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Similarità e differenze nell’analisi dei processi rivoluzionari di Skocpol e Goldstone
Questi due autori sono tra i maggiori studiosi nell’analisi della trasformazione dello
stato e sui processi rivoluzionari. Skocpol utilizza un metodo comparativo tra
stati-nazione per valutare gli effetti sociali. Goldstone utilizza i modelli previsionali che
investigano le condizioni che generano le mobilitazioni rivoluzionarie e i processi di
collasso dello stato.
I due approcci condividono gli stessi elementi di base:
entrambi ritengono che le procedure di destrutturazione dello stato siano dovute alla
crisi finanziaria, all’inefficienza progressiva dell’apparato amministrativo, all’emergere
di conflitti interni all’èlite dominante e alla sollevazione popolare.
I due hanno anche differenti interpretazioni sui processi che innestano le rivoluzioni:
Skocpol ritiene che la causa primaria dei dissesti finanziari dello stato sia da ricondurre
agli sforzi imposti dagli impegni militari (quindi da condizioni dettate dalla geopolitica),
e che i conflitti interni all’èlite dominante nascano dal tentativo dei diversi gruppi
egemonici di addossare agli altri lo sforzo di sostenere finanziariamente lo stato.
Goldstone invece dice che la causa primaria di destrutturazione dello stato,
specialmente nelle società agricole, derivi dalla crescita demografica: l’aumento della
popolazione in queste società causa l’aumento dei prezzi del cibo; lo stato ha maggiori
difficoltà a effettuare prelievi dalla produzione agricola, ovvero dei beni scarsi, e
incontra gravi problemi nella mobilitazione e nello schieramento di eserciti che con il
passare dei secoli diventano sempre più grandi; si sviluppa rivalità interna per
mantenere condizioni di privilegio a fronte di una situazione economica problematica;
infine, cresce la sollevazione popolare a causa dell’impoverimento delle campagne e
del crollo del potere di acquisto dei lavoratori nelle città.
Goldstone dice che Skocpol mette troppa enfasi sul ruolo del settore militare nella
determinazione dei processi e dice che è più importante capire quali siano i fattori
connessi allo stato che causano la rottura dell’equilibrio tra impegni imposti dalla
geopolitica (espansione dell’influenza, guerre, controllo territori acquistati,
mantenimento sovranità) e le risorse disponibili per mantenere coerente il
funzionamento dell’apparato amministrativo. Sempre per Goldstone, i fattori di ordine
geopolitico possono intervenire anche a crisi iniziata, poiché l’intervento di altri stati
può avere impatto decisivo nel rallentare o accelerare crollo paese.
L’analisi strutturale di Theda Skocpol
Gli studi della Skocpol partono dall’assunto che sia importante analizzare in modo
strutturale le rivoluzioni andando alla ricerca delle relazioni tra attori più importanti
che ruotano intorno allo stato-nazione, focalizzandosi sulla struttura dello stato e della
società da un lato e sul peso del sistema internazionale e sulle dinamiche interne dei
paesi dall’altro. Lo studio del 79 parte dalla revisione dell’impianto marxista, che per
quanto sia importante ha perso efficacia per via dei cambiamenti storici avvenuti dalla
metà del 19 secolo a oggi. La Skocpol individua 3 problemi nell’impianto marxiano:
1) la creazione di un sistema applicato ad un solo periodo storico e ad un solo tipo di
società non può essere generalizzato per una teoria delle mobilitazioni e delle
rivoluzioni sociali;
2) concezione deterministica dello scoppio dei processi rivoluzionari rispetto a
specifiche condizioni sociali non tenendo conto delle possibili modalità alternative e
dell’influenza esterna rispetto ai sistemi sociali in crisi;
3) il fatto che il conflitto fosse un conflitto di classe.
Su quest’ultima interpretazione la Skocpol si dice d’accordo ma non è d’accordo sulle
restrizioni marxiane rispetto alle classi, che inevitabilmente, sarebbero dovute entrare
in conflitto.
La Skocpol dice che le cause previste da Marx rispetto lo scoppio delle rivoluzioni
(incoerenze economiche e sociali, conflitto tra classe dominante e classe rivoluzionaria
emergente, contraddizioni interne allo stato) non si sono palesate appieno nelle
rivoluzioni esplose nel periodo contemporaneo, caratterizzate da contesti pre o
protocapitaslitsici, in paesi con un’economia prevalentemente agricola, in cui l’impatto
delle pressioni politiche e militari ha svolto un ruolo rilevante e in cui i contadini hanno
fornito braccia alla rivoluzione: si tratta insomma, di lotte di agricoltori contro grandi
proprietari terrieri o forze colonialiste. Inoltre, la sola riduzione alla lotta fra le due
classi appare riduttiva alla Skocpol poiché non tiene conto di tutti gli attori in ballo.
Infine, contesta la teoria del passaggio di un modello di produzione ad un altro durante
un processo rivoluzionario (dal mod agrario feudale a quello industriale-capitalista a
quello della collettivizzazione dei mezzi di produzione). La Skocpol dice che le
rivoluzioni mutano le strutture dello stato e che esse divengono più centralizzate e
burocratizzate, e anche le loro funzioni; impongono anche dei cambiamenti sui
rapporti di classe in merito alla produzione e all’appropriazione della ricchezza, ma
perché avvenga un cambiamento economico su vasta scala serve una svolta di
carattere politico. Conclude che le rivoluzioni sono generate dalla competizione
militare ed economica tra gli stati-nazione e dallo sviluppo ineguale del capitalismo su
scala globale.
Dal momento che i processi si manifestano, di norma, in stati arretrati sul piano
capitalistico-industriale, caratterizzati da economia agraria, servono 3 principi analitici
da tenere in considerazione nell’analisi dei mutamenti politico-sociali di tipo
rivoluzionario:
1) Lo stato nazione nelle fasi di crisi quale entità complessa e non
riducibile. È importante analizzare le èlite. Lo stato non può essere considerato solo
sul piano economico e delle relazioni di classe: sono entità complesse che
mantengono la sicurezza interna e competitivi in ambito internazionale. La Skocpol ha
analizzato le rivoluzione in Cina, Francia, Russia, Giappone e Turchia. Questi sono paesi
relativamente centralizzati sul piano burocratico che hanno attraversato delle
trasformazioni a causa delle pressioni del contesto geopolitico, a cui le èlite non sono
riuscite a rispondere adeguatamente, aprendo la porta alle rivoluzioni dal basso.
Inoltre, ruolo importante è dato da interazione tra apparati amministrativi e èlite
dominante: in caso di crisi può esserci un dissidio tra sistema burocratico
politico-militare e il resto dei vertici politico-economici.
2) L’analisi della situazione della classe contadina. La Skocpol dice che le
mobilitazioni contadine avvengono solo quando acquisiscono una forma di autonomia
locale rispetto ai grandi proprietari terrieri. Dunque è importante analizzare la
posizione delle classi più povere rispetto a quelle egemoniche.
3) L’impatto del sistema internazionale. Esso influenza in due modi i processi
rivoluzionari: in senso geopolitico, legato quindi ai sistemi di alleanze, ai conflitti e alla
struttura del sistema internazionale; l’altro connette la dimensione politica a quella
economica in merito alle conseguenze della diffusione del capitalismo.
Dunque in generale evidenzia l’importanza di realizzare un modello da applicare a
tutte le realtà sociali.
Il modello di Goldstone
L’analisi di Goldstone dei processi rivoluzionari, nasce da rvolution and rebelion in
early modern world (1991) in cui i processi di trasformazione sociale e politica sono il
risultato di una lunga opera di preparazione di un modello previsionale. Egli vuole
capire in modo empirico perché alcuni popoli si ribellano e altri no. Evita quindi
generalizzazioni, anche se concorda con il fatto che la miseria spinge alla rivolta, ma
non sempre la rivolta avviene. Quindi è un mezzo luogo comune, così come quello
derivante dalla spinta di nuove ideologie. Quindi egli si concentra sulle condizioni che
favoriscono lo spezzettamento della sovranità e favoriscono le invasioni di nemici
esterni.
Secondo Goldstone, l’analisi delle rivoluzioni iniziata nel 20 secolo ha seguito 3 fasi
cronologiche susseguenti:
1) la fase degli studi naturali delle rivoluzioni;
2) la fase della teoria generale della violenza politica;
3) la fase delle teorie strutturaliste della rivoluzione.
Gli studi scientifici basati sul metodo storico-comparativo si sviluppano negli anni venti
e trenta (studi naturali delle rivoluzioni) e si riferiscono alle 4 grandi rivoluzioni
occidentali: inglese, americana, russa, francese. Essi identificano dei principi comuni a
tutte e 4 queste sollevazioni, sorta ti decalogo di principi-guida:
a) Prima di una rivoluzione, gli intellettuali non sostengono più il regime e
chiedono riforme. Quindi è sintomo di inefficienza regime e delegittimazione nei
suoi confronti.
b) Regime fa queste riforme solo x evitare critiche: ammissione propria
inefficienza, quindi si ritorce contro di loro.
c) La caduta dei regimi non è innescata dalle forze rivoluzionarie, ma dalla sua
incapacità di rimediare ai dissesti in campo finanziario.
d) Quando le forze rivoluzionarie vincono, si frammentano scatenando piccole lotte
postrivoluzionarie. 3 fazioni di rivoluzionari: conservatori, moderati, radicali.
Maggiore è la disunione, maggiore è la possibilità di altri colpi di stato o guerra
civile.
e) Fino alla rivoluzione iraniana del 79 il potere è sempre stato preso dai moderati
(che poi non sempre siano riusciti a mantenerlo è un altro discorso).
f) I moderati applicano riforme limitate e mantengono parte strutture vecchio
regime, mentre i radicali vogliono soluzioni più drastiche e fanno mobilitazioni di
massa.
g) I grandi mutamenti istituzionali avvengono se i radicali soppiantano i moderati
nella fase post rivoluzione
h) Se vincono i radicali è maggiore l’uso della forza per esercitare il controllo sul
territorio
i) Durante la lotta moderati vs radicali è facile che alcuni leader militari salgano ai
vertici dello stato (Napoleone, Washingon, Ataturk, ecc).
j) Dopo fasi acute poi c’è periodo pragmatico e progressismo moderato.
Per Goldstone questo decalogo è utile ma nn risponde a come nascano le dinamiche
rivoluzionarie e come si formano le forze di opposizione.
Tra gli anni ’50 e i ’60 ci furono nuovi studi sulle trasformazioni dello stato a seguito
dei processi di decolonizzazione. Queste dinamiche erano accompagnate da azioni
violente (colpi di stato, guerre civili, ecc) che resero urgenti l’analisi, da parte di
studiosi di di