vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La vita è allontanata dalla scena, che sparge il terrore ma ne sospende i gesti, come congelandoli
nel punto in cui nulla avviene, come un orrore congelato per sempre.
Si può pensare che alle origini del progetto trasumanante di Reni vi sia il tentativo arduo, difficile,
di conciliare due diverse civiltà, quasi inconciliabili, quella classica e quella cristiana. D’altronde lo
nota Roberto Longhi, che invita a considerare “il desiderio, in lui acutissimo, di una bellezza
antica ma che racchiuda un’anima cristiana, un anelito ad estasiarsi, dove il corpo non è che un
ricordo mormorato”, e lo nota anche Cesare Gnudi, che dice “tra il suo ideale di bellezza e il suo
sentimento religioso Reni non sentì forse mai un vero contrasto”, “due mondi che non cozzano, ma
che non si cancellano mai totalmente l’uno nell’altro, che sembrano talvolta richiamare la fantasia
del poeta ad una scelta, che in realtà non avvenne. E’ infatti evidentemente altrettanto errata la
rappresentazione del vero Reni come classicista che ritroverebbe la propria sincerità soltanto nei
soggetti mitologici e nelle vocazioni classiche, e tradirebbe la propria ispirazione nei soggetti
religiosi, quanto l’altra del vero Reni come religioso e cristiano che raggelerebbe la propria
ispirazione sentimentale più profonda nella falsa accademia di un classicismo di maniera. La scelta
non avvenne perché egli sentiva nell’uno e nell’altro mondo qualche parte vitale di sé, ed era
incapace di rinunciare all’uno in nome dell’altro. Il dualismo restò così fino all’ultimo,
continuamente composto e continuamente affiorante”.
-In effetti come afferma Andrea Emiliani, il tentativo di vestire di sembianze pagane una sostanza
cristiana puritana, in linea ai principi della controriforma, è alla base dello sforzo della prima parte
dell’attività di Guido.
-Ragghianti a tal proposito fa notare uno degli aspetti fondamentali dell’opera di Reni: la
sensualità reniana, che esplica analizzando il Crocefisso di Modena, in cui il tema è sopraffatto
dal gusto dell’artista nel ritrarre il corpo del Cristo, bello, ricercato in ogni fibra e piega, morbido e
palpitante.
-E in effetti ci si può chiedere: è un lembo di cielo quello che si schiude agli occhi levati del san
Sebastiano? O forse una visione infernale?
E nella sacrestia della chiesa dei Gerolomini a Napoli, un Gesù e un Battista si incontrano
giovinetti sul sentiero di un bosco “sacro”. Ma sacro all’amicizia o alla fede? Alla carne o alla
castità?
Guido pone l’accento sulla solitaria intimità dell’incontro, accordando le implicazioni psicologiche
dei due toni.
Parallelamente ci si potrebbe chiedere se nella Vergine in gloria della Pinacoteca Vaticana, sia
di San Tommaso o piuttosto di qualche filosofo pagano il gesto ampio di braccia incrociate.
-Reni recupera le favole antiche ma le ricrea in un gusto sacro e irreale che ne conferma la morte,
un “trionfo della morte”; non le fa rivivere in chiave quotidiana e viva come gli artisti a lui
contemporanei.
Secondo il suo biografo Malvasia, muore in condizioni di povertà e decadenza, accettando ogni
commissione; sono gli anni della tecnica perlacea, di puro pennello sciolto dal vincolo del disegno,
come nell’Adorazione dei pastori di Napoli o quella della National Gallery, in cui il biografo
ritiene manchi “il primiero valore “ che diano nella “fiacchezza”. E’ la cosiddetta “seconda maniera
di Guido”, o “periodo argenteo”, caratterizzato da una pittura più dotta rispetto alla prima e grazie
alla quale, secondo Federico Zeri, la critica si è interessata anche alle opere della prima maniera di
Reni, secondo una logica del tutto contraria a quella dei suoi contemporanei, per i quali il Reni
della seconda maniera era considerato di minor rilievo. Qui scioglie ogni nettezza di colore in
infinite gradazione e sfumati; più avanti ancora, negli ultimissimi anni, le raffigurazioni si fanno
quasi immateriali, più suggerite che espresse, tanto da venire considerate incompiute.
-Malvasia racconta che, meditando sulla morte in presenza del servo Marchino, dice: “credetemi
ch’ogni dì più vi penso, conoscendo esser vissuto assai, anzi troppo, dando fastidio a tanti altri
forzati a star bassi finch’io vivo”.
BIOGRAFIA
-4 Novembre 1575: Nasce a Bologna da una famiglia di buona condizione sociale; il padre
Daniele era musicista alle dipendenze della Signoria cittadina.
Quando nasce, l’ambiente artistico bolognese è caratterizzato da un manierismo locale che
continua a rifarsi più o meno stancamente ai moduli del Rinascimento, inserendoli in una realtà
storica e spirituale ormai mutata. A questa cultura appartiene il so maestro fiammingo Calvaert.
-1584-93: Periodo trascorso, abbandonato lo studio della musica a cui il padre lo aveva avviato,
secondo il Malvasia nella bottega del pittore fiammingo Calvaert, insieme ad altri come Albani e
Domenichino.
-1595-98: si sposta all’Accademia del Naturale, poi degli Incamminati, che i Carracci avevano
fondato nel 1582. I Carracci muovevano una polemica nei confronti dell’interpretazione
manieristica del Rinascimento, al quale essi guardavano sempre con ammirazione, ma stabilendo
un rapporto con esso diverso, che mira a superare lo stilismo manieristico che aveva generato per
recuperare la natura e la storia.
Nella bottega dei Carracci il giovane Reni si esercita con dipinti e incisioni su gessi antichi, su
opere degli stessi Carracci, soprattutto Annibale, e su Raffaello.
In questo periodo si collocano le prime esperienze pittoriche, come la copia dell’Estasi di santa
Ceciia.
-1598: vince il concorso a cui partecipa anche Ludovico Carracci, per la decorazione da dipingere
sulla facciata del Palazzo del Reggimento in onore del papa Clemente VIII, di passaggio a
Bologna. In questa occasione hanno inizio gli episodi di rivalità con il maestro e i condiscepoli, di
cui parlano le fonti Malvasia e Bellori.
-1600: probabilmente compie un primo breve viaggio a Roma, forse proprio per il desiderio di
approfondire la conoscenza diretta degli originali che sperimentava in Accademia (Raffaello,
Annibale, i marmi antichi), ma non si è certi.
-1601: si reca a Roma dove consegna il Martirio di Santa Cecilia per il cardinale Sfrondrato.
-1601-1604: compie una serie di spostamenti tra Roma e Bologna; dipinge nel chiostro di san
Michele in Bosco, gli viene commissionata la Crocifissione di san Pietro da Roma, pala in cui
Reni testimonia da un lato la presa di coscienza della poetica naturalistica caravaggesca, dall’altro
la sua raggiunta autonomia artistica che gli permette di ottenere, appunto attraverso al realtà della
narrazione ma per una sorta di sua sublimazione, il recupero di un valore totalmente diverso:
quella bellezza ideale, di classica armonia, che resterà una costante della sua pittura.
-1605: da Roma spedisce a Bologna la Carità, commissionata tre anni prima da Angelo Michele
Risi.
-1608-09: si afferma in questo periodo a Roma come artista di primo piano, e il pontefice Paolo V
gli affida la decorazione di due sale in Vaticano, mentre il cardinale Borghese gli commissiona
gli affreschi in san Gregorio al Celio.
-1609: riceve da Paolo V la commissione per i dipinti della cappella di Paolo V nel palazzo di
Monte Cavallo, oggi Quirinale, che completa nel 1610.
-1610: inizia i lavori per i dipinti della cappella di Paolo V in Santa Maria Maggiore.
A Bologna nel frattempo esegue alcuni importanti dipinti, come Strage degli Innocenti e il
Sansone.
-1612: torna a Roma chiamato da Papa, compie un viaggio a Napoli per motivi tuttora ignoti.
-1613-15: affresca l’abside di San Domenico a Bologna
-1614: ancora si divide tra Bologna e Roma
-1616: lavora per il duca di Mantova e gli è commissionato, tramite il legato di Bologna, il cardinale
Capponi, le decorazioni per Ferdinando Gonzaga, ma rifiuta, secondo il Malvasia, per le “infermità
mortali” causategli dalla pittura a fresco; al suo posto manda due allievi. A Mantova invia
successivamente Ercole sul rogo, la prima delle quattro tele con le Fatiche di Ercole.
-1619: riceve la commissione per la decorazione della cappella del Tesoro di San Gennaro a
Napoli.
-1620: abbiamo una lettera di Reni ad un certo Cosimo Mengoli in cui si impegna a finire la
decorazione della cappella del Sacramento nel duomo di Ravenna, commessagli dal
cardinale Pietro Aldobrandini, ma realizzata in gran parte da allievi, come dal Gessi verrà
realizzata la stesura del Salvatore per la chiesa di San Salvatore a Bologna, su un disegno di
Reni.
-1622: commissione per l’Annunciazione e la Consegna delle chiavi eseguite per la chiesa
della Valle in Fano pochi anni dopo.
Commissione del Trionfo di Giobbe per l’Arte della seta di Bologna, eseguita poi nel 1636.
In quest’anno poi si reca a Napoli per realizzare gli affreschi della cappella del Tesoro;
improvvisamente però insorgono difficoltà con i committenti e Reni parte per Roma lasciando gli
allievi Gessi e Sementi. Su questa improvvisa partenza i biografi hanno costruito una storia
delittuosa; un’altra leggenda è quella della presunta passione del gioco che avrebbe portato Reni
alla rovina.
-1625: realizza il Ritratto del cardinale Roberto Ubaldini.
Da una lettera risulta inoltre che stia lavorando per la pala della Trinità per la Chiesa dei
Pellegrini a Roma.
-1627: si reca a Roma per l’incarico del cardinale Barberni per gli affreschi con storie di Attila in
San Pietro; poco dopo si allontana dalla città, secondo il Malvasia per alcune ostilità dovute sia ai
cardinali di San Pietro sia alla gelosia del Gessi, suo allievo, anch’egli a Roma.
Intanto ci sono documenti che attestano l’inizio del lavori per l’Annunciazione oggi al Louvre e il
Ratto di Elena.
-1631: Alla fine della tremenda peste scoppiata a Bologna l’anno prima, il senato cittadino gli
commette il Palione del Voto come ringraziamento alla Vergine.
-1634: in una lettera si accenna ad una Maddalena Penitente, da lui disegnata ed eseguita sotto
la sua guida da Camillo Incontri, suo allievo. Oggi è nel Duomo di Volterra.
-1936: termina il Trionfo di Giobbe, che è posto sull’altare dell’Arte della seta nella chiesa dei
Mendicanti a Bologna.
-1639: Scrive da Bologna una lettera a Ferrante Trotto, rifiutandosi di finire una Resurrezione
rimasta incompiuta alla morte del pittore Carlo Bononi, contrario all’idea di metter mano all’opera di
un altro artista, anche per abbellirla, e accenna riguardo a se stesso, ad uno stato di depressione:
“comincio a non piacere più nemmeno a me stesso”, “non credo di passare quest&