CAPITOLO IV
RAPPORTI TRA POSIZIONI GENERAZIONALI
Nel capitolo precedente abbiamo a ricordato come in talune culture il non avere figli sia una causa
sufficiente allo scioglimento del matrimonio. Del resto, anche nella cultura e dottrina cattolica, a
lungo il matrimonio è stato definito anzitutto come strumentale alla procreazione. Il posto che
hanno la procreazione e i figli nel ciclo di vita e nell'economia simbolica della coppia e della
famiglia costituisce l'indicatore forse più potente di che cosa sia una famiglia in una determinata
epoca o società. La stessa immagine di famiglia moderna che fa ormai parte del nostro vocabolario
simbolico, è quella di una relazione con effetti privati e costituenti la sfera privata, innanzitutto
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come coppia coniugale amorosa. La famiglia moderna come famiglia affettiva nasce cioè da una
ridefinizione del posto dei figli.
Figli nelle famiglie della società tradizionale
Per molti secoli la fecondità e il numero di figli per famiglia sono stati affidati essenzialmente a due
regolatori esterni: al regolatore naturale della mortalità dei figli ma anche delle madri, e al
regolatore sociale dell'età del matrimonio. Il controllo sociale si incaricava di abbassare il numero
di figli illegittimi. La diffusione della mortalità femminile per parto, o comunque per motivi
connessi alle gravidanze ha iniziato a venir meno soltanto nell'Ottocento, con il lento
miglioramento dell'alimentazione, dell'igiene e infine con la riduzione delle gravidanze. L'elevata
mortalità infantile nei primi anni di vita, d'altra parte, riduceva ulteriormente il numero di figli
effettivi. Si può dire che ogni famiglia, faceva il doppio dei figli che poi effettivamente
sopravvivevano.
Esistevano all'epoca forme di regolazione delle gravidanze: dagli allattamenti prolungati, all'uso di
non avere rapporti sessuali durante il periodo di allattamento, fino all'aborto. Nelle famiglie più
povere inoltre, i figli prima o poi divenivano una risorsa. Quello che noi oggi chiamiamo lavoro
minorile, è stato a lungo una risorsa familiare importante e legittima: come forza lavoro
nell'impresa familiare, agricola, artigianale o di piccolo commercio, o come forza lavoro da
spendere e scambiare in cambio di denaro o altro. Paradossalmente è nelle famiglie aristocratiche
e possidenti che i figli potevano essere più visibilmente un costo, nella misura in cui solo eredità e
dote potevano garantire loro un futuro adeguato.
A prescindere dalla diversa posizione di maschi e femmine nelle strategie matrimoniali, figli e figlie
venivano precocemente inseriti in mondi differenziati per quanto indipendenti, tramite la divisone
del lavoro, delle competenze, dei comportamenti legittimi, dei saperi. Dopo il periodo
indifferenziato, per sesso e in qualche misura per ceto, dell'infanzia, in cui tutti indossavano la
stessa vestina lunga, l'abito diviene il primo segnale di appartenenza contemporaneamente al
proprio sesso e al proprio ceto. Usciti dall'infanzia, quindi, i ragazzi venivano inseriti in processi di
addestramento alla vita adulta e di socialità secondo il ceto e il sesso cui appartenevano. Questo
ingresso segnava anche una certa irrilevanza dell'età, nella misura in cui sembra che solo il grado,
la quantità e non la qualità delle prestazioni attese, differenziasse i ragazzi di età diverse.
Figli come servitori
L'avere persone a servizio ha fatto parte delle strategie familiari di tutti i ceti, a esclusione solo dei
più poveri. Perciò i figli conoscevano da piccoli la presenza di servi nella propria famiglia e spesso
avevano rapporti più diretti con loro che con i propri genitori. Così un figlio, cresceva in una
famiglia in cui le persone di riferimento e di autorità non erano solo i genitori, ma anche altre
persone: giovani adulti intermedi, ma anche servitori con cui poteva passare la maggior parte del
tempo. Viceversa i figli più grandi, iniziavano a esercitare la propria autorità e responsabilità nei
confronti dei membri più giovani della famiglia. La presenza dei servi era importante anche
nell'esperienza di crescita dei figli nelle famiglie aristocratiche, non già perché con questi si
condividesse il lavoro, quanto perché era dalla servitù che i bambini venivano allevati e con i
domestici passavano il proprio tempo. L'affidamento ad altri dell'allevamento dei figli nelle
famiglie aristocratiche avveniva fin dall'inizio: i bambini venivano affidati alle balie, il cui figlio era
morto appena nato.
Nelle società tradizionali, l'entrata nello status adulto, cioè di persona socialmente autonoma,
dipendeva poco dallo sviluppo e dalle capacità individuali, e tanto meno da decisioni legislative,
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ma più dalle strategie familiari complessive. Così, una donna non diveniva adulta pienamente se
non quando si sposava, e in questo caso era moglie del capofamiglia.
Un uomo diveniva adulto non quando iniziava
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