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DI CHE COSA E’ FATTA LA COMUNICAZIONE?
Ci sono diversi modelli volti ad identificare la struttura e gli elementi costitutivi della
comunicazione:
Modello informazionale (Shannon e Weaver): è un modello un po’
meccanicistico degli anni ‘40 ed è anche il primo, nato da parte di ingegneri che
dovevano ovviare ad un problema tecnico di rumore nella linea telefonica.
Shannon e Weaver individuano cinque elementi che costituiscono la struttura
comunicativa:
1. emittente
2. ricevente
3. messaggio
4. codice
5. canale lineare unidirezionale.
è una struttura e
Questo modello fu però superato prestissimo da quello di Lasswell
Modello delle 5W (di Lasswell): è un modello che si fonda su 5 domande che
rappresentano gli elementi fondamentali del processo comunicativo:
1. chi? (who)
2. dice che cosa? (says about)
3. attraverso quale canale? (in which channel)
4. a chi? (to whom): Ha grande influenza sulle forme della comunicazione, sul
linguaggio, sugli strumenti e sui registri comunicativi.
5. con quale effetto?: Questo è un elemento in più.
In questo modello la comunicazione è un atto intenzionale di un individuo rivolto
ad un altro.
In questo atto sono implicati la personalità, i bisogni, i valori, le conoscenze di
contesto
emittente e ricevente. Introduce poi il concetto di attraverso il fatto
che la comunicazione produce in qualche modo dei cambiamenti, degli effetti,
La comunicazione è sempre situata e
delle ripercussioni su un altro.
contestualizzata, ovvero acquista senso solo in una determinata situazione e in
un determinato contesto. È ancora però un modello asimmetrico: c’è chi
intenzionalmente produce messaggi rivolti ad ottenere un certo effetto sul
ricevente, visto ancora come passivo nella relazione.
I presupposti su cui si fondano questi modelli sono:
comunicazione percepita come travaso di contenuti e di messaggi
comunicazione concepita in termini di efficacia e successo (che coincide con il
raggiungimento degli obiettivi dell’emittente)
I primi modelli hanno quindi dato il via agli studi della comunicazione, ma hanno anche
prodotto non pochi fraintendimenti sulla comunicazione, non tanto interpersonale,
quanto quella mediata. 15 Ottobre
La minima consapevolezza della complessità degli esseri umani spinge a pensare che
il passaggio tra l’atto comunicativo e l’effetto non sia così immediato e diretto.
La comunicazione non solo deve avere successo, ma un altro aspetto fondamentale è
il fatto che gli effetti del messaggio non sono uguali per tutti.
Modello di Newcomb: gli elementi qui sono 3: i primi due sono A e B cioè chi
comunica e chi riceve. Il terzo elemento è la X (variabile fondamentale nello
studio della comunicazione fino ad allora assente e sconosciuta) che è il
contesto. Altro elemento importante è l’aggiunta di una freccia (che
feedback.
generalmente parte da A e arriva a B) che va da B ad A, ossia il In
questa situazione siamo consapevolmente emittenti e riceventi.
X A B
Feedback
Contesto sociale (X)
Chi parla è anche ricevente poiché ha interesse a cogliere i segnali (espliciti ed
ruoli
impliciti) del ricevente. In ogni situazione comunicativa i di A e B sono
sempre intercambiabili (anche in ambito televisivo si parla di audience attiva
nonostante per molto tempo si sia ritenuto fosse passiva). L’atto comunicativo è
sempre un atto di interpretazione, elaborazione, adozione e adottamento
(diverso per ognuno di noi) e, per questo motivo, nessuna audience, in nessun
tipo di comunicazione, sarà mai passiva.
Non si può inoltre parlare di mezzi di comunicazione di massa poiché riporta ad
un’accezione negativa quando invece, dal punto di vista degli individui, siamo
emittenti e riceventi.
Il feedback è quindi una situazione dinamica in cui i ruoli si scambiano
continuamente. contesto:
Altro elemento è il ogni atto comunicativo è un atto situato e
contestualizzato, cioè acquista senso e significato con l’influenza del
microcontesto in cui ci troviamo, influenzato a sua volta da un macro contesto in
cui è situato.
Il contesto non è solo un involucro, ma una dimensione costitutiva della
comunicazione e indica l’insieme delle conoscenze, esperienze e valori dei
soggetti agenti che interagiscono nella relazione comunicativa e definendola e
influenzandola.
Il campo di esperienza (cioè le esperienze che gli individui fanno: vivere
direttamente o indirettamente) ci condiziona, ci determina e influisce sulla
comunicazione.
Negli anni ’70, non più sociologi, ma sociolinguisti e psicologi, hanno introdotto altri
due concetti importanti:
Scopi
Norme
Anche la più banale delle comunicazioni (la relazione interpersonale) è regolata da
norme sociali, che derivano dal contesto, ed è orientata da scopi (intenzionali e non).
contesto
Goffman: divide e seziona il individuando due livelli distinti ma
collegati:
dimensione micro contestuale:
1. delle relazioni faccia a faccia (o situazione)
dimensione macro contestuale:
2. è quel contesto linguistico, sociale e
culturale in cui le relazioni si iscrivono
Oggi le scienze della comunicazione si rifanno ad un nuovo modello che vede la
struttura della relazione comunicativa composta da diversi elementi tutti correlati tra
loro e che sottolineano la complessità (ci interessa capire a cosa questa complessità si
riferisca) della relazione comunicativa:
scopi
norme
soggetti agenti
codice
messaggio
canale
micro contesto
macro contesto
Soggetti agenti
Al loro interno distinguiamo:
similitudini e diversità: gli esseri umani sono caratterizzati da una profonda
contraddizione cioè siamo tra di noi simili, ma allo stesso tempo diversi e
questo lo percepiamo. La percezione dell’altro non è però mai completa.
Esiste una dimensione della soggettività degli altri a noi sconosciuta. La
similitudine, per certi versi, rende facile la comunicazione ed è stata coniato
il termine “strutture invarianti della comunicazione” per indicare delle
universali comunicative che vanno al di la della cultura e della diversità
linguistica (come possono essere l’arrossire e o le espressioni facciali o
anche le strutture profonde del linguaggio presenti in tutte le lingue, le
regole pragmatiche universali della conversazione e della cortesia). Queste
diversità
però sono pochissime rispetto alle e pluralità che ci rendono diversi
e che riguardano le singole soggettività e pertanto complicano la
comunicazione. È questo che porta con sé il fatto che la comunicazione è
sempre un’opera di traduzione (che avviene sulla base di chi sono io, diverso
dalla persona con cui sto parlando). La comunicazione è pertanto sempre un
evento improbabile e problematico .
intenzionalità: la comunicazione è, quasi sempre, un atto intenzionale e
consapevole (anche qui esistono delle varianti come arrossire, spaventarsi
che, anche se non intenzionali e spesso neanche controllabili, sono
comunque atti comunicativi). L’intenzionalità presuppone un rapporto
consapevole con il proprio atto comunicativo. Esistono evidentemente diversi
livelli di consapevolezza e intenzionalità, tuttavia la comunicazione umana si
compone specificamente di atti e gesti che contengono un’intenzione, un
significato attribuito loro dal soggetto e che deve essere interpretato. Anche
il tono in cui costruisco un messaggio manda dei segnali precisi che vengono
interpretati in un certo modo dal soggetto a cui ci rivolgiamo e ciò comporta
delle conseguenze. Chi comunica deve avere la consapevolezza e dunque la
responsabilità del proprio atto comunicativo. La conflittualità può nascere
proprio dal fatto che io abbia costruito consapevolmente il mio messaggio
con la volontà di trasmettere, ad esempio, risentimento.
individui e ruoli comunicativi: in presenza degli altri agiamo come individui
(nella nostra soggettività, con le nostre caratteristiche fisiche, psicologiche,
biografiche, di educazione, di appartenenza familiare), ma anche in quanto
ruoli.
membri di una categoria sociale o detentori di determinati I ruoli
definiscono la reciprocità delle aspettative e le restringono, cioè limitano
l’imprevedibilità del comportamento comunicativo dell’altro, fraintendimenti
e perdite di tempo. Abbiamo, in questo modo, una certa prevedibilità del
comportamento dell’altro e determinate aspettative che facilitando la
comunicazione. Capita di avere situazioni di imbarazzo se si hanno
sovrapposizioni di ruoli.
fenomeno sociale complesso
La relazione comunicativa è in cui tutti gli elementi sono
implicati simultaneamente, interagiscono ed operano insieme e nello stesso tempo.
La relazione comunicativa si istaura quando due o più soggetti agenti cooperano
“
alla costruzione del senso (usando messaggi, codici e canali) secondo determinati
scopi e norme in un contesto (micro e macro) che offre alla comunicazione i suoi
oggetti (ciò di cui si parla) e la influenza sotto molteplici aspetti.” 19 Ottobre
Al di là delle definizioni del ruolo (cosa ci si aspetta da chi svolte quel ruolo) e
dell’agire tipico del ruolo (quello che fa la maggior parte delle persone che assume
quel ruolo), esiste sempre uno spazio di interpretazione del ruolo comunicativo,
cioè un proprio particolare modo di agire comunicativamente.
Inoltre non è sempre facile attribuire un ruolo ad un altro (si pensi alla comunicazione
su internet) e questo complica la capacità di capire subito come rivolgersi e
comportarsi.
La soggettività degli individui complica pertanto anche questo profilo della
comunicazione.
Guardando al ruolo nella relazione comunicativa sappiamo che i soggetti interagenti
sono entrambi attivi.
A proposito di questo il sociologo Goffman individua, all’interno dell’emittente, 3
figure o ruoli differenziati:
animatore: colui che parla
autore: colui che costruisce il contenuto della relazione comunicativa
mandante: colui che se ne assume la responsabilità
Non sempre questi 3 ruoli coincidono e la questione è molto complessa.
Ad esempio un avvocato in tribunale è animatore e autore ma non mandante (questo
è il cliente).
Se invece vediamo uno spot pubblicitario, l’animatore è l’attore, l’autore è l’agenzia
pubblicitaria e il mandante è l’azienda.