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A seconda del tipo di esercizio svolto possiamo considerare due diversi tipi di fatica e,
conseguentemente di resistenza:
➢ generale
quando intervengono nel lavoro grandi masse muscolari o l'intera persona. In questo caso la
fatica coinvolge tutto l'organismo e si ha una sensazione di spossatezza generale
➢ locale o speciale
quando il lavoro impegna gruppi muscolari localizzati e non provoca una attivazione
sensibile dei sistemi respiratorio e cardio-circolatorio. In questo tipo di lavoro la fatica si
manifesta con pesantezza, difficoltà di decontrazione, irrigidimento e dolore nei muscoli più
impegnati.
Se invece prendiamo in considerazione i processi chimici che avvengono nelle cellule muscolari per
la produzione di movimento e per la successiva ricostruzione del prodotto energetico (ATP),
possiamo distinguere due tipi di resistenza:
➢ resistenza aerobica o generale
è data dalla capacità di prolungare a lungo un lavoro muscolare moderato. Il lavoro
compiuto usualmente è quasi del tutto aerobico, proveniente cioè della combustione dei
grassi e dei glucidi. Una prestazione è definita di tipo aerobico quando l'impegno fisico è
così relativo che le sostanze energetiche utilizzate per produrre il lavoro vengono
immediatamente ricostruite. C'è pertanto un costante equilibrio tra consumo e recupero. In
questo meccanismo la ricostruzione dell'ATP avviene utilizzando il glucosio nei muscoli, il
glicogeno depositato nel fegato ed i grassi presenti nell'organismo. Queste sostanze
contengono gli elementi costitutivi dell'ATP e la loro trasformazione e successiva sintesi in
ATP avviene in presenza di ossigeno, il quale è introdotto con la respirazione e dal trasporto
nei muscoli dal ciclo sanguigno. Il termine aerobico sta proprio ad indicare la presenza
dell'ossigeno nel processo di ricostruzione energetica e di recupero. Nel linguaggio sportivo
la resistenza aerobica viene spesso chiamata endurance
➢ resistenza anaerobica
si divide in:
lattacida: rappresenta la capacità di sopportare, il più allungo possibile, ma sempre per
un periodo di tempo limitato, eseguendo una quantità di lavoro muscolare vicino alla
potenza massimale. In pratica l'atleta lavora a lungo in condizioni di acidosi,
conseguenza della produzione dell'acido lattico che si forma nei muscoli e che si riversa
nel sangue. Quando l'intensità dell'impegno diventa molto elevata, il ritmo del consumo
dell'ATP si innalza al punto che il suo consumo non viene compensato con il parallelo
aumento dell'ossigeno introdotto con la respirazione. In queste condizioni al processo
aerobico si affianca, e poi subentra, un secondo meccanismo di riproduzione di ATP
senza che vi sia l'utilizzo dell'ossigeno, per questo motivo il lavoro è definito anaerobico
alattacido: in questo tipo di resistenza si evidenziano la mancata partecipazione
dell'ossigeno al processo delle trasformazioni e l'assenza di acido lattico come prodotto
di derivazione finale. In questo caso l'esercizio fisico è caratterizzato da brevi momenti
di impegno molto elevato intervallati da pause più o meno lunghe. In questo modo gli
acidi fino a questo punto prodotti, caratterizzati tra l'altro da una minore tossicità,
subiscono cicliche trasformazioni durante le pause ricorrenti del gioco.
I giovani dai 6/7 anni in poi hanno un incremento continuo e quasi lineare delle resistenza aerobica
ed anaerobica alattacida, che raggiungono i loro massimi valori verso i 15/16 anni. La resistenza
lattacida invece, fino ai 15 anni non mostra incrementi significativi ed inizia a svilupparsi in
maniera considerevole proprio da questa età fino a raggiungere, intorno ai 20 anni, il suo massimo
valore.
La velocità o rapidità
Anche se è fuori dubbio che la velocità sia per lo più una qualità innata, essa entro certi limiti a
livello muscolare e meccanico, è comunque migliorabile per circa il 15%. Studi recenti propongono
una distinzione tra rapidità e velocità, considerando la rapidità una capacità condizionale primaria e
la velocità, una capacità derivata dalla combinazione di prerequisiti di rapidità e forza dinamica.
Esistono tre tipi di rapidità:
➢ la rapidità di reazione
intesa come la capacità di attivare con immediatezza le reazioni motorie in risposta agli
stimoli esterni o agli stimoli volontari
➢ la rapidità di movimento
intesa come la capacità di eseguire nel più breve tempo possibile un singolo gesto isolato
➢ la frequenza massima di movimento
intesa come la capacità di effettuare un numero molto elevato di volte uno stesso movimento
in un certo periodo di tempo.
La proposta di considerare la velocità come una capacita intermedia tra la rapidità e la forza veloce
appare perfettamente fondata quando si considera che, per quanto un atleta possa essere rapido nei
movimenti, non sarà mai in grado di esprimere questa velocità se non avrà la forza sufficiente per
vincere le resistenze che gli si oppongono. Molti fattori fisiologici ed anatomici che determinano la
rapidità dei movimenti e la velocità della corsa sono comuni. Questi sono:
➢ di natura nervosa
➢ di natura muscolare e tendineo-legamentosa
➢ di natura meccanica.
La componente nervosa riguarda la frequenza degli impulsi motori ed il tempo di latenza della
reazione da parte del muscolo, oltre alla qualità della trasmissione nervosa.
La componente muscolare e tendineo-legamentosa riguarda la velocità e la tensione di contrazione
delle fibre muscolari e quindi la vera e propria forza dinamica del muscolo. Anche i tendini e i
legamenti possono avere parte in questo meccanismo. L'allenamento per migliorare i fattori
fisiologici che determinano la rapidità del movimento e la velocità della corsa è basato su ripetizioni
di impegni ad intensità massimale, ma di brave durata ed opportunamente distanziati.
Per quanto riguarda la componente meccanica si può fare ben poco dal punto di vista migliorativo,
ma si può fare molto lavorando con attenzione sulla tecnica in funzione del fine da raggiungere.
La velocità delle reazioni motorie è massima fra i 18 ed i 25 anni, mentre la velocità di movimento
aumenta notevolmente tra gli 8 ed i 12 anni, raggiungendo il massimo livello tra i 15 ed i 17 anni.
Capacità motorie coordinative
La capacità motoria è la capacità regina in tutti gli sport di squadra in quanto permette di utilizzare
al meglio il proprio potenziale muscolare, articolare e psico-fisico e permette quindi di svolgere al
meglio eventuali compiti tecnici, con grande quantità di particolari e di precisione, fermo restando
l'economicità del gesto, scartando quindi qualsiasi sforzo muscolare o gesto inutile. La cordinazione
motoria è la capacità di saper adattare la forza, la durata e l'ampiezza della contrazione muscolare
per compiere un determinato gesto sportivo. È quindi la capacità di compiere movimenti piùo meno
complessi in modo armonico. La coordinazione che un atleta è in grado di raggiungere dipende da
diversi fattori:
➢ interni
che sono dati dalla elasticità dei muscoli, tendini e legamenti, capacità di ritmo e
conformazione delle articolazioni
➢ esterni
come la resistenza prodotta dall'aria, gli attriti prodotti dal corpo con il suolo e la forza di
gravità..
L'equilibrio
È una qualità neurofisiologica multifattoriale, determinata dall'informazione visiva, tattile-
propriocettiva e vestibolare. È quella capacità che consente il mantenimento ed il recupero di una
determinata posizione statica o dinamica, assegnata o desiderata, funzionale per il soggetto nei
confronti della forza di gravità ed adeguata al successo dell'azione.
La destrezza
È la capacità di compiere movimenti, più o meno complessi, nel minor tempo e nel miglior modo
possibile. La destrezza è considerate, in misura maggiore delle altre qualità motorie, un indice
approssimativo dell'intelligenza pratica dell'atleta. Tuttavia essa dipende dal livello delle altre
qualità motorie e quindi un atleta non sarà mai “destro” se non possiede un adeguato livello di
rapidità, forza e resistenza. Lo sviluppo della destrezza deve essere favorita ed avvenire
fondamentalmente nell'età infantile (destrezza generale) e nell'adolescenza (destrezza specifica),
perché è proprio in questa età che si formano le vie nervose delle varie abilità motorie; mentre altre
qualità fisiche possono essere incrementate in età più adulta. Bisogna ora ricordare che esistono due
tipi di sport:
➢ ciclici
come la ginnastica artistica e l'atletica leggera. Sono caratterizzati dal fatto che, durante la
gara, i gesti sono sempre gli stessi, uguali a quelli eseguiti in allenamento. Il risultato,
durante la competizione, è spesso proporzionale a quanto fatto in allenamento e alle varie
situazioni psico-fisiche che si vengono ad avere in gara
➢ aciclici
come il basket ed il calcio. Sono caratterizzati dal fatto che la destrezza motoria richiesta è
regolata anche da stimoli esterni. Dunque non è sufficiente l'apprendimento della struttura
tecnica del movimento, ma occorre la capacità di utilizzazione del movimento al momento
opportuno, avversari permettendo.
Perciò negli sport chiusi domina la tecnica mentre in quelli aperti la strategia. La destrezza può
essere divisa in tre componenti:
➢ capacità di coordinare movimenti precisi
➢ capacità di apprendere velocemente movimenti nuovi
➢ capacità di adattare repentinamente le esperienze motorie precedenti a situazioni nuove.
La precisione dipenderà dal grado di concordanza dei fattori sopra enunciati ed è uno dei criteri per
la valutazione della destrezza. Per ottenere un buon livello di destrezza è necessario anche:
➢ produrre stimoli multiformi e multilaterali in modo da fornire coordinazioni sempre nuove e
più complesse
➢ produrre stimoli di apprendimento motivanti; per essere tali devo essere adeguati alle
maturazioni comportamentali.
L'elevazione
Per elevazione si intende la capacità di innalzare il più possibile il proprio baricentro grazie alla
forza esplosiva ed elastica dei muscoli. Infatti la spinta verso l'alto è una tipica espressione di forza
veloce, per cui l'elevazione non può essere considerata come una capacità primaria, ma è più
corretto definirla come una capacità derivata. Il miglioramento dell'ele