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Nell’immediato dopoguerra la radio risponde ai suoi compiti di diffusione della cultura riferendosi alla grande

tradizione pedagogica della BBC inglese considerando tre livelli fondamentali di pubblico: un livello ampio,

bisognoso una cultura di base generica, un livello di ascoltatori che aspira a conoscenze piuttosto approfondite ma

difficilmente raggiungibili individualmente, un terzo livello di intellettuali dotati di istruzione superiore.

L’opera di divulgazione culturale venne comunque perseguita dalla radio anche sotto molteplici altre forme: una

consistente offerta di corsi di lingue straniere e di rubriche informative di vario genere.

L’Approdo, la rubrica nata quasi per caso nel 1944, è forse la rubrica culturale più famosa e longeva della rai e quella

che aveva rappresentato più di altre la volontà del rinnovamento morale della cultura italiana in un mezzo di

comunicazione di massa. Il rapporto con la società si definisce in modo significativo, fino all’avvento della tv, anche

in quelle trasmissioni che, in vario modo, si aprono ad iniziative di solidarietà. Con la riforma del 1951 anche il

giornalismo radiofonico venne potenziato. Nacque nel dicembre il nuovo giornale radio del secondo programma,

Radiosera, concepito con lo stile do un magazine, della durata di mezz’ora, era animato da una grande ricchezza di

notizie, da una impaginazione agile, da una concezione moderna del mezzo.

Nel 1951 nasce Rosso e Nero, forse il programma leggero più famoso della radio del Dopoguerra, presentato

inizialmente da Mario Carotenuto e poi da Corrado.

Quasi un contraltare all’opera didattica di cui la radio si era fatta portavoce, si nota un incremento dell’offerta di quiz,

spesso rivolti a concorsi per tutti gli spettatori. Il sapere nozionistico può infatti avere un immediato utilizzo in questi

quiz accessibili e semplici, dove la suspance per la risposta esatta ha ancora il sapore del gioco di famiglia, ben

lontano dalla parossistica tensione del gioco tv.

la gara di abilità, il gioco, la conquista di premi in danaro vengono a poco a poco a costruire, con le canzoni, la

struttura portante del’intrattenimento italiano.

Ma il programma più popolare in questo genere fu senza dubbio Campanile d’oro, vera e propria kermesse i cui si

fronteggiavano singoli o gruppi provenienti da tutto il paese.

Lo spettacolo leggero stava espandendosi, anche nei supplente domenicali dei gazzettini; nel dopoguerra cresce anche

l’offerta di prosa alla radio, attraverso le messinscene di molti testi stranieri e il pubblico sembra gradire l’iniziativa:

ma si fa strada l’ipotesi del radiodramma “nostrano”, che riproponga quel mondo di sentimenti e di valori tipici del

nostro stile nazionale.

Una preoccupazione dominava tuttavia i dirigenti della Rai:evitare in ogni modo qualsiasi tipo di shock alle

popolazioni provate dagli ani della guerra.

Capitolo 9 – Vedere a distanza

9.1 – L’invasione delle immagini

La televisione, negli anni precedenti al conflitto, era ancora una tecnologia sperimentale ed un mezzo a circolazione

limitatissima nonostante la Gran Bretagna avesse inaugurato il 2 novembre 1936 il primo servizio televisivo regolare

al mondo. La guerra blocco qualsiasi tipo di ricerca in ambito metodologico e di diffusione del nuovo mezzo, ma allo

stesso tempo stimolò la ricerca in campo elettronico che, con la fine del conflitto, poté facilmente confluire nelle

tecnologie tv degli anni successivi.

A travolgere il modello comunicativo della radio non fu soltanto l’avvento della televisione, ma anche i profondi

cambiamenti prodottisi nella società e nella struttura del paese. Il modello radio si era infatti in parte legittimato

tramite costanti di agricoltura e arretratezza sociale che con il passare dei tempi e della guerra erano andati persi a

favore delle costanti dell’industria e della produzione seriale. Dopo un primo periodo di equilibrio il pubblico

radiofonico si comprime decisamente. La televisione raggiunse infatti in 10 anni le stesse quote di diffusione e di

mercato che la compagna radio aveva raggiunto in 30 anni.

Tra i due mezzi, l’egemonia televisiva si è imposta su tre livelli: il primo livello, quello del confronto quantitativo, ha

abbassato l’audience radiofonico in maniera fortissima; un secondo livello fu quello della ridefinizione istituzionale

che portò alla rottura del monopolio, e il terzo livello fu quello di rendere necessaria e urgente la ristrutturazione

organizzativa verso le nuove esigenze del pubblico.

La diffusione del mezzo televisivo corrispose, in realtà, ad una sorta di espropriazione della radio e la sua stessa

sopravvivenza si avvalse di un compromesso. Negli anni dell’esordio della televisione avvenne uno spostamento di

generi, soprattutto quelli più leggeri come la rivista e il varietà, sui quali la radio aveva costruito le sue fortuna negli

anni ’30-’50, che affluirono nel contenitore più forte. L’evidente immediatezza dell’immagine ebbe come conseguenza

la trasformazione delle abitudini di consumo e, com’è noto, da quei primi anni la disposizione all’ascolto della radio è

andata fortemente cambiando. La radio si trovò bruscamente a confrontarsi con la sottrazione di spazi, di forme

espressive, di peculiarità che le erano proprie. I generi televisivi prepotentemente portati alla ribalta nella storia del

piccolo schermo sono quasi tutti recuperabili nell’esperienza radiofonica che, rispetto alla televisione, ha inoltre

conservato un più alto livello di potenzialità suggestiva e di creatività.

9.2 – L’invasione delle immagini

Le stesse ragioni politiche che spinsero il regime fascista a servirsi della radio furono al centro delle attenzioni che

vennero dedicate alla tv. Le ricerche teoriche sulla trasmissione di immagini a distanza erano infatti iniziate a Milano

nel 1929 anche se in realtà l’Italia si concentrava in quegli anni a registrare le scoperte fatte all’estero applicandole su

scala nazionale. La prima dimostrazione pubblica di televisione (1932, in occasione della Mostra della radio) si basava

infatti su un impianto di fabbricazione tedesca.

Negli anni 1933-34, con il passaggio dalla televisione meccanica a quella elettronica, l’evoluzione tecnologica

avvicina il momento in cui sarà possibile un vero e proprio servizio di “radiovisione circolare”. In Italia questi sforzi

sono dedicati a traguardi precisi: ottenere una produzione industriale dei mezzi tecnici completamente autarchica, in

modo da consentire all’EIAR di poter offrire quanto prima al pubblico un servizio televisivo regolare con scala

nazionale.

Il 22 luglio 1939 entra in funzione il trasmettitore tv di Monte Mario a Roma. Iniziano regolarmente alcune

trasmissioni sperimentali, limitate alla zona urbana. Vengono prodotti anche alcuni programmi, che ricalcano gli

schemi della rivista teatrale, mentre gli attori e i personaggi più popolari della radio fanno qualche timida apparizione

sul video ancora sfocato.

Nel Dopoguerra e precisamente nel 1939 (nel momento della forte espansione tecnica della RAI) vengono ripresi gli

studi e gli esperimenti che in pochi anni porteranno a mettere a punto il piano tecnico del servizio di televisione

circolare. In occasione dell’apertura della Fiera Campionaria viene messa in onda la cerimonia inaugurale. Dal 12 al

27 aprile la RAI organizza un ciclo di trasmissioni sperimentali dalla stazione di Milano. Il 9 settembre 1952 viene

anche trasmesso il primo telegiornale della tv italiana diretto da Vittorio Veltroni).

Capitolo 10 – Il magico occhio luminoso

10.3 – Gli anni del “saccheggio”

Una televisione costruita attraverso il semplice assemblaggio del materiale trasmesso; un’utenza culturalmente ancora

disarticolata. In questa situazione il primo grande obiettivo non poteva non essere lo sviluppo di un pubblico

omogeneo, unificato e di massa. Non a caso, al suo apparire, la tv è uno strumento di intrattenimento comunitario: si

guarda la bar, in parrocchia, nelle sede del club, nelle stazioni di partito. Analogamente ai primi anni della radio

prevale la curiosità per l’innovazione tecnologica, per la qualità dell’immagine, per il modello del mobile che ben

presto diventa protagonista d’arredamento. Si consuma la televisione insieme ad altre persone, prevalentemente al di

fuori del nucleo familiare. Anche se di breve durata, questa prima fase di consumo televisivo è importante: essa

rafforza il sentimento di gruppo, la discussione, promuove la conversazione che in un paese che conosce poco questo

fondamentale strumento di convivenza. La tv delle origini manca di identità metodologica, è ancora scarsamente

consapevole delle proprie potenzialità, è ancora ben lontana dalla scoperta di un palinsesto nel quale si razionalizza

l’offerta dei programmi.

Questa è essenzialmente ispirata a due preoccupazioni: da un lato costruire una sequenza cronometrica delle

trasmissioni, dall’altro orientare il pubblico, con intento chiaramente pedagogico, evitando che il mezzo diventi

prorompente rispetto alla tradizionale organizzazione della giornata di lavoro e di riposo degli adulti. È naturale quindi

che essa si rivolga quindi ad altri riferimenti culturali “saccheggiando” generi e repertori della radio, del teatro e del

cinema, manifestano in ogni caso in tutta la produzione un solido ed esplicito aggancio con le radici umanistiche della

cultura e del pensiero nazionale. La programmazione di questo periodo risulta quindi fondata sulle commedie del

teatro italiano, sulle opere liriche, sui concerti e sul filone del cinema popolare nazionale. L’opzione culturale ed

educativa governa le scelte della mediologia televisiva: i dati confermano che i teleabbonati era più propensi a

riconoscere i pregi dei programmi nella loro capacità di interessare e istruire, e non in quella di divertire. Non si

spiegherebbe altrimenti l’immediato successo della rubrica domenicale “Sguardi sul mondo”, condotta da un frate

cappuccino (Padre Mariano).

In questa propensione del pubblico nel ricevere ammaestramenti c’è il segreto del successo di uno dei primi

programmi specificamente televisivi: “Una risposta per voi” che rivelò il volto ironico di Alessandro Cutolo.

La cultura televisiva sopravvive solo dove riesce a trasformarsi in divulgazione. L’intenzione pedagogica pervade tutto

l’arco dei generi programmati, dallo spettacolo all’intrattenimento, con esclusione forse dell’informazione. Nei sui

primi dieci anni di vita la tv italiana si è spesso ispirata a temi culturali e scientifici proposti con forti impronte

didattico-educative destinandosi ad un pubblico giovane. La tv va alla ricerca di una propria identità stilistica per

arrancarsi dai condizionamenti del suo grande rivale, il cinema. Ma nonostant

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Publisher
A.A. 2012-2013
22 pagine
9 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher balconi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Valentini Paola.