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Se la variabile fosse stata continua la tabella delle frequenze sarebbe stata rappresentata analogamente, ma
avremmo dovuto stabilire un minimo ed un massimo di intervallo per ogni classe, dove l’intervallo, cioè la
differenza tra massimo e minimo si dice “range”. La tabella delle frequenze di una variabile continua perde
l’informazione sui dati grezzi, ma dà un vantaggio nella lettura dei dati stessi. Per le variabili categoriche le
classi sono date dalle stesse categorie osservate. In questo caso non ha senso parlare di frequenze cumulative.
Per rappresentare graficamente una tabella delle frequenze si possono usare diversi grafici: uno dei più comuni
è l’istogramma. Vediamo come si presenta l’istogramma al variare della tipologia di dati.
in classi l’intervallo delle osservazioni.
1) Variabili numeriche continue: si divide
a) Classi della stessa ampiezza: il grafico si compone di rettangoli adiacenti la cui base è
rappresentata dall’ampiezza delle classi e la cui altezza è proporzionale alla frequenza
relativa o assoluta di ciascuna classe. Ci sono tre regole empiriche per scegliere in quante
classi suddividere il campione:
≅ √