Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Mead e Blumer: "Interazionismo Simbolico"
Che cosa significa "Interazionismo Simbolico"? È una parola coniata da Herbert Blumer, di cui diede il nome al suo saggio del '37, chiamandolo proprio così. George Herbert Mead parte da 3 premesse fondamentali:
- Gli esseri umani agiscono nei confronti delle cose, sulla base dei significati che essi attribuiscono loro.
- Il significato di tali cose (quindi degli oggetti della realtà) è il prodotto dell'interazione sociale che ogni singolo individuo ha con i propri simili.
- I significati vengono elaborati e trasformati attraverso un processo interpretativo che viene messo in atto quando un individuo affronta la realtà.
Queste semplici premesse sono un po' il punto di partenza attorno al quale si sviluppa il ragionamento del saggio "Mind, self and society" (mente, sé e società) del 1934; considerato il saggio simbolico dell'interazionismo simbolico, in quanto Mead esprime quella che è la
sua teoria, esprimendo che la Mente e il Se, sono frutto di un processo sociale. Intende MIND come SPIRITO, SELF come AUTOCOSCIENZA, e SOCIETY come ALTRO GENERALIZZATO. Secondo Mead, il meccanismo che permette lo sviluppo della mente e del se, risiede nel linguaggio e nella comunicazione simbolica (temi estremamente attuali). Per lui il mondo dei significati emerge oggettivamene nel contesto sociale dell'interazione, cioè che i significati acquisiscono una rilevanza oggettiva, in quanto vengono fuori da un'interazione sociale; solo che questa interazione sociale è resa possibile, solo se questa interazione è preceduta da un colloquio interiore (quindi prima di trovare espressione nel comportamento, questo mondo dei significati viene elaborato interiormente); e questo colloquio interiore avviene se l'individuo assume il ruolo dell'altro (quindi io capisco un significato e riesco ad utilizzarlo come realtà oggettiva, e lo traduco in interazione, inespressione linguistica). Questo processo prende il nome, secondo Mead, PROCESSO AUTO-INTERAZIONE (Importantissima in quanto permette all'individuo di regolare la propria condotta in base alle risposte che egli si attende). L'autoconsapevolezza del rapporto con gli altri, si acquisisce subito, quindi è importante che già da bambino, egli acquisisca la consapevolezza che dovrà interagire con gli altri, per acquisire i valori e norme che regolano i rapporti sociali. L'interazionismo avviene quando l'individuo è in grado di assumere il ruolo dell'altro, e lo assume, dice Mead, come Altro Generalizzato. "Non conosco altri modi in cui l'intelligenza, o la mente, scrive Mead, potrebbero sorgere, o essere sorte, se non attraverso l'interiorizzazione da parte dell'individuo, dei processi sociali dell'esperienza e del comportamento" il nucleo della teoria di Mead risiede nel tentativo di dimostrare come si comporta
L'io (il soggetto) nel processo dell'interazione sociale, e lo fa in particolare parlando della comunicazione e, ancora più in particolare, della comunicazione linguistica intesa come espressione verbale.
Per Mead, l'io consiste nella capacità dell'individuo di farsi oggetto, sia per sé stesso e sia per gli altri; questa capacità si esprime nel processo di comunicazione, nelle forme preverbali (cioè nei gesti) e nelle forme verbali che Mead definisce come "Discorso Simbolico". Proprio attraverso i simboli verbali, l'individuo riesce ad assumere una serie di ruoli, proprio ed altrui, tanto che poi riesce a comprendere i significati e consolidare il proprio io.
L'io è quindi un principio dinamico, che secondo Mead permette di usare simboli per caratterizzare oggetti del mondo (quindi, per dare significati alla realtà); permette di scegliere tra alternative di azioni; e permette di rimuovere situazioni.
inadeguate e optare per quelle che sono adeguate. Lo sviluppo della mente deve perciò partire dall'infanzia, quindi la socializzazione nasce da un esame interiore (autocosciente) che consente ad un neonato di selezionare quelle espressioni che possano garantirli la sopravvivenza (ad es. il bimbo piange xk ha fame, ha scelto l'opzione di piangere, ha comunicato un suo bisogno). La selezione di questi gesti può avvenire per prove ed errori (se il bimbo che piange ha del cibo, vuol dire che ha fatto questa prova per soddisfare il suo bisogno); oppure tramite un training familiare, dato quindi dall'educazione genitoriale. In entrambi i casi, la selezione di questi gesti, si assume la capacità del ruolo dell'altro, quindi la prospettiva altrui. Quindi Mead fa riferimento ad una sorta di passaggio dalla mente alla coscienza (dall'io all'altro), altri non è che questa gamma di scelte possibili non fa altro che creare significati convenzionali,
questo significato convenzionale è l'oggettivazione dei significati che riesce a dare rappresentazione all'oggetto, che determina poi un'aspettativa convenzionale assolutamente riconosciuta e condivisa; di conseguenza, l'interpretazione dei gesti diventa necessaria, non solo per l'interazione, ma anche per l'autovalutazione, autoriflessione, e in questo senso l'aspetto simbolico ha un valore oggettivo sia per l'interazione con gli altri e sia per l'interazione con se stessi. La società oltre che di coscienza e autocoscienza, ha bisogno quindi di individui che siano capaci di sviluppare un io in grado di assumere l'altro generalizzato, cioè di acquisire la prospettiva, che definisce Mead, di Comunità di attitudini; questa comunità di attitudini è indispensabile perché gli individui devono provare a cooperare, cui risultato dev'essere una maggiore condivisione di risultati. A questa idea seguequella di Blumer: secondo Blumer, l'interazione sociale all'interno di un gruppo viene essenzialmente guidata da simboli e conoscenze condivise; questi ultimi contribuiscono a definire le situazioni e le relazioni reciproche. In questa visione blumeriana, i significati che gli individui attribuiscono alle cose in generale, sono determinanti nell'orientare l'azione e sono dunque fondamentali per assegnare un significato agli oggetti della realtà, e sono dunque il prodotto di un'interazione precedente. In questo caso Blumer conferma quel processo di auto-interazione (colloquio interiore) che è fondativo del pensiero di Mead; pertanto, dice Blumer, è attraverso l'interpretazione dei significati che gli individui sono in grado di affrontare concretamente le cose della vita, e quindi rispetto a Mead, Blumer "dichiarando che l'essere umano ha un sé, o meglio una consapevolezza, l'essere umano intende essere oggetto delle"
proprie azioni, che egli può agire verso sé stesso come con gli altri”
Ma cosa è per Herbert Blumer il sé e l'interazionismo simbolico? Egli si concentra sul valore del sé, al contrario di Mead che lo vede più come un meccanismo, in quanto è un principio attivo che interpreta la realtà in cui si imbatte e in cui agisce; mentre nell'interazionismo NON simbolico si agisce in risposta all'agire altrui, in quella simbolica si interpreta ogni gesto e ogni azione. Quindi nell'interazionismo simbolico di Blumer, l'interpretazione dell'azione altrui comporta anche la definizione del comportamento altrui.
In questo senso, dal punto di vista metodologico, Blumer propone l'approccio microsociologico: la scoperta del micro, cioè tutto quello che non può essere codificato, che non può essere frutto di tipizzazioni, ma che evidentemente dev'essere compreso e spiegato attraverso un
Il processo di ricostruzione del significato è un concetto fondamentale nella microsociologia. La scoperta della microsociologia è legata alla necessità di comprendere e spiegare ogni fenomeno, ricostruendo i processi attraverso i quali la coscienza umana fa esperienza del mondo e attribuisce significati a ciò che percepisce.
Metodologicamente, secondo Blumer, la microsociologia non può considerare la realtà come un'oggettività, ma viceversa esiste nella sua esperienza; quindi, la realtà non è altro che le forme di interpretazione; quindi, forme simboliche date da un processo di spiegazione. Così, secondo Blumer, la spiegazione dei fatti sociali diventa interpretazione dei diversi linguaggi simbolici che costituiscono il medium con il quale avviene l'interazione sociale, e in cui prendono forma i fenomeni sociali. Quindi, il fenomeno non è più considerato come oggetto, ma come prodotto di un linguaggio.
Ervin Goffman, sociologo canadese, ha introdotto il concetto di "drammaturgia" e "istituzioni totali".
Erving Goffman è un sociologo canadese naturalizzato statunitense. Egli propone il modello teatrale drammaturgico agli studi che hanno un legame fenomenologico e con l'interazionismo simbolico di Mead. È un autore contemporaneo. Ci soffermiamo su Goffman per la sua importante posizione scientifica e teorica. La vita quotidiana come Partiamo dal suo libro/saggio del 1959 "rappresentazione di eventi"; lui propone queste metafore: la vita sociale può essere intesa come rappresentazione teatrale; Goffman parte dal presupposto che quando un individuo è in presenza di altri, ha molte ragioni per cercare di controllare le impressioni che essi ricevono dalle situazioni. 'la vita è una rappresentazione, e quindi indossa una maschera', quindi si propone agli altri secondo quello che lui vuole dire agli altri (la condizione del controllo è nodale per Goffman). Dunque, la rappresentazione risulta 'feroce' sotto alcuni aspetti, soprattutto perché poi è legata a
come ci siano dei meccanismi di controllo. Goffman parte dal presupposto che quando un individuo è in presenza di altre persone, ha molte ragioni per cercare di controllare le pressioni che essi cercano di prendere dalle situazioni; quindi, è questa l'idea, essere veri non esiste, io mi rappresento agli altri, uso degli strumenti, e metto in atto delle strategie di rappresentazione. "Il nostro agire non è solo strumentale, diretto al raggiungimento di determinati fini, ma anche condizionato su come si vuole apparire agli altri"; quindi io non voglio solo apparire perché devo raggiungere un fine, ma lo faccio anche perché voglio che gli altri si facciano un'idea su di me, indipendentemente da quello che è il mio fine. Generalmente l'azione è studiata dalla sociologia in rapporto ai fini (dice Goffman) strumentalmente = la proposta di Goffman si fonda sulla concezione secondo la quale l'azione umana è sempre mediata da una rappresentazione di sé.