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AUTENTICITA’
Nonostante le novità, anche per la più perfetta riproduzione meccanizzata fa sempre difetto un
fattore: l’hic et nunc dell’originale
che forma il contenuto della nozione di autenticità: l’oggetto come qualcosa che rimane identico a
se stesso.
Di certo i componenti dell’autenticità sono negati anche nella riproduzione manuale, la quale, però,
è pur sempre portatrice di tutta la sua autorità.
Autorità che nella riproduzione meccanizzata viene a mancare. La riproduzione meccanizzata:
- Si afferma con maggiore indipendenza dalla riproduzione manuale (es. la fotografia può,
grazie alla potenza dello strumento, rivelare deglia spetti dell’originale altrimenti impercettibili).
- Assicura l’ubiquità all’originale .
Così, l’autenticità, basata sulla materialità, si vede rimessa in questione dalla riproduzione, da cui
si è ritirata ogni materialità.
L’AURA
ciò che dell’opera d’arte deperisce nell’epoca della sua riproduzione meccanizzata è la sua aura:
La tecnica della riproduzione svincola la cosa riprodotta dal dominio della tradizione e permette
così alla riproduzione di offrirsi in qualunque circostanza allo spettatore attualizzandola.
Cosa è l’aura? Una singolare trama di tempo e spazio.
Il decadimento dell’aura è dovuto:
- All’accentuata presa di coscienza delle masse
- All’intensità crescente dei loro movimenti
In poche parole, la massa rivendica che il mondo le sia reso più accessibile, affermando così il
bisogno di prendere possesso immediato dell’oggetto (e la risposta è la riproduzione,appunto).
E sottrarre l’oggetto alla sua aura porta a standardizzare ciò che è unico.
UNICITÀ E TRADIZIONE
L’unicità dell’opera d’arte fa tutt’uno con la sua integrazione nella tradizione.
E anche se la tradizione è di per sé mutevole (statua di venere oggetto di culto per i sacerdoti greci vs la
, essa apparirà sempre e comunque in tutto il suo
stessa statua idolo malefico per i chierici cristiani)
carattere di unicità, ovvero nella sua aura.
Ora, il valore unico dell’opera d’arte autentica ha la sua base nel rituale.
Ed è sempre stato così fino al momento della decisiva scossa data dalla riproducibilità meccanica:
L’opera d’arte riprodotta diviene la riproduzione di un’opera d’arte già destinata alla
riproducibilità, all’interno di quella che è una funzione sociale dell’arte rovesciata rispetto
al passato: al suo fondamento rituale si sostituisce un fondamento politico!
LA STORIA DELL’ARTE
Potremmo rappresentare la storia dell’arte come l’opposizione tra due poli dell’opera stessa:
- Il suo valore rituale
- Il suo valore espositivo
Più valore rituale: la produzione artistica ha inizio con prodotti al servizio della magia, la cui
importanza sta nel fatto stesso di esistere, non di essere vedute (importante sarebbe tutt’al più che a
vedere questa immagine fossero gli spiriti).
Valore rituale e valore espositivo: con l’emancipazione dei diversi procedimenti artistici dal seno
del rituale, per l’opera d’arte si moltiplicano le occasioni di essere esposta.
Più valore espositivo: con i differenti metodi di riproduzione dell’opera, il suo carattere di
esponibilità si è accresciuto. L’arte ai giorni nostri, per il peso assoluto del suo valore di
esposizione, diviene una creazione con funzione interamente nuove!
ES. nella fotografia il valore d’esposizione inizia a respingere su tutta la linea il valore rituale. Non
però che questo ceda senza lottare; e lo fa attraverso il volto umano: il culto del ricordo delle
persone amate offre un ultimo rifugio al senso rituale dell’opera d’arte (alla sua aura).
Ciò che è importante per la considerazione dialettica è questo:
- L’arte preistorica impegna l’uomo al massimo grado possibile , ne rappresenta cioè il
sacrificio.
- L’arte moderna impegna l’uomo al minimo , l’uomo prende le distanze dalla natura per
iniziarsi ad un arte che è in primis un gioco.
PERFETTIBILITA’ E ETERNITA’
La maggior parte delle produzioni dei Greci era unica e irriproducibile, ragion per cui le opere
dovevano essere fatte tutte per l’eternità.
La nostra arte sta invece agli antipodi:
ES. attraverso il film è divenuta decisiva una qualità dell’arte che i Greci avrebbero ammesso
soltanto in modo trascurabile: la perfettibilità!
Il film non è la produzione di un unico oggetto, ma un lavoro di continuo perfezionamento che
produce numerosi km di scarti.
Il film è l’opera d’arte più perfettibile, e questa perfettibilità deriva direttamente dalla sua rinuncia
radicale ad ogni valore d’eternità.
FOTOGRAFIA E CINEMA SONO O NON SONO OPERE D’ARTE?
La disputa che si aprì nel XIX secolo tra la pittura e la fotografia, quanto al valore artistico delle loro
rispettive produzioni , oggi superata, ci appare in tutta la sua confusione.
Infatti, questa querelle si mostra a noi moderni esattamente come il sintomo di un rovesciamento
storico di portata universale che le capacità cognitive dell’epoca erano impossibilitate a
comprendere: ovvero il rovesciamento della funzionalità dell’arte.
La stessa critica cinematografica si dimostrò ceca di fronte a questo cambiamento, impegnata
come fu a inserire brutalmente nel cinema (con quelle che Benjamin definisce speculazioni)
elementi di rituali:
ES. Gance: “Non c’è ancora abbastanza rispetto, culto per ciò che le immagini cinematografiche
esprimono”;
ES. Severin-Mars: “Quale arte ha avuto un sogno più alto, più poetico e, al contempo, più reale?”;
ES. Arnou: “tutti questi termini che abbiamo impiegato non definiscono forse la preghiera?”.
LA PRATICA FOTOGRAFICA
Distinguiamo due diversi modi di riproduzione:
1. Fotografare un quadro:
o La cosa riprodotta è un’opera d’arte;
o La sua riproduzione (la fotografia scattata) non lo è.
Possiamo dire, quindi, che questo tipo di fotografia rappresenti una performance artistica.
2. Fotografare (filmare) un avvenimento fittizio in uno studio:
o La cosa riprodotta già non è un’opera d’arte , semmai l’opera d’arte propriamente detta
viene elaborata soltanto mano a mano che si effettua il montaggio.
o La sua riproduzione non lo è, tanto quanto il modo precedente.
Cosa sono allora gli avvenimenti riprodotti nel film, se non sono opere d’arte?
Consideriamo l’interprete cinematografico…
L’interprete cinematografico
- La sua recitazione avviene di fronte a un comitato di specialisti, i quali possono in ogni
momento intervenire nella sua recitazione.
- L’intervento di un comitato di specialisti è tipico dell’esecuzione di un test (es. nell’attività
sportiva).
- Il test sostenuto dall’interprete cinematografico presenta una particolarità enorme:
l’interprete del grande schermo deve costantemente misurarsi con prove imposte da un
apparecchio (la cinepresa) . Recitare alla luce dei riflettori è così una performance di
prim’ordine, e svolgerla significa per l’attore mantenere tutta la sua umanità di fronte agli
apparecchi di registrazione; quell’umanità a cui, nel quotidiano, il resto delle persone, di
fronte alla meccanizzazione, è costretta ad abdicare.
L’ESCLUSIONE DELL’AURA
La riflessione di Pirandello in Si gira:
“ Gli attori cinematografici si sentono come in esilio… da se stessi… per diventare soltanto
un’immagine destinata a scomparire in silenzio”.
L’uomo si trova obbligato a vivere e ad agire affidandosi totalmente alla propria persona,
rinunciando del tutto, nello stesso tempo, alla propria aura.
- L’aura dipende indissolubilmente dal suo hic et nunc: la singolarità della ripresa in studio consiste nel
fatto che l’apparecchio si sostituisce al pubblico teatrale (il quale riceve l’aura dell’attore). Con il
pubblico scompare così anche l’aura che circonda l’interprete e , con quella dell’interprete, l’aura del
suo personaggio.
- Se l’attore di scena si identifica col carattere del suo ruolo, l’interprete del grande schermo non ne ha
sempre la possibilità: la sua creazione non è affatto tutta d’un pezzo.
Niente mostra con tanta plasticità che l’arte è fuggita dal dominio della bella apparenza che per
lungo tempo è stato considerato il solo all’interno del quale essa potesse prosperare.
TITOLO
Nella rappresentazione dell’uomo mediante l’apparecchiatura il suo estraniamento da sé ha
esperito un’utilizzazione sommamente produttiva.
L’immagine nello specchio “con la quale i romantici amavano indugiare”, ora diviene separabile da
lui, è divenuta trasportabile.
Dove viene trasportata? Di fronte alla massa!
(NOTA non presente nella prima versione)
La trasformazione della modalità espositiva, dovuta alla tecnica di riproduzione, si fa notare anche in politica.
Si può infatti comprendere la fine delle democrazie come una crisi delle condizioni di esposizione dell’uomo
politico: Con le innovazioni dell’apparecchiatura di registrazione, che permette all’oratore di rendersi udibile a
un’illimitata moltitudine si trasforma non solo la funzione dell’interprete professionista (l’attore) ma,
altrettanto, la funzione di colui che, come l’uomo politico, interpreta sé stesso di fronte alla massa.
La direzione di questa trasformazione aspira all’esposizione di prestazioni sottoponibili a prove, prestazioni
accettabili.
Questo produce una nuova selezione, una selezione di fronte all’apparecchiatura, il cui risultato sono il
campione, la star e il dittatore.
LA DIALETTICA CINEMATOGRAFICA
Nella tecnica cinematografica chiunque può assistere più o meno da esperto.
Conseguentemente , accade che ogni uomo ha oggi il diritto di essere filmato:
Questo diritto ce lo fa comprendere la situazione storica della vita letteraria attuale, nella quale la
differenza tra autore e pubblico tende a perdere il suo carattere fondamentale: essa è solo
funzionale, può variare da un caso all’altro.
Nella pratica cinematografica (soprattutto in quella russa) questo spostamento si è già in parte
realizzato:
Es. un certo numero