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RIASSUNTO
L’erosione del capitale sociale ha generato un nuovo tipo di diseguaglianza. In questo modo,
le persone sono state liberate dalla gabbia d’acciaio. Il centro controlla la periferia in
un’istituzione con sempre meno livelli burocratici intermedi. Questa nuova forma di potere
aggira l’autorità istituzionale e possiede un basso capitale sociale. Nelle organizzazioni
avanzate si manifestano deficit: di lealtà, di fiducia formale e di sapere istituzionale
accumulato. Per i singoli individui il lavoro può continuare ad avere valore, ma il prestigio
morale del lavoro muta. Nelle organizzazioni avanzate vengono svalutati due elementi
dell’etica del lavoro: il differimento delle gratificazioni e il pensiero strategico a lungo termine.
In questo modo, il capitale sociale è ridotto; rimane il capitalismo.
Capitolo II: Il talento e lo spettro dell’inutilità
Negli anni Trenta, lo spettro dell’inutilità riguardava la ricerca di lavoro da parte delle persone,
sapendo che il lavoro non c’era. In seguito, le persone credettero di avere trovato un rimedio
a questo problema permettono ai propri figli di ricevere una buona istruzione per riuscire poi a
trovare un lavoro. Ancora oggi la gente crede in questo rimedio. L’economia fondata sulle
qualifiche esclude la maggioranza delle persone. Il sistema scolastico produce un gran
numero di giovani istruiti, che non trovano impiego. La società necessita solo di un numero
ristretto di persone qualificate, soprattutto nei settori avanzati.
Lo spettro dell’inutilità
Tre forze rendono lo spettro dell’inutilità una minaccia moderna:
1) L’offerta mondiale di forza-lavoro: il capitalismo non si limita a cercare la forza-
lavoro con il salario più basso, ma anche una manodopera altamente qualificata
(spesso sovra qualificata). Per esempio: nei call center indiani gli impiegati
padroneggiano più lingue, imparano grandi quantità di informazioni, hanno sviluppato
buone capacità relazionali e soprattutto sono capaci di risolvere meglio i problemi. Chi
fa questi lavori è spesso mosso da spirito imprenditoriale e riesce ad avviare piccole
aziende in questi settori. Queste persone hanno uno status superiore rispetto agli
omologhi nei Paesi occidentali. La loro motivazione e la loro qualifica allettano i datori
di lavoro. Da noi, i lavoratori rimossi dal loro incarico dovrebbero migliorare il proprio
capitale umano, ma pochi ne sono capaci. Lo spettro dell’inutilità si collega alla paura
dello straniero, combinazione di pregiudizi raziali e del timore che possano essere
meglio attrezzati alla sopravvivenza. La globalizzazione evidenzia che le fonti di energia
umana si stanno spostando, lasciando fuori chi si trova nel mondo occidentale.
2) L’automazione: il timore che le macchine possano sostituire l’uomo è sempre stato
presente. Spesso gli operai si sono sentiti dequalificati, perché le macchine avrebbero
svolto i lavori complicati e a loro sarebbero rimasti i compiti di routine mal pagati. Lo
sviluppo dell’automazione non venne sempre molto apprezzato perché troppo caro.
Oggi grazie alle nuove tecnologie, la situazione è cambiata: la produzione ha costi
inferiori, le tecnologie permettono risparmi di tempo e maggiori controllo qualitativi.
L’automazione permette maggiore flessibilità ai cambiamenti della domanda e
riadattamenti della produzione. I lavoratori si trovano di fronte allo spettro dell’inutilità
causata dall’automazione.
3) Il prolungamento della prospettiva di vita: tutti invecchiano e diventano inutili, nel
senso di improduttivi. Il criterio dell’inutilità costituito è perfezionato in due modi:
- L’invecchiamo nasconde un paradosso: l’aspettativa di vita è aumentata e l’età di
pensionamento è rimasta invariata, in questo modo gli uomini trascorrono 15/20
anni senza lavorare. Le qualifiche invecchiano sempre più velocemente. Quindi,
l’economia del mercato del lavoro è posta davanti alla scelta di aggiornare un
cinquantenne o inserire un venticinquenne al passo coi tempi, e sceglierà la
seconda opzione.
- I dipendenti più anziani sono più sicuri di sé e critici nei confronti dei datori di lavoro,
rispetto ai lavoratori più giovani. Lo stereotipo del “giovane selvaggio” è falso, in
quanto privi di esperienza e senza una posizione sicura nell’azienda, i giovani si
comportano con prudenza. I lavoratori giovani lasciano l’azienda se non sono
soddisfatti, piuttosto che fare opposizione; mentre i lavoratori anziani sono più
critici. La persona più giovane è meno cara e crea meno problemi. La
concentrazione sui giovani talenti ha come conseguenza che l’aumentare
dell’esperienza diminuisce il proprio valore.
Queste condizioni combinate concretizzano lo spettro dell’inutilità nella vita delle persone.
Lo spettro dell’inutilità è una sfida per lo Stato sociale che offre sussidi ai bisognosi, infatti in
molti Paesi è stato difficile combattere alla disoccupazione prodotta dall’automazione. Nello
stesso modo lo Stato sociale si è mostrato inadeguato ad affrontare il problema dell’età: il
sistema pensionistico e sanitario è una forma di ridistribuzione delle risorse dai giovani agli
anziani. Anche gli orientamenti culturali hanno impedito al settore pubblico di fronteggiare lo
spettro dell’inutilità.
Abilità artigianale e meritocrazia
Il termine abilità si riferisce a lavori manuali e indica la ricerca della qualità. Esistono anche
abilità intellettuali, sociali. L’abilità artigianale da importanza all’oggettivazione, ossia a una
cosa fatta per valere in sé stessa. Lo spirito di oggettivazione da orgoglio per il proprio lavoro
anche ai lavoratori di basso livello. L’abilità artigianale non si trova a suo agio nelle istituzioni
del capitalismo flessibile, perché le istituzioni basate su compiti a breve termini non
favoriscono questa visione del lavoro. Chi si dedica a un’attività per svolgerla al meglio (come
l’artigiano) da l’idea di essere fissato su una cosa, ed è l’opposto della concezione mentale del
consulente aziendale, oltre a richiedere un elevato tempo.
La meritocrazia pone problemi all’organizzazione flessibile. Un tempo non esisteva la
meritocrazia, perché le cariche venivano ereditate. Nel Rinascimento si inizia a identificare il
talento con il valore personale. Il talento diventa il criterio di misura di una nuova
disuguaglianza: chi possedeva queste qualità era una persona di grande valore. Avviene così
il passaggio dall’abilità artigianale alla meritocrazia. La meritocrazia moderna si delineò
quando le istituzioni cominciarono a strutturarsi secondo questa forma di diseguaglianza. La
carriera aperta dal talento fece i suoi progressi nell’organizzazione militare con l’introduzione
di test attitudinali (scoprire talenti, ma anche oggettivare fallimenti). La classe continuò a
contare, ma sorsero le prime figure professionali in diversi campi. Il trattamento preferenziale
di alcuni ambiti ruota attorno al modo in cui la meritocrazia divenne un giudizio impersonale
sugli individui. Il merito entra nella sfera di competenza professionale più della competenza.
Coloro che esercitano attività prestigiose (medici, insegnanti, artigiani) hanno sviluppato una
propria capacità intellettuale o manuale, che non dipende da circostanze esteriori (come per
manager o politici). Quindi, il merito viene valutato sulla base di autoidentificazione e
autonomia, non con denaro e potere.
L’apparato burocratico della meritocrazia ha creato una gabbia d’acciaio per le capacità.
Questa valutazione della capacità fa emergere le capacità e anche elimina la mancanza di
capacità. La ricerca di talento premia il merito ed esclude chi sta al di sotto di questo livello
elitario. Nell’abilità artigianale è possibile valutare i risultati concreti del lavoro e
assumere/licenziare i lavoratori sulla base di questo. Nello schema della meritocrazia c’è un
nucleo morbido nella valutazione del talento riguardante il talento come capacità
potenziali. Il potenziale umano consiste nella capacità di passare da un problema all’altro;
questa capacità potenziale compromette la misurazione del talento.
La capacità potenziale
Il termine potenziale è una variante nel campo dell’auto-aiuto e dell’auto-miglioramento, che
richiede di scoprire il vero Io. A causa dei pregiudizi, la società non sfrutta le capacità di tutti i
suoi membri. L’intento di selezionare un’aristocrazia naturale ha fatto sì che la vita mentale
delle persone assumesse una forma superficiale e ristretta. I riferimenti sociali, la ragione
simpatetica e la comprensione emotiva sono stati esclusi dalla ricerca.
forma mentis
Le istituzioni flessibili privilegiano la (l’impostazione della mente) del consulente
aziendale che passa da un’azienda all’altra, da un problema all’altro. I membri dei gruppi di
lavoro devono abituarsi a questa modalità di lavoro processuale, perché le loro mansioni
cambieranno nel tempo. Questo lavoro esige un determinato talento: la capacità di pensare
in prospettiva ciò che si potrebbe fare.
Sapere e potere
La formula della capacità potenziale ci riconduce al rapporto tra il talento e lo spettro
dell’inutilità. La meritocrazia toglie il potere su sé stessi alla maggioranza di coloro che sono
soggetti al suo dominio. I giudizi sulla capacità potenziale sono più personali della stima delle
prestazioni: la capacità potenziale riguarda soltanto l’Io, mentre le prestazioni sono collegate
a condizioni sociali, economiche e a circostanze accidentali. L’affermazione “Ti manca il
potenziale” comunica la percezione dell’inutilità in un senso più profondo di “Hai combinato
un guaio” (accidentale). Proprio per questo le organizzazioni di ricerca di talenti non si
pronunciano in termini così espliciti. Chi è privo di talento diventa invisibile e un corpo
collettivo. La meritocrazia è anche un sistema basato sul principio per cui una persona appena
giudicata diventa indifferente per le istituzioni. Le organizzazioni che cambiano velocemente
richiedono capacità di risolvere problemi. È importante essere capaci di cooperare in qualsiasi
circostanza.
Queste caratteristiche dell’Io ideale minano l’autostima della massa di lavoratori e ne
sviliscono le qualifiche. Il lavoratore deve avere la possibilità di compiere er