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LA TECNICA DELLE SCALE
L’operativizzazione dei concetti complessi
La tecnica delle scale (scaling) consiste in un insieme di procedure messe a punto per misurare
concetti
complessi e non direttamente osservabili. L’unico modo per poterli registrare è quello di usare un
insieme
coerente ed organico di indicatori, mettendo anche a punto criteri intersoggettivi per controllare
l’effettiva
sovrapposizione fra indicatori e concetto e la completezza della procedura. Possiamo quindi dire
che una
scala è un insieme coerente di elementi che sono considerati indicatori di un concetto più
generale.
La tecnica delle scale è usata soprattutto nella misura degli atteggiamenti, dove l’unità d’analisi è
l’individuo,
il concetto generale è un atteggiamento (credenze di fondo non rilevabili direttamente) e i concetti
specifici
sono le opinioni (espressione empiricamente rilevabile di un atteggiamento).
Le variabili prodotte dalla tecnica delle scale non possono essere considerate pienamente
cardinali, perché
scaturiscono da dimensioni sottostanti immaginate come proprietà continue non misurabili, anche
se la
teoria delle scale tenta di dare una risposta a questo problema. Per questo le variabili della teoria
delle scale
vengono chiamate quasi-cardinali.
Domanda e risposta graduata: l’autonomia semantica delle risposte
Gli elementi di una scala sono tipicamente domande, possiamo quindi affermare che una scale è
costituita da
una batteria di domande (raramente da una domanda singola).
Le domande (sempre chiuse) possono essere proposte in tre modi diversi. Il primo consiste nel
presentare
risposte semanticamente autonome, cioè ciascuna ha un suo intrinseco significato compiuto che
non
necessita, per essere compreso, di essere messo in relazione con il significato delle altre
alternative presenti
nella scala. Il secondo caso è quello in cui le categorie di risposta sono a parziale autonomia
semantica,
quando il significato di ogni categoria è parzialmente autonomo dalle altre (“molto”, “abbastanza”,
“poco”,
“per nulla”). Infine ci sono le scale auto-ancoranti, dove solo le due categorie estreme sono dotate
di
significato, mentre tra di esse si colloca un continuum entro il quale il soggetto colloca la sua
posizione.
Le variabili prodotte dalla prima situazione sono senza dubbio ordinali, mentre nella seconda è
probabile che
scatti un processo di comparazione quantitativa. Per quanto riguarda il caso delle risposte auto-
ancoranti è
ancora più probabile che si metta in moto una procedura mentale di suddivisione graduata dello
spazio tra i
due estremi, suddivisione che è però soggettiva e non valida per tutti. Per questo si parla di
variabili
quasi-cardinali.
Nel caso delle variabili a parziale autonomia semantica è preferibile offrire la possibilità di un punto
neutro e
dell’opzione “non saprei”. Il numero delle opzioni disponibili di solito è 5 o 7, tranne nell’intervista
telefonica,
dove si usano domande con risposte binarie per motivi di semplicità.
Nel caso delle graduatorie auto-ancoranti si possono usare diverse soluzioni come quella delle
caselle vuotre,
della sequenza di cifre oppure della linea continua.
Le preferenze possono essere espresse in termini assoluti (quando ogni domanda riguarda
isolatamente una
singola questione) oppure in termini relativi (nella forma di confronti e scelte tra diversi oggetti).
È preferibile scegliere scale con più domande rispetto a scale con una domanda sola per tre
motivi: la
complessità dei concetti rende improbabile la loro copertura con un singolo indicatore; una
rilevazione
singola manca di precizione, in quanto non riesce a discriminare in maniera fine tra le diverse
posizioni dei
soggetti sulla proprietà considerata; infine le singole domande sono più esposte agli errori
accidentali.
Le domande ad un solo elementi sono quindi meno valide, meno precise e meno attendibili. Scala
di Likert
La procedura che sta alla base delle scale di Likert consiste nella somma dei punti attribuiti ad ogni
singola
domanda. Il formato delle singole domande della scala di Likert è rappresentato da una serie di
affermazioni
per ognuna delle quali l’intervistato deve dire se e in che misura è d’accordo. Di solito le alternative
di
risposta sono cinque, da “molto d’accordo” a “fortemente contrario”.
La costruzione della scala avviene in quattro fasi. Nella prima, la formulazione delle domande, si
individuano
le dimensioni dell’atteggiamento studiato e si formulano delle affermazioni che coprano i vari
aspetti del
concetto generale che si vuole rilevare.
Nella seconda fase, la somministrazione delle domande, la scala viene sottoposta ad un campione
limitato di
intervistati con un certo livello di istruzione.
In seguito, nella terza fase (analisi degli elementi), si selezionano le domande e si valuta il grado di
coerenza
interna della scala, cioè se la scala misura effettivamente il concetto in esame. È infatti possibile
che alcuni
elementi non risultino in linea con gli altri e vadano quindi eliminati. Gli strumenti utilizzati nella
terza fase
sono la correlazione elemento-scala e il coefficiente alfa. Per la correlazione elemento-scala, si
calcola per
ogni soggetto il punteggio su tutta la scala e si calcola il coefficiente di correlazione tra questo
punteggio e il
punteggio di ogni singolo elemento. Il coefficiente di correlazione è una misura che quantifica il
grado di
relazione tra due variabili cardinali e indica se il punteggio di ogni singolo elemento si muove nella
stessa
direzione del punteggio globale che tiene conto di tutti gli altri elementi. Se ciò non avviene la
domanda non
è congruente con la scala e va eliminata. Il coefficiente alfa serve invece a valutare la coerenza
interna
complessiva della scala. Esso si basa sulla matrice di correlazione tra tutti gli elementi della scala
e il loro
numero; più alti sono i valori (da 0 a 1) maggiore è la coerenza interna alla scala.
Infine si apre la quarta fase, quella dei controlli sulla validità e l’unidimensionalità della scala.
Tralasciando i
controlli di validità, la tecnica più efficace per il controllo di unidimensionalità è quella dell’analisi
fattoriale. Il
suo scopo è quello di ridurre una serie di variabili tra loro collegate ad un numero inferiore di
variabili
ipotetiche tra loro indipendenti, in modo da controllare se dietro agli elementi di una scala che si
presume
unifattoriale, vi sia un solo fattore o più fattori.
I vantaggi della scala Likert consistono nella sua semplicità e applicabilità, mentre i suoi svantaggi
sono il
fatto che i suoi elementi vengono trattati come scale cardinali pur essendo ordinali (a parziale
autonomia
semantica), la mancata riproducibilità (dal punteggio della scala non è possibile risalire alle
risposte delle
singole domande) e il fatto che il punteggio finale non rappresenta una variabile cardinale. 22
Scalogramma di Guttman
La scala di Guttman nasce con l’obiettivo di fornire una soluzione al problema
dell’unidimensionalità della
scala di Likert e consiste in una sequenza di gradini, una successione di elementi aventi difficoltà
crescente,
in modo che chi ha risposto affermativamente ad una certa domanda deve aver risposto
affermativamente
anche a quelle che la precedono nella scala di difficoltà. In questo modo, se gli elementi della
scala sono
perfettamente scalati, solo alcune sequenze di risposte sono possibili; inoltre dal risultato finale è
possibile
risalire alle risposte date dal soggetto ai singoli elementi della scala (riproducibilità). Questa tecnica
prevede
solo elementi dicotomici, cioè ogni domanda può avere solo due risposte opposte e distinte. Le
due risposte
possibili vengono di solito contrassegnate con i numeri 0 e 1.
Anche la scala di Guttman segue tre-quattro fasi nella sua costruzione. La prima è quella della
formulazione
delle domande, con considerazioni analoghe a quelle relative alla scala di Likert tranne che le
domande
devono essere dicotomiche e disposte secondo un ordine crescente di forza. Anche la seconda
fase
(somministrazione) è simile a quella della scala di Likert, con il vantaggio che la forma binaria
agevola le
risposte e rende più veloce la compilazione (anche se talvolta la forte semplificazione indotta dal
carattere
binario delle scelte può creare problemi all’intervistato).
La specificità della scala di Guttman sta nell’analisi dei risultati, quando si valuta la scalabilità degli
elementi,
si scartano quelli meno coerenti col modello, si stabilisce un indice di scalabilità della scale e se
accettarla o
meno. In primo luogo si devono individuare gli errori della scala, cioè le risposte che non si
inseriscono nelle
sequenze previste nel modello. Per questo si utilizza un indice (coefficiente di riproducibilità) che
misura il
grado di scostamento della scala osservata dalla scala perfetta. Questo indice può variare da 0 a
1; per poter
essere accettabile, il valore dell’indice deve essere maggiore o uguale a 0,90 (cioè errori pari o
inferiori al
10% delle risposte). Esiste anche un altro indice, detto di minima riproducibilità marginale, che
segnala il
valore minimo al di sotto del quale il coefficiente di riproducibilità non può scendere, quali che
siano le
sequenze delle risposte. Esso deve essere confrontato con il coefficiente di riproducibilità: solo se
il secondo,
oltre ad essere maggiore di 0,90, è anche nettamente superiore al primo, si può affermare che la
buona
riproducibilità della scala è dovuta ad un’effettiva scalabilità dei suoi elementi e non alla
distribuzione
marginale delle risposte.
L’ultima fase è quella di attribuire i punteggi ai soggetti; per far questo si sommano i punteggi 0/1
ottenuti
nelle varie risposte.
I problemi della scala di Guttman consistono nel fatto che il punteggio finale è ancora una variabile
ordinale;
si tratta di una tecnica applicabile solo ad atteggiamenti ben definiti e scalabili; il modello risulta
rigidamente
deterministico di fronte ad una realtà sociale interpretabile solo attraverso modelli probabilistici.
Modelli probabilistici (la scala di Rasch)
Nell’approccio probabilistico la probabilità di dare una certa risposta ad un dato elemento