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MA
• sono indubbie la presenza universale della «organizzazione informale» (con conflitti, trattative,
negoziazioni tra gli individui non previste dalla struttura formale) e le incertezze derivanti
dall’ambiente, dalla tecnologia, dall’individuo.
Nessuna delle due concezioni, prese singolarmente, offre una comprensione adeguata delle
organizzazioni:
• l’approccio del sistema razionale trascura le influenze dell’ambiente e la dimensione
dell’organizzazione informale. Trascura l’incertezza per vedere (quasi esclusivamente) la
razionalità.
• l’approccio del sistema naturale considera come marginali gli obiettivi organizzativi ed il problema
del loro perseguimento. Ignora l’azione razionale per considerare i processi spontanei.
Una posizione di sintesi: Simon, March, Cyert
• Organizzazione (complessa) come fenomeno che affronta e risolve i problemi in un ambiente che
non rivela completamente le alternative disponibili e le conseguenze connesse
• Necessità di processi di ricerca, apprendimento e decisione in un ambiente complesso, secondo
criteri di «razionalità limitata» e non di «razionalità assoluta» (adempimento soddisfacente vs.
massimizzazione dell’efficienza)
• Organizzazioni come sistemi aperti, indeterminati ed esposti all’incertezza, ma allo stesso tempo
soggetti a criteri di razionalità e quindi richiedenti determinatezza e certezza.
• Fondamentale risulta essere il problema del trattamento organizzativo dell’incertezza
• Ambiente, tecnologia e comportamenti individuali come principali fonti d’incertezza
• Differenze in tali dimensioni producono differenze nelle organizzazioni
Problemi comuni alle organizzazioni:
• Definire gli obiettivi o scopi dell’organizzazione (sebbene alcuni autori lo ritengano problematico)
• Dividere i compiti e le attività ed assegnarli ai componenti dell’organizzazione (chi fa che cosa:
divisione del lavoro e coordinamento)
• Reperire risorse dall’ambiente (materiali, finanziarie, tecnologiche, umane, di legittimazione)
• Distribuire (vendere, erogare) prodotti e servizi
• Convincere gli individui a partecipare all’organizzazione e a collaborare
• Controllare e coordinare i contributi degli individui
• Selezionare, addestrare e sostituire i componenti dell’organizzazione
Lezione 2
Frederick Taylor e la nascita dell’industria di produzione di massa •Ingegnere di Filadelfia,
rappresentante di un movimento più vasto verso la razionalizzazione organizzativa e l’applicazione
della scienza all’attività industriale negli ultimi due decenni del XIX secolo negli Stati Uniti
•Ultimidecenni‘800–inizio‘900: passaggio dalla produzione artigianale o semi-artigianale (craft
production) di pochi beni all’industria di produzione di massa (mass production) •L’industria di
produzione di massa realizza una grande quantità di prodotti uniformi, standardizzati,
conseguendo economie di scala = quindi a prezzi molto più bassi rispetto al passato
Dalla produzione artigianale alla produzione di massa Il passaggio alla produzione di massa è
reso possibile da: •progressi in campo tecnologico e produttivo (standardizzazione delle unità di
misura e dei materiali, produzione di pezzi intercambiabili, specializzazione delle macchine
utensili) rendono più facili le operazioni di montaggio •creazione di una rete di infrastrutture di
trasporto in grado di estendere le dimensioni dei mercati sul territorio nazionale (ferrovie, navi in
ferro), con concorrenza basata sul prezzo - La produzione di massa però richiede: •l’utilizzo di
grandi masse di operai, di manodopera •manodopera può essere fornita solo dagli immigrati ex-
contadini, provenienti dall’Europa meridionale, dalla Polonia, dall’Irlanda = manodopera generica,
non specializzata.
Per inserire nei processi produttivi grandi masse di immigrati, come operai non qualificati, occorre
cambiare l’organizzazione del lavoro •Nelle vecchie industrie manifatturiere della craft production
l’organizzazione del lavoro era caratterizzata da: -prevalenza operai di mestiere, qualificati o semi-
qualificati -ampia autonomia e discrezionalità concessa agli operai di mestiere, soprattutto ai
capisquadra -empirismo, improvvisazione nell’organizzazione della produzione
# Allora: taylorismo come creazione di una nuova organizzazione del lavoro che elimina
l’empirismo, l’improvvisazione = l’organizzazione scientifica del lavoro
Principi dell’Organizzazione scientifica del lavoro (Osl) •Studio scientifico dei migliori metodi di
lavoro, in rapporto alle caratteristiche dei lavoratori e delle macchine •Migliori metodi di lavoro =
metodi più efficienti; ricerca della soluzione ottimale, la «one best way», che è possibile ottenere
ed applicare, per avere la massima efficienza e per incrementare la produttività •Selezione e
addestramento scientifico della manodopera •Separazione tra progettazione, direzione ed
esecuzione del lavoro •Instaurazione di rapporti di stima e di cordiale collaborazione con la
manodopera
Caratteri dell’Osle del taylorismo
1)Scomposizione e analisi dei singoli movimenti e tempi di lavoro
2) Ricomposizione basata sul «montaggio» dei movimenti più razionali, sull’eliminazione di quelli
inutili, non efficienti, che fanno perdere tempo
3) Standardizzazione dell’attività lavorativa (metodi, operazioni, movimenti), con identificazione
delle procedure ottimali di lavoro
4) (Forte) semplificazione dei compiti lavorativi
5) Utilizzazione di appropriati strumenti di rilevazione e di controllo della conformità dei
comportamenti alle procedure lavorative predefinite
6) Razionalizzazione dell’organizzazione e gestione della produzione -> creazione di un «ufficio
programmazione» del lavoro per la definizione delle procedure, dei reparti e degli uffici (il «come
fare», prima lasciato alla discrezionalità e all’empirismo dei capisquadra), con analisti del lavoro,
misurazione tempi e metodi -> sviluppo della contabilità industriale, delle tecniche di
programmazione dell’attività
7) Creazione di grandi organizzazioni con molteplicità di livelli gerarchici (soprattutto fordismo)
8) Chiara definizione dei poteri e delle responsabilità ai vari livelli dirigenziali
9) Selezione scientifica della manodopera, in modo da ottenere «l’uomo giusto al posto giusto»
10) Politica di alti salari e paternalismo nei rapporti con gli operai -> dalla razionalizzazione e
dall’aumento della produttività soluzione anche al problema distributivo (da gioco a somma zero a
gioco a somma positiva)
- «Inutilità oggettiva» della rappresentanza collettiva dei lavoratori (i problemi si risolvono con la
scienza a beneficio di tutti, non attraverso i rapporti di forza tra datori di lavoro e sindacati)
Il taylorismo: alcune conseguenze sul lavoro
1)Enorme incremento di produttività del lavoro
2)Semplificazione dei compiti lavorativi porta a parcellizzazione del lavoro (soprattutto nel
fordismo)
3)Dequalificazione e ripetitività del lavoro
4)Perdita di controllo sul proprio lavoro da parte del lavoratore
5)Intercambiabilità dei lavoratori (fordismo)
Il taylorismo e l’incertezza organizzativa •Scienza («neutrale», «oggettiva») come criterio di
legittimazione dell’Osle del taylorismo •Possibilità di trovare sempre la «onebest way» •Ipotesi
della pianificazione completa dell’attività lavorativa (assenza di imprevedibilità): - Comportamento
umano prevedibile, pianificabile, dando agli individui le istruzioni, le procedure «giuste», ottimali -
L’operaio può accettare compiti ripetitivi, faticosi, dequalificanti in cambio di un compenso
adeguato («Monetizzazione del disagio») - Mercati in espansione = ambiente stabile e prevedibile
Quindi: assenza di incertezza, di imprevedibilità
#
Il fordismo
Ford(1863-1947) integra il taylorismo in due aspetti fondamentali: 1)Realizza, attraverso
l’innovazione tecnica del nastro convogliatore e della catena di montaggio (1912-
1913), la razionalizzazione del processo lavorativo su larga scala (e non solo in piccoli gruppi o
reparti sperimentali, come di fatto in Taylor). Il nastro convogliatore risolve anche il problema della
selezione e d’addestramento scientifico dei lavoratori: “la grande massa dei nostri addetti imparano
la loro bisogna in poche ore o in pochi giorni”(H.Ford) - Aumento produttività del lavoro =>
Diminuzione costi unitari produzione
2)Diminuzione costi unitari di produzione => Diminuzione dei prezzi di vendita => Aumento della
domanda (e quindi dei consumi) => Aumento volumi di produzione (output) => Diminuzione dei
costi unitari di produzione => Diminuzione dei prezzi di vendita
Ford integra produzione di massa con mercato di massa: rapporto consapevole e deliberato tra
organizzazione scientifica del lavoro, incrementi di produttività e struttura dei consumi.
I dipendenti sono considerati non solo come costo, ma come potenziale domanda (e quindi alti
salari).
Dalla produzione artigianale alla produzione di massa La Ford e la catena di montaggio
•Fino al 1903 nell’industria dell’automobile = un singolo assemblatore, si occupava di tutte le
operazioni di montaggio dell’automobile (motore, generatore, ruote…), dopo aver cercato i pezzi in
officina e, con l’aiuto dell’aggiustatore, averli resi compatibili tra loro per il montaggio
•Tra il 1903 e il 1913, nella Ford si verificano diverse fasi di trasformazione che portano, nel 1913,
all’introduzione della catena di montaggio = la vettura viene trasportata su un nastro convogliatore
presso le diverse stazioni di lavoro, dove gli assemblatori si occupano delle singole operazioni di
montaggio di pezzi intercambiabili. Non c’è più bisogno dell’aggiustatore
La Ford e la catena di montaggio
La Ford Modello T •La prima vettura Ford prodotta con il nuovo sistema è il «Modello T» (iniziato
nel 1908 e uscito di produzione nel 1927): un solo telaio e medesime parti meccaniche, in nove tipi
di carrozzeria
•1923: anno di massima produzione (2,1 milioni), In tutto prodotti oltre 15 milioni di esemplari
•Ragione principale di successo: bassi prezzi, continuamente in diminuzione dal lancio della
vettura (diminuzione dovuta soprattutto ai volumi crescenti che permettevano riduzione dei costi
unitari e quindi volumi produttivi ancora crescenti, in un circolo virtuoso). •Altra ragione di
succ