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Soggettivo e oggettivo quindi coincidono come identità di libertà e necessità (purezza della
razionalità greca).
Hegel: tragico per Hegel risiede nella dialettica dell’eticità, ossia la scissione interna alla
sostanzialità etica tra uomo e individuo, tra leggi dello Stato e leggi della famiglia. Nel caso della
polis si tratta di bella eticità, in quanto tale confronto è in equilibrio, in armonia (= versante interno
ha il proprio radicamento nella famiglia; versante esterno radicamento nella guerra), ma l’agire
tragico scaturisce un movimento che porta all’autoaffermazione dell’individuo autocosciente e
padrone dei suoi atti ( nella bella eticità ha inizio del cammino dello spirito verso l’autocoscienza).
La questione risiede nella relazione tra moralità individuale e eticità sostanziale: L’azione del
singolo non può essere fine a se stessa perché l’interesse individuale non coincide con quello dello
stato. Da qui la polarizzazione tragica che consiste nell’incarnazione dello spirito nelle potenze che
entrano in conflitto (vedi cfr legge umana/legge divina in Antigone: pone a cfr due livelli di
esistenza posti sullo stesso piano, Antigone e Creonte sono due essenze uguali e opposte che però
non si riconoscono l’unità l’altro. Si vede l’unilateralità dei personaggi tragici. Antigone è
immagine dei limiti del se greco). Il tragico consiste in una scissione interna alla sostanzialità
etica, immanente alla condizione umana. La differenza delle due potenze riguarda il genere e il
sesso, ha perciò fondamento naturale: legge degli dei inferi (= inconsapevole, donna, diritto
negativo, sfera famigliare, ne fa parte l’essere dell’individuo); la legge degli dei superno (=
consapevole, uomo, diritto positivo, sfera dello stato, ne fa parte il fare dell’uomo).
Solo quando l’unilateralità sarà levata potranno scaturire nella polis nuovi conflitti e una maggiore
consapevolezza della natura dialettica della contraddizione.
Tragedia originaria: il divino compare nel mondo nell’agire individuale sotto la cui forma la
sostanza spirituale del volere e del realizzare è etico. Le potenze etiche sono sottoposte a un
principio di particolarizzazione, e agiscono scontrandosi l’un l’altra perché ogni carattere vuole
portare a compimento un proprio fine. Il tragico originario consiste nel fatto che entrambi i lati
dell’opposizione hanno una loro legittimità e conducono a compimento il contenuto positivo del
proprio fine/carattere solo come negazione e violazione dell’altra potenza, cadendo così in colpa
nella loro eticità e tramite essa.
Tragedia moderna non è possibile perché gli eroi agiscono in base al proprio carattere e le loro
passioni non incarnano più l’eticità sostanziale.
Vischer: il tragico coincide con la colpa dell’individuazione, la separazione dell’individuo dalla
totalità. Affianca il tragico al concetto di sublime che è una modalità disarmonia con cui il bello si
manifesta, è un’incarnazione estetica dell’idea assoluta. L’idea assoluta consiste infatti nella co-
implicazione di finito e infinito. L’incarnazione estetica dell’idea avviene nelle categorie di sublime
(scissione presente nell’idea che si manifesta nel sensibile); e nel comico ( mostra la resistenza
opposta dal finito a ogni finalità dell’idea): sublime e comico sono due manifestazioni del bello, due
momenti l’uno legato al fenomeno l’altro all’idea.
Nel sublime l’idea è in rapporto negativo con l’oggettività e l’assoluto si manifesta come ciò che
trascende ogni esistenza immediata: il vero concetto di destino tragico è dunque costituito da
assoluto e soggetto, e il soggetto deve all’assoluto la propria esistenza. Nella caduta della sublimità
umana (soggetto) si rivela quella divina (oggetto) questo dolore si rivela nello spettatore in un
sentimento di conciliazione che è tanto più puro quanto più chiaramente giunge anche alla
coscienza del personaggio tragico.
Dramma antico: necessità data per prima, il destino è già posto in anticipo e l’uomo lo applica su di
se
Dramma moderno: soggettività è il primo dato, eroe agisce libero e in modo inconscio, il destino
sorge da solo. 3 gradi di articolazione tragica: soggetto sottostante all’assoluto come fosse una
potenza naturale; domina il destino come giustizia; spirito assoluto come unità spirituale di tutte le
leggi etiche, il soggetto ha fatto di una sola di queste verità il proprio pathos (conflitto dialettico al
massimo grado).
La dialettica di Vischer ha come conseguenza il declino del tragico e il passaggio al comico perché
la finitezza dell’idea riproduce in ambito estetico una frammentazione in tutto e per tutto analoga a
quella del reale: solo il comico si fa carico della duplicità e contraddittorietà del vero, della
consapevolezza che è impossibile superare la dimensione del finito.
Schopenhauer: il tragico è il conflitto tra volontà e rappresentazione, al cui centro c’è la volontà
che contraddice se stessa. Lo specifico della rappresentazione è la lotta della volontà con se stessa:
la tragedia porta al massimo grado il conflitto volontà e rappresentazione. La volontà è una e
identica e si rivela negli individui attraverso manifestazioni egoistiche che si combattono tra loro.
La tragedia rappresenta il conflitto tra volontà in sé e manifestazioni connesse agli individui e così
indica la via di uscita dal conflitto. Il conflitto genera dolore che è la materia della rappresentazione
tragica e lo spiritualizza, così viene a sollevarsi il velo di maya del mondo fenomenico: il dolore
consente di vedere chiaro attraverso il principio individuationis. La tragedia dissolve la conoscenza
egoistica e individuale, connessa alle singole rappresentazioni e apre alla perfetta conoscenza
dell’essere de mondo: questa conoscenza produce rassegnazione, cioè rinuncia della volontà di
vivere. Il peccato che l’eroe tragico deve espiare è quindi sempre lo stesso: la colpa dell’esistenza
(perché l’esistenza è connessa alla volontà di vivere, quindi alla rappresentazione egoistica della
volontà in sè).
Per questo scopo, il soggetto dell’opera tragica sarà lo spettacolo di una grande sventura (azioni di
una personalità perversa, fatalità, relazioni). Scopo del dramma mostrare cosa sia l’essenza
(=carattere) e l’esistenza (=il destino) dell’uomo. Essi sono due principi inestricabili: le circostanze
consentono ai caratteri di manifestare la loro essenza, ma solo dai caratteri nasce l’azione.
Piacere legato al sentimento del sublime: il modo in cui di fronte alla catastrofe tragica votiamo le
spalle alla volontà di vivere è simile all’atteggiamento puramente contemplativo che assumiamo di
fronte al sublime della natura. In questo disinteresse c’è una forma di liberta’. Quello di
Schopenhauer è un sublime dinamico cioè un sentimento di violento distacco dagli interessi della
volontà. L’essenza dello spirito tragico è quindi rassegnazione, assente nella tragedia antica
presente in quella moderna: nessuno degli eroi antichi muore avendo rinunciato alla volontà di
vivere.
6. Tra cristianesimo e filosofia dell’esistenza
Kierkegaard: il tragico è collisione fra due estremi (è il suo fondamento estetico), quando uno dei
due prevale il tragico viene meno. Si può parlare di tragico solo per il dramma antico perché in esso
l’universale, sovrasta il particolare: il contrasto è tra ghenos e stato, la colpa è un misto di
inconsapevole zia e responsabilità e non si conosce l’origine d patire. L’individuo moderno invece
è pura soggettività, non rappresenta l’universale, il patire è dolore che nasce dalla presa di coscienza
della sofferenza stessa incarnata nella figura di Cristo (unico individuo tragico che con il suo
avvento porta su di sé il peccato del mondo intero). Con Cristo l’opposizione passa dall’estetico al
dominio metafisico. L’individuo moderno perde dunque il tragico, e può rappresentare dunque solo
il comico ( Don Giovanni). Il nostro tempo perde il tragico e guadagna la disperazione cui
corrisponde la pena profonda e la profonda gioia della religione. Si è infranta la dimensione
dell’eticità sostanziale(=libertà limitata da stato famiglia e destino): Abramo col disporsi al
sacrificio di Isacco ha posto il fine della propria azione fuori dalla sfera etica.
Unamuno: il tragico è per la filosofia conciliare le necessità intellettuali (ragione) con le necessità
affettive e volitiva (fede). Naufraga ogni filosofia che pretende di eliminare la tragica
contraddizione della nostra esistenza. Alla ragione sfugge la speranza dell’assurdo: la filosofia
spagnola appare a Unamuno come l’espressione Dima tragedia intima, di una lotta tra quello che il
mondo è secondo la ragione e quello che vogliamo che sia secondo la fede.
Sestov: tragico è equilibrio tra ragione e fede, evitando ne i termini assoluti. Contro ogni forma di
riduzionismo monistico che attraverso il sistema tende a tacitamente le infinite domande dell’uomo.
Nella tragedia l’uomo pensa, sente e desidera diversamente: Sestov si avvicina all’esistenzialismo
a Kierkegaard, Nietzsche e Dostoevskij. Da qui la domanda: gli uomini respinti da scienza e morale
che speranza hanno? Ossia è possibile una filosofia della tragedia? Lui è contrario a ogni forma a
consolatoria e quindi anche del cristianesimo. L’eccesso di certezza o l’abbandono al ispezione
fanno venir meno il tragico .
Jasper: il tragico si presenta all’intuizione come un evento che mostra l’orrore suscitato
dall’esserci dell’uomo nello sviluppo dell’onnicomprendente. La tragicità si trova dove le potenze
sono tutte nel vero e lo scindere del vero (=la non unità della verità) è la scoperta fondamentale del
sapere tragico.
Sostiene l’incompatibilità tra redenzione cristiana e sapere tragico: la possibilità della redenzione
nullifica il tragico che invece non prevede vie di scampo. Inoltre nella fede il tragico è qualcosa di
superato esistenzialmente e riscattato esteticamente, accade nella schietta comprensione del mondo.
La filosofia non ammette alcuna tragicità assoluta nel fondamento dell’essere perché il tragico si
limita all’ambito fenomenico. Il tr