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La Decolonizzazione: sue diverse fasi e zone di realizzazione

Premesse

Nell'Africa araba e nell'Africa nera serpeggiarono nei decenni a cavallo del XX secolo ribellioni e guerriglia, le prime avvisaglie di quell'imponente lotta per la nazionalità e la liberazione dal controllo imperialista che emergerà nel corso del Novecento e dopo la seconda guerra mondiale. La lotta contro lo straniero che sradicava antichissime tradizioni e costumi, trovò accenti di guerra santa nei Paesi di cultura islamica e la lezione liberale e democratica dell'Ottocento diede il suo contributo alla nascita del sentimento nazionale, un sentimento destinato a rafforzarsi via via che le popolazioni abbandonavano il modo di vita della tribù, urbanizzandosi.

Alla fine della Seconda guerra mondiale, allorché Inghilterra e Francia, principali Stati coloniali, persero il loro prestigio internazionale, si accelerò un processo di dissoluzione degli

imperi coloniali asiatici e africani, già avviato nel primo dopoguerra, del quale furono artefici i movimenti anticolonialisti. Le decisioni di politica mondiale ora provenivano dalle potenze extra-coloniali, Stati Uniti e Unione Sovietica, entrambi favorevoli al processo di decolonizzazione (i primi per ragioni di libero mercato, l'URSS per propaganda a favore della "rivoluzione" contro l'Occidente imperialista). Tuttavia il problema coloniale rientrò nella logica della Guerra Fredda e in alcuni casi nella pratica gli Stati Uniti preferirono favorire l'instaurazione delle ex colonie, piuttosto che di un governo comunista.

La decolonizzazione, intesa sia come trasferimento di poteri alle classi dirigenti locali, sia come recupero della piena sovranità delle colonie, si può dividere in due fasi: la prima, immediatamente successiva al 1945, riguardò principalmente i Paesi asiatici e in alcuni casi si realizzò attraverso

guerre e lotte civili molto aspre; la seconda, che datadegli anni Cinquanta e Sessanta, interessò gran parte degli Stati africani a partire dall'area mediterranea.

AsiaNell'impero britannico la trasformazione avvenne gradualmente in quanto già prima della Seconda guerra mondiale Londra aveva concesso alcune parziali autonomie con la costruzione di governi locali (nel 1931 a Ceylon, nel 1935 in India e nel 1937 in Birmania). La decolonizzazione totale di questi Paesi si completò dopo il 1945, quando il governo britannico trovò una soluzione pacifica che garantì la transizione senza scosse dal sistema coloniale ai nuovi Statisovrani.

Esemplare fu il caso dell'India, dove l'opposizione antibritannica aveva trovato autorevole espressione nel partito del Congresso nazionale indiano, il cui leader Mohandas Karamchand Gandhi, aveva acquisito grande prestigio tanto nel suo Paese quanto in occidente. Allo storico traguardo

La conquista dell'indipendenza dell'India avvenne nel 1947, ma fu seguita dalla divisione del territorio in due Stati: l'India, a maggioranza induista, e il Pakistan, a maggioranza islamica, diviso in due parti (orientale e occidentale) separate da oltre 1500 km di territorio indiano. La divisione tra India e Pakistan, originata dalla questione della sovranità sul Kashmir, causò violenti scontri che portarono a orrendi massacri.

In Birmania e Malesia, colonie inglesi, e in Indonesia, colonia olandese, l'indipendenza fu ottenuta a seguito di cruente lotte interne tra comunisti e nazionalisti.

In generale, gli anni '60 sono stati un punto di svolta per molti Stati africani che hanno raggiunto l'indipendenza e hanno adottato un sistema politico di repubblica parlamentare presidenziale. Tuttavia, è necessario fare alcune distinzioni geografiche.

La decolonizzazione si è realizzata rapidamente nell'area mediterranea e

subsahariana ad eccezione dell'Algeria, che ottenne l'indipendenza dopo una lunga e cruenta guerra (1954-1962) con la Francia, condotta dal Fronte di Liberazione Nazionale. Più complessa e travagliata fu la trasformazione nella parte centro-meridionale nella quale l'acquisizione dell'indipendenza scatenò anni di guerre civili devastanti, di cui il caso più clamoroso fu il Congo Belga (o Zaire), per il quale si rese necessario l'intervento dell'ONU. Ottenuta l'indipendenza i nuovi Stati africani si trovarono privi di una classe dirigente, in gravi difficoltà economiche e con confini tracciati arbitrariamente dalle potenze coloniali, senza alcuna considerazione delle varie componenti etniche. Questo dramma si trascina fino ai giorni nostri come nel drammatico contrasto fra etnie hutu e tutsi in Ruanda nel 1994. Nell'Unione Sudafricana il partito nazionalista accentuò l'intransigenza nei confronti della.segregazione razziale(apartheid), opponendosi a qualsiasi concessione di rappresentanza politica alla popolazione nera. La fine dell'apartheid si realizzò solo nel 1990 grazie al movimento di opposizione guidato da Nelson Mandela, che sfidò il governo, colpevole di innumerevoli soprusi e massacri, e che ottenne l'appoggio dell'opinione pubblica e della comunità internazionale. Nel fervore della lotta per l'emancipazione, i leader africani credettero che una volta raggiunta l'indipendenza, sarebbero scomparsi tutti i vecchi mali di cui soffrivano i loro popoli, ma formidabili problemi si presentarono ai "Paesi nuovi", spesso affidati all'anarchia, ai colpi di stato militari e alle guerre civili, mancando un quadro dirigente nero e un'esperienza democratica. Lo sviluppo economico e sociale era subordinato alla industrializzazione, per la quale
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Publisher
A.A. 2006-2007
2 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Lupo Salvatore.