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TV.

È solo il lavoro di copisti impegnati a realizzare il programma disegnato

30nt‟anni fa da Licio Gelli, maestro della P2.

Piano rinascita: i nuovi elettori on sanno cosa è. Ha sconvolto l‟Italia

eppure nessuno ne vuole parlare. La storia nei licei si ferma più o meno

al ritorno della democrazia.

La comunicazione resta il perno strategico sul quale aveva puntato

Gelli per disegnare un paese centralizzato e allevare nuove

generazioni nel pensiero uniforme dei giornali e delle Tv.

<<quando ho scoperto cosa è stata la P2 –dice Gianluca Grassi-

assieme ai ragazzi della mia generazione mi sono sentito preso in giro

dalla scuola, dai politici, soprattutto dal silenzio dell‟informazione.

Storie del passato, rispondono. Ma se fossero del passato se ne

70 potrebbe parlare. Invece silenzio perché i protagonisti di ieri in buona

parte restano i protagonisti di oggi>>.

Ovunque quando il partito al potere è il partito di che consolida

l‟autorità nel controllo dei mezzi d‟informazione, l‟informazione diviene

lo strumento da annebbiare, poco a poco, con le buone maniere che

le democrazie amiche pretendono. Sfumare il passato per distrarre

dalla politica le generazioni che si affacciano.

Non tutti si sono adeguati smettendo di ricordare. Da trent‟anni si

rimanda la speranza nella convinzione che i giovani sappiano

distinguere tra debolezza morale e lealtà. I media non devono tacere:

il testimone vive la storia mentre la storia si compone e ha il dovere

della memoria. Ricordare che viviamo in un paese di post fascisti,

comunisti, socialisti, ma non esistono più i piduisti. All‟informazione

normale manca l‟ultimo <<post>>.

LAICITA’ Brunetto Salvarani

<< Date all‟imperatore quel che è dell‟imperatore , ma quello che è di

Dio datelo a Dio>>

Partiamo dunque da qui, da quella sorta di trappola dove un gruppo

di farisei e sostenitori di Erode intende far cadere Gesù, mostrandolo

pubblicamente come un sovversivo. Rifiutare l‟imposta fiscale

equivale a misconoscere l‟autorità politica di Cesare; d‟altra parte

legittimare il tributo imposto dall‟imperatore significava riconoscerne il

potere.

Egli intuisce però al volo il tranello e spiazza gli interlocutori chiedendo

di mostrargli una moneta, di quelle che servivano a pagare le tasse e

recavano una iscrizione particolare. Nella Palestina romana infatti

avevano corso due monete: una con l‟effigie imperiale che suonava

blasfema agli ebrei, e l‟altra di uso corrente agli ebrei priva di tale

immagine. Le tasse a Roma in realtà andavano pagate con la prima

moneta, quella imperiale.

71 <<dare all‟imperatore significa riconoscere e restituire a Cesare quello

che è suo; il potere politico. A Dio vanno altre cose. L‟imperatore non

è Dio e Dio non ha una funzione imperiale.

Il mosaico delle religioni

Ma perché la questione della laicità è tornata in coincidenza con

quella che è stata chiamata rivincita di Dio? fino a poco tempo fa

maggioranza delle persone vivevano con una consapevolezza

piuttosto marcata della propria identità e della differenza che li

separava da persone appartenenti a tradizioni religiose altre. Buddisti,

induisti, sikh, musulmani, percepiti talvolta come testimoni spirituali

talvolta appena folkloristici. Oggi invece è <<possibile scegliere di

essere atei, seguire un‟ortodossia religiosa, cambiare confessione,

ritagliarsi un proprio percorso all‟interno della religioni>>.

La problematica è particolarmente complessa: laicità è una dei

quelle parole amebe che rischiano di non dirci più nulla. Una prima

delimitazione di campo può essere questa: essere laici significa

assumere le distinzione tra ciò che appartiene allo Stato e ciò che

invece riguarda la fede. Distinguere, come rendersi responsabilmente

consapevoli del fatto che vi è una sfera delle decisioni che appartiene

alla comunità civile ne suo complesso, e un‟altra che invece impegna

il singolo individuo credente o la comunità di fede. La negazione della

loro autonomia determina o lo Stato teocratico,o lo Stato

autoritario,irrispettoso del diritto fondamentale alla libertà di

espressione del proprio credo religioso.

Una laicità di addizione

Secondo Claudio Magris laico non indica l‟opposto del credente.

Laicità non è un contenuto filosofico, bensì un forma mentis ; è

essenzialmente la capacità di distinguere ciò che dimostrabile

razionalmente da ciò che è invece oggetto di fede a prescindere

dall‟adesione o meno a tale fede.

Stefano Rodotà parla di un laicità senza aggettivi, o al massimo di una

laicità democratica. Discutendo di temi come la procreazione

assistita,testamento biologico,obiezioni di coscienza.

72 Egli sostiene che da una parte le gerarchie ecclesiastiche

condannano i presunti mali del relativismo,denunciano obliqui tentativi

di ricacciare la fede nel privato, mentre dall‟altra la cultura laica

appare troppe volte timorosa, incapace di ritrovare la forza dei propri

principi.

Concordando con Rodotà, piace pensare a una laicità di addizione,

inclusiva, e non di sottrazione. Una laicità cioè capace di riconoscere

tradizioni che nel loro impiantarsi non ledano i diritti di nessuno,e

semmai arricchiscano la comunità di nuovi valori, fondata su un patto

in cui soggetti diversi accettano di convivere nella stessa comunità

civile,liberi.

Quello per addizione è un modello di laicità dinamico nel contesto del

quale si afferma che esiste un relazione tra lo Stato e le comunità di

fede.

Da questo punto di vista la laicità non s‟identifica con alcun credo

specifico, ma è l‟attitudine ad articolare il proprio pensiero secondo

principi logici che non possono essere condizionati nella coerenza del

loro precedere, da nessuna fede. Laico può dirsi sia il credente sia il

non credente.

Laico è ogni credente non superstizioso capace e anzi desideroso di

discutere faccia a faccia con il proprio Dio. allo stesso modo è laico

ogni (cosiddetto) non credente che sviluppi senza mai assolutizzare la

propria ricerca.

Il libro assente..

Certo esiste un problema storico. C‟è la funzione decisiva dello Stato

della Chiesa e la contrapposizione radicale di esso, o di quanto ne era

rimasto, con le istituzioni del Regno: una contrapposizione che ha

ingenerato l‟opinione diffusa che i laici dovevano essere senza ombra

di dubbio antireligiosi e miscredenti,dall‟altri cristiani non potevano in

alcun modo essere laici. E dunque le tematiche religiose sono state

sempre percepite diciamo così come roba da preti, mentre la Bibbia si

è mantenuta purtroppo un autentico oggetto misterioso , un vero e

proprio libro assente.

73 Di qui gli esiti amari che sono sotto gli occhi di tutti, la difficoltà di

convivere positivamente con un pluralismo religioso, accettato di fatto

ma mal sopportato di diritto.

Occorre tempo e pazienza. E occorrerà per i cattolici il coraggio di

ammettere di essere divenuti minoranza, e di accettare la nuova

condizione di abitatori di una polis multi religiosa. Siamo

verosimilmente appena all‟inizio di un itinerario tutto da costruire. Il

dialogo è l‟incontro fra diversi.

La consapevolezza del laico

Stiamo attraversando una stagione in cui cassandre più o meno

interessate prevedono la fine dell‟Occidente. Uno scenario cupo. Ma

è davvero questo il destino inevitabile dell‟occidente? La sua storia

indica piuttosto un‟altra strada, ne armata, ne remissiva: coniugare

libertà individuali e interessi collettivi, distinguendo tra valori spirituali e

doveri civili: costruendo un ethos del pluralismo. In tale strada non c‟è

spazio per identità chiuse e assolutiste. Fra l‟altro perché un‟identità

perfetta non esiste: esiste un puzzle composto di pezzi differenti e a

volte difettosi.

74 LAVORO Ferruccio Andolfi

Una regressione irrazionale

<< Adesso si tratta di premiare il merito, migliorare la produttività e

migliorare la soddisfazione dei cittadini che sono i clienti e i

controllori>>. Parola di Brunetta.

L‟attenzione alla produttività, la misura e ilo controllo e la totale

disattenzione per ciò che il lavoro rappresenta nella vita di chi lo

compie. Siamo agli antipodi delle speranze degli anni 70 quando si

ragionava di liberazione del lavoro, o di congiungimento di lavoro

manuale e intellettuale.

Certo in apparenza sembrerebbero tornati i tempi premoderni in cui il

lavoro veniva intenso come sacrifico obbligatorio e condanna magari

del peccato originale. Una virulenta campagna mediatica è stata

lanciata, con qualche successo, per convincere l‟opinione pubblica

che è ora di smetterla con certi privilegi.

La coscienza di svolgere un lavoro privilegiato è in effetti presente in

tanti rappresentanti del lavoro cosiddetto immateriale. Ma il privilegio

non consiste nell‟orario di lavoro, nelle ferie più lunghe e neppure

nello stipendio. Sta invece nel fatto che le attività una volta

denominate << arti libere>> rappresentano più di altre modi di

manifestazione personale. Richiedono per essere compiute condizioni

parzialmente diverse da quelle di altre occupazioni: di tempo, di

luogo, di economia.

È vero che nell‟ultimo decennio le cosiddette riforme hanno

decisamente peggiorato le condizioni della ricerca e della dialettica.

Sappiamo che le trasformazioni tecnologiche degli ultimi decenni

hanno reso possibile un incremento della dose di creatività e

indipendenza di molte specie di lavori. Per questo la pretesa di

ricondurre i lavori entro le regole del lavoro operaio o impiegatizio

poco qualificato appaiono quanto mai irrazionali. L‟unico vero fattore

di produttività è l‟affezione che si arriva a creare tra un‟attività e chi la

compie.

75 L‟utopia del superamento della divisione del lavoro

Quest‟idea di un‟attività libera creativa, ma anche varia, non è nuova

fa parte del patrimonio di idee degli utopisti sociali da vari secoli. Marx

scrive <<appena il lavoro comincia ad essere diviso ha una sfera di

attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale

non può fuggire. È cacciatore, è pescatore, e tale dovrà rimanere se

non vuole perdere i mezzi per vivere>>.

Qual è l‟alternativa? Sappiamo che Marx la indicava nella <<società

comunista>>. Ma questa formula che nel 1845 era capace di creare

entusiasmo, ha oggi assai minore capa

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A.A. 2012-2013
149 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher georgiana05 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Deriu Marco.