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IL PARADIGMA COLONIALE E GLI STUDI POST-COLONIALI

L'Europa e in particolare i paesi occidentali, per una serie di motivi di evoluzione storica e militare e scientifica sono diventati potenze coloniali (inizialmente Spagna e Portogallo, poi Olanda, Regno Unito, Francia, Germania e Italia). Tutto questo ha portato ad un fondamentale lascito del modo in cui gli europei occidentali intendono se stessi e la loro relazione con l'altro. Abbiamo già incontrato la riflessione sull'altro quando abbiamo parlato di antropologia. L'antropologia guarda ad un altro "determinato": le popolazioni indigene che sono ad un livello di organizzazione sociale relativamente poco complessa, spesso sono società che non hanno una cultura scritta e hanno una serie di altre caratteristiche. L'antropologia classica fa una proiezione essenzialista su queste popolazione ("rimarranno sempre così"). Il paradigma coloniale, soprattutto dall'800 in poi,

presenta una nuova sfida: l'affacciarsi del mondo europeo nei confronti dell'Asia e di civiltà molto avanzate (con una tradizione scritta, scienza, istituzioni, ecc..). Questo crea un grande cortocircuito. Il nostro modo di pensare noi stessi come Occidente (costruzione recente) e come appartenenti a stati ben definiti dell'Europa, è strettamente connesso all'esperienza coloniale. Un'esperienza che nell'arco di alcuni secoli ha costruito il mondo in funzione della centralità dell'Europa e del suo predominio politico, militare, culturale e ideologico. Parallelamente all'operazione militare quindi c'è stata un'altrettanto grande operazione culturale, di quella che Gramsci chiama "egemonia". I popoli e gli Stati che colonizzano, non lo fanno solamente con la forza delle armi, ma anche con la forza della loro cultura, presentata come superiore rispetto a quella dei popoli colonizzati. Gli Africani stessiparlano di "lingue" intendendo il francese, l'italiano, l'inglese, parlano invece di "dialetti" quando intendono le lingue africane (lingue a tutti gli effetti ma che vengono chiamate dialetti - già da questo è chiaro l'introduzione di un'asimmetria da parte dei popoli colonizzati). Gli studi post-coloniali Arriva un nuovo paradigma. Il mondo si è lasciato alla spalle il colonialismo classico, quello in cui ¾ del mondo erano governati dall'Europa. Ad oggi ci sono più di 190 Stati nominalmente indipendenti. I meccanismi di colonizzazione sono abbastanza limitati. In particolare possiamo fare due esempi di contesti in cui possiamo rintracciare situazioni di tipo coloniale: il Sahara occidentale che era una colonia spagnola fino al 1975. Quando la Spagna si è ritirata il Sahara occidentale ha invaso il Marocco dando vita ad una lunga guerra, tutt'ora non risolta. Il secondo esempio èil mondo situazioni di dominio e sfruttamento che possono essere considerate eredità del colonialismo. Il rapporto tra Israele e Palestina è un esempio di questa complessità. Il termine "settlers" viene utilizzato per descrivere gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati. Questi insediamenti sono considerati una manifestazione della matrice coloniale presente nella regione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il fenomeno coloniale era diffuso in tutto il mondo. Le colonie erano la norma e non l'eccezione. L'unico paese indipendente in Africa era l'Etiopia fino al 1936, quando fu conquistata dall'Italia. Il colonialismo era un fenomeno globale che coinvolgeva gli Stati e le società dei paesi colonizzatori, così come i paesi che subivano il dominio coloniale. Gli studi post-coloniali cercano di analizzare il mondo dopo la fine del colonialismo, ma riconoscono che molte dinamiche e strutture coloniali persistono ancora oggi. Il mondo continua a funzionare secondo schemi che riflettono l'eredità del colonialismo, con situazioni di dominio e sfruttamento che richiamano le dinamiche coloniali del passato.

Testa degli schemi culturali e modi di vedere il mondo che derivano dal colonialismo. Ex oppressori ed ex oppressi hanno interiorizzato tali schemi coloniali. Gli studi post-coloniali hanno una funzione di critica ma anche un'agenda trasformativa. Si propongono non solo di criticare la conoscenza dell'esistente, ma criticandola di contribuire ad un cambiamento che porti da un'asimmetria ad una simmetria tra società, popoli e culture.

Paradigma coloniale – è basata su una divisione binaria:

  • Noi / Altri
  • Centro (metropoli) / periferia
  • Civiltà / barbarie
  • Superiore / inferiore
  • Chiaro / scuro
  • Razionale (logico, "scientifico") / irrazionale (violento, sensuale).

"Noi" siamo portatori di valore. La conquista non è arbitraria, ma si fonda su una "superiorità". Questa suddivisione binaria plasma tutta un'altra serie di suddivisioni (centro / periferia, ...).

Questo elemento del Paradigma coloniale ce lo ritroviamo adesso: dovesuccedono le cose interessanti? Al Centro: Roma, Milano, Parigi, Londra, ecc…

Un’altra dicotomia importante che ci portiamo ancora appresso è la dicotomia civiltà /barbarie. Quella superiore / inferiore deriva dalla superiorità militare. Il codice chiaro / scurosi riferisce sì al colore della pelle, ma è anche un dato metaforico: “noi” portatori di luce inun modo di tenebre. Il codice del colore della pelle è un codice che ci è rimasto attaccato edal quale è molto difficile affrancarsi. È anche un tratto identitario di rivendicazione e diemancipazione (Black lives matter). La metropoli infine funziona su un paradigma razionale,mentre la periferia colonizzata è irrazionale: per questo c’è una dimensione di violenza e disensualità (“altro” pericoloso anche perché seduttivo).

La divisione

quanto l'Occidente è corrotto. La divisione asimmetrica si manifesta anche nella sfera economica, con il dominio dei paesi industrializzati sulle economie dei paesi in via di sviluppo. Questa asimmetria crea disuguaglianze sociali e economiche che perpetuano il divario tra Nord e Sud del mondo. L'asimmetria si riflette anche nelle relazioni di potere tra i generi. Le donne sono spesso subordinate agli uomini, sia nella sfera pubblica che in quella privata. Questa asimmetria di genere si manifesta attraverso la discriminazione, la violenza domestica e la disparità salariale. In conclusione, l'asimmetria è una caratteristica intrinseca delle società umane. Essa si manifesta in diversi ambiti, come la cultura, l'economia e le relazioni di potere. Riconoscere e comprendere queste asimmetrie è fondamentale per promuovere una società più equa e giusta.fronte di una società corrotta.

Postcolonialismo

In parallelo con il movimento per la decolonizzazione, i soggetti subalterni del colonialismo europeo hanno cercato soggettività, voce e capacità di agency. "Il postcolonialismo rivendica il diritto di tutti i popoli della terra ad avere lo stesso benessere materiale e culturale... malgrado il processo di decolonizzazione, i rapporti di potere internazionale non hanno subito modifiche sostanziali durante il XX secolo" (Young, 2005).

Assistiamo ad un fallimento del processo di decolonizzazione, perché buona parte del mondo è rimasta indietro. Questo panorama sta cambiando negli ultimi 20 anni, producendo un mondo a macchia di leopardo: dove si avranno pezzi di metropoli nelle capitali africane e pezzi di periferia, estremamente marginali (anche per la qualità della vita), in Europa. Nel XX secolo, la promessa della decolonizzazione è mancata.

Sul diritto di tutti i popoli della terra

Ad avere lo stesso benessere sappiamo che non è fattibile. Ci stiamo infatti dirigendo verso l'autodistruzione. Se pensassimo ad uno stile di vita italiano per tutto il pianeta ci vorrebbero le risorse di 4 pianeti. Stiamo andando verso un mondo dove gioco forza dovremmo ridurre i nostri consumi.

Quello che ci interessa ora è la natura politica, culturale, se vogliamo filosofica, del discorso post-coloniale. "Una prospettiva politica e una filosofia attivista finalizzate alla denuncia e alla contestazione di questi squilibri, proseguendo così, anche se in forme del tutto nuove, le lotte anticolonialiste del passato" (Young). In questa citazione di Young notiamo due cose: la prima è la rivendicazione di una filosofia attivista e quindi di una costruzione di mappe di conoscenza che non siano fini a se stesse, ma siano finalizzate ad un cambiamento, ad una trasformazione. Il secondo elemento di questa citazione è la continuità: nel XX

secolo ladecolonizzazione è stata dovuta anche a movimenti importati, di indipendenza nazionale erifondazione economica. Un pezzo di storia della decolonizzazione è stato caratterizzato dauna "simpatia" per il modello economico programmato sovietico. La marcia economica delmondo sovietico affascina molti paesi che lottano per la propria decolonizzazione nel Sud delMondo. Questi guardano alla Russia come alla metropoli alternativa, come strumento diaffrancamento dalle potenze coloniali.Oggi il mondo è cambiato, la lotta politica è stata vinta: gli stati sono indipendenti. Ma la lottaculturale non è stata vinta: siamo tutti ancora immersi in un discorso ancora fortementeimprontato agli schemi coloniali.Orientalismo. Edward Said: Orientalismo è "un modo di mettersi in relazione con l'Orientebasato sul posto speciale che questo occupa nell'esperienze europea occidentale". Said favedere l'evoluzione storica

di come una serie di paesi occidentali pensano se stessi, e di come si relazionano con l'Oriente. L'Oriente è uno dei più antichi e radicati simboli del diverso. Lo stesso Marx parla del "modo di produzione asiatico". L'Oriente ha contribuito per contrapposizione a definire l'immagine, l'idea, la personalità e l'esperienza dell'Europa (o dell'Occidente). L'Oriente sta sullo sfondo e ci permette di identificarci in quanto diversi.

Critica culturale: la cultura occidentale costruisce una sua immagine di Oriente.

Autoconsapevolezza: la nostra identità si basa anche sulla costruzione di un diverso, noi siamo noi in quanto non siamo come loro.

"Nulla... di questo Oriente può dirsi puramente immaginario: esso è una parte integrante delle civiltà e delle culture europee, persino in senso "fisico". L'orientalismo esprime e rappresenta tale parte, sotto forma

di un lessico e di un discorso sorretto da istituzioni, insegnamenti, immagini, dottrine, e in certi casi da burocrazie e politiche

Dettagli
A.A. 2022-2023
87 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gabrielebuttiglione di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei processi culturali, teorie del conflitto e della mediazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Scotto Giovanni.