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Cap. 4 TRANSURBANZE: LA PSICOLOGIA DELLA SALUTE NELLA CITTA' POSTMODERNA
di Paride Braibanti
Le pratiche delle “transurbanze”, sono quelle pratiche con cui Stalker (soggetto collettivo che
compie ricerche e azioni sul territorio) incontra “l'inconscio della città”, le pieghe della città in cui
sono cresciuti spazi in transito, territori in trasformazione continua nel tempo.
Anche la psicologia della salute deve prendere coscienza di doversi mettere in cammino, di avere
la propria “transurbanza”, occorre riportare la questione della salute lungo i confini più complessi
del nuovo millennio: quello della società della cura, delle differenze di genere, dell'ospedale e del
carcere, delle nuove tecnologie, delle grandi migrazioni, dell'emancipazione dei popoli e così via.
Ci si deve muovere lungo i confini.
Riposizionamento metodologico e dominio pratico
Servono attrezzature metodologiche che abbaiano come prospettiva che parta dalla ricerca
qualitativa perchè possiede caratteristiche che portano a privilegiarla rispetto alla ricerca
quantitativa i una prospettiva di azione sociale di cambiamento, per una serie di ragioni:
• è in grado di osservare e registrare processi di trasformazione sociale, fornendone una
descrizione più appropriata, dettagliata e sensibile ai contesti;
• può prevedere approcci in cui il ricercatore può essere coinvolto direttamente in processi di
trasformazione sociale (ricerca azione);
• comporta un riposizionamento dei soggetti di ricerca come partecipanti.
“Se il ricercatore non si limita ad osservare la trasformazione, ma è coinvolto in un processo di
trasformazione sociale, il tema della qualità della ricerca qualitativa comprenderà anche aspetti
quali il rendere giustizia ai partecipanti e condividere i risultati con loro. In questo caso, la qualità
della ricerca qualitativa non è solo un problema di metodo, ma anche un problema morale” (Flick).
Questo riposizionamento metodologico e etico è alla base dei tentativi della psicologia critica della
salute; che guarda con crescente interesse a personalità di rilievo del recente passato, come
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Paule Freire e Ignacio Martin-Baro, che si caratterizzano per la “svolta sociale” della pedagogia e
della psicologia della liberazione.
Ospedali e territorio nella società della cura
Un primo confine che possiamo esplorare nella nostra transurbanza è quello tra soggetto in cura e
istituzioni della cura. Nella tradizione funzionalista di Parsons, questo confine era nettissimo. Al
suo ingresso in ospedale, il paziente viene sottoposto a un processo di “spogliamento” dei normali
ruoli della vita quotidiana rendendo la persona un “caso clinico” all'interno di una stanza numerata.
Esiste un altro modo di guardare l'ospedale, secondo Finkler, la vita dentro l'ospedale bisogna
renderla plasmata sui modelli normalmente proposti dalla società. Al suo interno vengono
riproposte le gerarchie, le ineguaglianze, i conflitti che hanno luogo all'esterno. Nella città
postmoderna l'ospedale e i servizi sanitari costituiscono uno dei poli centrali del suo sviluppo, ma
ad essi si giustappone/contrappone un territorio che è sempre più caratterizzato da processi di
cura estesi e informali che hanno assunto una diffusione generale. “Potremmo definire la società
come una società della cura” che è quindi anche la “società dei sistemi di cura” che hanno
raggiunto un grado di complessità e si intrecciano finemente con le relazioni della quotidianità. La
società della cura ridisegna anche le differenze, la linea delle differenze sociali è spesso segnata
dalla possibilità di essere ammessi ai sistemi formali e informali della cura: è la linea della
separazione tra i processi di inclusione ed esclusione.
La società e i sistemi della cura contribuiscono a ridefinire i confini dell'ordine costituito, entro cui si
trasformano e si riconoscono norme e oggetti di valore, le norme segnano infatti il confine tra una
sofferenza che può essere contenuta e una sofferenza incontenibile: una sofferenza che può
essere rapportata ai sistemi della cura e una sofferenza che non trova in essi alcuna ospitalità, una
sofferenza che è assenza di parola e privi di forma, in cui si riducono drammaticamente i gradi di
libertà e di espressione. Per questo “occorre guardare ai fenomeni nuovi con cui gli utenti auto
organizzati accettano e rivendicano di raccogliersi attorno agli aggettivi squalificanti (tossici)”.
Lungo questi margini si muovono risorse e valori inaspettati di auto-organizzazione dei “perdenti”,
degli “sconfitti”, per la rivendicazione di uno spazio di cittadinanza non contenibile entro i confini
disegnati delle autopoiesi dei sistemi di cura. La psicologia della salute può intercettare queste
risorse auto-organizzate per contenerle e ridurle alle ragioni dei sistemi oppure può interloquire
con queste potenzialità vitali per ridisegnare il diritto di cittadinanza. Una possibile risposta sta
nello sforzo di trasformare la propria posizione, la propria collocazione in quella di “agente di
sviluppo”, capace di rintracciare nelle dimensioni complesse, traiettorie di sviluppo possibili che si
fondino sulla possibilità di intrecciare nuove possibilità di narrazione in cui il soggetto-destinatario
delle cure di “riposizioni”.
Incerti confini di genere
La società della cura è soprattutto una società che espone alla cura il genere femminile, è
inevitabile che ponga dunque all'ordine del giorno anche la questione del genere.
“L'esperienza della cura è vissuta da angolazioni diverse e da generazioni diverse da moltissime
donne ma con un filo rosso che lega generazioni e angolazioni: che questo lavoro è invisibile ne
dalle famiglie ne dalla società”.
Migrazioni lavoro-correlate
L'incontro con le “badanti” ci conduce ad una realtà che ancora la società italiana sembra non
riuscire a metabolizzare: i processi migratori. 10
L'impatto della migrazione sul concetto di “stress lavoro correlato”, il concetto di stress è piuttosto
controverso in psicologia della salute: Radley afferma che “lo stress è un mito creato in egual
misura dai ricercatori e dalla gente comune per cercare di spiegare la relazione tra gli eventi
esterni e la salute o la malattia, lo stress è una costruzione sociale”.
La letteratura internazionale ha studiato più intensamente di quando non sia avvenuto in Italia la
relazione tra salute, immigrazione e stress. In generale si segnalano fonti di stress che non
possono essere ricondotte direttamente ai processi di lavorazione, come la paura per la
disoccupazione, l'abuso di alcool, la tensione per la regolarizzazione dei permessi di soggiorno, le
vicisittudini legate alla varietà dell'esperienza migratoria, la discriminazione percepita, l'impatto con
i sistemi giudiziari e la carcerazione...... questi fattori non possono certamente essere considerati
estranei al lavoro. Le condizioni di stress legato alle migrazioni è “lavoro correlato” perchè ha a che
fare con il “sistema lavoro” entro cui le migrazioni si giustificano economicamente e con il “sistema
sociale” che rigetta e mantiene la condizione di migrante sulla soglia della marginalità sociale e
della precarietà. Le imprese dovrebbero dunque essere chiamate a rispondere di una
responsabilità più ampia nel sistema lavoro e nel sistema di protezione sociale, facendosi carico
dell'esperienza migratoria e dell'impatto del sistema lavoro sui processi personali, familiari, di
integrazione sociale e di cittadinanza. La psicologia potrebbe finire col precostituire un supporto a
questo travisamento. L'impegno e la mobilitazione sulla salute in un'accezione più ampia potrà
così tornare ad essere occasione per riorganizzare l'autonomia personale e collettiva. Ciò
comporta, di nuovo, una scelta etica e di schieramento, ma anche una scelta di posizionamento
metodologico, che privilegi la reinvenzione di nuove forme di ricerca-azione partecipata.
Culture educative locali e salute
Altri luoghi ci si presentano nella nostra transurbanza: i luoghi educativi, le scuole.
Un punto di grande importanza nella proposta del modello della psicologia della salute è che le
culture locali della cura debbano confrontarsi con lo sviluppo pieno della autonomia delle persone
come soggetti attivi e competenti dei propri itinerari di vita. E' questo, per intenderci, il cuore di una
promozione della salute fondata sulle LIFE SKILLS che vanno intese come competenze d'azione
nel processo di sviluppo personale e sociale. Le competenze d'azione riguardano, più che il
“sentirsi”, l'esserci, l'essere nel mondo insieme ad altri uomini, riguardano, in altri termini la
centralità della dimensione dell'impegno e della responsabilità.
Le categorie dell'impegno e del sentirsi in cammino per il proprio progresso personale e sociale
sono, a nostro avviso, il punto di riferimento per una reale promozione della salute delle giovani
generazioni.
Negli anni '90 l'introduzione dell'educazione alla salute nella scuola ha portato un'enfasi forse
eccessiva sul concetto di “benessere” degli studenti. Una scuola che ascolta e promuove il
benessere degli studenti è sembrata ad alcuni la via maestra per combattere le dipendenze e
attivare una strategia di prevenzione. La via dello “star bene a scuola” ha avuto probabilmente
riflessi positivi sulle relazioni tra studenti e con i docenti, in un clima però gia fortemente modificato
delle grandi trasformazioni e dalle lotte studentesche degli anni '60 e '70. Il tentativo
dell'educazione alla salute cercava in realtà di saldare la spinta alla partecipazione ad una
proposta pedagogica fondata sulla progettualità e sulla trasversalità educativa, sulla radicale
trasformazione dell'architettura isituzionale, ancora fortemente centralizzata e ancorata al dominio
disciplinare nella programmazione scolastica. Oggi, in realtà, occorre ridisegnare i compiti della
promozione della salute nella scuola in una prospettiva che contribuisca direttamente al disegno
dell'autonomia del soggetto e di costruzione di una piena cittadinanza, sulla linea delle strategie
formative post-funzionaliste. Sotto questo profilo la proposta id intervento di promozione della
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salute vuole sollecitare una vita operativa che renda possibile sostenere lo sviluppo di competenze
pers