le donne erano le prime a convertirsi e a trasferirsi nella città santa di

Medina, attratte da una religione che garantiva uguaglianza e diritti (in arabo esiste la parola

sahabiat, equivalente femminile di sahaba, compagno del Profeta) → il Profeta non avrebbe mai

avallato posizioni misogine. Dopo sua morte la giovane moglie Aisha si pose alla testa di un

esercito per contrastare la legittimità del califfo Ali nella battaglia del cammello (Aisha cavalcava un

cammello). È impossibile pensare che il Profeta, che amava e rispettava Aisha, abbia realmente

pronunciato hadith che suggerisce che le donne non siano capaci di ricoprire ruoli di potere.

Uno degli esempi di hadith fallaci/spuri è l’idea che nel Corano sia prescritto l’obbligo del VELO

(23, 59) → all’epoca necessità di indossare il velo era legato alla crisi militare di Medina, in

cui le donne erano esposte al continuo rischio di violenze: il velo era un modo per

proteggerle segnalandole ai compagni musulmani. Il Corano non prescrive neanche

SEPARAZIONI TRA UOMINI E DONNE (23, 53): la tenda in casa di Maometto serve solo a creare

distinzione tra vita pubblica e privata del profeta.

Riletto da prospettiva di genere, l’islam risulta cornice perfetta in cui rivendicare diritti ma

non rinuncia del tutto all’APPROCCIO SECOLARE.

Nel periodo postcoloniale in cui si affermano i gruppi islamisti radicali, Mernissi sente la necessità

di contrapporsi a loro e cambia prospettiva, affermando che la parità tra uomini e donne viola le

premesse dell’islam e le leggi che mettono in pratica i suoi comandamenti → APPROCCIO

CRITICO NEI CONFRONTI DELL’ISLAM: matrimonio islamico basato su dominio maschile, donna

musulmana posta sotto autorità di padri, fratelli e mariti, donne considerate da Dio elementi

distruttivi e quindi devono essere escluse da ogni contesto se non quello familiare → mutamento

di prospettiva testimonia trasformazione generale del discorso femminista nel mondo

islamico: fine anni 80-inizio anni 90 NUOVA CRITICA DI GENERE che oltre ad attaccare la

tradizione patriarcale radicale si rivolge contro la cultura occidentale (tutte le musulmane vittime

dell’Islam): donne occidentali sono vittime, spesso inconsapevoli, di una società maschilista che

cerca costantemente di sopraffarle. La prova è l’ideale estetico a cui sono costrette ad

uniformarsi (“la tirannia della taglia 42”), modo di pensare e comportarsi che induce le

donne a trasformare il proprio corpo e i propri desideri per assecondare lo sguardo

maschile.

ASMA LAMRABET (medico marocchino)

In passato non prati

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
11 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elib. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle donne e dell'identità di genere e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Casalena Maria Pia.