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Dal 1516 l’artista soggiorna a Roma e qui vince il concorso per la realizzazione della chiesa di San
Giovanni dei Fiorentini, il quale progetto a pianta centrale mostra i suoi gusti classicisti, malgrado
il Giovane nel disegno dell’opera. E’
problemi tecnici che fanno subentrare Antonio da Sangallo
invece realizzato Palazzo Gaddi, dimora di ricchi banchieri fiorentini incentrata attorno a due suc-
cessivi spazi aperti che articolano l’architettura, la cui esecuzione è tuttavia spesso attribuita a Giu-
lio Romano. Il primo cortile ha aspetto più aulico e decorato, a dispetto del secondo, più povero e
interna incluse nell’arco tipiche di Villa Lante, Palazzo
sobrio, e ritroviamo le serliane a nicchia
Madama e Palazzo Te, e paraste a candelabro allungate con ghirlanda, di rimando alla Farnesina-
Chigi del Peruzzi ed al Pantheon. Nel 1527 Sansovino fugge da Roma a causa del sacco e si stabili-
sce a Venezia, dove rimane per tutta la vita, progettando numerosi palazzi, chiese e edifici pubblici.
Tra i suoi primi incarichi vi è il palazzo per il cardinal Grimani sul Canal Grande, vicino San Sa-
muele. L’edificio rimane incompiuto, poiché egli non conoscendo ancora la tradizione architettoni-
ca veneziana impiega qui il modello romano di Palazzo Gaddi, a corte interna, mentre i palazzi di
Venezia sono soliti avere un ambiente centrale di passaggio, grande sala sui vari livelli che introdu-
ce lateralmente ai vari appartamenti e muri ortogonali alla facciata che reggono le travi, alleggeren-
do e liberando il prospetto principale. Date le linee irregolari del lotto su cui interviene, egli intro-
duce diversi assi di percorso e, oltre alla corte centrale, crea due grossi scaloni trionfali a doppia
rampa accessibili dalle logge interne. Nel 1529 è nominato proto, cioè massimo architetto della Re-
pubblica, e in tale occasione gli viene affidata la ristrutturazione completa di Piazza San Marco, che
prevede la costruzione della Zecca, della Libreria Marciana e di una piccola loggia sotto il campani-
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le, punto di ritrovo di politici e magistrati. Inizia con la progettazione della Zecca, un edificio di
forte carica simbolica a ridosso del palazzo dogale, con caratteristiche gotiche ed innovazioni roma-
ne: qui sono contenuti tutti i macchinari per la coniazione delle monete della Serenissima, oltre ad
alcuni uffici. Lo stabile, di forma pressoché rettangolare, ha un accesso diretto dall’acqua ed un al-
tro laterale da terra, e presenta l’affaccio sul bacino con basamento bugnato molto raffinato in pietra
anche all’interno, poiché a prova d’incendio, contrariamente a quanto accadeva per
(materiale usato
le opere di Giulio Romano e Bramante), con tessitura isodoma a concio intero sporgente e rientrante
quello doppio. Il piano inferiore presenta archi, men-
tre superiormente si alzano colonne doriche bugnate e
in rilievo, con membrature laterali sporgenti che ri-
chiamano la trabeazione sopra le finestre (che a sua
volta rimanda al disegno delle presse della Zecca). Un
livello e l’aggancio laterale con la Libreria
successivo
sono aggiunti nella seconda metà del Cinquecento.
Gli spazi interni presentano un grande cortile, coperto
nel Novecento, che ripresenta al piano terra lo stesso
bugnato della facciata, da cui salgono le paraste lega-
te agli archi, il tutto caratterizzato da decori poveri
come triglifi lisci, balaustre semplici e scarsi segni
architettonici. Gli edifici produttivi a lato sono coperti
da grossi archi di pietra in cui è applicato un bugnato
scolpito tra le volte, mentre la copertura della zona
e l’ingresso dal bacino presen-
intermedia tra il cortile
ta figure astratte scolpite nella pietra con travi bugna-
te di divisione. Un grande scalone a farfalla sale ai
livelli superiori e divide in due gli spazi interni.
A lato della Zecca si trova la Libreria Marciana, in
cui il Sansovino interviene allontanando gli edifici dal
campanile e dando così un nuovo assetto alla piazza.
Prevede per quest’altra architettura di inserire ben diciassette campate a partire dal campanile fino a
ridosso della Zecca, un tempo staccata e in seguito portata a filo. Il livello inferiore presenta una
loggia, il cui ingresso è scandito da grosse cariatidi (come per il precedente intervento), mentre il
piano superiore ospita gli ambienti per la lettura ed il deposito dei libri: in tal modo la facciata è
scandita in due ordini sovrapposti con archi (in richiamo al Palazzo Ducale) e semicolonne doriche
al piano inferiore e ioniche a quello superiore; il secondo livello presenta finestre con balaustra e
due colonne laterali per parte, in rimando alla serliana, che comporta, però, un restringimento della
campata, che non è più in asse con quella sottostante. Inoltre, la facciata presenta una trabeazione
riccamente scolpita, con modanature, ovuli e rilievi a festoni, ed è coronata da una balaustra sopra
a connotare la tipologia dell’edificio politi-
la quale svettano statue realizzate in stile greco-romano,
co. Nel corso del Cinquecento la volta del livello superiore è decorata dai maggiori pittori venezia-
ni, sebbene essa abbia dato enormi difficoltà costruttive al Sansovino: inizialmente, infatti, non co-
noscendo ancora in maniera esauriente la tradizione veneziana basata su false volte a pianta quadra-
ta, egli costruisce degli archi a tutto sesto che ben presto crollano ed è pertanto mandato in prigione.
Dopo essere uscito da carcere, interviene costruendo finte volte ribassate su cui nasconde le capriate
portanti l’intero peso della copertura, più adatte al terreno su cui Venezia poggia, di scarsa o quasi
della Libreria, articolato con un pilastro
nulla portanza. Particolare attenzione è prestata nell’angolo
che presenta sulle due facce laterali delle paraste, a cui sono affiancate le semicolonne delle campa-
te. Egli conserva il ritmo dei triglifi ponendo una semimetopa che rigira sull’angolo; tuttavia si trat-
ta di una soluzione debole, poiché comporta asimmetrie nei capitelli e nelle basi delle paraste negli
spigoli della facciata. La simmetria è, invece, data secondo la visuale diagonale all’angolo del pila-
stro, operazione che il Sansovino riprende direttamente dal Palazzo Ducale. Ultimo intervento su
Piazza San Marco consiste nella loggietta sotto il campanile, un unico ambiente che presenta faccia-
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ta trionfale ad archi con balcone antistante. A lato vi è una struttura a serliana, il cui gioco di cerchi
sull’arco e a metà a ridosso della trabeazione inferiore) rimanda a Bramante e a Palazzo Ru-
(intero
cellai di Alberti, in cui compare il sistema di trabeazione ed arco. Vi è un uso ricco dei materiali,
con fusti monolitici, marmi diversi, rilievi e statue scolpite dallo stesso Sansovino, e una panca infe-
riore sostenuta da grosse mensole, per consentire una sosta ai dirigenti che dovevano entrare a pa-
lazzo. Ciò che oggi si vede di questa architettura, non risale al Cinquecento, ma risulta essere una
ricostruzione, poiché circa un secolo fa campanile e loggietta sottostante sono crollati, insieme a
parte della Libreria.
Dopo la sistemazione di Piazza San Marco, il Sansovino realizza Palazzo Corner a San Maurizio,
un impianto che affaccia direttamente sul Canal Grande, con ambiente passante centrale che apre su
un cortile. Il prospetto presenta apertura tripartita con bugne in rilievo ad inquadrare la sala passan-
te, in richiamo al fronte nord di Palazzo Te di Giulio Romano. Vi è qui un’enfatizzazione della fac-
ciata libera e scarica dai pesi, con il conseguente utilizzo di diverse vetrate, mentre compare un par-
gioco in corrispondenza dell’angolo sinistro, in cui sono interrotte le linee verticali, il fregio
ticolare da lasciarlo in bianco. Ciò ha l’intento di mo-
e la cornice in vicinanza dello spigolo, in modo tale
strare la sua architettura come uno schermo applicato ad una struttura sottostante, come se fosse un
semplice disegno decorativo. Al piano inferiore le colonne in facciata presentano schema a conci,
ed il bugnato è ripreso nei triglifi della trabeazione, non definiti quelli sopra le finestre e lavorati
quelli sopra le colonne, pensati come portanti secondo la concezione vitruviana. Altro intervento è
Villa Garzoni a Ponte Casale, composta di due porzioni laterali piene con un loggiato centrale di
due livelli di ordine dorico e ionico sovrapposti, in riproposizione al tema architettonico proprio
della Farnesina e del Belvedere vaticano. Internamente si cela una volta ribassata con scomparti ed
mentre l’impianto ad “U” della villa si apre sul paesaggio tramite un cortile.
intagli,
Altre opere veneziane sono l'interno di Santa Maria della Misericordia, la chiesa di San Francesco
alla Vigna, la Tribuna del Duomo, la chiesa di San Martino, la Scala d'oro nel Palazzo Ducale.
Andrea Palladio tardo Rinascimento c’è anche Andrea Palladio, nato a Padova e formato
Tra i maggiori architetti del
nella città di Vicenza, parte della Repubblica Veneziana, dove intraprende le sue prime opere. Cre-
sce nella bottega di Gian Giorgio Trissino, dimostrando da subito grande talento e grazie al quale ha
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modo di venire a contatto con ricchi committenti e illustri artisti come Giulio Romano, il Sansovi-
no, Sebastiano Serlio e Michelangelo. Con il suo maestro si reca a Roma, dove può conoscere e stu-
diare gli antichi monumenti, le rovine romane e Vitruvio. Scrive, così, un saggio sulle rovine roma-
ne e il trattato I quattro libri dell'architettura del 1570, di grandissimo successo, nel quale esprime i
principi teorici della propria arte. Tra le sue prime opere vi è Villa Pisani, imperniata attorno ad uno
spazio centrale che articola i lati dell’edificio, ognuno composto di tre ambienti; la parte centrale
presenta un loggiato bugnato, mentre i due avancorpi laterali sono simili a due torri, con bugne che
vengono riprese nell’angolo della facciata e nelle cornici delle finestre inferiori. Altra architettura
Poiana, d’ispirazione agli antichi ambienti termali di Roma: qui rinuncia quasi
palladiana è Villa
totalmente ai particolari decorativi, vi sono mensole appiattite, linee misurate, superfici sobrie, di
grande armonia. Punti focali del prospetto sono l'originale serliana con cinque ovuli e il timpano
aperto e segnato ai lati. Privo di capitelli e trabeazioni, l'ordine è appena accennato nell'articolazio-
ne essenziale delle basi dei pilastri. Di tono completamente diverso è Villa Barbaro a Maser (Tv),
realizzata per dei ricchi aristocratici e funzionari veneziani, che porta caratteristiche innovative: il
e nel fregio compare un’epigrafe, mentre appena sotto
timpano questa volta è riccamente decorato
spezza la trabeazione in corrispondenza dell’arco (soluzione da lui criticata nei suoi trattati, proba-