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Riassunto esame Sociologia, prof. Stauder, libro consigliato Il suicidio, Durkheim Pag. 1
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I sentimenti collettivi provati da ogni coscienza, infatti, si ripercuotono sulle altre,

portando alla nascita di tradizioni che aumentano la coesione del gruppo e l’inten-

sità della vita collettiva, oggi minacciata dal disgregarsi della società familiare, al

punto che i giovani, lasciando l’ambiente familiare prima che siano in grado di co-

struirne un’altra, vivono in un isolamento che aumenta il rischio di suicidi. Tale

coefficiente è dovuto alla selezione matrimoniale, ovvero al riconoscimento di re-

quisiti di salute, ricchezza e moralità che rende i celibi lo “scarto umano del

paese” (che provano la sua inferiorità con una maggiore mortalità); tuttavia, il

coefficiente diminuisce nella vedovanza, poiché, se i figli allacciano il vedovo alla

vita, rendono la sua crisi più acuta in ragione della scomparsa della madre, car-

dine della società matrimoniale.

Allo stesso modo, le scosse sociali, ravvivando i sentimenti collettivi, determinano

una minore concentrazione dell’individuo su sé stesso in favore dell’unico scopo

collettivo da raggiungere. Eppure talvolta, specialmente nei casi in cui i

gruppi siano deboli, gli interessi individuali diventano preponderanti al

punto che l’individuo non si considera più al servizio della società, né

trova conforto nell’energia collettiva che attacca alla vita gli uomini tra-

mite una causa comune, così che essi pretendono di disporre di sé stessi

a proprio piacere, scegliendo di sottrarsi con la morte ai loro doveri, ob-

bligando la società a riconoscere loro tale diritto.

Se l’uomo non si sente più solidale con la società, nasce in lui il dubbio

che la fatica che egli fa per tener fede ai suoi principi non serva a soddi-

sfare i veri bisogni. Tuttavia, dato che l’uomo vive maggiormente all’interno

della comunità, rispetto alla donna che investe affettivamente anche fuori

dall’ambito domestico, essa può vivere isolata, mentre l’uomo necessita di punti

d’appoggio. Ogni suicida dà al suo atto un’impronta personale che esprime le

condizioni speciali in cui si trova: nel suicidio egoistico, la malinconia può rallen-

tare le forze dell’azione in quanto l’individuo è distaccato e indifferente a tutto ciò

che non riguarda il pensiero interiore e, contemplando il vuoto, ne viene attratto

come conseguenza logica del suo stato morale, senza violenza, ripiegandosi su sé

stesso. Oppure, al contrario, nel suicidio epicureo, egli prende allegramente la

sua decisione e comportandosi come un bambino o un animale, ma rendendosi

conto dei suoi atti.

A proposito del suicidio altruistico, invece, Durkheim sottolinea come l’uomo

possa suicidarsi non solo quando è staccato dalla società, ma anche quando vi è

fortemente integrato. Già nelle società inferiori antiche, era infatti considerato di-

sonorevole morire di vecchiaia o malattia, nonché causa di terribili sorti nell’al-

dilà. Inoltre, per effetto della subordinazione sociale (che rendeva il capo lo spi-

rito guida di una famiglia, minacciata dall’assenza di una divinità che la pro-

tegga), alla morte del marito, le vedove erano costrette ad uccidersi, così come

gli schiavi alla morte del padrone, pena il venir meno della stima pubblica.

La società non esitava, quindi, a chiedere loro di mettere fine ad una vita poco

stimata con un obbligo. Tuttavia, il suicidio altruistico diventa facoltativo laddove

l’individuo aspiri a spogliarsi del suo essere in funzione di ciò che considera la sua

vera essenza ed in quella soltanto egli crede di esistere: pertanto, l’altruista

(come, ad esempio, il martire, o l’uomo che si uccide per non disonorare la fami-

glia, o, ancora il soldato) considera l’individuo privo di realtà e il suo scopo, posto

fuori da questa vita, gli appare un ostacolo alle prospettive migliori che la fede

rende impazienti di raggiungere, al punto da ricercare la morte. Avendo origine

da un sentimento violento, il suicidio altruistico si realizza con un’energia che, se

esso è obbligatorio, è posta al servizio della ragione e della volontà.

Un terzo tipo di suicidio è rappresentato da quello anomico, del quale si riscon-

trano la maggioranza dei casi nei gruppi professionali che svolgono funzioni com-

merciali ed industriali, i cui orizzonti (essendo presente nella mente del produt-

tore la possibilità di avere come cliente il mondo intero) non sono limitati, come

avviene tra le classi inferiori, che, subordinate da quelle superiori che le tratten-

gono, non possono, quindi, perdersi nel vuoto.

Ogni stravolgimento economico, sia esso positivo o negativo, sottolinea Dur-

kheim, provoca un effetto aggravante sulla tendenza suicida poiché perturbano

l’ordine collettivo. Nel suo tentativo di invadere la vita degli individui, lo Stato è

troppo distante da loro per poter essere avvertito come presenta costante e fonte

di energia: l’uomo, libero da pressioni sociali, in assenza di centri di forze che li

trattengano e li organizzano, si sente abbandonato alla sua demoralizzazione. Ne

deriva che i bisogni, essendo dipendenti dall’individuo, sono illimitati: un fine

inaccessibile può, quindi, condannare un perpetuo stato di malcontento, ren-

dendo necessario l’intervento di una società limitante delle passioni, attraverso la

“coscienza morale”, che consente agli uomini meno fortunati, che nascendo non

ricevono alcun bene materiale o personale in eredità, di accettare la loro condi-

zione di inferiorità.

Una società basata sulle corporazioni professionali potrebbe, secondo Durkheim,

assolvere il difficile compito di riposizionare l’individuo, in seguito ai cambiamenti

economici, in un nuovo livello dell’ordine gerarchico collettivo, solitamente ricono-

sciuto dalla maggior parte dei soggetti, in modo tale che la ricchezza non dia

all’uomo l’illusione di far capo soltanto a sé stesso e di poter conquistare ogni

cosa. Nello stesso modo, da sempre la religione ha consolato i poveri, inducendoli

ad accontentarsi della loro sorte nel rispetto di un ordine sociale provvidenziale

divina e facendoli sperare in un mondo di giusti compensi, moderando, dall’altro

lato, i padroni, ricordando loro che gli interessi terreni vanno subordinati ad altri.

Tuttavia, la perdita di influenza della religione ha reso l’unico obiettivo la prospe-

rità industriale, ma dato che ogni cosa perde il suo sapore non appena viene co-

nosciuta, rendendo l’uomo carico di aspettative per il futuro, nulla del suo pas-

sato lo conforta dalle amarezze del presente.

Pertanto, se l’egoista non trova una ragione per vivere e l’altruista la pone fuori

dalla vita medesima, quest’ultimo tipo di suicidio deriva dalla sregolatezza dell’at-

tività degli uomini, sprovvista di oggetti, di significato e di freni regolatori delle

passioni. Un caso particolare è rappresentato dall’anomia domestica conseguente

la morte del coniuge, sebbene i suicidi di divorziati siano in numero incomparabil-

mente superiore rispetto a tutte le altre parti della popolazione, poiché (a diffe-

renza dei vedovi) in esso l’azione negativa del matrimonio continua a farsi sen-

tire.

Dato che la società sembra incapace di comprendere che le sofferenze di

un uomo hanno e il suo desiderio di amare la vita dipendono semplice-

mente da quanta importanza egli dà alla vita e al dolore umano, il suici-

dio anomico è, quindi, contraddistinto dalla violenza, dall’esasperazione

e dalla collera dovute alla delusione ed, infatti, è spesso il completamento di

un omicidio precedente (se l’uomo è di moralità mediocre), o viene compiuto

dagli incompresi, individui sensibili, invaghiti d’infinito, preda di un’im-

maginazione che gli impone mete irraggiungibili che rendono ogni cosa

un limite e che, quindi, rivolgono contro di sé l’aggressività accumulata

verso gli altri che lo hanno abbandonato, ma per la quale egli si sente in

colpa, giustificandoli sulla base della considerazione che, se l’uomo è un

essere sociale, egli non è che un diverso, un non-uomo, autorizzato ad

uccidersi fisicamente in quanto già civilmente morto, senza alcuna possi-

bilità di rivalsa o reintegrazione.

Così come l’abbattimento dell’egoista può alternarsi alla sregolatezza dell’ano-

mico, una crisi può rompere l’equilibrio con l’ambiente e causare una tendenza al

suicidio altruistico, come nei suicidi ossidionali (ad esempio, dopo la presa di Ge-

rusalemme, non riuscendo a sopportare l’idea dell’annientamento del loro culto,

gli ebrei vennero perseguitati), distinti da quelli eroici dei morti delle crociate o

delle guerre musulmane, sacrificatisi per ottenere una seconda vita nella pie-

nezza paradisiaca.

Allo stesso modo, egoismo e altruismo possono portare al suicidio stoico, indiffe-

rente a tutti ciò che supera la cerchia della personalità individuale, esortandolo a

rendersi autosufficiente, ma ponendolo in uno stato di dipendenza nei confronti

della ragione umana che rende il suicidio apatico ma allo stesso tempo lo fa ap-

parire come un dovere.

La tristezza del suicida non dipende dall’evento esterno, ma dal gruppo

di cui è parte, sebbene non possa esistere una coscienza nei cui confronti la

corrente collettiva non sia esteriore, poiché ognuna ne contiene un frammento.

Tuttavia, più la nostra personalità è distinta da quella del gruppo, più cer-

chiamo di sfuggirgli, animati da un duplice movimento che ricerca, allo

stesso tempo, un senso di appartenenza: pertanto, noi stessi subiamo la

pressione che contribuiamo ad esercitare sugli altri.

La società, infatti, pretende che un individuo possieda una personalità,

ma che sia pronto a rinunciarvi laddove essa lo esiga: ne deriva che

quando una personalità supera la corrente d’opinione in una direzione

divergente, essa subisce i tentativi di neutralizzazione e si individualizza,

diventando inevitabilmente suicidogena. Pertanto, la causa generatrice del

fenomeno sfugge a chi osserva gli individui perché essa è da ricercare al di fuori

degli individui stessi e compie la totalità della sua azione nel giro di un anno, poi-

ché in un anno si verificano tutte le circostanze in funzione delle quali tale ten-

denza può variare.

Uno studio del 2003 ha dimostrato che nel nostro Paese il 13% delle persone in-

tervistate aveva pensato al suicidio nell’ultimo anno, non parlandone con nessuno

o, peggio ancora, rivolgendosi ad un amico dal quale

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A.A. 2013-2014
5 pagine
1 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiovannaUrb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Stauder Paolo.