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Dapprima pensata solo per le famiglie borghesi, tale legislazione ha poi coinvolto tutti i ceti sociali.

In passato frequentissima era l'omogamia, cioè la scelta del coniuge dello stesso strato sociale per

evitare la mesaillance (mescolanza poveri e ricchi). Si parla di mercati matrimoniali stretti quando

avveniva fra membri della stessa casa sovrana e dentro un'area geografica circoscritta (la richhezza

derivava dai possedimenti terrieri). Si parla invece di mercati matrimoniali larghi quando il coniuge

è cercato lontano dalla terra di origine (frequente nella Francia del XVII e XVIII secolo). Tale

conclusione si ottiene anche socializzando i figli, sin dalla tenera età, educandoli ad innamorarsi dei

propri simili. L'endogamia era usata per unificare i patrimoni terrieri e ridurre i rischi di dispersione

ed interventi di estranei.

Col tempo l'amore ed il matrimonio sono diventati più liberi e romantici. Le lotte femministe hanno

portato all'eliminazione, almeno formalmente, della sottomissione femminile. Durante

l'industrializzazione assistiamo ad un aumento dei matrimonio, fenomeno che si arresta a partire

dagli anni 60 in particolare nel nord Europa (paesi scandinavi); nello specifico: si è abbasata l'età in

cui avvengono i primi rapporti sessuali e sono aumentate le convivenze. L'ideale della parità dei

sessi a portato a grandi trasformazioni: è cambiato il modo di formare e concepire le coppia (la

verginità prematrimoniale è superata) ma anche il modo di gestire il matrimonio (chiamato

matrimonio conversazione e, riprendendo Giddens, si rifà alla relazione pura). Non ci sono solo

conseguenze positive: oggi il matrimonio non è più indissolubile grazie al divorzio, introdotto in

Italia negli anni 70.

IV. Figli, fratelli, genitori, nonni: rapporti e posizioni generazionali.

La procreazione ed i figli sono forse l'indicatore più potente che indica cosa sia una famiglia, in una

determinata epoca e società. Seguendo il senso comune, la famiglia ha lo scopo di procreare e si

parla di famiglia vera e propria solo quando la coppia ha figli. Per molti secoli la fecondità e il

numero di figli sono stati influenzati da mortalità ed età del matrimonio. Rammentiamo infatti che

nel passato erano molto frequenti le morti per parto e la mortalità infantile. Un'età alta riduce il

tasso di fecondità così come un allattamento prolungato. Non è vero che in passato la fecondità

fosse del tutto incontrollata.

Il figli erano un bene, una risorsa, soprattutto nelle famiglie più povere (più forza lavoro). Nelle

società preindustriali si viveva in grande promiscuità spaziale dei sessi e delle età: servitori che

dormivano ai piedi del letto o nello stesso letto con bambini di entrambi i sessi. Molte forte era

comunque la differenza, marcata anche con l'abbigliamento, fra i due sessi. L'abbigliamento

palesava anche a quale ceto si apparteneva. In passato i bambini erano considerati piccoli adulti e

come adulti venivano trattati: potevano anche finire in prigione o essere condannati ai lavori forzati

o alla pena di morte. Spesso i figli dei ceti più alti avevano più rapporti sociali con i servi che con i

genitori. L'entrata nel mondo degli adulti non dipendeva dallo sviluppo o dalle capacità individuali

nè da decisioni legislative ma dalle strategie familiari complessive. Anche da sposata una donna non

era considerata un'adulta autonoma poichè doveva sottostare al volere di scuocera e cognate. Un

uomo diveniva tale non quando lavorava o finiva gli studi ma quando diventava capo della casa e

controllava le risorse familiari. La nascita delle fasi di vita (circa 800) è avvenuta grazie

all'introduzione della scuola.

La famiglia come centro di affettività, sentimenti ed educazione inizia ad affermarsi nel 600,

dapprima nelle famiglie aristocratiche e borghesi, ma arriverà a piena maturazione solo nell'800.

Anche durante questa fase, l'appartenenza ad un sesso piuttosto che un altro ha delle conseguenze:

maschi potevano alloggiare in convitti, le femmine nei conventi; l'educazione dei due sessi era

molto diversa. Si tende ad educare anche la madre, figura di riferimento dei figli. Di ciò si

occuparono medici, educatori ma anche mariti che le spingevano ad allattare loro stesse piuttosto

che ricorrere a balie. Chi rinunciava ad allattare, crescere ed educare la prole era malvista.

Per quanto riguarda la nascita dei figli, di rilevanza fu la rivoluzione contraccettiva (dapprima coito

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interrotto ed allattamento) e così, paradossalmente, ad una maggiore cura dei figli si affianca una

riduzione della fecondità. Nei ceti meno abbienti la trasformazione da famiglia-impresa a famiglia

effettva ha visto tempi più lunghi e travagliati. Durante l'industrializzazione le donne povere

ricorrono a balie o danno i figli in cura alla carità pubblica poichè la maternità non era conciliabile

con le richieste del nuovo sistema di fabbrica.

Negli anni 50 assistiamo alla cosiddetta seconda rivoluzione contraccetiva, la procreazione, in tale

periodo, avviene solo in conseguenza di un atto intenzionale. Fondamentali furono la pillola e altre

modalità di tipo meccanico quali spirale, diaframma e preservativo. Con la diffusione della famiglia

affettiva si anche diffusa una cultura di reponsabilità verso i figli. I figli vengono procreati solo se

desiderati, quest'idea diffusa porta ad un rifiuto della sterilità. A partire dagli anni 70 si comincia a

sottolineare ed incoraggiare il ruolo paterno permettendo a questi di assistere al parto ma anche di

usufruire dei congedi di paternità. Un ruolo di fondamentale importanza è stato quello della scuola

che scandisce l'età e la crescita dei bambini e dei ragazzi. La scuola inoltre agisce come agenti di

modifica e rafforzamento della stratificazione sociale. Andare a scuola ha permesso ai bambini e

ragazzi di sviluppare sempre più relazioni orizzontali che spesso riflettono l'appartenenza ad un ceto

piuttosto che un altro. Di rilevanza anche la diffusione di esperti quali medici, psicologi e pediatri.

Ad oggi assistiamo ad una sempre più prolungata permanenza dei figli a casa dei genitori. In Italia

si è parlato di famiglia lunga del giovane adulto. Spesso i giovani italiano rimangono non solo per

questioni economiche ma per comodità; tendono ad uscire di casa solo quando vi sono dei conflitti

(pur essendo adulti devono rispettare le regole dei genitori). In altri paesi come gli USA, il Canada e

altri paesi europei la spinta ad abbandonare il nido non ha origine nei conflitti con i genitori a

piuttosto il raggiungimento di una certà età. Solitamente i genitori finanziano i figli, per esempio

per andare all'università, ma li incoraggiano comuqnue a vivere soli. Nei paesi scandinavi ed in

Olanda sono invece previste molte borse di studio al fine di favorire l'autonomia dei giovani.

L'allungamento della vita ha modificato la possibilità di diventare nonni e bisnonni. Oggi è

possibile essere figlio, padre e nonno contemporaneamente. I nonni sono sempre più presenti nella

vita dei nipoti, talvolta sono delle risorse indispensabili (pensiamo a chi lavora e non può

permettersi una baby sitter) e sono proprio loro che, sempre più frequentemente, in sede di

seprazione dei coniugi lamentano una regolamentazione dei loro diritti a frequentare i nipoti.

VI. Famiglia e lavoro.

Col temine complesso famiglia-lavoro si fa riferimento all'intreccio di dimesioni lavorative e

organizzative familiari. Si tratta di un insieme strutturato di interdipendenza. A partire adgli anni 90,

l'interferenza e l'interdipendenza che esiste fra ambito familiare e lavorativo, sono state

concettualizzate in termini di problemi di conciliazione fra famiglia e lavoro. Negli anni 60, da uno

studio, è emerso che moltissimi uomini lavoravano mentre le donne erano a casa a badare ai figli.

Mancano infatti i servizi per l'infanzia nonchè mense scolastiche e aziendali. La famiglia costituisce

un'unità di consumo, risparmio ed investimento e contribuisce alla definizione dell'offerta di lavoro.

Le decisioni interne della famiglia, infatti, hanno conseguenze sulla domanda del lavoro (madri che

lavoro, richiesta maggiore di servizi per l'infanzia).

Negli ultimi decenni è molto aumentata l'occupazione femminile, anche se esistono differenze

quantitative fra i vari paesi. Tale aumento è dovuto al fatto che è cresciuto il livello di istruzione, si

è sviluppato il terzo settore e si è apliato il sistema di welfare che ha introdotte misure di sostegno

per le madri lavoratrici. Di rilevanza è tutto il contesto socio-istituzionale: tipo di welfare, forme di

regolamentazione del lavoro, politiche di sostegno alle famiglie, condizionamenti culturali e sociali

che influsicono anche sulle opportunità di lavorare per le donne. L'aumento del lavoro femminile ha

portato a mettere in discusssione il modello del male breadwinner; dagli anni 90 il modello

familiare più diffuso è quello della coppia duale earner, in cui entrambi lavorano. Questa prevalenza

non è però riscontrabile nei paesi fortemente cattolici quali Polonia e Irlanda e nei paesi

mediterranei come Italia, Grecia e Malta. Non è detto che entrambi i coniugi lavorino a tempo

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pieno, anzi si è sviluppato un modello di divisione del lavoro all'interno della coppia, detto one and

helf earner in cui uno dei due è il mezzo e lavora part-time. Quanto all'Italia tale sistema è poco

diffuso poichè non c'è molto lavoro part-time; le coppie che lavorano a tempo pieno vanno spesso

incontro a tensioni a cui può essere sottoposto sia il singolo che l'intero sistema familiare. Si può

parlare di sovraccarico di ruoli e di conflitti sul tempo. Sono spesso le donne a sacrificarsi e a

riorganizzare la propria vita, talvolta rinunciando al lavoro, per dedicarsi alla famiglia. Ricordiamo

però che solo le donne sono protette, sotto questo punto di vista, a livello normativo.

Oggi si è abbandonato il termine lavoro domestico a favore di lavoro familiare che si articola in

diverse dimensioni:

1. lavoro domestico in senso stretto (faccende di casa);

2. lavoro di cura (verso familiari non autosufficienti per età o invalidità);

3. lavoro di consumo (acquisto e trasformazione di beni ma anche il lavoro necessario per

utilizzare i servizi pubblici e privati);

4. lavoro di rapporto (attività di creazione e mantenimento dei rapporti comunicativi all'interno

della famiglia e con la rete parentale).

Il lavoro familiare è stato anche riconosciuto dalle Nazioni unite, lo svolgono prevalentemente le

donne, anche quando lavoran

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Publisher
A.A. 2013-2014
8 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aleunam88 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia della famiglia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Grasso Mario.