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2) PICCOLA STORIA DELLA FOTOGRAFIA
Quando, dopo sforzi durati 5 anni Niepce e Daguerre riuscirono contemporaneamente nelle
loro ricerche, lo Stato, favorito da certe difficoltà legali inerenti ai brevetti, in cui gli
inventori erano venuti ad imbattersi, prese in mano la cosa e la rese pubblica, previo
indennizzo. Da qui si sviluppò la fotografia.
La letteratura più recente rileva il fatto che il periodo di fioritura della fotografia coincide
di vita, dopo il quale vi fu la sua industrializzazione. L’industria
con il suo primo decennio
si impadronì del settore con le fotografie formato tessera.
Il “ Leipziger Stadtonzeiger”, giornaletto sciovinista, credeva di doversi opporre
tempestivamente all’arte diabolica di origine francese: “Voler fissare immagini effimere non
è soltanto un’impresa impossibile ma anzi lo stesso desiderio di volerlo fare è un’offesa a
Dio. L’uomo è fatto a immagine di Dio, e l’immagine di Dio non può venire fissata da
nessuna macchina umana. Al massimo il divino artista, animato da una celeste ispirazione,
può tentare di restituire i tratti umano-divini obbedendo al comando del suo genio, senza
l’aiuto di macchine.”
Arago (un fisico) è invece favorevole all’invenzione di Daguerre.
Daguerre erano lastre d’argento allo iodio impresse nella camera oscura, da
Le fotografie di
voltare e rivoltare per potervi riconoscere un’immagine di un grigio delicato. Erano
esemplari unici, molto costosi e preziosi.
Alcuni pittori le usarono come supporto tecnico (es. : ricopiare cartoline su tela). Nonostante
l’abilità del fotografo, nonostante il calcolo nell’atteggiamento del suo modello,
l’osservatore sente il bisogno irresistibile di cercare nell’immagine quella scintilla, l’hic et
il carattere dell’immagine.
nunc, con cui la realtà ha folgorato
La natura che parla alla macchina è diversa dalla natura che parla all’occhio: al posto di uno
spazio elaborato consciamente dall’uomo, c’è uno spazio elaborato inconsciamente
(inconscio ottico). produrre un’immagine vivente e veritiera quanto la natura (anche
La fotografia consente di
microscopica).
Dapprima non ci si fidava a guardare a lungo le immagini fotografiche. Si era intimiditi
dalla nitidezza di quei personaggi e le persone dell’immagine si credeva potessero vedere
l’osservatore.
Le grandi possibilità di quella ritrattistica derivano dal fatto che non c’è ancora stato il
contatto con l’attualità (i giornali) e la fotografia. all’aperto.
La scarsa sensibilità alla luce delle prime lastre imponeva una lunga esposizione
Tutto in quelle fotografie era predisposto affinché durasse.
Nel momento in cui Daguerre era riuscito a fissare le immagini nella camera oscura, i pittori
erano stati congedati dal tecnico. Ma la vera vittima della fotografia non fu la pittura di
paesaggio, bensì il ritratto miniato. Già verso il 1840 moltissimi tra i pittori di miniature
diventarono fotografi professionisti. Più tardi il ritocco del negativo, con cui il pittore si
vendicava della fotografia, diventò una pratica corrente e produsse una repentina decadenza
del gusto. Era l’epoca in cui gli album si riempivano di fotografie delle famiglie in pose e
vestiti improbabili. Ben presto si fece ricorso ad accessori ritenuti artistici: colonne e
panneggi per arricchire la scena e far appoggiare i protagonisti di questa (ridicoli nella
fotografia). Una testimonianza conturbante è una delle prime fotografie di Kafka:
agghindato in abiti strettissimi, con un cappello enorme e uno sfondo pomposo, sono i suoi
occhi tristi, però, a dominare la scena (aura).
Presto furono creati strumenti capaci di venire a capo del buio e di registrare le apparizioni
con la stessa pregnanza di uno specchio. Tuttavia negli anni successivi al 1880 i fotografi
l’aura, eliminata con l’eliminazione
considerarono loro compito ripristinare artificiosamente
del buio, mediante il ritocco e la cosiddetta spugnatura. Così, specialmente nello stile
liberty, venne di moda il tono crepuscolare, solcato da riflessi artificiali. Eppure l’elemento
decisivo per la fotografia resta il rapporto del fotografo con la sua tecnica.
Le fotografie parigine di Atget percorrono la fotografia surrealista. Atget è stato il primo a
disinfettare l’atmosfera stantia che la ritrattistica nel periodo della decadenza aveva diffuso;
dell’oggetto dalla sua aura. Atget perseguiva gli elementi dismessi,
introduce la liberazione
spariti delle città, e così le sue immagini si rivoltano contro il suono esotico, pomposo,
romantico dei suoni delle città; esse risucchiano l’aura dalla realtà.
l’aura? Un singolare intreccio di spazio e di tempo: l’apparizione
Che cosa è propriamente
unica di una lontananza, per quanto possa essere vicina.
Il bisogno di avvicinare le cose a se stessi, o meglio alle masse è intenso quanto quello di
superare l’irripetibile e unico, in ogni situazione, mediante la sua riproduzione. Nel quadro
l’irripetibilità e la durata sono intimamente intrecciate, quanto nelle fotografie lo sono la
fugacità e la ripetibilità.
Nella fotografia surrealista di Atget vi è una provvidenziale estraniazione tra il mondo
circostante e l’uomo.
Per la prima volta soltanto i lungometraggi a soggetto dei russi fornirono l’occasione di far
comparire davanti alla cinepresa uomini che non avrebbero saputo che farsene della loro
fotografia. E istantaneamente il volto umano ricomparve sulla lastra con un significato
nuovo, enorme. Ma non si trattava più di ritratti. Come quelle di Sander, che sono fotografie
scientifiche, fisiognomiche, di persone con diverso status sociale. Non più fotografia in
in quanto fotografia, da cui deriva poi la cosiddetta “mania dello scatto”.
quanto arte ma arte
Se c’è qualcosa di utile per caratterizzare le attuali relazioni tra l’arte e la fotografia, questo
qualcosa è la tensione, non ancora scaricata, che si è stabilita tra esse attraverso la fotografia
delle opere d’arte. La fotografia ha raccolto l’eredità della pittura.
I fotografi che sono arrivati alla fotografia delle arti figurative oggi costituiscono
l’avanguardia tra i loro colleghi, perché attraverso il loro sviluppo sono al riparo dal
maggiore pericolo della fotografia odierna, la tendenza all’arte industrializzata. Una volta
che la fotografia si è emancipata dalle connessioni con gli interessi fisiognomici, politici,
scientifici, diventa creativa. L’obiettivo mira alla vendita globale ed entra in scena il
fotografo di mestiere. La creatività della fotografia è la sua abdicazione alla moda. Ma
poiché il vero volto di questa creatività fotografica è la réclame o l’associazione, la legittima
risposta ad essa è lo smascheramento o la costruzione.
Wiertz e Baudelaire hanno molto criticato la fotografia come corruttrice dell’arte e voluta
dall’uomo cattivo, stolto, dalle masse.
A questo punto interviene la didascalia, che include la fotografia nell’ambito della
letterarizzazione di tutti i rapporti di vita e senza la quale ogni costruzione fotografica
rimarrebbe approssimativa.
3) EDUARD FUCHS, IL COLLEZIONISTA E LO STORICO
1- Fuchs è un pioniere del collezionismo: è il fondatore di un archivio unico nel suo genere,
caricatura, dell’arte erotica e del quadro di costume. Diventò collezionista
per la storia della
in quanto pioniere di una considerazione materialistica dell’arte. Ciò che lo rese
collezionista fu la sua sensibilità per la situazione storica in cui viveva, il materialismo
storico (Engels).
Il materialista storico deve abbandonare l’elemento epico della storia. Essa diventa per lui
oggetto di una costruzione il cui luogo non è il tempo vuoto bensì quella determinata epoca,
vita, opera.
Lo storicismo rappresenta l’immagine eterna del passato; il materialismo storico una
peculiare esperienza di esso, un’esperienza che si presenta nella sua unicità.
Secondo Fuchs determinante per la ricezione di un’opera deve essere la ricezione che
l’opera ha trovato presso i contemporanei; e deplora che nella storia dell’arte non venga
considerato il problema del successo.
Ogni sforzo consumato intorno a un’opera d’arte è destinato a rimanere frustrato qualora la
conoscenza dialettica non riesca a coglierne il suo concreto contenuto storico.
2- Fuchs nacque nel 1870, fu collezionista e fece attività politica.
Diventò redattore di un periodico di satira politica e qui si interessò alle caricature.
“sapere è potere” in realtà è un sapere privo di ogni accesso alla
Il motto social-democratico
prassi, che non aveva nulla da insegnare al proletariato in quanto classe intorno alla sua
situazione, era del tutto innocuo per gli oppressori del proletariato stesso. In quest’ambito
trova la sua ubicazione l’opera di Fuchs; egli adottò come principio il tentativo di rivolgersi
alle masse dei lettori.
Un processo tipico del 1800 era il fallimento della ricezione della tecnica, che consiste in
una serie di tentativi che cercano tutti di sorvolare sul fatto che la tecnica serve a questa
società soltanto per la produzione di merci.
L’opera di Fuchs partecipa di quella problematica che è inseparabile dalla storia della
3-
cultura. Il particolare rilievo con cui la storia della cultura presenta i suoi contenuti è per il
materialista storico un rilievo apparente e fondato da una falsa coscienza. Se per il
materialista storico il concetto di cultura è un concetto problematico, lo scindersi della
cultura in un complesso di beni diventati per l’umanità oggetti di possesso è di per sé
un’idea inconcepibile. Il concetto di cultura mantiene per il materialista storico un aspetto
feticistico. La cultura gli appare reificata.
Fu il Fuchs collezionista che raggiunse territori estremi dell’arte, rompendo con la
4-
concezione classicistica dell’arte: non più la bella apparenza, non più l’armonia né l’unità
del molteplice. L’oggetto storico non richiede nessun apprezzamento, ma si costituisce nel
preciso compito dialettico che l’attualità è chiamata ad assolvere. La novità di fondo
dell’assunto si esprime compiutamente laddove il contenuto oggettivo le è favorevole. Ciò
avviene nell’interpretazione degli elementi iconografici, nella considerazione dell’arte di
massa, nello studio delle tecnic