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Passarotti, con i Carracci divennero più elaborati e sottili. Divennero così famosi che settant'anni dopo Malvasia
ne riprodusse quattro, con relativa soluzione, nelle sue Vite dei Carracci. ! 2
L'insistente richiamo all'esperienza visiva, nell'arte di Annibale, costituiva evidentemente la base del suo
!
ripensamento e della sua radicale riformulazione della pittura di paesaggio. Agli inizi della carriera il suo
intesse per la resa della natura può essere osservato in dipinti di carattere religioso come il Battesimo in San
Gregorio a Bologna (n. 22). Molti dei suoi primi paesaggi (dipinti o disegnati) possono essere letti come
estensione dei suoi studi di genere. Come i soggetti di genere il paesaggio forniva ad Annibale materiale per il
suo insaziabile desiderio di catturare il dinamismo della vita che si svolgeva intorno a lui. Grazie all'esercizio di
questo tipo di disegno Annibale giunse alla sua limpida e naturalistica tecnica di notazione delle osservazioni
estemporanee. Con il mutare degli anni i modi di Annibale di disegnare il paesaggio si fecero sempre più sciolti
e naturali. Eliminò i concetti ornamentali di cui i manieristi si erano avvalsi per coordinare cielo, vegetazione e
terreno in un unico insieme decorativo, e riscoprì la natura nelle forme originali da cui le convenzioni
manieristiche che erano state dedotte. Nonostante ciò osservò comunque i paesaggi dei maestri che lo avevano
preceduto, traendone profitto. !
Coerentemente con la tradizione paesaggistica allora preminente, ovvero quella fiamminga, Annibale
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nelle sue prime opere usò la natura come scenario o fondale per episodi di svaghi bucolici, coppie festose,
musicisti, feste sull'acqua o figure di cacciatori e pescatori. Ma diversamente al paesaggio nordico, la cui
atmosfera è artificiale, quello di Annibale resta semplice e comprensibile. !
Analogamente, Annibale sviluppò il suo stile paesaggistico vendendo in contatto con le tradizioni
!
dell'Italia settentrionale, come è stato sottolineato a proposito della Visione di sant'Eustachio (n. 26), derivante
da due incisioni di Girolamo Muziano, artista bresciano le cui opere si riallacciano alla pittura veneziana.
Annibale tuttavia modificò i suoi modelli esasperando le connotazioni drammatiche del paesaggio. Tutta la sua
concezione della natura di fonda sul principio che esiste una concordanza poetica tra il paesaggio, l'uomo e gli
eventi. La rappresentazione di questa fondamentale consonanza tra lo scenario, i personaggi che lo popolano, e
la vicenda, è il fondamento dei più grandi risultati raggiunti da Annibale in tema di paesaggio. !
La riforma stilistica che Annibale attuò in pittura e che trovò le sue basi nella semplificazione formale e
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nel naturalismo si rivelò straordinariamente funzionale alle necessità e alle esigenze artistiche nate dalla
Controriforma. Applicando le direttive del Concilio di Trento, la Chiesa auspicava un'arte che prendesse la
forma di strumento propagandistico e didattico atto a diffondere e a rafforzare la fede. Le scene raffigurate
dovevano pertanto sottostare a interpretazioni realistiche e dottrinarie e le opere fungere, a livello emotivo, da
stimolo per una più viva religiosità, esigenze queste che non potevano certo essere soddisfatte dalle invenzioni
complesse e sofisticate dei manieristi emiliani e centro italiani. Analogamente Gabriele Paleotti, arcivescovo di
Bologna ai tempi di Annibale, nel suo Discorso intorno alle immagini sacre e profane (1582) scriveva che le
condizioni dell'arte cristiana a Bologna erano deplorevoli. La Crocifissione di San Nicolò e le pale d'altare
dipinte da Annibale a Bologna e nel resto dell'Emilia dovettero certo l'approvazione del vescovo Paleotti,
perché i loro caratteri linguistici e iconografici sembrano essere la risposta più calzante alle sue lamentele.
Nella Pietà e Santi di Parma (n. 23), nell'Assunzione della Vergine di Bologna (n. 64) o nell'Elemosina di San
Rocco di Dresda (n. 80) il Carracci pone di fronte ai fedeli un mondo concreto, tangibile, in cui i fatti biblici
sembrano respirare di via reale. I personaggi delle vicende sacre sono raffigurati in un ambiente del tutto
plausibile, sicché, pur consapevole della monumentalità e della dignità delle sante figure, l'osservatore riceve
conferma della realtà della loro esistenza dalla naturalezza e dalla semplicità con cui gli vengono presentate. A
modello di tali santi Annibale prese uomini comuni quali gli accadeva ci incontrare quotidianamente per le vie
di Bologna. !
Il temperamento artistico di Annibale è dunque in sintonia con lo spirito religioso della sua epoca, ma
!
questo non significa comunque che la sua arte sia nata per concretare a livello visivo le costruzioni teoriche
delle dottrine contro-riformistiche, poiché uno stile, come giustamente osserva Donald Posner, n è mai il
risultato di speculazioni teoriche o di situazioni politiche ma trae piuttosto origine dai processi intrinseci
all'evoluzione artistica. !
Nel 1954 il cardinale Odoardo Farnese chiamò a Roma Annibale e Agostino perché eseguissero le
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decorazioni del palazzo della sua famiglia. L'invito rivolto ai Carracci non deve sorprenderci: alla corte
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parmense dove vi era il fratello maggiore di Odoardo, il duca Ranuccio Farnese, Annibale aveva dipinto le
Nozze di Santa Caterina di Napoli (n. 30), e dopo lo straordinario successo delle "storie" affrescate per i
Magnani, i Carracci venivano annoverati tra i maggiori esperti di decorazioni. !
Il primo incarico che ricevettero da Odoardo Farnese fu quel di dipingere la Sala Grandedel palazzo con
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un vasto ciclo storico destinato a a riprodurre le grandi impose militari di suo padre, il condottiero Alessandro
Farnese. Versilia fine del 1594 i due fratelli effettuarono una visita a Roma allo scopo di compiere una
ricognizione sul lavoro da svolgere. Durante questa visita, durata alcuni mesi, i Carracci entrarono in contatto
con le maggiori opere d'arte dei grandi maestri dell'arte italiana. Rimasero colpiti però dal carattere in qualche
modo ritardatario dell'arte romana di quel periodo. Il tardo manierismo apparve ad Annibale e a Ludovico come
un'arte già messa in discussione e superata da almeno dieci anni. !
Quando Annibale tornò a Roma definitivamente, da solo nel novembre del 1595, il cardinale Farnese
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aveva rinviato il progetto di decorazione della Sala Grande e diede incarico al giovane pittore di dipingere il
Camerino, un piccolo locale che usava come studio privato. Gli affreschi di Ercole e Ulisse qui apprestati da
Annibale erano destinati a rendere omaggio al Cardinal Farnese, rappresentato sotto le spogli di un giovane
Ercole. La soluzione che Annibale adotto per il soffitto attingeva dai modelli dell'Italia settentrionale. Sia i
singoli elementi sia la loro composizione richiamano la decorazione del duomo di Parma, la camera di San
Paolo del Correggio, e in particolare la Camera degli sposi del Mantenga. Il camerino, prima opera romana di
Annibale, resta per molti aspetti legato nelle linee generali al suo ultimo stile bolognese. !
Completato il Camerino, Annibale volse la sua attenzione alla Galleria, sulla cui volta creò il suo più
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maturo capolavoro. Con la Galleria Farnese Annibale richiamò in vita il concetto rinascimentale di decorazione
dei soffitti, da decenni ormai trascurato dai manieristi. Nel corso dell'elaborazione del progetto della Galleria
Farnese Annibale creò un fondamentale punto di riferimento per le tendenze della pittura italiana che sarebbero
state sviluppate dalle generazioni successive. !
Gli affreschi della volta celebrano la potenza e il dominio universale dell'Amore, il quale soggioga gli
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dei dell'Olimpo e umilia i poteri degli antichi eroi. Ventuno scene singole rappresentato gli effetti di Amore sui
personaggi del mito. Achei finti medaglioni bronzo contengono scene di argomento amoroso. Nel punto più alto
della volta, alle due estremità si scorgono il doni e gli allettamenti che Amore usa per sedurre dei e uomini. !
Al cospetto del problema di decorare la lunga e stretta Galleria Annibale giunse a una soluzione basata
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sull'ordinamento logico delle varie scene. Benché nel soffitto si intreccino momenti realistici e momenti
illusionistici, esso rimane profondamente coerente e leggibile. La Galleria era stata costruita per ospitare la
straordinaria collezione di sculture antiche dei Farnese, che ora fa parte del museo nazionale di Napoli.
Annibale decise di alludere alla funzione del locale creando al di sopra di essa una seconda, fittizia galleria per
opere di pittura. Così la volta venne illusionistica mente trasformata in una galleria di quadri, in cui sembrano
appese immense tele incorniciate e che appare popolata di putti e di ignudi. !
Annibale trasse l'ispirazione per il suo sistema decorativo da due distinte tradizioni. La struttura
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architettonica continua che sorge dalle pareti sottostanti, la prospettiva coerente, lo scorcio delle figure e la
illuminazione uniforme sono elementi che consolidano lo spazio della volta e ne unificano le forme. Annibale
trovò i principi di questa tecnica nell'arte della "quadratura", mentre dall'altra parte l'inserimento di pannelli
dipinti e incorniciati raffiguranti scene narrative appartiene alla diversa tradizione dei "quadri riportati".
Annibale doveva conoscere bene i grandi modelli romani di questa forma di decorazione, che si trovano nelle
logge di Raffaello in Vaticano. Più importante tuttavia poteva essere per lui il ricordo della sala di Ulisse in
Palazzo Poggi a Bologna, opera di Pellegrino Tibaldi. L'idea di Tibaldi, di mostrare il cielo attraverso gli angoli
aperti della volta, e l'unificazione dinamica del soffitto che sorge dal cornicione fino al magnifico elemento
centrale appaiono assimilate nel soffitto della Galleria Farnese. Anche la volta della Sistina di Michelangelo
dovette fornirne un importante modello. !
Curiosamente il progetti di Annibale per il soffitto pare essere stato influenzato da un piccolo ma
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elaborato portagioielli in bronzo e cristallo, noto come Cofanetto Farnese (Napoli, Gallerie Nazionali di
Capodimonte). ! 4
Ogni elemento è dipinto in modo da imitare il materiale corrispondente. L'animato di mescola
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all'inanimato: figure palpitanti di vita dipinte al "naturale" affiancano soggetti che devono apparire dipinti o
scolpiti come per rafforzare, mediante contrasto, l'illusione di realtà. Le figure di ignudi guardano dalle loro
mensole e i putti osservano dall'alto lo spettatore. Anche le sculture di pietra prendono vita: le maschere accento
smorfie, arricciano il naso, mentre uno degli atlanti marmorei si volge ad osservare il medaglie che gli vicino.
Ma gli altri atlanti sono di fredda pietra mostran