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Accanto a questa concezione, in realtà non incompatibile con la prima, c'è quella oggettivistica del
potere sociale: si può leggere il potere di un soggetto su un altro non come l'esercizio di uno status
ma come uno strumento, mezzo o un oggetto. Il potere è qualcosa, materiale o immateriale, che il
titolare possiede e di cui può disporre a proprio piacimento. Molte situazioni di potere sociale (di
“umano su umano”) posso spiegarlo in quest'ottica: il potere del capitalista deriva dal possesso dei
mezzi di produzione. Il mezzo usato da un portatore di un ideologia è quello della conoscenza.
Le due concezioni non si escludono a vicenda sono invece compatibili: esprimono semplicemente
due punti di vista differenti che guardano allo stesso fenomeno.
A entrambe però sfugge un elemento molto importante che viene invece catturato e messo in luce
invece da Weber: il potere sociale è soprattutto una relazione tra due soggetti. La concezione di
Weber, che potremmo chiamare “relazionale” perché pone in evidenza questa caratterizzazione
concettuale del potere come relazione sociale, non esclude le altre concezioni (soggettivistica e
oggettivistica) ma le completa mettendo in luce un aspetto che prima mancava, le “assorbe” per così
dire.
Che tipo di relazione è il potere? È innanzitutto causale, o meglio si presenta come relazione
causale sul piano empirico, perché il potere si configura come nesso causale (e anche fattuale) che
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lega due comportamenti (tra A che induce B a comportarsi in un certo modo e B che subisce l'effetto
del comportamento di A).
Potremmo definire il potere come fenomeno ubiquo: fenomeno che sta ovunque e che non si può
osservare, ma caratterizza la maggior parte delle nostre relazioni sociali.
Non posso osservare direttamente il potere, ma posso esaminare le conseguenze e gli effetti che
esso ha sul comportamento dei soggetti. La relazione sociale è una relazione sul piano empirico
causale perché noi lo vediamo come quel nesso che lega i due comportamenti (del soggetto A e B).
Ovviamente non tutte le relazioni causali sono relazioni di potere; per aversi una relazione causale
di potere occorrono alcuni elementi essenziali:
1) il soggetto A e B si devono trovare in una situazione di asimmetria: occorre che il soggetto A, che
esercita il potere, o rivesta una certa posizione o status, possieda risorse che di fatto e di diritto lo
pongono in una di posizione superiore rispetto al soggetto B (risorse di tipo culturale come nel caso
dell'ideologia).
2) Fra i due deve esserci un canale di comunicazione efficace: tra il soggetto A e B deve esserci
sfera comune di valori e questo rende la relazione sociale di potere una relazione triadica (a tre
poli). Non vi sono solo questi due soggetti, infatti la relazione sociale si instaura anche rispetto a
qualcosa, cioè la sfera di valori, e occorre che questi siano comuni. Se si vuole esercitare, per
esempio, un potere su un asceta, che per convinzione vive in stato di isolamento, di sicuro non lo
farò con il denaro, ma con mezzi comuni ad esso, quindi per ipotesi attraverso un certo discorso
culturale o religioso.
→ Relazione triadica: che non riguarda solo due soggetti ma anche una relazione che si instaura
rispetto a qualcosa.
3) Che ci sia un elemento che in qualsiasi momento della relazione sopraggiunga il consenso da
parte di B cdi fare o no qualcosa, pensare o non pensare qualcosa, come effetto del comportamento
o della direttiva di A → consenso.
All'inizio la relazione del potere è conflittuale ma ad un certo punto è necessario il consenso: se
manca si è nell'ambito della relazione di violenza.
Secondo contributo importante i Weber consiste nell'aver distinto tra potere e violenza: che sono
due tipi di relazione sociale, differenza vista nel terzo elemento della relazione di potere.
Lezione n.13
Weber dice che il potere e la violenza sono fenomeni diversi e categorie concettualmente distinte,
ma sono entrambi riconducibili ad una macro categoria che denomina in termini di “forza” o
“potenza” (Herrschaft). La definisce come una relazione sociale di forza, che può essere anche
fisica, e come la possibilità per un soggetto di far valere la propria volontà anche di fronte ad un
opposizione (da parte del soggetto B). Se c'è questa opposizione da parte del soggetto B abbiamo
una relazione di violenza.
Per potere intende la possibilità di trovare obbedienza presso certe persone ad un comando che
abbia un contenuto determinato. Per definire la relazione di potere non usa la parola “consenso” ma
“obbedienza”, intendendo il fatto che ci sia, in un certo momento della relazione, il consenso da
parte di B di adeguarsi alla direttiva. Il potere è una sotto-categoria della potenza; una relazione di
potenza caratterizzata dal fatto che il titolare del potere, parte della relazione sociale, non solo riesce
a far valere la propria volontà, ma anche a trovare obbedienza (consenso del soggetto B).
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Questo elemento del consenso è cruciale nella teoria di Weber tant'è vero che la forma di potere che
più gli interessa è quella del potere c.d. legittimo. Il potere è legittimo quando il consenso da parte
del soggetto B viene dato a priori, quasi al di là del contenuto del comando, quando il soggetto B
obbedisce perché riconosce nel soggetto A un autorità, il diritto di comandare. Questo sarebbe il
potere destinato ad essere maggiormente stabile e duraturo, perché vi è un consenso fondato sul
riconoscimento dell'autorità di A.
Non si tratta dell'unica forma di potere individuata nella sociologia: vi sono almeno due forme di
potere diverse da quello legittimo, che sono l'influenza e il potere coercitivo.
→ Queste si distinguono tra loro per i tipi di mezzi adoperati dal soggetto A per far si che il
soggetto B si conformi alla propria direttiva; e l'altro è il diverso atteggiamento psicologico del
soggetto B, o la diversa disponibilità del soggetto B.
→ L'influenza è la forma più blanda di potere e consiste nel persuadere qualcuno a fare o no
qualcosa, pensare o non pensare qualcosa; quindi il mezzo solitamente adoperato da chi esercita
questa forma di potere sono i mezzi di persuasione. L'influenza appartiene al potere esercitato
dall'ideologia, che ci influenza con la forza delle sue idee.
Il consenso solitamente riguarda il contenuto della direttiva impartita dal soggetto A; solitamente
l'influenza è un potere di fatto, non istituzionalizzato, non regolato da norme giuridiche. Ma tuttavia
vi sono alcune eccezioni in cui invece il potere d'influenza si manifesta come regolato, formale e
non di fatto: previsione contenuta nella Costituzione all'art 87 che conferisce al presidente della
repubblica il potere di inviare messaggi alle Camere. Questo solitamente è indicato come esempio
di potere che viene esercitato nella forma dell'influenza: il Parlamento è libero di disattendere i
contenuto del messaggio del Presidente, ma egli detiene dei mezzi persuasivi molto forti nei
confronti della Camera.
→ Potere coercitivo: che può essere definito come influenza rafforzata dalla minaccia di una
sanzione che scatta nel momento di non ottemperanza del soggetto B. Affinché ci sia esercizio del
potere coercitivo è sufficiente la mera minaccia, e cioè che la minaccia della sanzione rimanga in
uno stadio virtuale (potere che si avvale della minaccia di sanzione è molto più efficacie quando
non applica la sanzione minacciata).
Il mezzo adoperato non è la persuasione ma la minaccia della sanzione, mentre nell'influenza
l'atteggiamento psicologico del soggetto B è quello di una condivisione dei contenuti, qui si
obbedisce per motivi di opportunità.
Weber si occupa specie di potere legittimo, ma la prima domanda a cui cerca di dare risposta, che
riguarda il potere in generale: “perché si presta obbedienza ad un comando che ha un certo
contenuto?”. Una risposta corretta si può avere facendo riferimento ai quattro tipi di agire sociale
che individua facendo riferimento ai motivi soggettivi dell'agire.
Secondo Weber si obbedisce al dovere per quattro tipi di motivi soggettivi, o ad una loro
combinazione, che sono:
1) obbedisco perché tengo un agire razionale rispetto allo scopo e quindi:
-obbedisco perché ho convenienza;
-obbedisco perché voglio evitare una sanzione.
2) obbedisco perché sono convinto che sia giusto obbedire a prescindere dal contenuto del
comando, perché credo nel valore dell'obbedienza e riconosco l'autorità di chi mi impartisce il
comando.
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3) obbedisco perché c'è una tradizione che mi dice di farlo e perché sono abituata ad obbedire alle
direttive di un soggetto che riveste una posizione gerarchicamente superiore alla mia.
4) obbedisco perché, facendo riferimento al potere carismatico, siamo emotivamente coinvolti e
influenzati dai mezzi adoperati dal titolare del potere o perché egli possiede un carisma particolare.
→ si obbedisce per una combinazione di motivi soggettivi legati ai quattro tipi ideali di agire
sociale.
Seconda domanda cruciale che Weber si pone: “Quali sono gli elementi che consentono al potere
(forme di potere specie politico e istituzionalizzate) di consolidarsi e di dare vita a strutture
sufficientemente stabili da orientare in modo duraturo il comportamento dei suoi sottoposti?”
Weber fornisce una risposta articolata: vi sono i motivi soggettivi di obbedienza al potere prima
citati, ma questi non sono elementi sufficienti a garantire che il potere si consolidi. Secondo
elemento importante è la credenza nella legittimità del potere, cioè il diritto di comandare si cui si
fonda l'obbedienza. A questo proposito Weber elabora una celebre tripartizione, distinguendo tre tipi
ideali di potere legittimo, che si distinguono l'uno dall'altro in base: al diverso fondamento su cui
poggia la credenza della loro legittimità, diverso apparato amministrativo, la fonte del potere.
Questi sono:
1) potere carismatico → tipo di potere legittimo la cui legittimità si fonda sulla credenza nel
carattere sacro del titolare del potere o del suo valore esemplare, della sua forza eroica, della
potenza del suo discorso, che fanno si che il titolare del potere si presenti e sia percepito dai
destinatari del potere come un soggetto dotato di doti eccezionali. In questo caso la fonte del potere
si ha nel possesso di carisma e di doti eccezionali (non è importante chele abbia davvero, ma è
fondamentale che siano percepite). A differenza delle altre due forme di potere si tratta di una forma
di potere