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L'EFFETTIVO RUOLO DELLE AGENZIE

Sono gli aspetti importanti del ruolo svolto dalle agenzie interinali. Per prima cosa è frequente che la formazione dei giovani operai avvenga sul campo e cioè che ad essi vengano subito affidati ruoli chiave con l'affiancamento di personale già esperto. Quindi le agenzie vendono fiducia, poiché forniscono lavoratori privi di esperienza ma che sono molto adattabili e con forti capacità di apprendimento. Difatti, la selezione avviene, più che sulle competenze, sugli aspetti relazionali e sul carattere del lavoratore. Inoltre, visto che gran parte delle missioni riguarda mansioni operaie e che tra i giovani candidati prevalgono gli istruiti, si cerca di favorire l'inserimento dei diplomati in attività manuali. I giovani diplomati cominciano ad accettare lavori dequalificati, che hanno poco a che fare con le loro ambizioni, solo perché vivono il lavoro interinale come un periodo di.

transizione e che non impegna più tanto la loro persona visto che le missioni hanno breve durata. Poi può accadere che non pochi giovani si adattino a tali lavori nel caso di aziende medio-grandi, dove in futuro potrebbero esserci non poche possibilità di far carriera e salire di livello e soprattutto stabilizzarsi. 3.7. IL LAVORO INTERINALE COME PERIODO DI PROVA Parecchie imprese ricorrono al lavoro interinale in vista di un'assunzione. La missione costituisce quindi un periodo di prova e l'agenzia svolge il ruolo di selezione e di reclutamento dei candidati. La probabilità che la missione si trasformi in assunzione è maggiore per quelle di durata media e per chi ha già svolto alcune missioni, ma non per chi ne ha svolte molte. Quando la missione ha tempi brevi vuol dire che c'è un'esigenza temporanea dell'impresa; mentre quando è di lunga durata si tratta per lo più di consulenze e quindi leimprese non sono interessate all'assunzione, altrimenti avrebbero trasformato prima il contratto per ragioni economiche. Quindi è raro che il lavoratore possa essere assunto alla prima missione, confermando il fatto che le imprese danno importanza all'esperienza. Uno studio ha mostrato come chi ha svolto almeno una missione di lavoro interinale ha una probabilità di conseguire un'occupazione permanente doppia di chi non ne ha svolta alcuna, ma tale probabilità avrebbe un aumento simile anche nel caso di altre forme di lavoro non standard e inoltre non aumenta affatto in un mercato del lavoro che non crea adeguate occasioni di lavoro permanente nel settore privato, quale quello del Mezzogiorno. Un secondo studio invece ha messo a confronto 2 periodi del mercato del lavoro e cioè un periodo in cui non era possibile utilizzare il lavoro interinale e un periodo in cui questa possibilità esisteva. Quindi dal primo al secondo periodo, per chi ha un

lavoro occasionale risulta più rapido il passaggio ad una condizione di lavoro continua, ma costituita prevalentemente da contratti a tempo determinato, mentre rallenta l'ingresso nell'occupazione stabile. Anche se pare arbitrario attribuire questo mutamento alla sola introduzione del lavoro interinale, la "misurata di regolazione" del pacchetto Treu del 1997 pare abbia prodotto soprattutto per i giovani una maggiore continuità di occasioni di lavoro instabili.

4. METTERSI IN PROPRIO: LA PRESUNTA FUGA DAL LAVORO DIPENDENTE

La modernizzazione di un sistema economico era tradizionalmente associata all'espansione delle grandi organizzazioni produttive a spese delle attività indipendenti e delle piccole imprese su base familiare. L'Italia è il paese sviluppato con la percentuale più alta che riguarda la quota di occupazione indipendente. Clamorosa inoltre è la rinascita del lavoro indipendente nei paesi in cui sembrava

quasi scomparsa, ovvero Gran Bretagna, Svezia, Spagna, Portogallo, Belgio e Irlanda. Solo in Danimarca e Giappone la quota ha continuato debolmente a diminuire negli anni. Ma cmq gli anni ’90 non sono stati favorevoli per il lavoro indipendente in generale.

4.1. UNA CATEGORIA ETEROGENEA

Lavoratore indipendente è chi lavora per proprio conto, come indica il termine inglese self employed, edovrebbe poter organizzare la propria attività senza alcun vincolo, essere cioè autonomo.

I tradizionali lavoratori indipendenti sono imprenditori, professionisti, lavoratori in proprio e coadiuvanti familiari. Gli imprenditori si distinguono in quanto, oltre ad aver investito un non trascurabile capitale proprio, impiegano dei lavoratori dipendenti; anche i professionisti possono avere dei collaboratori dipendenti (segretarie, infermiere, ecc.), ma si qualificano per la natura intellettuale della prestazione, regolata spesso da ordini o albi. I lavoratori in proprio non hanno

dipendenti e non svolgono attività professionali: le loro mansioni sono quindi per lo più manuali o di servizio. Si tratta quindi di piccoli commercianti e artigiani. I familiari che aiutano queste categorie sono considerati coadiuvanti.

4.2. CON E SENZA SALARIATI

La prima dimensione che distingue gli indipendenti è l'impiego di lavoratori salariati. L'Italia è il paese con la più elevata percentuale di occupazione indipendente extragricola dopo Turchia e Grecia. Dunque ancor più che di ripresa delle piccole imprese si dovrebbe parlare di rinascita del tradizionale lavoro in proprio, tutt'al più con il contributo di qualche familiare. L'Italia si conferma il paese in cui maggiore è il peso delle microimprese sino a 19 addetti e minore quello delle grandi oltre i 500. Molti lavoratori formalmente indipendenti possono essere legati da contratti di subappalto o consulenza con un solo committente e quindi essere soggetti

di fatto ad un controllo gerarchico, senza però avere i diritti associati dello status dipendente. Rispetto ai tradizionali lavoratori indipendenti queste figure hanno un minore grado di copertura rispetto al ciclo economico poiché se perdono l'unico committente si ritrovano senza reddito. In parecchi paesi si sono molto diffuse, soprattutto nei servizi alle imprese, nelle assicurazioni, negli affari immobiliari, nella vendita a domicilio.

4.3. INDIPENDENTI, MA POCO AUTONOMI

Franchising = una società proprietaria di un marchio concede di vendere beni o servizi con questo marchio, ricavando una percentuale sulle vendite. Spesso il concedente cerca un concessionario, sia esso imprenditore o lavoratore in proprio, poco esperto in modo da potergli imporre molti vincoli tali da ridurne l'autonomia di gestione. Ne risulta una rete molto flessibile e a basso costo per la società concedente.

Tale spiegazione/introduzione ci è utile per capire come si sia

Indebolita la distinzione tra lavoro salariato e lavoro indipendente. Un'ulteriore forma di esternalizzazione dei servizi sono le cooperative di lavoro. In esse i soci sono considerati lavoratori indipendenti, pur facendo parte di un'organizzazione anche ampia. Le cooperative di produzione e lavoro sono un fenomeno tipico dell'Italia, in cui si concentra l'80% dell'occupazione in cooperative dell'intera Unione Europea.

A lungo le cooperative sono state un buon sostituto del lavoro interinale, soprattutto per i servizi di pulizia e manutenzione.

Professionisti, commercianti e artigiani sul piano giuridico hanno una completa autonomia organizzativa, ma non per tutti i lavoratori indipendenti è così. Il grado di autonomia scompare del tutto per chi lavora con un solo committente, sia esso piccolo imprenditore o lavoratore in proprio, oltre che ovviamente per i coadiuvanti familiari.

"Mettersi in proprio" spesso viene visto e analizzato in

2 modi diversi. Può essere visto come frutto o di una scelta alla ricerca di più elevati livelli di reddito e autonomia oppure di una risposta obbligata all'esigenza di procurarsi di che vivere in mancanza di occasioni di lavoro dipendente. 4.4. ORARI E GUADAGNI I lavoratori indipendenti sono impegnati molto più a lungo dei lavoratori dipendenti. L'orario di lavoro risulta particolarmente lungo per i maschi. Inoltre ad un impegno così gravoso non sempre corrispondono elevati guadagni che lo compensino. Sarebbe tra l'altro anche inutile confrontare i guadagni dei lavoratori dipendenti con quelli dei lavoratori in proprio, perché comunque questi ultimi possono approfittare di metodi illegali per creare profitto, e cioè evasione o elusione fiscale. Questi sono comportamenti tipici in tutti i paesi. Tra i lavoratori indipendenti se molti lavorano duro, ma guadagnano tanto, alcuni guadagnano poco, pur lavorando molto. 4.5. LA STABILITÀ DIper la mancanza di sicurezza e stabilità. Tuttavia, è importante sottolineare che l'attività non protetta può comportare rischi significativi per i lavoratori indipendenti. In primo luogo, i lavoratori autonomi non godono delle stesse tutele e diritti dei dipendenti, come ad esempio la copertura assicurativa per infortuni sul lavoro o la possibilità di beneficiare di un sistema di previdenza sociale. Questo significa che in caso di malattia o infortunio, i lavoratori autonomi potrebbero trovarsi in una situazione di grande difficoltà economica. In secondo luogo, l'attività non protetta può comportare una maggiore incertezza economica. I lavoratori autonomi sono esposti a fluttuazioni del mercato e possono subire perdite finanziarie significative in caso di crisi economica o di calo della domanda dei loro prodotti o servizi. Infine, l'assenza di una rete di supporto può rendere i lavoratori autonomi più vulnerabili a situazioni di sfruttamento o abusi da parte dei committenti o dei clienti. Senza una rappresentanza sindacale o una struttura di supporto, i lavoratori autonomi potrebbero trovarsi in una posizione di svantaggio nella negoziazione dei contratti o nella risoluzione di eventuali controversie. In conclusione, sebbene il lavoro autonomo possa offrire vantaggi come maggiore autonomia e possibilità di guadagni più elevati, è importante considerare attentamente i rischi e le sfide che comporta l'attività non protetta. È fondamentale che i lavoratori autonomi abbiano accesso a tutele e diritti simili a quelli dei dipendenti per garantire una maggiore sicurezza e stabilità nel loro lavoro.

più che sufficiente per il più lungo orario di lavoro e i presunti maggiori margini di rischio.

4.6. CHI LAVORA IN PROPRIO

Le caratteristiche di chi ha più possibilità di mettersi in proprio corrispondono a uomini, in età adulta, capifamiglia, denaro disponibile da investire, diverse esperienze lavorative.

L’età caratterizza molto il lavoro indipendente. In tutti i paesi sia per gli uomini sia per le donne la quota di indipendenti extragricoli aumenta al crescere dell’età.

Quindi viene smentito il fatto che i giovani preferiscono lavori autonomi e creativi, ma non conferma neppure che siano meno “inprenditivi” degli adulti e mirino al posto fisso.

Motivi strutturali spiegano come mai mettersi in proprio sia una possibilità più per adulti che non per i giovani al loro debutto nel mondo del lavoro.

un costante aumento. Secondo i dati più recenti, circa il 30% dei ventenni italiani è impegnato in attività lavorative autonome. Questo trend può essere attribuito a diversi fattori, tra cui la crescente difficoltà nel trovare un impiego stabile nel mercato del lavoro tradizionale, la volontà di perseguire progetti personali e la possibilità di sfruttare le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalla condivisione di risorse. Inoltre, l'ascesa dell'economia digitale e l'accesso sempre più diffuso a internet hanno reso più accessibili e convenienti le attività indipendenti, consentendo ai giovani di avviare e gestire i propri business con minori risorse finanziarie e logistiche. Tuttavia, è importante sottolineare che l'attività indipendente presenta anche sfide e rischi, come l'instabilità economica, la mancanza di protezioni sociali e la necessità di acquisire competenze imprenditoriali. Pertanto, è fondamentale che i giovani imprenditori ricevano il supporto e le risorse necessarie per avere successo nel loro percorso imprenditoriale.
Dettagli
Publisher
A.A. 2008-2009
13 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Novadelia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze Sociali Prof.