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NATURA
Conseguenze sociali non meno pesanti si manifestarono anche dal punto di vista della natura. Il libero scambio dei prodotti, accompagnato dal miglioramento dei trasporti, mette in crisi i produttori agricoli, soprattutto in Europa (presto servirà il grano americano), i contadini devono abbandonare le campagne alla ricerca di un lavoro e si determinò la "distruzione della società rurale".
MONETA
Anche la riduzione della moneta a merce acquistata e venduta sul mercato porta a conseguenze sociali, nel sistema dei mercati autoregolati la moneta diventa un mezzo di scambio legato all'oro. Si incoraggiano gli scambi internazionali perché si garantisce la stabilità del cambio, ma crescono i rischi per l'economia interna. Una crescita delle importazioni → deflusso di oro → riduzione della quantità di moneta circolante in un paese → diminuzione della moneta disponibile per i pagamenti interni → calo delle vendite che.
colpisce le attività produttive → aumento disoccupazione. È vero che l'abbassamento dei prezzi col tempo determina un aggiustamento dell'economia interna che avvantaggia le imprese esportatrici e ristabilisce l'equilibrio dei conti con l'estero, ma nel frattempo i costi della deflazione per l'economia e per la società sono molto alti. I MECCANISMI DI AUTODIFESA DELLA SOCIETÀ Anche se i mercati del lavoro, della terra e della moneta sono essenziali per un'economia di mercato, la società non può sopportare a lungo i costi imposti da tali modalità di funzionamento dell'economia. Per questo cominciano a manifestarsi delle reazioni, dei meccanismi di "autodifesa della società" già a fine '800. Da un lato i mercanti si estendono sempre di più, dall'altro provvedimenti e misure politiche si integrano alle istituzioni che controllano il mercato. LAVORO La reazione aIl livello sociale si esprime con lo sviluppo del movimento operaio, la crescita delle organizzazioni sindacali e dei partiti socialisti. C'è inoltre una nuova legislazione nel campo sociale e del lavoro, che vuole limitare la dipendenza delle condizioni di vita dalle possibilità offerte dalla vendita della forza lavoro sul mercato.
NATURA
Si manifesta il protezionismo agrario. Di fronte alla crisi delle strutture agrarie tradizionali crescono le pressioni per una legislazione che limiti l'esposizione al mercato. Dal 1870: interventi di protezione tariffaria e di sostegno all'agricoltura. Contadini e proprietari terrieri si uniscono per difendere la società tradizionale minacciata dal mercato.
MONETA
L'onda protezionista investe anche il mercato della moneta. Importante è il ruolo delle banche centrali nei vari paesi, attraverso queste strutture l'offerta di credito viene centralizzata e controllata. Questo permette di mitigare gli effetti
negativi derivanti da transazioni internazionali (soprattutto gli effetti deflattivi di una riduzione della moneta che potevano essere attutiti attraverso la crescita dei prestiti).
IL NUOVO PROTEZIONISMO
Il nuovo protezionismo ha effetti diversi sulla società e sull'economia di mercato: dal lato della società attenua i costi e le tensioni legate al diffondersi del mercato, dal lato dell'economia genera vincoli che intralciano il funzionamento dei mercati autoregolati.
Si riduce la flessibilità e cresce il costo del lavoro, mentre le tariffe doganali limitano gli scambi commerciali.
Conseguenze: restringimento del commercio e degli scambi internazionali, che limita le possibilità di smercio dei beni proprio nel momento in cui il progresso delle tecniche aumenta la produttività delle imprese.
CONTRASTARE LA SOVRAPPRODUZIONE
Ci sono due tentativi di alleviare e di allontanare la crisi di sovrapproduzione di fronte allo scarto sempre più ampio.
tra produzione e consumi:- politiche coloniali: uno strumento per procurarsi materie prime a più basso costo e possibili mercati di sbocco protetti dalla concorrenza di altri paesi. L'imperialismo economico, la crescente chiusura delle economie e il diffondersi del nazionalismo politico contribuiranno allo scoppio della 1gm.
- diffondersi dei prestiti e del credito a livello internazionale, così si evitava la crisi economica (soprattutto post guerra), ma con il tempo questo meccanismo non poteva reggere, i prestiti non potevano sostenere un'economia reale che non riusciva a vendere ciò che produceva e che non poteva abbassare i suoi costi a causa del rigido protezionismo. Si giunse così alla Grande Crisi del '29, che per P segna il tramonto del sistema economico basato sui mercati autoregolati e porta al superamento del capitalismo liberale.
IL FALLIMENTO DEL CAPITALISMO LIBERALE
Secondo P la fine del cap non è dovuta alla 1gm, al
Le cause della crisi sono sociali e politiche: è il nuovo protezionismo istituzionale innescato dall'autodifesa della società che blocca il funzionamento dei mercati.
Per P è il conflitto di fondo tra il funzionamento del mercato e le esigenze della vita sociale a generare le tensioni che portarono alla fine della società del cap liberale.
P si sforza di trovare dei tratti comuni nelle nuove forme di regolazione dell'economia, apparentemente, le differenze tra i fascismi europei, il New Deal americano, e il socialismo russo sono forti.
Soprattutto se si guarda alle forme di organizzazione del potere politico, sono esperienze che nascono da una causa comune -il fallimento del capitalismo liberale- e si muovono in forme diverse verso una direzione comune: reincorporazione dell'economia nella società.
C'è quindi il tentativo di
reintrodurre quelle forme di regolazione sociale e politica che erano saltate con il sistema economico dei mercati autoregolati che innovando avevano fatto dipendere la storia dall'economia. Le nuove forme di regolazione che si sperimentano dopo la grande trasformazione possono essere compatibili con la persistenza del mercato e della libertà?
IL MERCATO DOPO IL FALLIMENTO
Oi mercati concorrenziali possono continuare a funzionare per la produzione di beni e servizi, assicurando la libertà del consumatore, influendo sul reddito dei produttori e come strumento di calcolo per il soddisfacimento dei bisogni della popolazione. L'idea di fondo è che il mercato non sia necessariamente in contraddizione con obiettivi e strumenti di programmazione economica.
LA LIBERTÀ DOPO IL FALLIMENTO
Anche la libertà non scomparirebbe, P contrasta l'idea di molti teorici liberali per cui dato che le libere istituzioni sono il prodotto dell'economia di mercato.
dovranno essere soppiantate dalla schiavitù una volta scomparsa quell’economia. Il collasso del capitalismo liberale mette però in pericolo due tipi di libertà negative: la libertà di sfruttare gli altri uomini, di realizzare guadagni sproporzionati ai benefici collettivi che discendono dalla propria azione - sarebbe un vantaggio se queste libertà scomparissero - positive: la libertà di coscienza, di parola, di riunione, di associazione, di scelta del proprio lavoro - queste libertà devono essere difese, ma è sbagliato pensare che dipendano solo dall’esistenza dei mercati autoregolati. La fine del capitalismo liberale non comporta necessariamente quella del mercato e della libertà. ___________________________________________________________________________________ JOSEPH SCHUMPETER (1883-1950) - è un economista più che un sociologo - al centro della sua indagine: il cambiamento economico che si scontra con ilruolo delle istituzioni - nasce nell'impero austro ungarico di fine '800 e si forma a Vienna, studia storia, diritto e si specializza in economia - pur essendo un liberista conservatore è colpito dal pensiero di Marx, per la sua capacità di cogliere le trasformazioni storiche e la dinamica del cap - fu ministro delle finanze nella repubblica di Weimar e negli anni '30 si trasferisce negli USA dove insegnerà a lungo ad HarvardECONOMIA E SOCIOLOGIA ECONOMICA
Diede particolare importanza alla definizione dei confini tra economia e sociologia economica.
Sosteneva che nell'ambito dell'economia fosse necessario distinguere tra un approccio storico e uno teorico.
Nell'ambito della scienza economica ogni contrapposizione tra approccio storico e approccio teorico è sbagliata, bisogna distinguere tra "teoria economica", "storia economica" e "sociologia economica".
Schumpeter diede particolare importanza alla
Definizione dei confini tra economia e sociologia economica. Sosteneva che nell'ambito dell'economia fosse necessario distinguere tra un approccio storico e uno teorico. Sottolinea come nell'ambito della scienza economica ogni contrapposizione tra approccio storico e approccio teorico è sbagliata. Occorre distinguere tra "teoria economica", "storia economica" e "sociologia economica". Ognuna di queste prospettive ha una sua legittimità e utilità, ma bisogna evitare di confonderle. L'economista teorico deve conoscere anche gli strumenti delle altre discipline, e quelli della statistica, non si può passare da modelli analitici all'indagine sulla realtà sociale senza una conoscenza della storia e del ruolo delle istituzioni. Si difende per via analitica la validità dell'economia neoclassica, ma sottolinea anche che per analizzare le attività economiche concrete occorre tenere conto
della loro collocazione nel processo storico, dell'importanza dell'esperienza concreta e di come cambia nel tempo. L'importanza dei fattori non economici, gli aspetti istituzionali, nel condizionare le attività economiche e le loro variazioni nel tempo e nello spazio fa sì che si debba anche prendere in considerazione il contributo della sociologia economica. Per S, l'economia scientifica (economics > political economy) comprende "il complesso delle tecniche storiche, statistiche e teoriche insieme con i risultati che esse aiutano ad ottenere". L'economia intesa in questo senso ampio corrisponde all'economia sociale che Weber cercò di diffondere in Germania. IMPRENDITORIALITÀ E SVILUPPO ECONOMICO Nonostante l'obiettivo esplicito di costruire una teoria puramente economica dello sviluppo (Teoria dello sviluppo economico), di fatto