Sociologia economica - riassunti
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quarta fase
Infine, la ha inizio negli anni Ottanta quando si verifica quella che viene definita una sorta di rinascita della sociologia
nuova sociologia economica comparative political
economica, grazie soprattutto a due filoni di ricerca principali: la e la
economy .
I diversi modi di intendere l’embeddedness
Intendere l’azione economica come azione sociale ha portato allo sviluppo di uno dei concetti centrali nella s.e. contemporanea,
embeddedness radicamento.
quello di , solitamente tradotto in italiano con il termine Tale concetto presuppone una critica a quello
di homo oeconomicus: nel mercato, secondo i neoclassici, l’attore decide autonomamente sulla base delle proprie preferenze. Non a
caso, Granovetter afferma che il radicamento si pone in netta antitesi rispetto all’utilitarismo. Con il termine embeddedness,
Granovetter fa riferimento al radicamento del comportamento economico nella società e più precisamente nei rapporti sociali. Tale
concetto è poi strettamente collegato ad aspetti relativi alla struttura sociale: infatti, il comportamento economico è radicato in reti di
relazioni interpersonali.
Granovetter e il rilancio della sociologia economica
L’espressione nuova sociologia economica è stata introdotta da Granovetter in una conferenza del 1985, il cui tema è stato
successivamente rielaborato e approfondito in un suo articolo in cui ha definito le caratteristiche del nuovo approccio sociologico
rovescia l’imperialismo economico
all’economia. La s.e. si differenzia dalla n.s.e. per il fatto che quest’ultima , offrendo
spiegazioni di tipo sociologico di fenomeni chiave dell’economia quali i mercati, i contratti, la moneta, lo scambio e l’attività bancaria;
in tal senso, la n.s.e. è meno prona ad accettare la teoria economica ortodossa.
Punto di partenza per Granovetter consiste nel considerare l’azione economica come socialmente situata, chiaro riferimento
all’embeddedness.
Nell’articolo dell’85, Granovetter critica le due concezioni dell’accezione presenti in sociologia ed economia che definisce
rispettivamente ultrasocializzata e sottosocializzata. Pur con le evidenti differenze tra loro, entrambe presentano per
visione dell’attore sociale come atomizzato
Granovetter un tratto che le accomuna, cioè la : nel primo caso perché il riferimento è a
un individuo che ha interiorizzato dei modelli di comportamento, nel secondo perché l’attore è mosso esclusivamente da motivazioni
egoistiche. Non deve sorprendere che per dimostrare l’importanza dei rapporti sociali Granovetter faccia l’esempio della fiducia,
affermando che essa si genera ed è radicata in una rete di relazioni e di rapporti sociali; l’informazione stessa è prodotta dai rapporti
superare una concezione strumentale/razionale
sociali e circola attraverso reti sociali. Per Granovetter, l’aspetto centrale è
dell’azione e considerare il contesto all’interno del quale l’azione si svolge ed è radicata .
Analisi strutturale
network analysis
La sposta la causalità dall’individuo alla struttura sociale. La ricerca si focalizza sullo studio delle relazioni
la vita sociale è fatta di relazioni
esistenti fra le varie unità che fanno parte di una rete. Il presupposto è che . Le azioni
individuali sono spiegate facendo riferimento ai vincoli e alle opportunità che derivano dalle reti sociali a cui si appartiene. Nell’analisi
posizione che si occupa all’interno di una rete
strutturale un concetto centrale è la . Le caratteristiche individuali solitamente
considerate nella ricerca sociologica possono contribuire a determinare la posizione che un soggetto occupa all’interno di una rete,
però ai fini della spiegazione dei fenomeni sociali l’attenzione va posta sugli aspetti strutturali e non sui tratti individuali. A tal
rete sociale nodi
proposito, è utile specificare il concetto di , intesa come un insieme di – che indicano i membri di una rete –
collegati fra loro da una o più relazioni . È possibile distinguere fra relazioni orizzontali e verticali: le prime possono portare allo
fiducia cooperazione; gerarchico, potere
sviluppo di e, quindi, generare le seconde invece, sono di tipo sono legate al e possono
generare dominio o accondiscendenza.
Le relazioni inoltre, possono essere dirette, cioè quelle che vanno da un nodo all’altro, o indirette, in cui la relazione fra due nodi è
mediata dal legame con altri nodi che si frappongono tra i due.
densità omogeneità
Altre caratteristiche di una rete sono: , data dai legami effettivamente esistenti fra i nodi di una rete; , che ha a
che fare con la composizione di una rete e la presenza di nodi simili o meno.
equivalenza strutturale
Altro concetto rilevante è quello di , che ha a che fare con la posizione dei nodi all’interno della rete, e che
quindi considera due persone strutturalmente equivalenti se hanno gli stessi contatti.
forza dei legami
Vi è poi la cosiddetta , intesa da Granovetter come la combinazione – probabilmente lineare – della quantità di
tempo, dell’intensità emotiva, del grado di intimità e dei servizi reciproci che caratterizzano il legame stesso. I legami forti sono quelli
più stabili con persone con le quali si ha una maggiore intimità, confidenza e frequentazione e tendono a favorire la coesione di una
rete e la frammentazione delle diverse reti; quelli deboli sono più occasionali e presentano meno elementi fiduciari e favoriscono i
rapporti fra reti distinte. buco strutturale
Il concetto di forza dei legami si intreccia con quelli di , inteso come la mancanza di connessione – sia diretta, sia
indiretta – fra i nodi di una rete.
Dal punto di vista causale, l’elemento importante non è la forza o meno di un legame, quanto la mancanza di contatti fra i nodi, che
viene superata da un ponte. Inoltre, concentrandosi sulla forza dei legami si trascurano i vantaggi che un attore ha in termini di
controllo occupando un buco strutturale. Burt studia il comportamento competitivo degli attori coinvolti a partire dal presupposto che
essi hanno relazioni fra loro di diverso tipo; per Burt la concorrenza è una questione di relazioni e la posizione che si occupa nelle reti
dà alcuni vantaggi, ad esempio in termini di controllo.
empirico,
Dal punto di vista l’analisi delle reti sociali utilizza dati/informazioni che riguardano le relazioni esistenti fra i nodi. La
struttura di tali reti incide sugli esiti economici per tre ragioni principali che hanno a che fare con: flussi di risorse di diverso tipo,
erogazione di incentivi positivi e negativi, fiducia.
Il mercato del lavoro e la forza dei legami deboli
sfida le concezioni prevalenti in economia e in sociologia nello studio del mercato del
La n.s.e., basandosi sull’analisi strutturale,
lavoro: focalizzandosi sull’andamento di domanda e offerta,
la prima tende a considerare il mercato del lavoro come quello degli altri beni,
ipotizzando così la presenza di una domanda di lavoro espressa dagli imprenditori e un’offerta data dall’insieme dei lavoratori. Gli
autonoma individuale,
attori agiscono in maniera e e compiono scelte spinti da una razionalità strumentale. Inoltre, come in qualsiasi
altro mercato, il prezzo – dato dal salario nel mercato del lavoro – contribuisce a equilibrare domanda e offerta. Altro aspetto
conseguimento dell’equilibrio
importante è il , dato dall’assenza di disoccupazione: nelle situazioni di concorrenza perfetta,
l’equilibrio è dato dall’oscillazione del salario. Tuttavia, tale situazione presuppone una serie di condizioni che difficilmente si trovano
nel mercato del lavoro reale, quali una perfetta informazione sulle opportunità disponibili da parte di imprenditori e lavoratori, un
salario sul quale non bisogna intervenire, e la non presenza di vincoli alla mobilità.
teorie relative all’equilibrio nelle condizioni dove non opera la
La seconda invece, per superare tali limiti, ha sviluppato delle
concorrenza perfetta. La disoccupazione può essere dovuta a una serie di fattori congiunturali legati all’andamento dell’economia,
ma anche all’imperfetto funzionamento del mercato. studi sulla mobilità sociale stratificazione
La sociologia si è occupata di mercato del lavoro soprattutto all’interno degli , sulla ,
classi sociali diseguaglianze
sulle , e quindi sulle . L’occupazione svolta diventa un elemento decisivo per definire la posizione
status ascritto
sociale occupata da un individuo nella società moderna. Un tratto che le caratterizza è, infatti, il passaggio dallo – in
posizione sociale di un individuo deriva dalle caratteristiche che egli possiede dalla nascita acquisito
cui la – a quello – in cui la
posizione sociale deriva dagli elementi acquisiti nel corso della vita . Ciò che caratterizza la n.s.e. è quindi un diverso approccio allo
studio del mercato del lavoro, visto come una struttura sociale; con questo si intende quindi che la concorrenza perfetta non esiste e
che i singoli produttori cercano delle nicchie di mercato in cui operare. Per individuare dove posizionarsi osservano quello che fanno
gli altri imprenditori e hanno bisogno di informazioni sui potenziali concorrenti. Questo richiede delle reti di relazioni. Anche la
prospettiva strutturalista
mobilità del lavoro viene vista in maniera diversa, secondo una . Granovetter segue un approccio simile
la mobilità di un individuo presuppone quella degli altri
e afferma che ; questa è la prima ragione per superare la concezione
dell’attore atomizzato. ricerca del lavoro
La seconda ha a che fare con la che può essere portata come esempio del radicamento
dell’azione nei rapporti sociali.
Va premesso che i canali per cercare lavoro sono molteplici: dalla ricerca di Granovetter risulta che il canale più efficace per trovare
lavoro è quello informale e che all’interno delle relazioni di un individuo, quelle che servono di più sono quelle con soggetti con cui il
legame è debole; inoltre, emerge che, soprattutto chi è occupato, non sempre è alla ricerca di un lavoro diverso. Difatti, a volte
l’iniziativa non è presa direttamente dal soggetto, ma dal contatto.
limite è il focalizzarsi esclusivamente sull’efficienza allocativa del mercato del
Un della teoria economica per Granovetter proprio
lavoro e non sui processi sociali che portano a riempire dei posti di lavoro liberi e sull’importanza delle relazioni sociali .
Fra i lavori più citati vi sono quelli di Lin che, oltre alla forza dei legami, considera le risorse sociali di cui un individuo è dotato. Tali
radicate nella posizione dei contatti che un individuo ha
risorse differiscono da quelle individuali perché . Sulla base delle risorse
i legami deboli consentono di entrare in contatto
sociali si crea una gerarchia a forma di piramide. Nella ricerca di lavoro sono che
con soggetti che hanno maggiori risorse sociali . Quindi, secondo Lin, l’efficacia dei legami forti o deboli dipende dalla posizione che
l’individuo occupa nella struttura sociale. Nella ricerca di lavoro, nella fase iniziale, sono soprattutto le risorse personali e i legami
deboli che permettono di entrare in contatto con soggetti che occupano una posizione alta e, quindi, di ottenere posti di lavoro
migliori. Nel tempo diventano sempre più importanti le relazioni che si costruiscono e quindi, sia le risorse sociali rispetto a quelle
individuali, sia i legami forti. genere etnia
Altre variabili, oltre la posizione sociale, possono essere il e l’ . La segregazione occupazionale sulla base del genere,
che consiste in occupazioni considerate tipicamente maschili e femminili, si può riprodurre se chi cerca lavoro usa reti sociali
composte prevalentemente da soggetti del suo stesso genere. L’etnia invece, può portare alla creazione di reti sociali molto coese su
base etnica, che però rischiano di essere piuttosto chiuse. Altri studi, invece che su variabili individuali, si sono focalizzati sul
contesto , mostrando l’efficacia dei vari canali di ricerca a seconda del paese considerato. Le differenze sono spiegate facendo
riferimento ad aspetti di tipo istituzionale. Il quadro interpretativo è piuttosto articolato, ma viene comunque confermata
l’impostazione di Granovetter dell’importanza di considerare la ricerca di lavoro come un processo sociale in cui decisive sono le
relazioni sociali in cui gli individui sono radicati.
Le piccole imprese, l’imprenditorialità e l’innovazione
studio dei sistemi di produzione a livello locale e ai temi dell’imprenditorialità e
L’analisi strutturale è stata applicata anche nello
dell’innovazione. Per sintetizzare i cambiamenti in atto nella società contemporanea in economica, spesso si parla di passaggio dal
fordismo al postfordismo. L’epoca fordista prende avvio negli anni Trenta ed è caratterizzata dalla presenza di grandi imprese che,
economie di scala,
grazie alle sono considerate la forma più efficiente di organizzazione della produzione. Quando si parla di fordismo
non si fa solo riferimento all’organizzazione della produzione, ma anche agli orientamenti di politica economica che in molti paesi
crescita economica intervenendo soprattutto
industrializzati sono ispirati alla teoria di Keynes. Il keynesismo ha come obiettivo la
sulla domanda attraverso la politica fiscale . All’interno della teoria economica le piccole imprese sono state tradizionalmente
considerate marginali; sono ritenute adeguate ad alcuni mercati di nicchia o per produzioni di piccola scala o legate alla fornitura
delle grandi imprese.
Il quadro qui tratteggiato cambia alla fine degli anni Settanta, poiché la crisi economica di quegli anni segna un momento di
discontinuità importante; ad entrare in crisi difatti è l’assetto economico, politico e sociale che caratterizza il fordismo. Invece di un
unico modello di impresa, si individuano diverse strategie e forme organizzative attraverso le quali le imprese possono acquisire
produzione snella specializzazione flessibile neofordismo
flessibilità; negli anni Ottanta furono introdotti quindi i concetti di , , .
distretto industriale clusters locali di imprese network di innovazione
Si recupera poi il concetto di e si parla di e di . Cambia
inoltre l’approccio teorico seguito: ad esempio, le ricerche sui distretti industriali si concentrano sulle caratteristiche non solo
economiche, ma anche politiche, sociali e culturali. Una ricerca di Saxenian fa un confronto tra Silicon Valley e Route 128,
enfatizzando il radicamento sociale e istituzionale delle imprese nel territorio, radicamento che riguarda: la struttura produttiva e le
istituzioni locali, l’organizzazione aziendale interna, la cultura. Le reti esistenti nella Silicon Valley sono state studiate anche da
Granovetter, e le tre fondamentali sono: la prima, che riguarda il funzionamento del mercato del lavoro e, quindi, l’accesso alle
opportunità; la seconda, che è quella che si crea fra imprese, società di servizi, in particolare gli studi legali e le società di venture
capital; la terza, che riguarda le relazioni fra imprese e attori a livello locale. Emblematico il caso di un fenomeno molto diffuso in
aree come la Silicon Valley, cioè gli spin-off aziendali, che mostrano gli intrecci fra conoscenza e capitale generati dalle relazioni
sociali a livello locale.
Un ruolo importante è svolto anche dall’università, che contribuisce alla produzione di conoscenza. Le reti fra università, centri di
ricerca e imprese hanno favorito la circolazione in tempi rapidi di informazioni e hanno agevolato i processi di reclutamento del
personale da parte delle imprese. Quindi, il processo stesso di innovazione non viene visto come qualcosa che avviene all’interno di
un’impresa, ma come l’esito di interazioni aziendali supportate dalle reti sociali. L’innovazione non si concretizza solo in
miglioramenti incrementali di un determinato prodotto, ma anche nello sviluppo di nuovi settori produttivi.
A partire da tali considerazioni, un secondo studio di Granovetter si è concentrato sulle società di venture capital, che rappresentano
l’attore centrale all’interno di reti dense in cui vi sono anche legami non di tipo economico – quali le relazioni amicali. Esse svolgono
cinque funzioni rilevanti al fine della creazione di nuove imprese e dell’innovazione: offrono finanziamenti alle start-up; selezionano i
progetti imprenditoriali che considerano più promettenti; mandano segnali positivi; favoriscono l’apprendimento collettivo; agevolano
il radicamento delle nuove imprese nelle reti di relazioni presenti a livello locale, fattore che può contribuire al loro successo.
Altro tema di cui si è occupata Saxenian è quello degli immigrati, concentrandosi su quelli ad alta qualificazione e studiando il loro
contributo all’economia. Essi creano reti professionali ed etniche, grazie alla condivisione della cultura e della lingua che portano alla
fondazione di numerose associazioni professionali in cui la base etnica si combina con le conoscenze e competenze professionali nel
campo della tecnologia. Le reti su base etnica non operano solo a livello locale, bensì globale.
Il neoistituzionalismo sociologico
Il concetto di istituzione è molto importante in sociologia. Nell’ambito della n.s.e., un contributo importante è stato dato dal
neoistituzionalismo sociologico, che si distingue sia da quello economico sia da quello in scienza della politica. Il neoistituzionalismo
sociologico ha origine negli studi organizzativi; più precisamente, il riferimento è al modo diverso di intendere le organizzazioni che si
sviluppa a partire dagli anni Cinquanta.
Fino ad allora, l’attenzione era stata posta soprattutto sulla struttura. Negli anni Cinquanta, alcuni autori evidenziarono che
concentrarsi solo sulla struttura rischiava di essere limitativo; le organizzazioni, difatti, operano all’interno di un ambiente che le
condiziona. Si afferma così una concezione dell’organizzazione riconducibile alla metafora dell’organismo.
Il rapporto organizzazione-ambiente viene studiato secondo vari approcci teorici. Uno di questi è quello istituzionalista di Selznick,
che afferma che le organizzazioni spesso si trovano a dover far fronte alle pressioni e ai vincoli che provengono dall’ambiente in cui
operano; ciò le porta ad acquisire valori diversi da quelli che le ispirano. Secondo tale accezione quindi, l’istituzionalizzazione può
essere definita come un processo attraverso il quale un’organizzazione recepisce e si fa permeare dai valori che provengono
dall’ambiente esterno.
Un aspetto che differenzia il neoistituzionalismo dall’istituzionalismo di Selznick è che, mentre quest’ultimo pone una forte enfasi sui
processi politici e sui conflitti fra i gruppi in termini di interessi, il primo li considera marginali. Inoltre, è diverso il modo di guardare
alla struttura. Il n.i. è interessato agli aspetti simbolici che permeano la struttura formale, mentre Selznick fa riferimento al
radicamento nelle comunità locali. È così introdotto il concetto di campo organizzativo, con il quale s’intende un aggregato di
organizzazioni che costituiscono un’area riconosciuta di vita istituzionale.
Altri aspetti del n.i. sono il fatto che le istituzioni non sono necessariamente viste come l’esito di azioni intenzionali di individui che
seguono una razionalità strumentale; piuttosto, gli attori seguono corsi d’azione che ritengono appropriati alla situazione. L’azione è
strutturata da regole condivise e si basa su routine, sistemi di credenze, aspetti simbolici. Come nota Scott, il n.i. pone l’enfasi sulla
cultura intesa come insieme di aspetti simbolici ed espressivi del comportamento umano.
Meyer e Rowan poi, sostengono che le organizzazioni tendono a conformarsi ai miti dell’ambiente istituzionale; uno di questi miti è la
razionalità. Per mito si intendono alcune regole istituzionali che descrivono alcune strutture formali come mezzi razionali per il
raggiungimento degli obiettivi. Affermano inoltre che, nelle organizzazioni c’è differenza tra strutture formali e informali. A proposito
poi del rapporto fra organizzazione e ambiente, si può parlare di isomorfismo, che implica che le organizzazioni nella loro
strutturazione si ispirino ad aspetti e concezioni che sono legittimati all’esterno e non operino esclusivamente sulla base di criteri di
efficacia ed efficienza.
PARTE II: IL MERCATO E I SUOI EFFETTI SULLA STRUTTURA SOCIALE
MAX WEBER – IL CAPITALISMO
Vita e opere
Weber nacque nel 1864 in una famiglia protestante che frequentava ambienti intellettuali; pertanto, fin da giovane ebbe importanti
stimoli culturali grazie al contatto con politici e figure di spicco della cultura tedesca del tempo. Oltre all’attività di ricerca e scrittura,
s’impegnò nell’attività politica schierandosi contro un nazionalismo aggressivo e l’antisemitismo. È uno dei maggiori esponenti della
cultura tedesca e uno scienziato sociale a tutto tondo. Nei suoi lavori si trovano i presupposti fondamentali della disciplina – il
postulato dell’assenza dei giudizi di valore, il concetto di Verstehen, il comprendere, lo strumento analitico del tipo ideale – e la
trattazione di temi appartenenti a tutti i campi del sapere sociologico. Il suo pensiero è influenzato dalla concezione materialistica
della storia di Karl Marx, dalla quale però si distacca ridimensionando l’importanza del conflitto di classe nello sviluppo storico.
Etica protestante e spirito del capitalismo
Per definire il concetto di capitalismo, Weber svolge un’intensa attività di ricerca necessaria per la formulazione di una vera e propria
tipologia di modelli di capitalismo. Secondo Weber difatti, “vi è capitalismo là dove la copertura del fabbisogno di un gruppo umano
ha luogo tramite impresa, non importa di quale fabbisogno si tratti”. Sono 3 i modelli individuati:
il primo è quello del capitalismo politico, che emerge quando è la sfera politica ad aprire degli spazi per l’attività economica, pertanto
prende forma attraverso le forze politiche e ha solo indirettamente un carattere economico.
Il secondo, quello commerciale, rappresenta la più antica forma di attività economica, fondata sullo scambio. Elementi costitutivi di
tale modello sono i primi metodi di commercio, di forme di pagamento e di prestito. È un capitalismo di piccola scala.
Il terzo, quello razionale, si fonda sulle attività di produzione, commercio e finanza e si basa su un preciso insieme di presupposti:
proprietà privata, libertà di mercato, tecnica razionale, diritto razionale, lavoro libero e commercializzazione dell’economia.
Secondo Weber, le varie forme possono coesistere, ma al contempo egli attribuisce al capitalismo razionale un’identità specifica,
fondata sul “calcolo razionale del capitale come norma”. Individua poi due tipi principali di fattori che causarono la nascita di tale
capitalismo: fattori di natura normativo-culturale, con particolare enfasi sul legame tra religione e radici del capitalismo evidenziando
la capacità dell’etica calvinista di influenzare l’azione economica; fattori di contesto, istituzionali e relativi alla dimensione
associativa-relazionale.
In L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Weber mostra il legame tra religione e attività economica attraverso il concetto di
Beruf, cioè il lavoro inteso come luogo per la propria realizzazione morale e religiosa; essendo poi dominante la teoria della
predestinazione – per la quale il destino individuale non può essere modificato – le chiese protestanti sostengono che l’unico modo di
essere graditi a Dio sia adempiere ai doveri terreni che risultano dalla posizione occupata dall’individuo nella vita, ossia dalla sua
professione che diviene la sua vocazione.
Non solo “L’etica”: i fondamenti istituzionali del capitalismo occidentale
Nonostante l’attenzione posta al ruolo della religione, Weber non sottovaluta l’importanza dei cosiddetti “fattori multipli” che
concorrono allo sviluppo del capitalismo. Durante un viaggio negli U.S.A., Weber osserva l’eredità lasciata dalle sette protestanti,
descritte come associazioni volontarie i cui meccanismi promuovono la buona riuscita in campo economico e professionale; le sette
difatti, sono comunità chiuse cui si accede per cooptazione, al cui interno circolano informazioni e si creano reti fiduciarie e solidarie
che rafforzano gli scambi economici.
A questi fattori associativi e relazionali si uniscono quelli istituzionali e storici: attraverso l’approccio storico e della spiegazione
causale, Weber ricostruisce l’affermarsi del capitalismo, descritto come un processo complesso e graduale, una traiettoria di sviluppo
che si estende su più secoli e che scaturisce appunto da un insieme di concause di natura culturale e istituzionale. Vi sono 3
particolari precondizioni considerate determinanti:
la prima è l’affermarsi della città occidentale e della borghesia urbana. Il tipo di città cui si fa riferimento è quella che si sviluppa
all’epoca dei comuni medievali, ma trae origine dalla polis greca; quindi, luoghi di commercio e di produzione, entità politicamente
indipendenti dal signore dove si instaurano pratiche di cooperazione economica non tradizionali, cioè non fondate su legami di
parentela o su gerarchie religiose, bensì tra singoli individui. Protagonista è la borghesia urbana, che sfida le regole e l’organizzazione
della signoria fondiaria e della produzione orientata all’economia domestica e all’auto-consumo. Importante è poi la dissoluzione
delle corporazioni medievali e il venir meno del loro potere regolativo.
La seconda è il processo di demagificazione del mondo, cioè lo sviluppo della razionalità in ogni ambito della vita sociale. Tale
processo rimuove i vincoli alla condotta di vita legati alle visioni del mondo fondate sulla sacralità e la tradizione, facendo spazio alla
logica scientifica e all’empirismo. Ruolo di primaria importanza è svolto dalla scienza empirica moderna che sarà poi coniugata con la
tecnica razionale. La razionalizzazione è quindi il presupposto per il coordinamento e la pianificazione su larga scala dell’attività
economica; tuttavia, il pensiero weberiano giungerà a rileggere il processo di razionalizzazione della modernità come un crescente
predominio delle logiche di efficacia, produttività e burocrazia che conducono alla “fuga dello spirito” – scissione tra razionalità e
valori, tra cultura e natura, che sarà il germe della decadenza occidentale.
La terza è la presenza di uno stato razionale moderno, sviluppatosi dopo l’epoca dei comuni. Lo stato weberiano è quello “stato di
diritto” che offre le condizioni per l’espansione di un capitalismo organizzato e politicamente regolato. Questo prende forma e si
struttura su una serie di fattori: un diritto razionale, un’organizzazione razionale, un’azione politica razionale e un sistema monetario
nazionale. Weber sottolinea il ruolo giocato dalla burocrazia, forma particolarmente pervasiva del processo di razionalizzazione.
L’attualità di Weber
L’influenza di Weber sulle scienze sociali contemporanee è enorme, ma può essere riassunta facendo riferimento a due aspetti
principali:
il primo a carattere metodologico, relativamente al quale Weber ha adottato un approccio comparato per individuare le
caratteristiche e specificità del capitalismo; il confronto tra paesi aiuta a individuarne meglio le peculiarità e punti di forza e di
debolezza.
Il secondo è dato dall’introduzione dell’idealtipo, che consente di astrarre determinate caratteristiche di un fenomeno dal suo
specifico contesto storico riassumendole in un costrutto teorico, appunto un tipo ideale. Tale strumento continua ad essere
ampiamente utilizzato per inquadrare le caratteristiche del capitalismo contemporaneo e per comparare – rispetto a un idealtipo – le
specificità delle diverse varianti di capitalismo.
Altro elemento è dato dall’importanza che Weber attribuiva alle spiegazioni basate sull’azione congiunta di una pluralità di variabili,
che lo portava a sostenere come sia molto difficile individuare processi causali semplici e unidirezionali; ciò ha influenzato l’approccio
metodologico della political economy contemporanea, la quale sottolinea l’importanza dell’interazione tra una serie di fattori che
vanno a favorire o ostacolare determinati equilibri e trasformazioni di capitalismi.
Quarto elemento è dato dal ruolo giocato dalla storia e dalla necessità di studiare il capitalismo radicandoli nel loro passato, con la
consapevolezza che la loro storia non determina il futuro, ma senz’altro lo influenza.
Il contributo di Weber allo studio del capitalismo è anche direttamente collegato a quanto la sua analisi ha fatto emergere in termini
di variabili dipendenti e indipendenti collegate allo sviluppo del capitalismo. Per esempio, a livello micro, l’aver sottolineato come la
razionalità del soggetto sia sempre radicata in un sistema di valori e in una cultura condivisa ha dato un importante contributo per
identificare l’homo oeconomicus; a livello macro invece, Weber ha enfatizzato il peso della dimensione culturale e il ruolo dei valori
nell’influenzare gli assetti e le traiettorie del capitalismo.
Anche i lavori sul ruolo dello stato e della macchina amministrativo-burocratica hanno avuto un impatto rilevante fino agli anni più
recenti; il tema è stato difatti posto al centro di un dibattito che ha mostrato come le diverse logiche di intervento dell’attore pubblico
nel sostegno allo sviluppo e all’innovazione, nelle politiche del lavoro, nell’istruzione e nelle politiche sociali, rafforzino la presenza di
percorsi e rendimenti differenziati tra i modelli di capitalismo.
MAX WEBER – LA BUROCRAZIA COME APPARATO DEL POTERE LEGALE
La “sociologia comprendente”
La questione di fondo da cui si parte è la risposta che Weber dà al grande problema che sul finire del 19° secolo alimentava il
dibattito tra positivisti sociali e storicisti: quale dev’essere l’oggetto e lo scopo di conoscenza delle scienze storico-sociali, e quale
metodo esse devono adottare? I primi sostenevano che fosse possibile ricondurre le scienze sociali al grande modello delle scienze
naturali in modo che, come a queste spetta il compito di scoprire le leggi universali che regolano il mondo della fisica, della chimica,
della biologia, così alle scienze sociali e in particolare alla sociologia deve spettare il compito di scoprire le leggi universali che
presiedono allo sviluppo della società umana; gli storicisti invece, sostenevano che tutto ciò non fosse possibile per il semplice fatto
che non esistono leggi del divenire umano.
Di fronte a tale dibattito, la posizione di Weber è definita dal rifiuto delle tesi positiviste ma anche da una radicale riformulazione
delle tesi storiciste; non solo non esistono leggi universali della storia umana, ma non è neppure fondato privilegiare alcune sfere
dell’attività umana indicandole come capaci di spiegare in ogni caso ciò che avviene in altre sfere.
Weber non accetta nemmeno il positivismo metodologico di Durkheim, che considera la società come una realtà morale che viene
prima dei singoli individui, nel senso che compito della sociologia è di studiare i fatti sociali come se fossero cose esterne e
indipendenti dalle coscienze individuali e provviste di un potere coercitivo sulle condotte dei singoli soggetti.
Dall’altro lato però Weber si discosta anche dalle conclusioni degli storicisti che affermando il carattere irripetibile e unico dei
fenomeni umani, negano la possibilità di generalizzazioni e di confronti, negando così di fatto alla sociologia uno spazio autonomo
rispetto alle discipline storiografiche.
Oggetto della sociologia per Weber è l’agire dotato di senso, definito come “l’atteggiamento umano a cui l’individuo che agisce
attribuisce un suo senso soggettivo, in riferimento all’atteggiamento di altri individui”.
Scopo della sociologia è quello di comprendere e al tempo stesso di spiegare l’agire sociale di una o più persone, in modo da
pervenire a conclusioni il più possibile oggettive.
Comprendere significa rendere evidente il senso di un dato agire umano, e ciò è possibile dal momento che “il comportamento
umano presenta una intelligibilità intrinseca dovuta al fatto che gli uomini sono dotati di una coscienza”. A sua volta spiegare
significa trovare le cause che si suppone abbiano provocato quell’agire. Comprendere e spiegare non si contrappongono, bensì
devono integrarsi in un unico processo di spiegazione comprendente, dove le relazioni di causa diventano anche relazioni di senso. La
spiegazione comprendente non si avvale solo del metodo individualizzante – cioè del metodo usato tipicamente dagli storici per la
ricostruzione dei singoli eventi che essi studiano – ma anche del metodo generalizzante – cioè del metodo che consente giudizi
generali e confronti tra le varie forme dell’agire sociale nonché tra le varie istituzioni prodotte da quell’agire, in società ed epoche
differenti.
L’agire dotato di senso
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