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GLI AVVERTIMENTI E I MESSAGGI LASCIATI DAI SUICIDI
Uno dei mezzi di indagine per scoprire le cause dei suicidi consiste nella lettura dei
messaggi lasciati dai suicidi. Brierre di Boismont 1856, aveva osservato che tra 4595
casi di suicidio da lui esaminati, in ben 1328 eranos tati rinvenuti messaggi scirtti, di cui
1052 da uomini e 276 da donne. Studi recenti di Capstick Galles hanno rilevato che il 15%
dei soggetti prima di uccidersi lasciano un messaggio. Poi diversi studi hanno dato diversi
dati su chi lascia o non lascia messaggi, tuttavia non solo gli psicologi nell’analisi di casi
individuali, si servono dell’analisi dei messaggi, ma anche alcuni sociologi, i quali
rimproverano Durkheim di non aver affrontato uno studio individuale dei casi di suicidio,
per trovarne il comune denominatore.
Se circa il 70 di coloro che ha deciso di suicidarsi ha avvisato le proprie intenzione, il 40 di
essi lo ha fatto in modo verbale (Robins); analizzando 112 messaggi lasciati nell’area di
Los Angeles, si possono dividere in 6 categorie a differenza di contenuto, ma tutti
presentano carattere coerente e razionale, ma l’obiezione a queste ricerche sta nel fatto
che le motivazioni del suicidio sono consce e inconsce, per questo i messaggi possono
rivelare solo parte della causa del suicidio.
LA SCELTA DEI MEZZI: SUICIDIO O TENTATO SUICIDIO?
La scelta dei mezzi è condizionata da fattori diversi: la possibilità del mezzo, il grado di
intenzionalità, conscia e inconscia, di morire, l’intervento dei fattori limitativi, e l’immagine
collettiva che la società ha dei diversi mezzi. Per esempio in tempo di crisi aumentano i
suicidi spettacolari, pur essendo l’impiccagione e l’arma da fuoco i metodi più adottati, in
Inghilterra pochissimi si servono di tali mezzi, perchè serve la lincenza per l’arma da fuoco
e l’impiccagione è considerata spregevole in quanto condanna di morte. In America dove
la pistola è ammessa, il mezzo più frequente è questo, poi sale l’avvelenamento, a scapito
dell’impiccagione. Infatti la diminuzione delle morti per suicidio può essere dovuta al
crescere dell’avvelenamento come metodo più usato perchè più curabile e meno fatale.
In confine tra suicidi e tentati suicidi si confonde, infatti se il suicidio portato al termine può
essere facilmente occultato ai rilievi ufficiali, in tentato suicidio è ancora meno
controllabile. Dalle ricerche di Stegel emerge che non vi è differenza tra un’opera compiuta
e una fallita; tra chi ci è riuscito, il 40% ha già provato altre volte, e vari studi dimostrano
che solo una piccola parte di coloro che hanno tentato il suicidio più tardi si uccide: il
periodo critico pare essere nei 4 anni successivi. 10
Per Giddens il tentato suicidio va ben distinto dal suicidio avvenuto, non può considerarsi
un semplice tentativo fallito, infatti riprendendosi a Durkheim parla di questi suicidi falliti
come suicidi egoistici, l’individuo qui non ha desiderio di morire, ci sono mezzi con cui la
morte è inevitabile, altri con cui la morte è probabile, ed è con quest’ultimi che vengono
progettati i suicidi di questo genere (tentati suicidi).
IL SUICIDIO: UNA QUESTIONE SOLO MASCHILE?
Durkheim tende spesso a considerare il suicidio una questione solo maschile, ma ora
sapendo che anche le donne hanno la stessa tendenza all’autodistruzione, anche se più
limitatamente occorre per Kathryn K. Johnson esaminare altri tipi di suicidi trascurati da
Durkheim: così da più importanza al suicidio altruistico, caratteristico di una donna che si
sente frustrata dal suo ruolo , assorbendosi completamente nella famiglia, e si intrappola
in essa. Non sempre il suicidio viene portato a termine, causa dell’insicurezza della
spersonalizzazione. Per le donne giapponesi i problemi familiari sono una grande
movente, oppure la depressione da casalinga.
Tra suicidio e tentato suicidio, nella distinzione maschile femminile, sono le donne con il
maggior numero di tentati suicidi rispetto i maschi (7 a 3). Perchè? I biologi analizzano le
situazioni del ciclo, gravidanza, ormoni, ecc... I sociologi analizzano invece le cause
sociali: come la maggior fede religiosa, minor coinvolgimento nell’economia, altri ricercano
le cause nell’aggressività repressa, ai mezzi meno efficaci (ma non è sempre così), ecc...
ALTRE PREMESSE AI DATI
Il suicidio nelle città industrializzate e nelle città
Il secolo scorso i paesi più industrializzati avevano un tasso di suicidio più alto, ma non si
può stabilire un rapporto tra suicidio e industrializzazione (per esempio l’Ungheria è meno
industrializzata degli Stati Uniti, ma ha un tasso più alto). Possiamo attribuire i dati al fatto
che la vita sia più lunga, e gli anziani hanno tasso di suicidio maggiore.
Nel nostro secolo questa differenza si è assottigliata molto
Suicidi nelle crisi e nelle guerre
Durkheim aveva spiegato l’aumento dei suicidi nelle depressioni economiche, perchè
portano allo squilibrio sociale e all’anomia.
Henry e Short dicevano che la tendenza al suicidio aumenta nell’apice di benessere
economico che precede il crollo, Kruijt risponde escludendo ogni idea di anticipazione del
suicidio, i fenomeni che contribuiscono di più per lui sono disoccupazione, miseria e
disperazione.
Il decremento dei suicidi nei periodi di guerra veine diversamente interpretato: Durkheim lo
attribuisce alla integrazione sociale propria della guerra. Halbwachs pensa sia dovuto a
una minore complessità della vita durante i conflitti, altri lo mettono in relazione alla
scarsità di alcolici, altri per l’aumento dei casi di morte per altre cause. Kruijt verifica
l’ipotesi di Durkheim mostrando che la guerra influisce sul suicidio a seconda della
posizione sociale, quelli più direttamente coinvolti nella guerra si uccidono di meno, vista
la rintegrazione sociale.
Il sucidio per categorie socio-professionali
Sono le classi ricche ad uccidersi di più diceva Durkheim, perchè i ricchi non sono inseriti
socialmente con una professione. Nel secolo scorzo erano i due opposti della scala
sociale ad essere colpiti. Oggi la situazione è cambiata: i quadri superiori sono meno
inclini al suicidio. 11
L’età dei suicidi
Quètelet aveva già notato un aumento dei suicidi con l’aumento dell’età, e Durkheim lo
aveva confermato, così anche Chesnais. Però questi non avevano analizzato altri Stati
come fece Kruijt (Scandinavia e Gran Bretagna), dove vide una regressione della
tendenza al suicidio nella vecchiaia. Questo cerca così di dare delle risposte, e scopre che
questa regressione è più frequente nei paesi industrializzati e urbanizzati. Perchè nella
vecchiaia avviene “l’abbandono” dei figli per costruirsi una propria vita, l’anziano resta
solo, e può reagire in modi diversi.
Lo stato civile
Sullo stato civile i dati di Durkheim e di Kruijt sono uguali, sono diversi quelli di Chesnais
che vede i vedovi più tendenti al suicidio rispetto i celibi, seguono poi i divorziati, e poi gli
sposati. Se è vero come dice Kurkheim che l’aumento dei figli preserva maggiormente il
suicidio, il calo della fecondità e l’invecchiamento demografico costituirebbe una dei fattori
correlati al rialzo dei tassi di suicidio.
La religione
Viene confermato dagli ultimi dati il ruolo della religione nel suicidio di Durkheim. Nei
suicidi sono meno coinvolti nella vita religiosa, indipendentemente dalla religione.
Le origini etniche
Chesnais prendendo in considerazione la teoria di Morselli, ne verifica l’autenticità,
affermando che per determinare la predisposizione al suicidio di un individuo è necessario
guardare alle sue origini etniche, in quel tempo infatti a New York la popolazione bianca si
suicidava 15 volte di più di quella nera. E’ comunque difficile stabilire l’influenza del
suicidio su questo parametro.
Il suicidio in prigione
Chesnais nota che il rapporto tra uomini liberi e in prigione, in rapporto di tendenza al
suicidio è 1 a 4. Un carcerato, di meno di 21 anni, si uccide 20 volte di più dei suoi
coetanei liberi, il tentato suicidio invece ne avvengono 15 ogni 1000 detenuti.
Suicidio e omicidio
(Pokorny) I caratteri suicidio e omicidio appaiono diversi sotto tutti gli aspetti, eccetto per il
fatto di essere più frequenti negli uomini che nelle donne. L’omicidio avviene in ambienti
diversi da quello di casa. Il culmine dei suicidi si registra intorno ai 50 anni, invece per gli
omicidi o tentati suicidi attorno i 30 anni. I tassi di suicidio sono quasi ovunque più elevati
degli omicidi, tranne che per gli Stati Uniti che presentano per entrambi i casi un alto
tasso. Viene dunque smentito Durkheim.
I DATI SUL SUICIDIO
La situazione mondiale
Sebbene non sia possibile fare un raffronto numerico tra i tassi di suicidio del 1962 e quelli
successivi (perchè i primi non si riferiscono all’intera popolazione), si può comunque
notare un calo del tasso, dagli anni 70 c’è una crescita che continua tutt’ora. Al primo
posto oggi c’è l’Ungheria con 5000 suicidi i 60000 tentativi falliti, seguita da Danimarca e
Austria.
Il suicidio in Italia
In generale nei paesi meridionali il suicidio è meno frequente e tende a diminuire dalle due
guerre, ma dagli anni 80 c’è un aumento, che conferma l’Italia al terzultimo posto della
graduatoria europea, seguita da Spagna e Grecia. Decresce anche il numero degli
omicidi. Oggi son quelli dell’arco alpino a suicidarsi di più, al primo posto c’è la valle
d’Aosta. La Lomabardia è nettamente inferiore all’Umbria, anche se più urbana. Oggi in
Italia, contrariamente al passato succede più nella campagne che nelle città. 12
Per quel che riguarda le fascie d’età dal 1974 al 1984 c’è stato un aumento tra i giovani,
poi un periodo di ancora brusca ascesa, la situazione si è stabilizzata. I ragazzi inferiori ai
17 anni è scesa, mentre fluttuante resta l’altra fascia di giovani.
Per quel che riguarda il sesso invece, dal 1984 si sono uccise 891 donne e 2090 uomini, e
la metà delle donne erano casalinghe.
Le cause per le donne sono additate a malattie psichiche e fisiche, poi motivi affettivi; per
gli uomini l’ordine delle cause è lo stesso di quello delle donne.
Le categorie socio-profossionali giocano un ruolo decisivo per pensionati e casalinghe,
analfabeti e possessori di sola licenza elementare.
I mezzi più usati variano a seconda del sesso e del “ten