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La sfera pubblica dunque per H. assume ruolo determinante: la politica va identificata con lo spazio pubblico
Solidarietà e diritto
- Per Weber il discorso di integrazione fa un salto di qualità. Questo salto viene colto in quello che Weber chiama nuovo
politeismo ossia il ritorno di una pluralità di dei sotto le spoglie di una pluralità di valori e di stili di vita inconciliabili tra loro.
La dimensione simbolica e valoriale mai si era presentata con la centralità che troviamo in Weber nel quale troviamo
riflesso lo spirito nichilista che caratterizzava la sua epoca e che sembrava paralizzare ogni possibile opera di
razionalizzazione e di conciliazione delle differenze di valore.
Weber pone attenzione verso la dimensione del diritto e i processi di razionalizzazione a esso propri. Il diritto moderno ha
nel formalismo la sua caratteristica principale. Dunque la sua legittimità riposa soltanto sulla razionalità ad esso propria.
La razionalità del diritto formale consiste per Weber essenzialmente nel fatto che i casi concreti vengono decisi sulla base
di principi generali e che questi principi generali sono integrati in un sistema logicamente chiaro privo di contraddizioni. Se
questo a lungo andare perderà la sua valenza “metafisica” (avuta un tempo dalla religione e dalla tradizione) l’unica via di
salvezza non potrà essere altra se non quella del giudizio individuale.
- Per Habermas invece la forza vincolante del diritto e la sua capacità di integrazione delle società complesse di oggi sta
nella capacità del diritto di mostrarsi razionale anche dal punto di vista pratico-morale. Con questo Habermas intende dire
che la morale e il diritto non possono essere svincolati l’uni dall’altra in quanto il diritto istituzionalizza e imbavaglia la
morale. Morale e diritto si completano a vicenda: la prima fornisce al secondo la legittimità che non può guadagnarsi solo
sul piano formale mentre questo supplisce alle debolezze cognitive della morale garantendo l’univocità e tempestività
risultati che la decisione morale non può assicurare.
Habermas distingue tre livelli di integrazione:
La società deve essere integrata funzionalmente i modo che le azioni dei singoli e dei collettivi contribuiscano
1.
coerentemente alla sua riproduzione materiale
L’integrazione della società deve provvedere alla tutela delle identità e degli stili di vita secondo un criterio di
1.
autenticità.
L’integrazione della società deve provvedere alla regolamentazione morale dei conflitti.
1. Conclusione
La solidarietà in senso sociologico non deve essere pensata come un volontaristico e altruistico atto di aiuto reciproco ma
come una rete di valori e regole condivise in grado di vincolare e motivare a comportamenti conformi a regole
democraticamente stabilite i membri di una determinata collettività.
Capitolo 2: Modernità e individuo
La modernità non è solo un fenomeno economico, politico, sociale e culturale ma ad essa si accompagna anche una vera
e propria mutazione antropologica. I processi di modernizzazione comportano conseguenze senza precedenti per
l’individuo. Nella teoria sociale troviamo una pluralità di ricostruzioni degli effetti che questo processo provoca sugli
individui. Questa pluralità può però essere condotta a tre tesi principali:
Tesi dell’accrescimento di individuazione
1. Tesi del sé plurale
1. Tesi della fine dell’individuo
1.
Queste partono dall’idea che l’individuo moderno è molto meno certo di sé rispetto all’individuo pre - moderno in quanto
l’unità della sua tradizione è infranta per sempre e costui deve definire da sé chi e che cosa vuole essere. L’individuo
moderno deve sapersi trasformare da creatura in creatore (W.Kaufmann). L’individuo premoderno poteva vivere una via
già scritta per lui e avvertirla come buona mentre l’individuo moderno non vive pienamente la propria vita sapendo si
eseguire soltanto un programma già scritto senza aggiungervi nulla e pensarla come una buona vita.
La tesi dell’accrescimento di individuazione
L’effetto principale che il contesto moderno esercita sull’individuo è quello di offrirgli la possibilità di essere autonomo, più
unico o più se stesso di quanto lo erano gli uomini del passato. Cosa vuol dire essere più individuo? La rapida
accelerazione della differenziazione sociale determina un accrescimento di individualità. Si partecipa a più ruoli sociali
che nelle società premoderne, essendo così sottoposti a una diversità maggiore. Questa pluralità di ruoli spinge
l’individuo verso la definizione di una propria identità. Questa tesi riguarda autori come Parsons e Habermas.
Montesquieu fu tra i primi ad articolare questa tesi nelle Lettere persiane dove afferma che il sé non è riducibile alla
somma di ruoli in cui la persone è coinvolta. Nel romanzo il sultano Usbek persiano viaggia in Europa, scambia con altri
le sue impressioni di un lungo soggiorno a Parigi. Suoi corrispondente sono le mogli del suo harem. Le lettere sono
ambientate nel 1700 durante la reggenza di Filippo d’Orleans. Il protagonista viene ad acquisire internità dal punto di vista
della modernità europea: carattere centrale di questa formazione sono due esperienze e cioè l’allontanamento
dall’assolutezza delle credenze religiose originarie di Usbek, cogliendo la relatività di tutti i dogmi, e poi i rapporti che si
hanno con le donne nei salotti parigini e cioè mentre in Persia non c’erano che rapporti di sottomissione e autorità a
Parigi al contrario c’è il coinvolgimento con un Sé che ha già acquisito un’identità
Simmel ha legato la sua ricerca teorica a questa tesi. Per lui la grande metropoli è la quintessenza della modernità,,
costituisce lo scenario che fa da sfondo a tutti i processi che influenzano le trasformazioni dell’individuo. Nella metropoli
chiunque può fare esperienza dell’accelerazione del tempo e della moltiplicazione di stimoli. A questi due aspetti
corrisponde la nascita dell’individuo blasè ossia disincantato, non disposto a lasciarsi coinvolgere da alcun ideale o
valore. Ma la metropoli è anche il luogo della libertà dell’individuo in quanto costui sceglie quale direzione imprimere alla
prorpia vita. E ancora è il luogo dell’impersonalità, dell’estrema oggettivazione dei rapporti sociali e dell’estrema divisione
del lavoro. L’abitante della grande città tende a differenziarsi dagli altri, aspira ad apparire originale ed interessante ma
dipende sempre più dal riconoscimento da parte degli altri di questa originalità.
In L’intersecazione delle cerchie sociali Simmel sostiene che esiste un rapporto direttamente proporzionale fra
l’estensione di una cerchia sociale e il grado di individualità che è concesso ai suoi membri di sviluppare. Più il gruppo
sociale si allarga più aumentano le possibilità die suoi membri di adottare stili di vita e modelli di comportamento difformi.
La tesi dell’accrescimento di individuazione è stata affrontata anche da Parsons il quale ribadisce che l’accresciuta
mobilità personale, l’espansione delle frontiere geografiche, lo sviluppo di sistemi di mercato e la rapidità del processo
tecnologico determinano una più ampia libertà nel raggiungimento di scopi. Si sono create le premesse per una forma di
individualità dotata di grande spirito di iniziativa e autonomia. Secondo Parsons il tratto principale di quest’individuo non
verrà mai meno neanche al mutare delle condizioni sociali.
Habermas offre in Possono le società complesse formarsi un’identità razionale? La versione più completa della sua
ricostruzione del rapporto tra identità individuale e forma del legame sociale. All’inizio del processo evolutivo troviamo
società arcaiche in cui l’individuo può sviluppare solo un’identità naturale, ossia una percezione della propria continuità ,
unitarietà e demarcazione dunque l’individuo non esiste ma è solo un entità biologica. Solo in seguito si rendono possibili
identità individuali centrate sulla capacità di riconoscersi in un ruolo sociale. E’ lo stato dell’individuo convenzionale che
definisce se stesso a partire dai ruoli sociali che gli vengono assegnati. Con l’età moderna l’individuo possiede un’identità
dell’IO che lo pone in grado di situare la sua personale risposta alla domanda chi sono io?. Per Habermas nella tarda
modernità assisteremo a un ulteriore passaggio evolutivo.
La tesi del sé plurale e Il nipote di Rameau
La tesi del sé plurale di presenta come una radicalizzazione della tesi dell’accrescimento di individuazione ma giunge a
esiti diversi. La troviamo presente in un’opera breve del filosofo illuminista Diderot. La data di composizione non è certa.
Per ragioni di discrezione il dialogo non venne pubblicato che postumo. Fu copiato clandestinamente dall’originale
posseduto di Caterina di Russia e portato in Germania nel 1803. Shiller ne fu estasiato e portò immediatamente il
manoscritto a Goethe che lo tradusse immediatamente in tedesco. Fu letto da Hegel che gli dedicò un’intera sezione
della fenomenologia dello spirito. Marx lo considerò un capolavoro. Freud lo ammirò.
Perché però è importante quest’opera? Si tratta di un dialogo tra Diderot stesso e il nipote del famoso musicista Rameau,
ha luogo tra le cinque e le cinque e mezza di un pomeriggio a Parigi al Cafè del la Regence .
Ci troviamo a confronto fra una concezione della morale e della vita buona come esercizio di virtù canonizzate da un lato
e l’amoralismo del gaudente per cui la vita è soprattutto piacere e ricerca dell’autoaffermazione dell’altro (confronto tra
vita etica ed estetica in Kirkegaard). Esiste anche un secondo livello di lettura e cioè da un lato il Sé si lascia definire
senza tensioni e resistenza dall’altro lato c’è un Sé che tutto assorbe, da tutto si lascia plasmare ma poi sa distinguersi
dalle forme in cui si camaleontizza pervenendo alla consapevolezza di non essere riducibile alle oggettivazioni.
Il nipote di Rameau è presentato da Diderot come la più tipica creatura della modernità. E’ un giovane musicista con
segrete ambizioni e scarsi successi. Non si lascia incantare da nulla. Professa quel culto dell’individuo in cui Durkheim
vede profilarsi la religione della società industriale.
Visto dalla prospettiv