EPATITE DA HDV: il virus HDV o delta è un virus difettivo a singolo filamento di RNA che necessita della
coinfezione di HBV in quanto sfrutta la sua polimerasi. Le modalità di infezione sono:
una co-infezione con HBV contemporaneamente, in questi casi può verificarsi raramente un’epatite acuta
• fulminante
una super-infezione quando viene infettato un pz che ha già un’epatopatia cronica da HBV. Questo rappresenta
• la maggioranza dei casi e la progressione del danno epatico è 3 volte più rapida.
La diagnosi prevede:
HBsAg+
• HBV-DNA che in questi casi è basso in quanto la polimerasi viene utilizzata da HDV
• positività per Ab anti-HDV
• HDV-RNA che permette di valutare la replicazione virale
• HDV Ag che viene rilevato nella biopsia epatica
•
EPATITE DA HCV: virus a singolo filamento di RNA che produce una poliproteina che viene scissa in proteine più
piccole, da ricordare la NS5B che codifica per la polimerasi. Questo virus colpisce circa il 3% della popolazione e
le vie di trasmissione sono le stesse dei precedenti.
Rispetto ad HBV la sua storia naturale è diversa:
non da molte fluttuazioni delle transaminasi e di HCV-RNA, o da livelli elevati o bassi in base al genoma virale
• gli anticorpi anti-HCV rimangono anche ad infezione eradicata
•
La diagnosi prevede:
riscontro di un pz con transaminasi alterate
• richiesta dello screening sierologico in cui si cercano Ab anti-HCV
• ricerca e determinazione del HCV-RNA
• genotipizzazione, veniva utilizzato di più prima delle nuove terapia per individuare i genotipi sensibili
• all’interferone
stadiazione tramite fibroscan, biopsia quasi mai
• 4
Gastroenterologia
I fattori che predispongono alla progressione di malattia sono:
determinati dall’ospite:
• - consumo di alcol
- sesso maschile
- età avanzata
- diabete mellito
- co-infezioni
determinati dal virus:
• - genotipo 1
- elevata carica virale
La storia naturale vede:
il 50-90% dei pz non trattati va incontro ad epatopatia cronica
• il 10-40% dei pz cronici sviluppa cirrosi
• il 1-5% dei casi di cirrosi va incontro a HCC
•
Il virus dell’epatite C può dare anche delle manifestazioni extraepatiche come crioglobulinemia, glomerulonefrite,
linfoma non-Hodgking, manifestazioni cutanee, tiroidite autoimmune.
La terapia prevede l’utilizzo di farmaci pangenotipici di nuova generazione che colpiscono le proteine generate
dalla poliproteina, il primo e più famoso è il sofosbuvir che inibisce la polimerasi. Viene utilizzato in combinazione
con un altro e l’efficacia è pari quasi al 100%.
EPATITE AUTOIMMUNE AIH: patologia in cui è presente un danno epatico indotto dal sistema immunitario, è una
malattia rara (prevalenza (15-25:16000) che colpisce prevalentemente il sesso femminile (3:1) i tutte le età anche
se esistono due picchi di incidenza, nella pubertà e nella fascia 40-60. È spesso associata ad altre patologie
autoimmuni (tiroidee, IBD, sinoviti). La classificazione prevede:
il tipo I che è il più frequente e si caratterizza per la presenza di ANA (anticopri anti-nucleo) e SMA (anticorpi anti-
• muscolo liscio), ha una prevalenza dell’80%, ha un’andamento bimodale in quanto colpisce la fascia 6-30 e
quella sotto i 50. Ha un rischio di progredire in cirrosi del 50%.
il tipo II che è meno frequente, è positivo per gli anti-LKM (microsoma renale-epatico), è prevalentemente
• pediatrica e ha un rischio di prosecuzione in cirrosi dell’80%
il tipo III che è il più raro e ha un rischio cirrotico del 75%.
•
La patogenesi non è ancora chiara, si sa solamente che c’è una risposta immunitaria contro gli epatociti mediata
sia dall’immunità innata (NK) che da quella cellulo mediata, ne esistono diverse forme:
forma colestatica
• da farmaci per via del meccanismo di mimetismo molecolare
• dopo gravidanza
• dopo trapianto di fegato
•
La presentazione clinica:
nel 25% dei casi si ha epatite acuta che può cronicizzare, inoltre è possibile una forma fulminante (tipica delle
• giovani donne) in cui tutto il parenchima va incontro a necrosi massiccia.
nel 75% dei casi si ha una forma cronica che rispetto alle epatiti virali ha una sintomatologia più severa (astenia,
• nausea, transaminasi elevate).
La diagnosi si basa su:
ipergammoglobulinemia
• autoanticorpi ANA, ASMA e LKM mentre gli AMA sono negativi e servono per la diagnosi differenziale nei
• confronti della colangite biliare primitiva CBP
AST maggiori delle ALT per la diagnosi diff. verso le epatiti virali
• assenza di virus
• bilirubina può essere aumentata
• indici di colestasi possono aumentare sopratutto nella forma colestatica
•
Per la valutazione del rischio di avere una AIH si utilizza uno score che tiene conto di numerosi fattori e che indica
la probabilità di avere la malattia, per la diagnosi di certezza è però necessaria la biopsia che permette la
visualizzazione di:
epatite di interfaccia ossia flogosi periportale
• infiltrato ricco in plasmacellule
• rosette epatocitarie ossia gli epatociti si dispongono in formazioni a rosetta
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Gastroenterologia
Il trattamento prevede inizialmente cortisone 1 mg/kg/die a cui dopo 3/4 settimane si aggiunge azatioprina o
micofenolato mofetile. La terapia perdura per almeno due anni nel corso dei quali la dose di cortisone viene
gradualmente scalata, sono necessarie dopo i due anni delle pause dal trattamento. In circa il 50% dei casi si ha
una recidiva durante la sospensione della terapia con aumento delle transaminasi e che necessita nuovamente di
cortisone. Inoltre questi pz vanno seguiti ogni 3-6 mesi per valutare la progressione di malattia.
COLANGITE BILIARE PRIMITIVA: malattia autoimmunitaria caratterizzata da una progressiva distruzione dei dotti
biliari intralobulari con sostituzione di questi con tessuto fibroso che porta alla cirrosi epatica. È una malattia rara
che colpisce prevalentemente il sesso femminile (9:1), l’eziopatogenesi non è conosciuta si sa solamente che si
ha una risposta immunitaria cellulo-mediata che porta alla distruzione dei dotti intralobulari.
Per la valutazione della progressione della malattia è presente una classificazione istologica:
stadio I in cui si ha un’infiammazione granulomatosa periportale con distruzione dei dotti
• stadio II in cui si ha una proliferazione reattiva dei duttuli
• stadio III in cui compare necrosi a ponte fra gli spazi portali con formazione di setti fibrosi
• stadio IV in cui si arriva alla cirrosi
•
I sintomi sono:
astenia
• prurito a causa dei sali biliari nei piccoli vasi
• ipertensione portale quando si arriva alla cirrosi
• osteoporosi causata dal malassorbimento della vitamina D a causa della mancata secrezione della bile
• nell’intestino
xantomi dovuti all’ipercolesterolemia causata dal mancato scarico del colesterolo
• malassorbimento con diarrea
• infezioni urinarie
•
Anche in questo caso sono presenti delle patologie associate di natura autoimmune.
La diagnosi si basa su:
istologia
• aumento dei marcatori di colestasi: GGT, fosfatasi alcalina e iperbilirubinemia
• AMA positivi
• il fibroscan e l’ecografia non sono diagnostici ma vengono utilizzati nel follow-up
•
La terapia prevede:
acido ursodesossicolico che va a espletare le funzioni che normalmente svolge la bile, nel 30-40% dei casi si ha
• anche un miglioramento dell’istologia. Tuttavia è un farmaco sintomatico che non agisce sulla componente
immunitaria
acido obeticolico nei casi in cui il precedente non funzioni
• cortisone e azatioprina anche se è pericoloso in quanto questi pz sono già predisposti ad infezioni e farmaci
• immunodepressivi possono peggiorare la situazione
trapianto di fegato che è la terapia migliore in quanto anche se ci sono delle recidive post-trapianto queste sono
• trattabili efficacamente.
Uno dei problemi principali di questi pz può essere il prurito che non è sempre associato a danno massiccio
d’organo ma che è un fattore di inclusione della lista trapianti. In pz con prurito molto elevato si utilizza la
colestiramina ossia una resina che assorbe i sali biliari e dovrebbe migliorare la sintomatologia, si utilizza anche la
rifampicina e gli antagonisti degli oppioidi.
COLANGITE SCLEROSANTE PRIMITIVA CSP: malattia come la precedente a componente autoimmunitaria che
colpisce le vie biliari, in questo caso le lesioni si localizzano a livello dei grandi dotti intra ed extraepatici che
stenotizzano bloccando il flusso biliare. È una patologia rara che colpisce perlopiù uomini fra i 30 e i 50 anni e si
associa nel 70% a IBD (in particolare alla rettocolite ulcerosa). Anche in questo è molto utile la biopsia con cui si
osserva:
infiltrato infiammatorio con plasmacellule e neutrofili (non ci sono nell’epatite autoimmune)
• danno ai colangiociti con stenosi delle vie biliari in seguito a proliferazione reattiva
• fibrosi
• un progressivo deposito di collagene che porta alla cirrosi, in questa patologia però essendo il tessuto fibroso
• localizzato nelle vie biliari avremo un fegato ingrandito, liscio e quindi molto diverso da una cirrosi esotossica.
La sintomatologia è subdola, il pz è spesso asintomatico; quando si hanno i sintomi sono attribuibili a colangiti
ricorrenti dovute ad una infezione epatica, ciò accade in quanto la bile non potendo defluire per via delle stenosi si
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Gastroenterologia
accumula a livello epatico e diventa stagnante, in questa condizione si crea un ambiente perfetto per la crescita
batterica. Queste colangiti si presentano con la triade di Charcot che comprende febbre, brividi e dolore
addominale nell’ipocondrio dx. Possono esserci anche prurito, astenia e ittero nelle fasi terminali.
La diagnosi si basa sulla diagnostica strumentale:
colangioRMN in cui si sfrutta il naturale contrasto della bile per visualizzare le vie biliari intra ed extraepatiche.
• RCP pancreatografia endoscopica retrograda che è un esame endoscopico in cui si penetra nella via biliare e si
• evidenzia l’albero delle vie biliari attraverso il mezzo di contrasto. Si possono osservare delle lesioni tipiche a
corona di rosario ossia dilatazioni seguite da stenosi.
La terapia prevede l’utilizzo di:
acido ursodesossicolico
• steroidi anche se c’è un alto rischio infettivo
• dilatazione della stenosi mediante ERC, si posizionano delle protesi di plastica che li lasciano i
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