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La genitorialità è il sistema che attribuisce dei figli a dei genitori e dei genitori a dei figli. È un
sistema che combina tre fattori: alleanza, filiazione e residenza. Muta a seconda delle culture e delle
epoche.
La nascita di un bambino, la sua produzione fisica, non è sufficiente a trasformare i genitori
biologici in genitori a tutti gli effetti. La procreazione deve seguire nella trasformazione di quel
piccolo essere umano in adulto. Nella nostra cultura siamo abituati a pensare che un figlio debba
avere un padre ed una madre. Robert Deliege ha individuato nove modi in base ai quali si possono
distinguere e classificare i legami parentali, tra questi abbiamo:
I primi due criteri prevedono generazione e sesso. Se è vero che ogni società sembra
• distinguere le generazione dei nonni, figli e genitori è anche vero che alcune società
raggruppano sotto lo stesso termine alcune figure di nipoti e zii.
Il terzo criterio è quello dell'alleanza che distingue alleati da consanguinei. Le parole madre
• e padre, osservando le altre culture, risultano essere una peculiarità solo della nostra. La
perfetta sovrapponibilità del genitore biolico con quello sociale è anch'essa una caratteristica
esclusiva della nostra società.
La cultura occidantale non utilizza il criterio dell'alleanza. Fino al 1972 c'era un solo modo
legittimo per costruire una famiglia, in cui sessualità, procreazione e generazione venivano a
coincidere nel matrimonio di due individui che dava luogo alla filiazione. A partire dal 1970 diverse
leggi hanno assimilato la posizione giuridica della madre a quella del padre e venne meno la patria
potestà solo maschile, oggi condivisa ed esercitata da entrambi i genitori. A partire dal 1972 non è
necessario il matrimonio per poter inserire un figlio nella propria linea di discendenza. Nel 1975
abbiamo una riforma del diritto di famiglia che ha coinvolto anche la figura dei figli. Ricordiamo
che oggi è possibile dare il doppio cognome. Nel caso di coppie non sposate, il figlio è successore o
erede non della coppia ma di ciascun genitore. La famiglia adottiva ha fatto la ua comparsa solo nel
1976, prima vi erano delle norme circa l'adozione plenaria che permetteva l'adozione solo a coppie
sposate o a singoli maggiori di 28 anni. I conviventi non possono adottare nemmeno oggi. Anche
nel caso di creazione assistita, la coppia che ne usufruisce deve essere sposata o convivente
dichiarata da almeno 2 anni. Quindi riferendoci ad affidamento e adozione si nota ancora di più che
essere genitori biologici non equivale ad essere genitori effettivi.
Oggi emerge la nuova figura della famiglia omosessuale che rigetta la differenza dei sessi come
radice della costruzione familiare tradizionale.
In ogni società i termini di parentela poggiano su di una concezione biologica del legame ma in
rapporto ad un solo momento della sua costruzione che è oggetto di una scelta ben precisa. Nella
nostra cultura il matrimonio è inteso come contesto di una sessualità essenzialmente procreativa che
dipende dalla cultura cristiana e dal principio una caro, la coppia diviene, attraverso il matrimonio,
una sola carne. Fondamentale è quindi la verginità ed il valore che vi si dà così come lo è la fedeltà
coniugale. Una caro è la formula che trasforma il divieto di alleanza in divieto di consanguineità: il
marito diventa un tutt'uno con la moglie dunque i fratelli e le sorelle dell'uno diventano fratelli e
sorelle dell'altro. La Chiesa ha reso il matrimonio un sacramento; il matrimonio non è più un fatto
privato ma diventa pubblico. Con Luigi XIII (siamo nel XVII secolo) lo Stato diventa il referente
del matrimonio e stabilisce il quadro entro cui avviene la procreazione. Il matrimonio, a differenza
di altri contratti, coinvolge anche gli altri membri della parentela e non ha una durata circoscritta.
Anche quando l'altro contraente muore, il vedovo continua a godere delle consguenze di quel
legame. La coppia omosessuale non può formare una sola carne, poichè non possono dare via ad un
nuovo corpo attraverso l'unione dei prorpi.
2.Breve storia della multigenitorialità
Nel caso dell'affidamento il bambino non diventa parente della famiglia affidataria ma ciò non
significa che non posso creare con questa legami di affetto simili a quelli che troviamo in una
famiglia biologica.
Thery nel 1987, attarverso uno studio pubblicato, dimostrò quanto fosse difficile affrontare in modo
scientifico il problema della trasformazione in atto nelle nostre strutture familiari. Nel caso di
vedovanza o divorzio, il coniuge può decidere di risposarsi dando così vita ad una famiglia
ricostituita. Secndo alcuni sociologi la riuscita della nuova famiglia, dipenderebbe
dall'assimilazione completa del nuovo genitore al vecchio. In molte famiglie però la figura del
compagno/a si aggiunge a quella del genitore biologico dei figli; in tali casi c'è una continua
negoziazione fra ex coniugi e la nascita di un legame di pseudo-filiazione (amichevole padrinaggio
per dirla con Le Galle). Come è possibile garantire il riconoscimento di questo nuovo tipo di
famiglia? Vanno presi in considerazione due criteri: residenza e alleanza. Si potrebbe permettere al
nuovo compagno/a che vive con il figlio non suo di adottarlo, cosicchè possa conservare il legame
di filiazione con genitore originario e far sì che il legame col nuovo genitore goda degli stessi diritti
e oneri. Un'alternativa consiste nell' attribuire al nuovo genitore un diritto all'esercizio dell'autorità
genitoriale, nell'ambito delle azioni abituali legate alla sorveglianza ed educazione del bambino. Si
verrebbe così ad aggiungere alla genitrialità tradizionale, una genitorialità aggiuntiva.
Dapprima l'adozione era a favore di coppie che non potevano avere figli ed assicurarsi così dei
successori, ad oggi è l'esatto opposto: l'adozione ha lo scopo di dare una famiglia a bambini che non
ce l'hanno.
Abbiamo indivduato tre forma di legame: biologico, residenziale ed adottivo. Ci si domanda: è
possibile che un legame affettivo nasca in assenza di una base giuridica e un legame residenziale?
L'affidamento ci permette di ragionare su tale quesito. I figli affidati non godono dei beni che
spettano invece ai soli figli biologici.
3.Le famiglie cogenitoriali
La cogenitorialità prevede che un bambino venga riconosciuto e allevato dai suoi due padri o madri,
nel contesto di un legame di filiazione svincolato da quello di alleanza e di un legame di coppia
genitoriale svincolato da quello di coppia coniugale.
Molti gay rinunciano a diventare genitori, taluni combattono tra il desiderio di avere un figlio e il
loro essere omosessuali. Per le donne è sicuramente più semplice, anche se lesbiche, avere un figlio.
Una soluzione tipica è il ricorso ad una terza persona.
Il termine cogenitore può indicare: genitore sociale ma non biologico; entrambi; nel caso di
procreazione assistita o adozione può indicare il pertner del genitore legale. La madre bioligca non
ha bisogno di affermare la sua genitorialità; la sua compagna invece è una figura parallela che
talvolta sembra venire dopo il padre biologico. Nella cogenitorialità la coppia coniugale e la coppia
genitoriale non combaciano e i vari soggetti coinvolti devono accordarsi sulla gestione dei figli.
Talvolta può accadere che l'idea di fare un figlio vanga elaborata da subito in un contesto di
multigenitorialità. Si viene spesso a creare, in queste situazioni, una sorta di gererchia della
genitorialità con figure di riferimento primarie e secondarie. La situazione dei genitori sociali di un
bambino all'interno di una situazione cogenitoriale è molto diversa da quella di patrigni e matrigne
presenti nelle famiglie ricomposte.
4.La famiglia adottiva
La genitorialità adottiva è priva di qualsiasi fondamento biologico naturale. Anche una singola
persona può occuparsi egragiamente di un bambino e della sua crescita ma pare che, per la legge,
ciò non si possa verificare se il soggetto è omosessuale. L'adozione non è un contratto e sa suscitare
sentimenti filiali e paterni in chi non li aveva. In età romana solo gli uomini potevano adottare; più
tardi l'adozione scomparve. Spesso era un affare di famiglia, in cui veniva ceduto il figlio a parenti
o vicini; dapprima lo scopo non era garantire una famiglia ad un bambino ma piuttosto si
concretizzava nell'avere un figlio da parte di soggetti che lo desideravano. Grazie alla legge del
1966 ogni persona può richiedere l'adozione (dapprima almeno 35 anni poi 30; dapprima solo
coppie sposate poi anche singoli). Prima del 1966 esistevano tre tipi di adozione: con rottura dei
legami con la famiglia biolica o con il mantenimento di tali legami ed infine vi era la possibilità
della legittimazione adottiva.
Negli anni 90 vediamo che il celibato non può costituire il solo motivo di un rigetto di adozione. Più
importante è invece la presenza di una figura paterna. La presenza di un convivente può essere una
cosa favorevole: si può sperare in un futuro matrimonio e quindi un nucleo familiare classico in cui
l'adottato cresce.
Un uomo che preferiva convivere piuttosto che sposarsi si è visto respingere la sua domanda di
adozione considerata solo un modo per evitare la solitudine. Se mancano la figura materna e paterna
(quindi un compagno o coniuge) è necessario almeno che sia presente una figura paterna o materna.
Un'altra causa di rigetto può risiedere nel fatto che si voglia adottare un figlio per fare contento
qualcun'altro (ad esempio la nonna che vuole i nipotini). Un omosessuale non ha potuto adottare
poichè vi era per il bambino un'assenza della figura materna, motivazione che pare nascondere un
certo disagio e disappunto nel far adottare un bambino ad un gay. La questione dell'omosessualità
del o degli adottanti continua ancora oggi a dividere l'amministrazione.
Spesso le donne per affermarsi sentono il bisogno di diventare madri. Un motivo di riflessione
riguardante le coppie gay è il ruolo del genitore biologico che non coincide con quello sociale. Una
donna lesbica potrebbe decidere di affidarsi ad un uomo di passaggio ma può considerare rischioso
avere un rapporto sessuale non protetto con uno sconosciuto e potrebbe considerare tale rapporto
sessuale come un tradimento verso la compagna. Si può ricorrere alle tecniche di procreazione
assistita ma potrebbe equivalere ad una negazione del padre biologico del bambino senza contare le
difficoltà di spiegare il tutto al figlio. Si potrebbe ricorrere alla cogenitorialità