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DIAGNOSI
La cardiomiopatia ipertrofica è generalmente sospettata per la presenza di un soffio cardiaco o di anomalie elettrocardiografiche. L'ostacolo all'eiezione ventricolare sinistra dipendente dall'ipertrofia settale genera un soffio sistolico eiettivo, che si ascolta soprattutto al mesocardio, lungo la margino-sternale sinistra. La relazione fra l'intensità del soffio e il volume ventricolare (il soffio è tanto più intenso quanto più il contenuto di sangue nel ventricolo si riduce) può permettere di diagnosticare all'ascoltazione del cuore la cardiomiopatia ipertrofica, e soprattutto distinguerla dalla stenosi valvolare aortica (vedi Capitoli 2 e 16). Se, mentre si ascolta il cuore, si fa eseguire al soggetto la manovra di Valsalva, ci si accorge che il soffio della stenosi valvolare aortica si riduce d'intensità mentre quello della cardiomiopatia ipertrofica aumenta. La manovra di Valsalva (espirazione
forzata a glottide chiusa), infatti, riduce la pressione negativa endotoracica, cioè la forza“aspirativa” (vis a fronte) che favorisce il ritorno venoso: diminuisce quindi il riempimentodiastolico dei ventricoli e con esso la gittata sistolica. La riduzione del volume ventricolare fa sì chenella cardiomiopatia ipertrofica il soffio aumenti di intensità con la manovra di Valsalva, mentrediminuisce nella stenosi aortica, dove l’intensità del soffio è proporzionale alla gittata sistolica, cioèalla quantità di sangue che attraversa la valvola.L’ECG è anormale nella quasi totalità dei casi, anche se le anomalie presenti non sonopatognomoniche e possono essere diverse: più comunemente si osserva ipertrofia ventricolaresinistra, onde Q anomale e segni di ischemia ventricolare.L'ecocardiogramma è esame fondamentale, che mostra ipertrofia generalmente asimmetrica,coinvolgente il setto
interventricolare (Figura 2). La distribuzione dell'ipertrofia è eterogenea e in una piccola percentuale di pazienti è localizzata al solo apice ventricolare (forma apicale, identificata dapprima nelle popolazioni orientali, ma ubiquitaria; è caratterizzata da buona prognosi). Una stima dell'ipertrofia è data dallo spessore parietale massimo, particolarmente rilevante poiché quando è particolarmente aumentato (>= 30 mm) rappresenta un fattore di rischio per morte improvvisa. In circa 1/3 dei pazienti è presente ostruzione al tratto di efflusso del ventricolo sinistro a riposo. Nei pazienti con sintomi e senza ostruzione a riposo è indicata l'esecuzione di esercizio fisico con valutazione del gradiente al picco dell'esercizio; con questo approccio il 70% dei pazienti ha ostruzione. Con la risonanza magnetica nucleare (RMN) cardiaca è possibile evidenziare tutte le pareti miocardiche e pertanto quando lacaratterizzazione anatomica risulta difficile con l'eco, vi è indicazione ad eseguirla. Inoltre, con la RMN viene misurata la massa ventricolare sinistra, non possibile con l'ecocardiogramma per l'eterogenea distribuzione dell'ipertrofia. La somministrazione di un mezzo di contrasto, il gadolinio, che si accumula tardivamente nell'interstizio (late-enhancement) consente di avere un'immagine della distribuzione di fibrosi in questi pazienti. Vista l'eziologia di questa malattia, dopo aver identificato un probando (primo paziente identificato in una famiglia) si deve procedere ad uno screening familiare con ECG, ecocardiogramma e, se disponibile, analisi genetica. TRATTAMENTO Dopo aver determinato il profilo di rischio per morte improvvisa, si può individuare una strategia terapeutica. Ai pazienti con almeno 2 fattori di rischio per morte improvvisa va consigliato l'impianto di un defibrillatore (ICD). I pazienti con un solo fattore di rischio per morte improvvisa possono essere considerati per l'impianto di un ICD o per la terapia farmacologica.Il rischio costituiscono una zona grigia, e l'impianto di un ICD va valutato caso per caso. I pazienti senza fattori di rischio per morte improvvisa ed asintomatici non richiedono trattamento. I pazienti sintomatici vengono posti in terapia con beta-bloccanti e/o Ca++-antagonisti non diidropiridinici (verapamil o diltiazem o gallopamil). La terapia ha la finalità di ridurre i sintomi, ma non ha effetto sulla prognosi.
Se è presente ostruzione al tratto d'efflusso, ai beta-bloccanti si può aggiungere la disopiramide (un antiaritmico qui usato solo per il suo marcato effetto inotropo negativo, che contribuisce alla riduzione dell'ostruzione). Se la terapia medica non è efficace nella riduzione dell'ostruzione, questa può avvalersi di intervento chirurgico di miotomia-miectomia (asportazione di un cuneo di setto sottoaortico per allargare il tratto d'efflusso), o dell'ablazione alcoolica (iniezione di etanolo in uno o più rami).
perforanti settali in modo da indurre infarto chimico della porzione alta del setto, sempre allo scopo di allargare in tratto d'efflusso).
I pazienti che hanno fibrillazione atriale persistente o cronica debbono essere riportati in ritmo sinusale: ciò non è sempre possibile, ma è importante tentare il ripristino del ritmo sinusale finché è ragionevole. Il ripristino del ritmo sinusale si ottiene mediante cardioversione elettrica o farmacologica. La prevenzione delle recidive di fibrillazione atriale è usualmente ottenuta con l'uso di amiodarone. In caso di fibrillazione atriale parossistica o persistente o cronica, per l'anticoagulazione si applicano le linee guida usuali.
Capitolo 31
CARDIOMIOPATIA/DISPLASIA ARITMOGENA DEL VENTRICOLO DESTRO
Luciano Daliento, Barbara Bauce, Cristina Basso, Alessandra Rampazzo, Gaetano Thiene, Andrea Nava
DEFINIZIONE
La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è una malattia caratterizzata,
punto di vista morfologico, da una sostituzione fibro-adiposa di tratti più o meno estesi del ventricolo destro(Figura 1), con un non raro interessamento del ventricolo sinistro.
Le alterazioni anatomiche sono responsabili di modificazioni morfofunzionali delle pareti ventricolari, riconoscibili mediante le tecniche di imaging (Figura 2), e fungono da substrato per l'instaurarsi di aritmie da rientro (Figura 3).
La malattia è di origine genetica, nella maggior parte dei casi con trasmissione autosomica dominante; sono stati finora identificati diversi geni-malattia.
L'espressione clinica può essere diversa da soggetto a soggetto, sia per quanto riguarda le modificazioni morfo-funzionali cardiache che per il grado di instabilità elettrica, anche in pazienti portatori di un'identica mutazione.
QUADRO CLINICO
La presenza, in giovani adulti, di aritmie ventricolari con morfologia tipo blocco di branca sinistra, associate ad alterazioni morfo-funzionali
del ventricolo destro, soprattutto delle zone che definiscono il cosiddetto "triangolo della displasia" (la regione sottotricuspidale, la punta e la regione dell'infundibolo) caratterizzano il quadro clinico e rendono possibile la diagnosi. Prevalgano in genere le forme di malattia con estensione lieve, e raramente il processo di sostituzione fibro-adiposa è così diffuso da provocare importante cardiomegalia o severa riduzione della funzione di pompa. Il fatto che venga interessato soprattutto il ventricolo destro spiega perché i pazienti affetti siano capaci, nella maggior parte dei casi, di ottime prestazioni funzionali; molti di essi, anzi, svolgono attività sportiva e spesso gli eventi aritmici maggiori si verificano proprio durante un'intensa attività fisica. Non è raro, infatti, che la morte improvvisa sia la prima manifestazione clinica nei giovani pazienti. DIAGNOSI Una Task Force della Società Europea di Cardiologia hadefinito i criteri diagnostici per la Cardiomiopatia aritmogena, basati oltre che sui dati clinico-anamnestici anche sulle modificazioni morfo-funzionali individuate con le varie tecniche di imaging (Tabella I). Nello studio clinico di un soggetto con aritmie ventricolari è fondamentale eseguire un'attenta e completa anamnesi familiare riguardo la presenza, nel gentilizio, di morti precoci ed inattese o episodi sincopali. Le metodiche di imaging (ecocardiogramma, risonanza magnetica cardiaca ed angiografia) sono indubbiamente le più valide per la definizione diagnostica delle alterazioni morfo-funzionali delle pareti ventricolari; l'elettrocardiogramma, l'esame Holter delle 24 ore e l'elettrocardiogramma ad alta amplificazione, assieme allo studio elettrofisiologico e alla ricostruzione della mappa elettroanatomica ventricolare destra, sono utili soprattutto per la stratificazione del rischio aritmico. Elettrocardiogramma L'ECG è normale inCirca il 20% dei soggetti con diagnosi clinica di cardiomiopatia aritmogena; in questi è generalmente presente una scarsa sostituzione fibro-adiposa. La maggior parte dei pazienti, invece, presentano onde T negative nelle precordiali destre (Figura 4), ed in alcuni sono anche evidenti in queste derivazioni onde epsilon, piccole deflessioni presenti nel tratto ST o nell'onda T che esprimono la depolarizzazione estremamente ritardata di alcune zone del ventricolo destro (Figura 5). Extrasistoli ventricolari o tachicardia ventricolare con morfologia tipo blocco di branca sinistra sono molto comuni nella cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro; esistono anche forme con aritmie ventricolari ripetitive polimorfe, associate ad un maggior rischio di morte improvvisa. La morfologia dei complessi ectopici somiglia a quella del blocco di branca sinistra poiché le aritmie nascono nel ventricolo destro. L'impulso ectopico genera un'attivazione non simultanea.
deiventricoli: dapprima si depolarizza il ventricolo destro, sede in cui l'impulso nasce, e poi il processo di attivazione si comunica al ventricolo sinistro; questa sequenza di diffusione dell'impulso nei ventricoli è identica a quella che si realizza nel blocco di branca sinistra. In quest'ultimo caso, però, il meccanismo da cui essa dipende è l'incapacità della branca sinistra a condurre l'impulso, per cui il processo di depolarizzazione si realizza prima nel ventricolo destro, la cui branca è integra, e solo tardivamente il fronte d'onda si trasmette anche al ventricolo sinistro. All'elettrocardiogramma amplificato si registrano potenziali tardivi (Figura 6) nella quasi totalità dei pazienti che presentano forme severe di cardiomiopatia aritmogena, nel 70-80 % dei pazienti con forme moderate e in poco più del 50% dei pazienti con forme lievi. Il test ergometrico viene utilizzato non tanto per
Misurare la capacità funzionale, quanto per osservare il comportamento delle aritmie e la loro eventuale scomparsa o insorgenza durante l'osforzo.
Metodiche di imaging