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MERCI E CONSUMATORI - LA MERCIFICAZIONE E LA DEMERCIFICAZIONE
Tra le varie critiche mosse al tema del consumo una in particolare fu quella dove il mondo dei consumi. Si
considerava basato sulla “mercificazione”. Ciò valeva a dire che il mondo del consumo aveva la tendenza a
far diventare tutto ‘merce’. Cosa vuol dire però ciò? La mercificazione la definiamo come un processo sociale
mediante la quale le cose vengono prodotte e, utilizzate e scambiate come merci. Di particolare in questo c’è
che, esiste, da un punto di vista ideologico, l'idea che questo concetto della mercificazione va di pari passo
con il concetto di Marx dell'alienazione; ovvero la mercificazione rendendo tutto “transabile”, ponendo
l’accento sul concetto della transabilità, copre quello che è il valore reale degli oggetti che secondo Marx
corrisponde al valore del lavoro.
Marx quando parla di alienazione dice che la società capitalistica aliena il lavoratore perché nel processo
capitalistico si perde la capacità di vedere nel prodotto il lavoro del lavoratore. Il concetto dell’alienazione va
di pari passo con il concetto della mercificazione, perché nel momento in cui le merci vengono introdotte sul
mercato, con un determinato prezzo, questo le rende tutte uguali e interscambiabili, non soffermandoci più
nel concetto relazionale con l’oggetto, perdendo anche il senso di fatica e di lavoro che ha svolto chi si è
preoccupato di realizzarlo.
Il concetto di mercificazione è cruciale per una società dei consumi, perché se non avessimo un prezzo o il
denaro, non avremmo una società dei consumi come la conosciamo oggi. Per Marx quindi le merci hanno un
valore di scambio definito dal prezzo delle merci stesse, perché quando noi utilizziamo il denaro diamo
appunto un valore al soggetto a prescindere dal suo intrinseco. Vans Packard dice che è il denaro l’elemento
che avalla l’elemento di capitalismo, in un’epoca dove non esiste il denaro noi non possiamo parlare di
capitalismo.
I consumatori vivono, quindi, in un contesto sociale dove non basta che consumino e scambino oggetti, ma
hanno bisogno di mercificarli, affinché si affermi la società capitalistica. Bisogna dare un prezzo, poiché non si
riconosce più nelle merci un valore di distinzione. 54
Un altro autore che fa delle riflessioni sul ruolo del denaro è Simmel che espone la sua teoria dicendo che il
denaro rende equivalente le merci e, lo scambio monetario, è associato a relazioni impersonali. Dice anche,
però, che il denaro e la sua introduzione, soprattutto se è in forma di carta moneta, non ha nessun valore.
Ma perché dice ciò? Perché tra la banconota e il suo valore non abbiamo nessun legame? Così come anche
tra la carta di credito e il valore affettivo, cosa ci garantisce che la banconota abbia un proprio valore?
(Ad esempio, perché ci fidiamo che la banconota da 50€ valga realmente 50€?) Questo perché, essa, è emessa
dalla banca d’Italia, che è comunque un ente certificato. In realtà, le relazioni che si basano sullo scambio di
denaro, anche se gli oggetti che vengono scambiati lo sono in modo “impersonale” (non c’è più una relazione
tra persone), c’è comunque una dimensione fiduciaria che è legata al fatto che noi crediamo che il denaro sia
immesso nel mercato supportato da reali riserve di cui lo stato dispone.
Quando qualche anno fa ci fu lo scandalo dei bond argentini, successe che l’argentina aveva immesso sul
mercato questi Bond, una sorta di azioni legate al paese stesso, che però non erano in un certo senso
“supportate” l’argentina non possedeva quei soldi. Aveva quindi immesso sul mercato delle azioni con un
falso corrispettivo, poiché il paese non aveva il cosiddetto “oro di Fornox” che era una riserva d'oro
appartenente agli Stati Uniti, (poiché anche l’oro ha un valore intrinseco essendo una materia prima) che
garantiva che il dollaro non valesse per “preziosità cartacea” (ovvero il dollaro non valeva come la carta con
cui veniva prodotto), ma per il numero che ha scritto sopra.
Simmel diceva che, in realtà anche nelle transazioni di denaro c’era una dimensione fiduciaria che era legata
al fatto che noi contiamo che alle spalle ci sia uno stato che immette sul mercato delle banconote perché ha
una riserva di denaro corrispondente. Quando questo non accade, accade quello che successe all’argentina.
Un altro autore molto importante fu Igor Kopytoof che sostenne che, se è vero che la società, il mercato e le
persone stesse tendono alla mercificazione degli oggetti, tendenzialmente gli oggetti sono anche capaci di
fare un percorso all'interno delle sfere sociali e quindi si passa dalla mercificazione ad un processo di
“demercificazione”. Nel momento in cui viene comprato, in cambio di denaro, è sicuramente una merce; ma
quando quest’ultima viene inserita in un contesto personale, domestico, d’uso, ad essa viene dato un valore
differente, che è diverso dal valore d’uso, di scambio, ma va a prendere un valore di significato.
A questo punto si parla del fatto che la merce si è sottratta alle logiche della produzione dello scambio
monetario, perché noi non ci occupiamo più del suo valore, non ci interessa più il prezzo, perché quell’oggetto
ha acquisito un valore differente. Kopytoof dice che, nella quotidianità, gli individui tendono alla
demercificazione. Ad esempio quando noi andiamo ad acquistare un gatto in un negozio di animali domestici,
noi lo paghiamo con del denaro; quindi, in quel momento lo stiamo “mercificando”, ma nel momento in cui
il gatto viene portato in casa, e gli viene dato un nome, esso diventa parte della famiglia, ecco che quindi
perde l’appellativo di merce, demercificandosi completamente.
Come si fa però a questo punto a rimettere un oggetto sul mercato? Beh sicuramente in questo caso parliamo
di oggetti non viventi, e non di animali domestici, come nel caso del nostro smartphone ad esempio, quando
lo mettiamo sul mercato, facciamo un ripristino completo dei dati. Questo infatti è possibile anche con oggetti
ormai demercificati, come i cellulari che, quando li acquistiamo, di solito, diventano comunque parte di noi,
con tutti i nostri ricordi. 55
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E CONSUMI
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E CONSUMI
Cos’è l’intelligenza artificiale? Questo concetto ci è stato veicolato, ancor prima che dalla scienza, dalla
cinematografia che ha provato ad immaginare le forme avanguardistiche di quella che avrebbe potuto essere
l'intelligenza artificiale, partendo dal film “2001 odissea dello spazio”. In questo film si vedeva questo lontano
anno 2001, poiché il film era stato girato nel 1968, come l’avamposto della nuova tecnologia, l’anno in cui
sicuramente saremmo andati su una macchina che guidava da sola, dove, il futuro, veniva visto con grande
stupore e fiducia. Nel 2001 Steven Spielberg la data, del film odissea nello spazio, creando il film “artificial
intelligence” dove ipotizzava nuovi scenari di un mondo guidato dall’intelligenza artificiale.
Questo era principalmente per dire che la mente dell’uomo era sempre alla ricerca di un futuro che potesse
migliorare la condizione presente, trovando e sperando che questo progresso avvenisse, ad esempio, con le
macchine che in un certo senso era come l’uomo.
Ma in cosa i due erano uguali? Sicuramente l’uomo e le macchine si assomigliavano nelle capacità cognitive,
e anche nella bravura di saper organizzare, metabolizzare e tirar fuori, da sotto ogni output, una mole di
numerose informazioni.
Definire l’intelligenza artificiale non è sicuramente semplice, anche perché, essendo un concetto
multidisciplinare, vantava molte sfaccettature e, ogni disciplina dava la sua interpretazione, ovvero:
- Il primo è quello della psicologia che la definisce l’insieme di funzioni conoscitive, adattive e
immaginative, generate dall’attività celebrale dell’uomo e di alcuni animali. Questa è anche definita
come la capacità di ragionare, apprendere, risolvere problemi, comprendere a fondo la realtà, le idee e il
linguaggio. La psicologia si focalizza sulla capacità di ragionamento e apprendimento dell’intelligenza
artificiale.
- Secondo la filosofia l’intelligenza artificiale ha una complessità davvero rilevante, intesa come capacità
di scegliere, di scernere, confrontare, comparare, dissociare e altre attività tipiche del mondo
computazionale, dell’informatica o del meccanismo di organizzazione. Con il termine intelligenza
artificiale, quindi, in filosofia si intende quella facoltà mentale che ha ogni essere umano di comprendere
la realtà e di farsi delle idee. Essa comporta la capacità filosofica di comprendere la realtà, di farsi delle
idee. L’intelligenza artificiale viene, quindi, paragonata “capacità intellettuale” che gli individui hanno,
sotto molti aspetti.
L’intelligenza artificiale è una disciplina poliedrica dove, entrano in campo numerosi ambiti come la filosofia,
la matematica, ma anche la psicologia. Questa disciplina appartenente all’Informatica studia i fondamenti
teorici, le metodologie e le tecniche che consentono di progettare sistemi hardware e software capaci di
fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di
pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.
È, quindi, la scienza e l’ingegneria che serve per creare macchine, abbastanza intelligenti, da imitare
l’intelligenza e il comportamento umano. Vengono studiati dati e per avvicinarsi all’umano, si necessita di
un’interfaccia, di uno studio che permetta di raggiungere un comportamento intelligente attraverso questi
strumenti computazionali. La conoscenza, nell’umano è veicolata dal linguaggio naturale: si può parlare la
nostra stessa lingua o si possono usare degli output per ricevere assistenza da queste macchine comandate
dall’AI.
Finché le macchine sono state programmate e agivano sotto comandi tecnici, l’intelligenza artificiale non
riusciva ad interfacciarsi con le persone perché erano richieste delle competenze specifiche; quando si è
iniziato a comunicare con essa un linguaggio naturale è stata segnata la svolta.
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L’intelligenza artificiale ha vari compiti e, tra questi, troviamo:
- Costruire macchine intelligenti che operino come meglio degli umani. Questa operazione ha, però,
bisogno di una serie di dati che la rendano una macchina pensante ed intelligente
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