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Riassunto esame Sociologia, prof. indefinito, libro consigliato L'Opera d'Arte nell'Epoca della Sua Riproducibilità Tecnica, Benjamin Pag. 1
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L'OPERA D'ARTE NELL'EPOCA DELLA SUA RIPRODUCIBILITÀ TECNICA

L'opera d'arte è sempre stata riproducibile, una cosa fatta dagli uomini è stata sempre potuta rifare dagli uomini. La riproduzione tecnica dell'opera d'arte invece è un'altra cosa, qualcosa di nuovo, che si afferma nella storia ad intermittenza, ad ondate lontane l'una dall'altra, ma comunque con una crescente intensità.

I greci conoscevano soltanto due procedimenti per la riproduzione tecnica delle opere d'arte: la fusione e il conio; bronzi, terrecotte e monete erano le uniche riproducibili quindi, il resto invece impossibili. Con la silografia diventa poi tecnicamente riproducibile la grafica, ma solo mediante la stampa si sono avuti enormi mutamenti nella letteratura e in ogni altra forma di scrittura.

Con la litografia poi, la tecnica riproduttiva raggiunge un grado nuovo, questo procedimento diede per la prima volta alla grafica.

La possibilità di introdurre nel mercato i suoi prodotti in grande quantità, dando inoltre ai prodotti configurazioni sempre nuove. Di fronte ad una riproduzione manuale, l'autentico, mantiene la sua autorità, originalità, ciò non accade invece nel caso della riproduzione tecnica, e quindi a venir meno è l'aura dell'opera d'arte. Moltiplicando la riproduzione, essa pone al posto di un evento unico, una serie quantitativa di eventi, di tradizioni non più uniche. L'unicità dell'opera d'arte si identifica con la sua integrazione nel contesto della tradizione, del rituale, dapprima magico, poi religioso, come il culto profano della bellezza, configuratosi nel rinascimento, che riconosce chiaramente questi fondamenti. L'opera d'arte riprodotta, diventa sempre più la riproduzione di un'opera d'arte predisposta alla riproducibilità, un esempio ne è la pellicola fotografica.

in quanto la questione delle stampe autentiche in questo caso non ha senso. La ricezione dell'opera d'arte avviene secondo accenti diversi, due in particolare, assumono un specifico rilievo, il valore cultuale e il valore espositivo dell'opera d'arte. La produzione artistica infatti, inizia con figurazioni che sono al servizio del culto, e il fatto che esistano è più importante del fatto che vengano viste (l'alce all'età della pietra che veniva dipinta sui muri della caverna era considerato un animale magico), oggi poi il valore cultuale, porta addirittura a mantenere l'opera d'arte nascosta, accessibile non a tutti. Il valore espositivo invece aumenta con l'emancipazione di determinati esercizi artistici, ad esempio l'esponibilità di un tavolo è maggiore di un mosaico che l'ha preceduto. Col passare del tempo, e soprattutto nella fotografia, il valore di esponibilità comincia asostituire su tutta la linea il valore cultuale, che rimane però su un ultima trincea, il voltoumano. Nel culto del ricordo dei cari lontani o defunti, il valore cultuale è impresso in un volto, nell'espressione, le fotografie emanano per l'ultima volta l'aura. Quando poi, nelle fotografie scompaiono anche i volti, allora il valore espositivo prende il sopravvento in tutti i campi. La disputa tra pittura e fotografia, appare oggi fuori luogo e confusa, anche se questa disputa era comunque espressione di un rivolgimento di portata storica mondiale. Ma ben presto, il presto il problema di stabilire se la fotografia fosse o meno un'arte venne spazzato via dalla nascita del cinema. Quest'ultimo, rappresenterebbe un mezzo di espressione assolutamente incomparabile, e lo sforzo di far rientrare il cinema nell'arte costringerebbe ai teorici di attribuirgli valori cultuali che non ha. C'è inoltre da fare una distinzione fral'interprete cinematografico e quello teatrale; il primo effettua una prestazione attraverso un'apparecchiatura, il secondo presenta definitivamente al pubblico da lui stesso in prima persona. La prestazione dell'attore cinematografico ha due conseguenze, la prima è che questa viene sottoposta a test ottici, la seconda è che l'attore perde la possibilità di adeguare la sua interpretazione al pubblico durante lo spettacolo. Il pubblico viene così chiamato a esprimere una valutazione senza poter essere turbato da nessun contatto personale con l'interprete, immedesimandosi piuttosto nell'apparecchio; e non è questo di certo un atteggiamento a cui possano venir sottoposti valori cultuali. Al film importa tanto che l'interprete presenti al pubblico un'altra persona e che egli presenti se stesso di fronte all'apparecchiatura. Uno dei primi che abbia avvertito questa trasformazione è stato Pirandello, perlui l'azione dell'attore, quella del corpo, sulla tela dei cinematografi, non c'è più, c'è solo la loro immagine, colta in un momento, in un gesto, in un'espressione; il loro corpo è quasi sottratto, soppresso, privato della sua realtà, del suo respiro, della sua voce, del rumore che esso produce muovendosi, per diventare soltanto un'immagine muta. L'attore viene a trovarsi nella situazione di dover agire sì con la sua intera persona vivente, ma rinunciando all'aura, poiché la sua aura è legata al suo hic et nunc. Il senso di disagio dell'interprete di fronte all'apparecchiatura, così come viene descritta da Pirandello, è in sé della stessa specie di disagio dell'uomo di fronte alla sua immagine nello specchio. Mentre si trova di fronte all'apparecchiatura, l'interprete cinematografico sa che in ultima istanza ha a che fare col pubblico, il

Pubblico degli acquirenti che costituiscono il mercato. Il cinema risponde al declino dell'aura costruendo artificiosamente la personality fuori dagli studi; il culto del divo, promosso dal capitale cinematografico, cerca di conservare quella magia della personalità che da tempo è ridotta alla magia fasulla del suo carattere merce.

Per secoli, nell'ambito dello scrivere, la situazione era la seguente: che un numero limitato di persone dedite allo scrivere stava di fronte a numerose migliaia di lettori. Verso la fine del secolo scorso, questa situazione si trasformò. Con la crescente espansione della stampa, che metteva a disposizione del pubblico dei lettori sempre nuovi organi politici, religiosi, scientifici, professionali, sempre più cospicui lettori passarono dalla parte di coloro che scrivono.

Il lettore è sempre pronto a diventare autore, in quanto competente di qualcosa, poiché volente o nolente lo è diventato nell'ambito.

di un processo lavorativo estremamente specializzato. Tutto questo può venir trasposto al cinema, anche se certi spostamenti negli altri campi hanno richiesto secoli, qui possono avvenire nel giro di un anno. Una ripresa cinematografica e specialmente sonora offre uno spettacolo che in passato non sarebbe stato immaginabile. È un processo al quale non può più venir coordinato un solo punto di vista, (varie angolazioni della cinepresa), e questo fatto rende irrilevante l'analogia del cinema con il teatro. E questo vale anche per la pittura, il pittore osserva una distanza naturale da ciò che gli è dato, l'operatore invece penetra profondamente nel tessuto dei dati e le immagini che egli ottiene sono enormemente diverse, quella del pittore è totale, quella dell'operatore è multiforme e frammentata. La riproducibilità tecnica dell'opera d'arte modifica il rapporto delle masse con l'arte. Da

un impatto significativo sulla fruizione dell'arte. La fruizione individuale e la critica personale vengono sopraffatte dalla reazione di massa. Il cinema, in particolare, è un luogo in cui questa dinamica si manifesta in modo evidente. Al contrario, la pittura ha sempre richiesto di essere osservata da uno o da pochi individui. L'osservazione simultanea da parte di un vasto pubblico rappresenta un primo passo verso la crisi della pittura. Quando l'arte pittorica viene messa in contatto diretto con le masse, questa situazione agisce come una limitazione significativa. La quantità si trasforma in qualità, e le sempre più ampie masse di partecipanti hanno un impatto sulla fruizione dell'arte.

Determinato un modo diverso di partecipazione. Questa partecipazione si manifesta prima in forma screditate, ad esempio Duhamel, definiva il film un passatempo per creature incolte, miserabili, dilaniate dalle loro preoccupazioni, uno spettacolo che non esige alcuna concentrazione, che non presuppone la facoltà di pensare, che non accende nessuna luce nel cuore e non suscita alcuna speranza, se non quella ridicola di diventare un giorno una star.

Alcune forme d'arte ad esempio si sono generate e poi sono morte, la tragedia ad esempio nasce coi greci e si estingue con loro, la pittura è frutto del Medioevo ma nulla può garantirle una durata ininterrotta, l'unica ininterrotta e che accompagna l'umanità fin dalla sua preistoria è l'architettura, l'uomo ha sempre avuto bisogno di dimora, la sua storia è più lunga di qualsiasi altra arte.

PICCOLA STORIA DELLA FOTOGRAFIA

Quando dopo sforzi durati circa cinque anni

Nièpce e Daguerre riuscirono contemporaneamente nelle loro ricerche, lo Stato prese in mano la cosa e la rese pubblica, previo indennizzo. Così sidelinearono le condizioni per uno sviluppo costante e rapido che per parecchio tempo escluse la possibilità di guardare indietro. Coloro che si impadronirono inizialmente della fotografia furono imbonitori e ciarlatani a scopi mercantili e ciò avvenne su larga scala. Ma questa nuova tecnica era più vicina alle arti delle fiere annuali, in cui tuttora la fotografia è a casa sua. L'industria poi si impadronì del settore con le fotografie in formato tessera, il cui primo produttore, fra l'altro, diventò milionario. Ma anche alla fotografia non sono mancate critiche, alcuni decidevano di voler opporsi per forza a quest'invenzione diabolica, altri pensano che qualunque strumento usato per osservare la natura deve essere considerato di grande importanza. Le fotografie di Daguerre erano

lastre d'argento allo jodio impresse nella camera oscura, che richiedevano di essere voltate e rivoltate in tutti i sensi per potervi riconoscere una giusta illuminazione, un'immagine di un grigio delicato. Erano esemplari unici.
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Publisher
A.A. 2011-2012
5 pagine
14 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ectoplasmon di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia della Comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze Sociali Prof.