Riassunto esame Sociologia, prof. indefinito, libro consigliato L'Opera d'Arte nell'Epoca della Sua Riproducibilità Tecnica, Benjamin
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Al film importa tanto che l’interprete presenti al pubblico un’altra persona e che egli presenti se
stesso di fronte all’apparecchiatura. Uno dei primi che abbia avvertito questa trasformazione è stato
Pirandello, per lui l’azione dell’attore, quella del corpo, sulla tela dei cinematografi, non c’è più, c’è
solo la loro immagine, colta in un momento, in un gesto, in un’espressione; il loro corpo è quasi
sottratto, soppresso, privato della sua realtà, del suo respiro, della sua voce, del rumore che esso
produce muovendosi, per diventare soltanto un’immagine muta. L’attore viene a trovarsi nella
situazione di dover agire sì con la sua intera persona vivente, ma rinunciando all’aura, poiché la sua
aura è legata al suo hic et nunc.
Il senso di disagio dell’interprete di fronte all’apparecchiatura, così come viene descritta da
Pirandello, è in sé della stessa specie di disagio dell’uomo di fronte alla sua immagine nello
specchio. Mentre si trova di fronte all’apparecchiatura, l’interprete cinematografico sa che in ultima
istanza ha a che fare col pubblico, il pubblico degli acquirenti che costituiscono il mercato.
Il cinema risponde al declino dell’aura costruendo artificiosamente la personality fuori dagli studi;
il culto del divo, promosso dal capitale cinematografico, cerca di conservare quella magia della
personalità che da tempo è ridotta alla magia fasulla del suo carattere merce.
Per secoli, nell’ambito dello scrivere, la situazione era la seguente: che un numero limitato di
persone dedite allo scrivere stava di fronte a numerose migliaia di lettori. Verso la fine del secolo
scorso, questa situazione si trasformò. Con la crescente espansione della stampa, che metteva a
disposizione del pubblico dei lettori sempre nuovi organi politici, religiosi, scientifici, professionali,
sempre più cospicui lettori passarono dalla parte di coloro che scrivono.
Il lettore è sempre pronto a diventare autore, in quanto competente di qualcosa, poiché volente o
nolente lo è diventato nell’ambito di un processo lavorativo estremamente specializzato.
Tutto questo può venir trasposto al cinema, anche se certi spostamenti negli altri campi hanno
richiesto secoli, qui possono avvenire nel giro di un anno.
Una ripresa cinematografica e specialmente sonora offre uno spettacolo che in passato non sarebbe
stato immaginabile. È un processo al quale non può più venir coordinato un solo punto di vista,
(varie angolazioni della cinepresa), e questo fatto rende irrilevante l’analogia del cinema con il
teatro. E questo vale anche per la pittura, il pittore osserva una distanza naturale da ciò che gli è
dato, l’operatore invece penetra profondamente nel tessuto dei dati e le immagini che egli ottengono
sono enormemente diverse, quella del pittore è totale, quella dell’operatore è multiforme e
frammentata.
La riproducibilità tecnica dell’opera d’arte modifica il rapporto delle masse con l’arte. Da un
rapporto estremamente retrivo si rovescia in un rapporto estremamente progressivo. Quanto più il
significato di un’arte diminuisce, tanto più il contegno critico e quello della mera fruizione da parte
del pubblico divergono. Il convenzionale viene goduto senza alcuna critica , ciò che è veramente
nuovo viene criticato con ripugnanza. In nessun luogo più che nel cinema le reazioni dei singoli, la
cui somma costituisce la reazione di massa del pubblico, si rivela condizionata dalla loro immediata
massificazione.
Il dipinto invece ha sempre affacciato la pretesa di venir osservato da uno o da pochi, l’osservazione
simultanea da parte di un vasto pubblico è un primo passo verso la crisi della pittura. Nel momento
in cui la pittura viene messa a diretto contatto con le masse, questa circostanza agisce come una
grave limitazione.
La quantità si è ribaltata in qualità, le masse sempre più vaste dei partecipanti hanno determinato un
modo diverso di partecipazione. Questa partecipazione si manifesta prima in forma screditate, ad
esempio Duhamel, definiva il film un passatempo per creature incolte, miserabili, dilaniate dalle
loro preoccupazioni, uno spettacolo che non esige alcuna concentrazione, che non presuppone la
facoltà di pensare, che non accende nessuna luce nel cuore e non suscita alcuna speranza, se non
quella ridicola di diventare un giorno una star. Alcune forme d’arte ad esempio si sono generate e
poi sono morte, la tragedia ad esempio nasce coi greci e si estingue con loro, la pittura è frutto del
Medioevo ma nulla può garantirle una durata ininterrotta , l’unica ininterrotta e che accompagna
l’umanità fin dalla sua preistoria è l’architettura, l’uomo ha sempre avuto bisogno di dimora, la sua
storia è più lunga di qualsiasi altra arte.
PICCOLA STORIA DELLA FOTOGRAFIA
Quando dopo sforzi durati circa cinque anni Nièpce e Daguerre riuscirono contemporaneamente
nelle loro ricerche, lo Stato prese in mano la cosa e la rese pubblica, previo indennizzo. Così si
delinearono le condizioni per uno sviluppo costante e rapido che per parecchio tempo escluse la
possibilità di guardare indietro. Coloro che si impadronirono inizialmente della fotografia furono
imbonitori e ciarlatani a scopi mercantili e ciò avvenne su larga scala. Ma questa nuova tecnica era
più vicina alle arti delle fiere annuali, in cui tuttora la fotografia è a casa sua. L’industria poi si
impadronì del settore con le fotografie in formato tessera, il cui primo produttore, fra l’altro, divento
milionario. Ma anche alla fotografia non sono mancate critiche, alcuni decidevano di voler opporsi
per forza a quest’invenzione diabolica, altri pensano che qualunque strumento usato per osservare la
natura deve essere considerato di grande importanza.
Le fotografie di Daguerre erano lastre d’argento allo jodio impresse nella camera oscura, che
richiedevano di essere voltate e rivoltate in tutti i sensi per potervi riconoscere una giusta
illuminazione, un’immagine di un grigio delicato. Erano esemplari unici, per una lastra si pagava 25
franchi d’oro, e non di rado venivano conservate in appositi astucci, come gioielli.
Alcuni pittori, come Octavius Hill, servendosi di cartoline illustrate e ritratti fotografici,
realizzarono affreschi passati alla storia.
I quadri comunque, qualora durino, durano soltanto in quanto testimonianza dell’arte di colui che li
ha dipinti; nel caso della fotografia invece, avviene qualcosa di nuovo e singolare, l’osservatore
sente il bisogno irresistibile di cercare nell’immagine quella scintilla minima di caso, con cui la
realtà ha folgorato il carattere dell’immagine. La natura che parla alla macchina fotografica è infatti
una natura diversa da quella che parla all’occhio, diversa specialmente perché al posto di uno spazio
elaborato consapevolmente dall’uomo, vi è uno spazio elaborato incosciamente.
Se è del tutto usuale che un uomo si renda conto dell’andatura della gente, egli di certo non si rende
conto del loro contegno nel momento in cui allunga il passo, e la fotografia, con il rallentatore, con
gli ingrandimenti, glielo mostra.
Hill considera comunque il fenomeno della fotografia una grande e misteriosa esperienza,
nonostante consistesse semplicemente nella consapevolezza di stare di fronte ad un apparecchio
capace di produrre, in brevissimo tempo, un’immagine vivente e veritiera quanto la natura, del
mondo circostante.
Inizialmente non ci si fidava di guardare a lungo le immagini che Daguerre produceva, si era
intimiditi dalla nitidità di quei personaggi e si credeva che le piccole facce di quelle persone che
stavano nelle immagini potessero vedere l’osservatore, tanto stupefacente era per tutti l’inconsueta
chiarezza e somiglianza alla natura.
Nel momento in cui Daguerre aveva fissato le immagini nella camera oscura, i pittori erano stato
congedati, ma la vera vittima della fotografia non furono i pittori, ma il ritratto miniato. I pittori
infatti, iniziarono a diventare fotografi professionisti, dapprima a tempo perso, poi in modo
esclusivo. Venuti da tutte le parti, i commercianti iniziarono a far parte del ceto dei fotografi
professionisti, e quando più tardi il ritocco del negativo, diventò una pratica corrente si produsse
una veloce decadenza del gusto. Era l’epoca in cui gli album fotografici iniziarono a diffondersi, si
trovavano ovunque nelle case, sulle consolle, sui tavolini. I ritratti col loro armamentario ricorda
l’epoca in cui era necessario fornire degli appoggiatesta, degli appoggiaginocchia, ben presto però,
già negli anni 60, persone di gusto più evoluto si ribellarono a queste cianfrusaglie.
Importante per l’epoca fu il fotografo Atget, egli viveva a Parigi, povero e sconosciuto, vendeva le
sue fotografie ad amatori per pochi centesimi e il pubblico contemporaneo non sapeva niente di lui,
ha lasciato un’opera che comprende più di 4mila foto. Atget ha quasi sempre trascurato le grandi
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto per l'esame di Sociologia della Comunicazione, basato su appunti personali e studio autonomo del testo consigliato dal docente L'Opera d'Arte nell'Epoca della Sua Riproducibilità Tecnica, Benjamin. Vengono analizzati i seguenti argomenti: le teorie sulla riproduzione tecnica dell’opera d’arte, la fusione, il conio, la silografia, la stampa, la ricezione dell'opera d'arte.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ectoplasmon di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia della Comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università La Sapienza - Uniroma1 o del prof Scienze Sociali Prof.
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