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CAP. 9 JEFFREY ALEXANDER E LA SOCIOLOGIA CULTURALE
Oltre la sociologia della cultura
Geoffrey Alexander, allievo di Parsons e Bellah e fondatore del Center for Cultural Sociology
dell’università di Yale, ha elaborato un orientamento alternativo alle metodologie classiche
nell'ambito della sociologia della cultura, ovvero quella che fa capo a Geertz, secondo il quale la
cultura va letta come un insieme di testi, in modo da coglierne l'insieme dei significati, interpretando
codici, narrative e simboli e quelle riconducibili al cosiddetto "istituzionalismo" che attraverso
l'impiego di metodi quantitativi statistici spiegano, in termini di causa-effetto, il rapporto tra strutture
sociali e produzione, distribuzione e consumo di cultura. Inizialmente Alexander individua una serie
di limiti da lui riscontrati nelle proposte della sociologia della cultura elaborate fino a quel momento:
ad esempio, ritiene che la prospettiva della "produzione della cultura" e l'approccio istituzionalista
forniscano nessi causali troppo espliciti tra cultura e struttura sociale: la cultura infatti viene spiegata
in base alle istituzioni che la sponsorizzano o alle ideologie che la controllano; oppure, quando è già
consumata, viene spiegata sulla base delle differenze di classe, genere ed etnia. Alexander critica
anche l'approccio teorico dei Cultural Studies, in quanto, pur apprezzando alcune loro ricerche,
considera gli esponenti della scuola di Birmingham troppo implicati nella dialettica marxista tra potere
e stratificazione sociale. Inoltre essi tendono a ricondurre tutte le espressioni culturali a
manifestazioni di egemonia o a forme di resistenza simbolica. Nei confronti di Bourdieu, invece,
Alexander da un lato apprezza la sua analisi culturale empirica e rigorosa; dall'altro lato però critica
la troppa importanza accordata dal sociologa francese al ruolo delle disuguaglianze sociali nel
funzionamento della cultura. Bourdieu infatti analizza il contenuto semantico degli stili, delle pratiche,
dei gusti e delle competenze come semplici ambiti classificatori per la riproduzione della
stratificazione sociale. La cultura viene pertanto intesa come un insieme di habitus, finendo col
dipendere dalle strutture sociali.
Il programma forte di sociologia culturale
Alexander si propone di rifondare sul piano paradigmatico l'analisi culturale in quanto a suo giudizio
la cultura, a differenza delle sfere della vita sociale quali la politica, l'economia, la religione e la
famiglia, non è stata ancora descritta e compresa in maniera accurata. Il suo programma si ispira
all'approccio interpretativo di Geertz. L'interpretazione deve però estendersi: deve cogliere e
confrontare il funzionamento universale della cultura, diventando però una vera e propria
ermeneutica di tipo "strutturale": la cultura viene vista visto infatti come un insieme di strutture
narrative e discorsive, sostenuto da segni e simboli organizzati secondo modelli definiti che servono
a comunicare il senso delle azioni sociali. Da questo punto di vista la cultura appare dunque una
dimensione onnipresente e dinamica inoltre possiede una sua specificità causale che non può
essere ricondotta alle strutture sociali. La cultura infine non è soltanto testo né corrisponde
unicamente all'universo simbolico. Alexander sottolinea infatti che l'autonomia della dimensione
simbolica è relativa. Le pratiche, i rituali, le azioni attraverso cui gli attori cercano di trasmettere e
comunicare il senso al mondo fanno intrinsecamente parte della cultura. Gli individui però non sono
avvolti unicamente nelle reti di significato che essi stessi hanno tessuto, come sosteneva Geertz. Al
contrario, gli individui impregnano ogni loro azione con gli aspetti del retroterra culturale all’interno
del quale vivono, lavorando in modo che il senso dell'azione risulti verosimile e naturale. In questo
senso, Alexander intende conciliare la concezione simbolica della cultura con quella che dà valore
alle pratiche dell'agire. Per fare questo, adotta un approccio multidimensionale, ridà importanza ai
fattori materiali legati alla pratica e muta una serie di elementi delle teorie micro-sociologiche. In
questi approcci gli individui sono mossi non soltanto da interessi di tipo strumentale o normativo: la
loro azione comprende infatti anche motivazioni emotive e affettive. Gli individui si orientano dunque
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tra di loro come attori su un palcoscenico, cercando di identificarsi con le proprie esperienze di vita
e con quelle degli spettatori. L'agire pratico diventa così una performance.
Performance, cultura, azione sociale
La performance culturale viene definita da Alexander come quel processo sociale grazie ai quali gli
attori manifestano agli altri il significato del loro agire sociale. Testi, codici e narrative (appartenenti
alla dimensione simbolica) sono integrati come elementi della performance (appartenente alla
dimensione pragmatica). La performance consiste in sceneggiature che hanno un significato
indipendente dalla loro messinscena; gli attori della performance sono vincolati ad eseguire i ruoli
della sceneggiatura, i loro comportamenti possono però avere una relativo margine di adattamento,
affinché l'azione risulti accettabile agli occhi degli altri. Gli attori cercano inoltre di scegliere
comportamenti più adatti rispetto al testo, la sceneggiatura e alla messinscena. Il pubblico tuttavia,
attingendo le proprie emozioni e i propri affetti, può interpretare significati in maniera diversa rispetto
a come sono stati "agite" della performance. Non tutte le performance inoltre hanno successo; gli
attori devono infatti fornire una performance plausibile e veritiera affinché il pubblico possa
accettarne i motivi e considerare ragionevoli i suoi obiettivi. Affinché la performance abbia successo
sono importanti anche le condizioni esterne della messinscena. A questo proposito è fondamentale
avere accesso a strumenti di trasmissione mediatica, quali la televisione, il cinema, i giornali, la radio
e Internet. La performance inoltre ha successo quando diversi elementi che la costituiscono sono
fusi in un unico insieme che riesce a nascondere gli artifici a risultare per questo credibile agli occhi
del pubblico. Una performance ben riuscita mostra peraltro lo stesso carattere che aveva il rituale
collettivo nelle società tradizionali. In questo senso Alexander recupera il tardo Durkheim simbolista
e culturalista per legare la forza macro sociale del rituale all'azione come performance.
Fusione, de-fusione, ri-fusione: la forza euristica del rituale
I rituali sociali contemporanei hanno la funzione di sancire le antinomie ricorrenti nella vita sociale,
mentre o rituali del passato corrispondono alle performance dei nostri giorni; queste, però, a
differenza dei primi rituali difficilmente hanno successo. La differenza è determinata dal diverso
grado di fusione degli elementi della pragmatica culturale: infatti, più l'organizzazione sociale è
semplice, più le componenti dei rituali si fondono in un unico blocco. Se il sistema sociale è invece
complesso e pluralistico, gli elementi della performance sono de-fusi. In un contesto di crescente
complessità sociale, le performance riuscite si sviluppano soltanto attraverso un processo di
rifusione. Oggi l'azione di performance risulta meno automatica e immediata: gli attori, gli spettatori,
i poteri sociali della messinscena, infatti, anziché essere uniti tra di loro in una fusione, sono distinti
e resi autonomi. Oggi inoltre il pubblico è in grado di criticare quello che osserva e tende anche a
diffidare dell'autenticità delle performances. La messa in scena non segue sceneggiature prefissate
ma si modifica a seconda delle variabili sociali e culturali. Affinché la performance abbia senso si
rivelano dunque indispensabili l'autenticità e il processo di ri-fusione. 33
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PARTE SECONDA I PROCESSI
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CAP. 10 LA RELIGIONE, LE RELIGIONI
La regione si tratta di un aspetto essenziale e permanente della umanità: non esistono infatti società
nelle quali risultino del tutto assenti modelli culturali di tipo religioso o sacro. La regione è quindi un
fenomeno molto influente e diffuso che nasce fondamentalmente da due esigenze umane
fondamentali: lo slancio verso una dimensione trascendente, superiore, e il bisogno che gli uomini
avvertono di rappresentare all'interno di un discorso coerente e privo di contraddizioni il mondo
fenomenico nel quale vivono. Queste due esigenze generano poi, nelle diverse religioni, una precisa
cosmologia, una visione simbolica complessiva del mondo terreno e ultraterreno con i loro rispettivi
valori e ordini. Questo intero apparato simbolico implica alla base la credenza religiosa che a sua
volta si avvale dei riti, ossia mezzi con i quali i gruppi sociali si uniscono in un'unica comunità e
riaffermano periodicamente la propria fede.
Le vie di salvezza
La forte presa che la religione esercita sulle persone è essenzialmente dovuta al fatto che essa ci
aiuta a vivere. La funzione chiave della religione è infatti la teodicea, cioè la capacità di spiegare il
male e la sofferenza e di trovare una giustificazione alle tante difficili domande sul perché si muore,
si soffre ecc. La regione non offre però soltanto una via di salvezza dalle miserie del mondo terreno
attraverso la fede e l'immagine di un aldilà giusto, ma insegna anche a rendere il proprio dolore e
quello altrui qualcosa di sopportabile. I credenti si rivolgono alla fede per sfogare le proprie
sofferenze, per comunicare paure e angosce e per trovarvi conforto. Nel mondo contemporaneo vi
sono molteplici religioni, radicate nelle diverse società. Le religioni mondiali o universali sono quelle
che hanno saputo radunare intorno a sé una vasta schiera di fedeli, come la religione cristiana e
islamica, il confucianesimo, l'induismo, il buddismo e il giudaismo. Le regioni possono poi essere
monoteistiche o politeistiche. L'impianto monoteistico, tipico del cristianesimo, dell'islamismo e del
giudaismo, è caratterizzato da una vocazione sistematica e razionalistica del pensiero. Al contrario
delle religioni orientali, il giudaismo, il cristianesimo w islamismo hanno avanzato la pretesa di essere
le uniche vere religioni e i loro teologi hanno formulato rigorosamente gli insegnamenti sacri,
assimilando ogni impulso alla conoscenza all'interno di un sistema intellettuale definito. Al contrario,
nelle religioni politeistiche orientali la visione del mondo rimane priva di un asse dottrinale coerente
ed è caratterizzata dalla devozione verso una pluralità di figure divine. Un'altra distinzione è quella
tra ascetismo e misticismo. Il mistico è nel mondo e si adatta ai suoi ordinamenti attraverso
l'attegg