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GEORGE H. MEAD E HERBERT BLUMER

George H. Mead e Herbert Blumer, entrambi docenti all’Università di Chicago sono due

dei più importanti esponenti della corrente dell’interazionismo simbolico.

G. Mead era fortemente convinto del fatto che l’essere umano si distinguesse dagli

animali per un aspetto: egli è un animale sociale che è sia soggetto che agisce

nel mondo ed oggetto che esiste nel mondo, a differenza invece degli animali che

non hanno la capacità di sentirsi parte del mondo, non hanno la capacità di dirsi

individui del mondo, e non è cosa da poco. Per spiegare questo concetto, Mead traccia

una differenza fra Io e Me. Io è la dimensione soggettiva che interpreta quello che gli

altri pensano di noi e che modifica i nostri comportamenti in base alla previsione del

modo in cui essi verranno dall’altro percepiti, Me è invece la dimensione oggettiva, la

parte identitaria che viene interpretata dagli altri. Mead ripone una grande importanza

nell’Altro: durante la costruzione dell’identità sociale, l’individuo costruisce il suo sé

sociale in base a quello che vorrebbe che gli altri pensassero di lui e si comporterà in

una maniera tale che possa essere giudicato solo positivamente. L’identità di un

individuo non è una sola, ma molteplici in base alla situazione comunicativa in cui si

trova e in base all’altro che ha di fronte.

H. Blumer che è colui che ha dato il nome a questa teoria sociologica, distingue tre

tipi di oggetti che il soggetto interpreta e ai quali attribuisce un senso:

- Oggetti fisici, come un albero o una tazza

- Oggetti sociali, come le persone con le quali si ha un’interazione

- Oggetti astratti, come un’idea o un pensiero

Secondo l’autore americano, gli uomini agiscono sulle cose in funzione del senso

che essi stessi attribuiscono a queste cose L’attribuzione di senso è un

processo fondamentale nell’interpretazione degli oggetti, ed è un processo che si fa

con gli altri e per gli altri e che aiuta a costruire la propria identità sociale

_______________________________________________________________________________________

STRADE PLURALI: DOPO GLI ANNI ‘60

ANNI ’60-‘70

Questi anni furono anni di grandissimi cambiamenti sociali in numerose parti del

monto, caratterizzati soprattutto da movimenti e rivoluzioni sociali, politiche e

culturali. Oltre alla Guerra in Vietnam combattuta dagli Usa, si videro nascere i primi

movimenti femministi che lottavano per ottenere un’uguaglianza dei sessi, i primi

movimenti omosessuali, i movimenti studenteschi del ’68, i movimenti operai e dei

lavoratori, i sindacati, i movimenti per i diritti civili degli afro-americani e tanto altro.

Tutte queste rivoluzioni cambiarono notevolmente anche il campo sociologico che

iniziò a studiare finalmente temi come i diritti, la giustizia, l’uguaglianza, il potere, il

sesso e il genere, e tanti altri.

Sulla scena delle teorie sociali, non poté certo andare avanti una teoria come lo

struttural-funzionalismo, così rigida e cristallizzata non si adeguava per nulla ai

mutamenti e ai nuovi temi che stavano prendendo piede nella sociologia, si

necessitava quindi di nuove teorie sociali.

PIERRE BOURDIEU approccio struttural-costruttivista

Pierre Bourdieu sociologo francese appartenente all’

ha una visione sociologica BIFOCALE, ovvero è convinto del fatto che per studiare

la società sia necessario mettersi un paio di lenti che permettano di vedere e studiare

contemporaneamente le strutture e le azioni sociali, una SINTESI quindi di questi due

azioni

elementi che si può riscontrare in quelle che lui chiama PRATICHE, ovvero

quotidiane legate al contesto sociale nel quale si è sempre vissuti . Questa collocazione

nello spazio sociale dipende dalla distribuzione delle risorse che lui chiama CAPITALI.

Bourdieu allarga il concetto di capitale di cui parlava Karl Marx un secolo prima, in

quanto convinto del fatto che non è solo il CAPITALE ECONOMICO (possesso o meno

di risorse materiali) ad inserire un individuo all’interno della scala gerarchica della

società. Inizialmente, allarga il concetto di capitale, inserendo anche il CAPITALE

CULTURALE, ovvero l’insieme di quegli insegnamenti che abbiamo ricevuto nella

nostra vita e che ci permettono di conoscere molte cose.

Chi ha un alto capitale culturale è colui che noi chiameremmo ‘colto’ ed è importante

notare come chi possieda un alto capitale economico possieda anche un alto capitale

economico, anche se le due cose non sono direttamente connesse, in molti casi, forse

nella maggior parte, è così. Quindi, un individuo, secondo Bourdieu, deve essere

inserito nella scala gerarchica non solo per il capitale economico, ma anche per quello

culturale. In seguito, il sociologo francese, aggiunge altri due capitali: il CAPITALE

SOCIALE e il CAPITALE SIMBOLICO. Il primo è l’insieme e lo spessore delle relazioni

interpersonali che un individuo instaura nella sua vita, il secondo invece è la

Tutti questi quattro capitali posseduti da un

reputazione che gli altri hanno di noi.

individuo permettono la collocazione di quest’ultimo all’interno della stratificazione

sociale.

Il tema delle azioni quotidiane e delle differenze di esse da individuo ad individuo (non

agiamo tutti nello stesso identico modo) è strettamente collegato al concetto di

HABITUS , ovvero a ciò produce queste differenze. È un concetto-strumento, non

un’etichetta. (Deriva dal latino, letteralmente significa abitudine). Per habitus si

modo di porsi del soggetto rispetto al mondo, la disposizione all’agire in un

intende il

certo modo e in una certa situazione che il soggetto apprende nel corso della vita.

Habitus è strettamente connesso con il nel quale si è cresciuti, infatti i

CONTESTO

membri di diverse classi sociali svilupperanno diversi habitus poiché cresciuti in

differenti contesti sociali. Per comprendere questo concetto-strumento è utile utilizzare

la metafora del campo da calcio: l’habitus si sviluppa in un campo sociale, ovvero in

una porzione di vita sociale dove i giocatori giocano una partita di stratificazione

sociale, e gli attori sociali di una stessa squadra condividono tra di loro interessi,

regole, pratiche e rapporti di forza poiché cresciuti nello stesso contesto, spazio

sociale. [Es. Se un individuo di bassa classe sociale viene invitato ad una cena di gala

dove è fondamentale rispettare le rigide regole del galateo non saprà come

comportarsi poiché non è cresciuto in quel contesto sociale e non è mai stato abituato

a frequentare certi posti e certa gente, a differenza invece di un individuo dello stesso

sesso e della stessa età che è sempre stato abituato a frequentare cene lussuose e di

gala.]

MICHEL FOUCAULT

Michel Foucault è stato molto importante per la sociologia, anche se egli in realtà fu un

filosofo e uno storico, ha dato un notevole contributo alla teoria sociale.

Foucault si occupò principalmente dello studio del POTERE, ma non il potere che

intendeva Marx un secolo prima, poiché per il filosofo francese per potere non si

intende qualcosa che qualcuno possiede e che esercita su qualcun altro che non lo

detiene (come lo intendeva Marx, l’antagonismo tra borghesia e proletariato), il potere

è da intendere come una dinamica complessa che è ovunque e che tutti possono

esercitare: in alcune situazioni un individuo esercita il potere, in altre invece viene da

esso schiacciato. Esso agisce a volte in maniera nascosta, a volte in maniera evidente.

Un altro tema caro a Foucault è la DISCIPLINA, o meglio l’auto-disciplina e il

disciplinamento da parte di altri e istituzioni. La disciplina è la caratteristica

fondamentale del potere nella società moderna, chiamata dal filosofo ‘società della

disciplina’ e per spiegarla usa la metafora del PANOPTICON (modello ideale di prigione

proposto nel settecento dal filosofo inglese J. Bentham). È una prigione di forma

circolare dove i detenuti sono rinchiusi all’interno di celle e costretti a guardarsi a

vicenda, in quanto sono disposti l’uno di fronte l’altro. Al centro c’è il panopticon, una

torretta di sorveglianza, che osserva costantemente i detenuti. Questa prigione è

metafora della società moderna dove gli attori sociali sono in grado di sorvegliarsi l’un

l’altro e di auto-disciplinarsi e auto-controllarsi, ma non manca sicuramente il

disciplinamento tra gli individui (si disciplinano a vicenda) e il disciplinamento delle

istituzioni che esercitano il loro potere formalizzato.

IMMAGINAZIONE SOCIOLOGICA

capacità di riflettere su

È un’espressione coniata dal sociologo Charles W. Mills ed è la

quanto cose da noi percepite come soggettive e personali siano in realtà condivise da

molte persone nate e cresciute in un ambiente e in un periodo simile al nostro . Il

ci permette di afferrare biografia e storia e il loro

sociologo stesso disse che essa <<

mutuo rapporto nell’ambito della società.>>

L’immaginazione sociologica non solo permette di superare una visione autobiografica

delle cose, secondo la quale il soggetto analizza fatti sociali solo sulla base di

spiegazioni e motivazioni personali, ma permette anche di superare una visione

stereotipata dei fenomeni: Essa ci permette di porci grandi domande e di darci grandi

risposte su questioni che spesso vengono risolte da persone comuni con risposte

sbrigative, superficiali e, appunto, stigmatizzate e stereotipate. Uno stereotipo è un

(pre)giudizio che si ha di qualcosa e/o di qualcuno, spesso falso, o comunque sia molto

esagerato, del quale molte persone si servono per spiegare fatti e fenomeni sociali,

ricorrendo così in una spiegazione tutt’altro che scientifica. Ciò è proprio quello che

vuole superare l’immaginazione sociologica che fornisce spiegazioni molte complesse,

così come sono i fenomeni sociali: essi sono molto diversificati al loro interno e di

difficile comprensione, non è quindi possibile risolverli con soluzioni sbrigative e

superficiali. Inoltre, l’immaginazione sociologica permette di superare una visione

esistenzialista che fa riferimento a una natura intrinseca delle cose: Si prenda per

esempio il fatto sociale del matrimonio e della filiazione, se si ricorre ad una

spiegazione naturale e tradizionale, ci si imbatterà nella risposta secondo la quale gli

unici matrimoni legittimi sono quelli tra coppie eterosessuali poiché ‘è sempre stato

così’ e biologicamente sono gli unici rapporti sessuali che possono ge

Dettagli
A.A. 2017-2018
22 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Francescamaini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia e metodologia della ricerca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Selmi Giulia.