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Problemi dell'inserimento nell'economia internazionale
Non si formano, dunque, le risorse di capitale necessarie per lo sviluppo; mentre la concorrenza delle industrie già consolidate degli altri paesi mette in crisi le attività di tipo artigianale meno competitive.
L'inserimento nell'economia internazionale è fonte, dunque, di rilevanti problemi e non solo di opportunità.
Tali problemi sono sottolineati, appunto, dall'approccio dipendentista che si forma inizialmente a partire da una riflessione sul fallimento dei tentativi di sviluppo di diversi paesi latino-americani ma si estende poi a una visione più generale delle periferie. Comune a questo approccio è l'idea che l'incremento dei contatti con i paesi industrializzati, invece di favorire lo sviluppo, provocasse una situazione di sottosviluppo (per sottolineare lo sfruttamento da esse subìto da parte delle società centrali).
Vi sono tre meccanismi che determinano una sottrazione di risorse per le aree.
periferiche:- lo scambio ineguale: i paesi sottosviluppati esportano prodotti a prezzi bassi ed importano prodotti a prezzo elevato; l'inserimento diretto del capitale straniero:- si insedia nei paesi sottosviluppati dove la manodopera costa meno, quindi ne trae vantaggi che vengono sottratti ai paesi stessi; ricorso crescente ai prestiti internazionali: che comprime le risorse disponibili per lo sviluppo.
l'America Latina Per quanto riguarda si tende anche a sottolineare il ruolo scarsamente propulsivo della borghesia nazionale che, non essendo in grado di sostenere un progetto di sviluppo autonomo, di fronte alla situazione di instabilità sociale e politica determinata dallo sviluppo dipendente, è pronta con l'aiuto dei militari e dei paesi centrali, a sostenere soluzioni autoritarie anch'essi interessati al mantenimento dello status quo. È sentita l'esigenza, anche di alcuni teorici della dipendenza, di un'analisi integrata dello sviluppo.
che colleghi vincoli esterni e fattori istituzionali interni, dando più spazio e più autonomia agli attori politici e alla loro azione. Nuova political economy comparata anni '70 Negli il quadro delle esperienze di sviluppo dei paesi del Terzo Mondo si è fatto più variegato: in alcuni nuovi paesi (specie nel continente africano) le difficoltà sono continuate o addirittura aggravate, ed in altri (America Latina ed Est Asiatico), invece, si sono verificati processi rilevanti di sviluppo economico. Questa situazione ha orientato la ricerca in due direzioni: 1) si prende consapevolezza dei limiti sia della teoria della modernizzazione sia di quella della dipendenza perché non erano in grado di rendere conto della crescente differenziazione dei processi di cambiamento; 2) prende campo un nuovo approccio che è stato definito come nuova political economy comparata che cerca di capire i fenomeni di dinamismo, stagnazione e regressione, servendosiMaggiormente di comparazioni tra un numero limitato di casi (alcuni studi hanno messo a confronto i paesi dell'Est dell'America Latina, ecc.). Asiatico, altri quelli ponevano l'attenzione prevalentemente sulla dimensione culturale dove lo stato doveva solo creare le precondizioni per lo sviluppo del mercato; poneva l'attenzione, invece, sulla dimensione economica dove lo stato era debole rispetto agli interessi economici interni e internazionali; nella politica economy il fulcro è posto sul ruolo dello stato, che deve negoziare e controllare i rapporti internazionali.
L'efficacia dell'intervento statale sono tre:
- Una buona macchina statale che possa contrattare con gli interessi esterni per indirizzare e guidare lo sviluppo industriale all'interno, che possa tenere sotto controllo gli interessi di settori particolari e potenziare le esportazioni;
- La
Presenza di una leadership politica orientata allo sviluppo, largamente autonoma dagli interessi economici e sociali presenti nella società; l'isolamento istituzionale delle élite statali dagli interessi privati è importante affinché esse possano giocare un ruolo di indirizzo strategico dello sviluppo, senza subire i condizionamenti dei diversi settori.
Nel complesso, la political economy comparata si presenta come una nuova sintesi caratterizzata da una serie di elementi che ne distinguono l'approccio da quelli precedenti. I condizionamenti esterni variano nei diversi contesti (es. l'influenza americana, legata a problemi geopolitici nell'ambito del confronto con l'URSS, ha facilitato lo sviluppo di alcuni paesi asiatici, mentre ha avuto un ruolo meno favorevole in America Latina) e sono mediati dalla capacità strategica dello stato che dipende:
- dal formarsi di coalizioni di interessi economici e sociali che favoriscono
- ol'autonomiameno delle élite politiche;
- da tradizioni culturali che garantiscono la legittimazione della leadership;
- sull'efficienza;
- da tradizioni istituzionali che influiscono dello stato.
Fattori culturali e istituzionali condizionano, dunque, il processo politico, ma non è possibile predeterminare gli esiti e le conseguenze. L'interazione tra su di essi incide gli attori sociali e politici sulla base dei condizionamenti interni e internazionali. Viene, dunque, un'importante conferma dalla political economy comparata all'idea, già maturata nell'ambito della sociologia storica, della fondamentale varietà dei processi di modernizzazione sul piano storico-empirico.
Stato sociale keynesiano (forte e debole): l'intervento dello stato in campo economico e sociale del secondo dopoguerra veniva concepito come un'ottica strumento per uscire da una situazione di forte depressione di breve periodo, come Shonfield (1965) fece notare.
ma che successivamente ci si discosta da tale quadro in due direzioni:- si diffonde il keynesismo della crescita, cioè il tentativo di usare l'intervento statale, e soprattutto la spesa pubblica, come strumento per sostenere lo sviluppo economico e non solo per curare le depressioni;
- si diffondono i programmi di welfare indipendentemente dal ciclo economico e dalla situazione occupazionale.
La letteratura ha in genere condiviso l'idea di tre ideal-tipi principali di welfare, formulata da Richard Titmuss (1974) e successivamente da Esping-Andersen (1990):
- Modello istituzionale-redistributivo riconosce i diritti sociali come componenti essenziali della cittadinanza. Si tratta di programmi pubblici che forniscono benefici uniformi per tutti i cittadini, quindi su base universalistica (es. Svezia, Norvegia e Danimarca dove vi è un forte il movimento operaio e la presenza prolungata di partiti di sinistra al governo);
- Modello residuale in cui la protezione sociale pubblica è volta a coprire una fascia limitata di popolazione che si trova in condizioni di particolare indigenza e bisogno, per rischi che non sono coperti dal mercato, dalla famiglia o da forme di azione volontaria (es. Stati Uniti dove il welfare si espande negli anni '30 con il new Deal e poi soprattutto negli anni '60, in un contesto che resta però fortemente
Influenzato dall'ideologia liberale, dalla minore forza del movimento operaio e dall'assenza di partiti di orientamento socialista); in cui l'assicurazione contro i principali rischi non si basa su un diritto di cittadinanza, ma sull'appartenenza a una categoria socioprofessionale; il finanziamento si basa sui contributi più che sulla tassazione, per cui sono più deboli le finalità redistributive e prevalgono nettamente i trasferimenti monetari rispetto ai servizi offerti dallo stato (es. Germania, Austria, Belgio, Italia, Spagna, Portogallo e in l'Olanda).
Una caratteristica del "modello è la particolare influenza continentale" esercitata sul piano politico dalla cultura cattolica.
Nell'amb