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JOSEPH SHUMPETER - KARL MANNHEIM
Per Schumpeter la Disoccupazione Intellettuale è più periocolosa di quella manuale, poiché
fornisce ai partiti anti-sistema i quadri ideologici-intellettuali; essi, animati dallo spirito di
rivalsa nei confronti della borghesia economica, rendono possibile lo sviluppo propagandistico e
organizzativo dei movimenti.
Quello di Mannheim è un progetto tecnocratico, cioè una concezione sostanziale di
democrazia con la rivendicazione del ruolo dirigente degli intellettuali di formazione
specialistica, laddove per specialismo si intende la padronanza delle scienze sociali e
psicologiche. La sua pianificazione democratica è incentrata su un modello di
organizzazione politica e sociale centralizzato, gestito da minoranze creative che grazie al
loro sapere superiore sono in grado di controllare le spinte disintegratrici della società
moderna.
José Ortega y Gasset
Per tutta la vita coltiva la convinzione, diffusa in Europa da Gaetano Mosca e Vilfredo
Pareto, che la politica fosse gestita dai migliori, da una classe dirigente di elevata caratura
intellettuale capace di guidare con saggezza le masse verso un maggiore sviluppo umano e
sociale. Nell’opera La Ribellione delle Masse del 1930 dimostra che in realtà accade l’esatto
contrario.
La nuova società di massa ha orrore del vuoto, i luoghi prima riservati a pochi adesso sono
pieni di gente e la moltitudine, prima invisibile, è diventata la protagonista dello scenario
sociale. La massa è soprattutto fenomeno qualitativo e caratteriologico: anche un solo
individuo può essere massa, ciò accade quando si sente come tutto il mondo e se ne
rallegra. Dunque in ogni classe sociale possiamo trovare l’uomo-massa, il cui prototipo è
rappresentato dall’uomo di scienza: non ha mete né grandi ideali, è presuntuoso,
ultra-specializzato nel lavoro. Le masse così delineate sono dirette da altri uomini mediocri,
cioè i capi bolscevichi e fascisti, che le inquadrano in uno Stato onnipotente. In questo
processo gli intellettuali subiscono un fenomeno paradossale: trasformati anche loro in
uomini-massa, rinunciano al loro universalismo e alla loro capacità dirigente.
Charles Mills
Il rapporto tra il ceto medio e gli intellettuali è segnata da quella che Mills definisce l’anomia
dei cervelli. La figura dell’intellettuale coincide con l’ideale dell’intellettuale pubblico, la cui
funzione è risvegliare criticamente le coscienze; quesri intellettuali sono portatori di forme
generali di sapere, non immediatamente rivolte ai problemi pratici. L’ascesa delle imprese
culturali burocratiche e la diffusione del sapere specialistico, orientato alla domanda di
mercato, genera lo svuotamento del ruolo dell’intellettuale pubblico: egli diventa ogni
giorno di più un impiegato che si guadagna da vivere i quegli organismi di comunicazione i cui
fondamentali ideali sono l’opposto di ciò che vorrebbe propugnare. Ne consegue che il nuovo
ceto medio intellettuale non sarebbe portatore di alcun rinnovamento della società né della
figura dell’intellettuale pubblico, per cui la discesa verso la mediocrità e l’asservimento
dell’uomo diventa l’esito più probabile.
La Scuola di Francoforte
Attiva tra gli anni Venti e Sessanta, riunisce autori come Thomas Adorno, Max Horkheimer,
Hebert Marcuse, Erich Fromm nell'idea di elaborare una critica della società e del pensiero
che riaffermasse il ruolo della Ragione Oggettiva in un mondo percorso da spinte
irrazionalistiche; quindi, critica alla società borghese e alla società tecnologica. Tutta la
produzione sviluppata ruota intorno al tentativo di dimostrare che il non-conforme viene alla
fine ricondotto all’omologazione culturale e politica da parte dei meccanismi sistemici della
modernità; massificazione alientante e cultura di massa volgare/manipolatoria sono i
principali bersagli.
Nei primi anni Trenta, Horkheimer e Fromm realizzarono un’inchiesta sulla costituzione
psichica e sociale di operai e impiegati qualificati nella Germania di Weimar, giungendo ad
una tesi diametralmente opposta a quella della proletarizzazione: gli impiegati accettavano
l’ordinamento gerarchico e i meccanismi di distinzione basati sullo status, investendo energie
nel tempo libero piuttosto che nella partecipazione politica; diventavano così agenti
dell’imborghesimento operaio e della collettività. Da qui l’idea dominante dei francofortesi
che il capitalismo si fosse esteso alle menti e ai cuori delle persone, abbastanza da
manipolarne la coscienza e disumanizzarli, annullando così ogni possibilità di azione
rivoluzionaria e di pensiero critico. In sostanza veniva svalutato il ruolo e la funzione degli
intellettuali pubblici, i quali rivendicano l’immagine di eroi solitari, unici testimoni dei valori
autentici in un mondo in rovina. Nel 1947 Adorno e Horkheimer coniarono l’espressione
industria culturale in riferimento a due aspetti del moderno rapporto tra economia e cultura:
il primo riguarda il grande insieme di simboli prodotti dal capitalismo e dalla società
tecnologica; il secondo pone l’accento sull’insieme degli apparati massmediatici che
diffondono con metodi industriali la cultura della manipolazione e dell’intrattenimento a buon
mercato. L’industria culturale rappresenta lo strumento di integrazione dei ceti popolari e dei
ceti medi all’interno della società industriale avanzata.
La trasformazione dell’Intellettuale pubblico
Tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta del Novecento, la crescita del nuovo ceto medio e
l’affermazione della figura del lavoratore-intellettuale oltre i confini politici e simbolici della
società di massa comportò una democratizzazione relativa del modello di intellettuale
pubblico nonché una sua diffusione dentro i confini della nuova configurazione post-industriale
e delle generazioni che in essa si erano formate. Il risultato fu l’elaborazione di pratiche,
discorsi e analisi che accorciarono le distanze tra il mondo degli intellettuali pubblici e quello
dei lavoratori-intellettuali: gli intellettuali cominciarono a parlare per la prima volta per sé
stessi in quanto forza sociale, economica e culturale, non solo in nome e per conto di altri.
Insomma, un movimento che scardinava il primato del soggetto collettivo su quello personale.
Parallelamente, nell’alveo di una riconfigurazione del potere politico come tecnica
ingegneristica dell’amministrazione, si sviluppa la figura del consulente: grazie al suo sapere
specialistico, egli agisce per indurre il decisore e l’opinione pubblica ad accogliere posizioni
sponsorizzate da particolari gruppi di pressione. Questo fenomeno si trasformò in
mandarinismo durante la Guerra del Vietnam e costituì una delle principali risposte alla crisi
di governabilità emersa nelle fasi iniziali di costruzione dell’ordine socio-economico
neoliberista.
Fordismo-Keynesismo
Nato dalla crisi del 1929 dalla Grande Depressione degli anni successivi, rappresenta l’apice
della società industriale. Si tratta di un sistema economico e organizzativo che mira ad
alimentare la crescita materiale ed il benessere sociale mediante l'espansione illimitata
della produzione e della domanda. Sue caratteristiche sono:
- Produzione di massa e orientamento a beni durevoli.
- Salari crescenti con l'aumento della produttività.
- Organizzazione scientifica del lavoro in complessi industriali sempre più grandi.
- Integrazione verticale delle corporations.
- Stato come principale coordinatore dell'economia nazionale.
- Sistema di cambi fissi e convertibilità in oro del dollaro.
Nell’ambito del fordismo-keynesismo, la forma tipica di lavoro fu il lavoro
dipendente/subordinato, intorno al quale si silupparono forme specifiche di tutela e
regolamentazione giuridica. La crescita dell’attività sindacale nel secondo dopoguerra ebbe
come effetto l’istituzionalizzazione del conflitto capitale/lavoro e la sua inclusione
nell’area della legittimità democratica.
Secondo Alain Touraine, il passaggio al fordismo-keynesismo, epoca della macchina
specializzata in antitesi alla macchina universale della fase precedente, produce la
maturazione dell’operaio, il quale prende coscienza della propria condizione, diventa un
attore sociale autonomo e non necessariamente reso visibile dall'azione simbolica e
culturale degli intellettuali pubblici integrati nelle strutture di mediazione partitica e sindacale.
In questo contesto, gli intellettuali pubblici cercano di ricollocarsi accanto agli operai, su un
piano di orizzontalità, come ideologi ed aiutanti del nuovo soggetto. Con l’avvento della
macchina a transfer, gli operai comuni vengono ridotti di numero e diventano operai
tecnici e sorveglianti: il loro compito è rilevare i problemi e comunicarli alla manutezione,
senza possibilità di intervenire. Declina quindi l’influenza della coscienza di classe e l’azione
operaia si indirizza non più alla lotta contro i rapporti di produzione della fabbrica, ma allo
stabilire relazioni con più ampie forze politiche e sociali dalle quali dipendono le decisioni e gli
assetti. Entra in crisi anche l’utilità dell'Intellettuale pubblico, surclassato in questo senso dagli
specialisti, giuristi, economisti, sociologi e psicologi arruolati per potenziare l’azione
rivendicativa e la propria partecipazione al potere.
Nuovi Movimenti Sociali e Sessantotto
L’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956 determinò una rottura nel mondo intellettuale.
Alcuni intellettuali pubblici diedero vita ad un’area politico-culturale denominata Nuova
Sinistra, in polemica con le formazioni politiche istituzionalizzate. In Gran Bretagna, la Nuova
Sinistra sorse come mobilitazione anti-nucleare e in Francia come opposizione alla Guerra
d’Algeria; dopotutto, l’appello alla costruzione di un mondo pacifico era stato il terreno su cui
molti intellettuali pubblici si erano spesi, all’interno del Movimento per la Pace organizzato
dall’Unione Sovietica e speculare al Movimento per la Libertà sostenuto dagli Stati Uniti.
Le mobilitazioni degli anni Cinquanta e Sessanta furono caratterizzate da un alto grado di
intellettualizzazione nei discorsi e nelle pratiche politiche, con conseguente ricerca di un
continuo dialogo con gli intellettuali istituzionalizzati. La vera esplosione si ebbe con i
movimenti studenteschi del Sessantotto: questa onda lunga si fece fenomeno mondiale e
universalista, ma allo stesso tempo in grado di dare spazio alle identità personali, etniche
e regionali; dimensione individuale e dimensione collettiva si intrecciarono nella ricerca,